Autonomia e monitoraggio:
mille scuole sotto i riflettori

(appunti di Mariella Spinosi)

La scuola dell’autonomia non può essere lasciata a se stessa.
Il potere di scelta e di autoregolazione delle unità scolastiche deve essere accompagnato da azioni dello Stato mirate. È importante rilevare quantitativamente e qualitativamente i diversi fenomeni, ma anche sostenere le scuole con suggerimenti ed informazioni, e ricalibrare le azioni nazionali sulla base degli esiti riscontrati.

Il monitoraggio come supporto permanente all’autonomia

Il modello istituzionale che ha caratterizzato la nostra storia è notoriamente definito come centralista. Quello che invece l’autonomia vorrebbe ridisegnare è basato sul decentramento dei poteri e delle responsabilità. La principale preoccupazione dello Stato, in passato, è stata quella di emanare delle buone leggi che potessero mediamente rispondere ai bisogni di tutti, e non tanto, quella di accertare la validità delle risposte locali. Si partiva dalla convinzione, supportata forse dalla storia e dall’esperienza, che gli interpreti periferici sapessero tradurre adeguatamente i dettati normativi. La conseguenza di questa fiducia è stata che la scuola italiana, nel tempo, si è venuta rappresentando non certo in un’immagine unitaria, ma in una varietà infinita di modelli molto diversi tra di loro, malgrado l’origine identica e le norme comuni. Gli stessi investimenti, sia ordinari che straordinari, conseguenti all’emanazione legislativa, non sempre venivano accompagnati da abituali azioni di controllo per accertarne l’adeguatezza, la congruità, la funzionalità rispetto ai bisogni e agli scopi dati. Qualche volta, quando ciò avveniva, i risultati delle indagini potevano anche non influire sulle scelte successive.

Ora con l’autonomia, la molteplicità delle regole di dettaglio da applicare scrupolosamente sarà sostituita da una cornice di regole fondamentali per permettere orientamenti chiari in fatto di finalità, obiettivi e qualità delle prestazioni. Il problema, quindi, del controllo di gestione diventa ancora più urgente. Se si riconosce alle scuole il diritto di esistere e di apprendere perseguendo le strade proprie, o il potere di organizzarsi strutturalmente ed operativamente per rispondere a quelli che la scuola stessa riconosce come bisogni o indica come obiettivi, il pericolo è che lo Stato possa finire per non garantire sufficientemente le realtà più deboli e più marginali, e che le scuole meno attrezzate sul piano dell’autodeterminazione e dell’autogestione possano in questo processo rischiare un ulteriore allontanamento dagli standard nazionali che l’autonomia dovrebbe fissare con estrema chiarezza e rigore.

È in questo quadro che si può leggere chiaramente il significato che il monitoraggio oggi sta assumendo. Se è vero che esso si definisce come un’azione costante d’osservazione e di controllo di un fenomeno nel corso del suo stesso evolversi (1) il fine è anche quello di sostenere i processi specifici del fenomeno monitorato con azioni tese a correggere, se necessario la rotta, a suggerire itinerari, strumenti e condotte diverse, ad offrire le informazioni necessarie mancanti, in ultima analisi, ad aiutare a migliorare il prodotto stesso, sia che lo si voglia riferire al livello di qualità dell’offerta formativa della scuola sia agli esiti degli studenti.

Monitorare, quindi, non è un compito semplice, e così, come è attualmente inteso, non può essere affidato a soggetti neutri in quanto tutto il processo non si limita a richiedere una raccolta asettica di dati e di informazioni, ma soprattutto perché richiede una molteplicità di azioni, anche delicate e complesse, tese a modificare i comportamenti..

Il monitoraggio delle mille scuole

Oggi quando si parla di autonomia si fa riferimento alla Legge Bassanini o alle norme che hanno avviato le sperimentazioni in atto (2), perché i regolamenti, previsti dall’art. 21 della stessa Bassanini, attualmente devono essere ancora definitivamente approvati. Quindi, dato l’avvio sperimentale dei progetti, diventa ancora più urgente tenere sotto controllo il fenomeno. Una lettera circolare del 19 maggio scorso 1998 (3) individua due livelli di monitoraggio (a parte la prima fase, quella cioè d’Istituto, affidata alle scuole).

Questo nuovo soggetto istituzionale, formato da tutte le componenti amministrative e tecniche della scuola, è stato costituito con lo scopo di sostenere adeguatamente le iniziative in corso in ogni provincia. Un primo compito assegnato è stato quello della distribuzione dei fondi messi a disposizione per i progetti di sperimentazione. Un secondo sarà quello di rilevare i dati significativi in merito alle stesse proposte presentate dalle scuole: numero dei progetti, ambiti di sperimentazione, collegamenti con il territorio, costruzione di reti di scuole, finanziamenti erogati, finalità complessive…, utilizzando un software specifico, messo a disposizione dalla BDP, per la raccolta e la diffusione dei dati.

Esso è a carattere qualitativo, si baserà sull’analisi degli esiti raggiunti dalle scuole coinvolte in rapporto ai risultati attesi; dovrebbe partire da una programmazione regionale concordata con i provveditorati agli studi, con i responsabili dei nuclei di supporto, con i coordinatori delle segreterie tecniche regionali degli ispettori.

Questo secondo livello si riferisce ad un campione di mille scuole proporzionalmente distribuito secondo l’ampiezza demografica delle regioni. È stato costituito, per questo, un gruppo di 312 osservatori-ricercatori-monitori, provenienti dai nuclei (138), dagli IRRSAE (118 tecnici), dalla Sovrintendenza (56 ispettori). All’interno di ogni regione sono stati creati dei gruppi regionali di ricerca (GRR) che, divisi in team, avranno il compito di monitorare la qualità secondo un modello di auditing che prevede contatti interattivi tra scuola e osservatori esterni. Le operazioni dovrebbero iniziare nel mese di febbraio 1999 e dovrebbero concludersi alla fine di maggio 1999.

Nella composizione dei team si ravvisano, quindi, tre tipologie di soggetti: nuovi, vecchi, rinnovati.

1. I nuovi soggetti sono sicuramente quelli provenienti dai nuclei provinciali per il supporto dell’autonomia. Già erano stati individuati per la costituzione del nucleo sulla base della lettera circolare del 19 maggio 1998, già citata. Successivamente l’art. 3 del Decreto ministeriale 251 ne precisa ulteriormente gli scopi, le funzioni e le competenze (4). I componenti del nucleo, quindi, pur essendo già quasi tutti soggetti istituzionali, possono essere considerati nuovi in quanto al ruolo diverso che vanno a ricoprire nel nucleo stesso; nel senso che per la prima volta un docente, o un capo d’istituto, o un funzionario, si trova coinvolto in atti e comportamenti, tra cui il monitoraggio, che non riguardano direttamente la propria scuola d’appartenenza o lo specifico ambito di competenza già sperimentato.

2. I vecchi soggetti sono sicuramente gli ispettori tecnici che, per funzioni professionali stabilite dal ruolo, sono quelli che più di altri avrebbero l’esperienza e l’autorità per svolgere adeguatamente azioni di monitoraggio. Tra il desiderio di qualcuno che avrebbe voluto rivendicare questa competenza come esclusiva, e quello di altri che avrebbero voluto invece ignorarla, la scelta è stata invece quella di utilizzarla in una logica di parità e non di gerarchia.

3. I soggetti rinnovati appartengono al personale tecnico degli IRRSAE. Anche gli istituti regionali, come tutti gli organismi centrali e periferici della pubblica istruzione, stanno vivendo, in questi ultimi anni, disagi e precarietà a causa della mancata riforma del Ministero, più volte annunciata e non ancora attuata, essenziale ai fini della realizzazione dell’autonomia. Ora gli IRRSAE, grazie alla centralità assunta nel monitoraggio e in altri progetti analoghi sui quali sono stati coinvolti direttamente ed operativamente, si stanno riattrezzando a riconquistare una posizione di visibilità. Le competenze professionali, necessarie per il monitoraggio, dei tecnici ricercatori sono anch’esse da reinventare sulla base di una professionalità già ibrida in quanto costruita prevalentemente su esperienze di docenza in specifiche realtà scolastiche, e su possibili esperienze di ricerca, documentazione e sperimentazione in contesti più ampi.

Legittimazione normativa delle operazioni

Le operazioni che gli IRRSAE intendono effettuare, all’interno della globalità dei cambiamenti posti in essere dall’Autonomia, hanno una loro legittimazione normativa non solo nelle diverse lettere circolari e documenti di lavoro in merito, ma nella stessa Legge Bassanini che attribuisce agli istituti regionali il compito di supportare il processo di riforma.

Si riportano schematicamente alcuni riferimenti normativi dove sono indicate le operazioni del monitoraggio, nonché i compiti e le responsabilità dei soggetti variamente coinvolti.

1 Legge Bassanini - Legge n. 59 del 15 marzo 1997: Il federalismo amministrativo. Attribuisce all’IRRSAE un’azione di sostegno per l’autonomia.
2 Direttiva 252 del 29 maggio 1998 Prevede l’utilizzazione sul territorio degli Ispettori tecnici, dei Nuclei di supporto, degli IRRSAE e della BDP
3 Lettera circolare del 19 maggio 1998, prot. n. 27841/BL, collegata alla Direttiva 238 Affida agli IRRSAE un secondo livello di azioni, definito a carattere qualitativo
4 Bozza di lavoro del 22 luglio 1998 - Avvio del monitoraggio nazionale sui progetti di sperimentazione dell’autonomia anno scolastico 1998/’99 - nata a seguito di incontri tra il Gruppo Nazionale per l’autonomia e i referenti degli interIRRSAE, BDP e CEDE. Delinea il progetto operativo di monitoraggio
5 Nota dell’ufficio del consigliere ministeriale per l’autonomia, Dir. Gen. Cosentino, prot. n. 210 del 4 novembre 1998 Definisce operativamente il progetto di monitoraggio nazionale della sperimentazione dell’autonomia già approvato il 23 ottobre dal Comitato tecnico paritetico.
6 Nota dell’ufficio del consigliere ministeriale per l’autonomia, Dir. Gen. Cosentino, prot. n. 250 del 17/12/1998 Disciplina ulteriormente le azioni dando ulteriori indicazioni operative ai Provveditorati agli studi e agli IRRSAE

 

Alcuni dati informativi essenziali

1. 1.0000 sono le scuole che a livello nazionale dovranno essere monitorate che saranno individuate dai Provveditori, sulla base delle proposte dei nuclei, entro il mese di gennaio (5) 1999, tenendo conto dei criteri di distribuzione statistica e di significatività della sperimentazione. Nel primo caso si dovranno garantire a livello provinciale:

- almeno due circoli didattici di cui uno con sperimentazione che coinvolge la scuola materna;

- almeno una scuola media;

- almeno due scuole secondarie di diverso indirizzo tra loro;

- almeno una scuola comprensiva, se significativa, o a scelta in alternativa un circolo didattico o una scuola superiore (percentuale paritaria di scuole urbane e periferiche).

Sul piano della significatività della sperimentazione, dovranno essere scelte quelle scuole che, sulla base di dati in possesso dei nuclei, appaiano emblematiche in relazione alle diverse finalizzazioni della sperimentazione dell’autonomia (DM 251/98) e rappresentative della varietà dei progetti in corso nella provincia. Pertanto vanno privilegiate:

- sia quelle che hanno ricevuto la quota aggiuntiva in quanto considerate di particolare complessità;

- sia quelle che fanno parte di circuiti di sperimentazione nazionale (Ascanio, Copernico, progetto qualità, le 166 scuole superiori della sperimentazione curricolare, il progetto Qualità, il progetto Ambiente…)

2. Il monitoraggio avverrà attraverso alcuni incontri con le scuole (tendenzialmente il team prenderà contatti con il gruppo coinvolto nel progetto di sperimentazione) con lo scopo di cogliere il contesto relazionale, i percorsi decisionali, le variabili di qualità prevalenti, il clima nella scuola, attraverso il contatto diretto e l’osservazione dei processi. Il fine è quello di individuare i differenziali qualitativi dell’autonomia e studiare i trend attraverso l’osservazione dei processi, riconoscere i livelli di eccellenza, i modelli innovativi trasferibili, le situazioni esemplari, le best practices (6).

3. Il metodo da privilegiare negli incontri è quello del contatto interattivo dialogante tra team di osservatori ed operatori delle scuole ed implica che tra i componenti del team sia condiviso un codice di comportamento, che siano chiari i protocolli del colloquio clinico e definito un repertorio delle variabili più significative da osservare.

4. Uno degli scopi è anche quello di realizzare un rapporto regionale predisposto dall’IRRSAE, un rapporto nazionale di sintesi a cura del comitato paritetico nazionale (7), e la descrizione particolareggiata di alcune sperimentazioni esemplari per lo spessore didattico ed organizzativo delle innovazioni rispetto ai diversi ordini di scuola e alle diverse tipologie ed ambiti di sperimentazione.

5. Tutti i dati, inoltre, dovranno essere raccolti in un apposito software prodotto dalla BDP e l’acquisizione delle informazioni potrà avvenire attraverso modalità di dialogo e di interazione.

Informazioni ulteriori emerse dal seminario di Bellaria

Tutti i 312 monitori hanno avuto, a Bellaria, durante il mese di dicembre, una prima fase di formazione, organizzata dall’IRRSAE Emilia Romagna. Uno degli scopi del seminario di Bellaria era quello di offrire ai gruppi di ricerca regionali delle opportunità utili alla costruzione di una base condivisa di riferimento in vista del compito comune da svolgere. Sono stati presentati, e sottoposti al vaglio critico e dialettico dei partecipanti, gli strumenti che si dovranno utilizzare per la rilevazioni delle informazioni necessarie per il monitoraggio.

A sintesi del percorso alcune operazioni sono state ridefinite in termini di maggiore chiarezza, anche se non tutti i dubbi sono stati sciolti.

1. Significatività del campione

Dai dati pervenuti sembrerebbe che più di 11.000 sono le scuole che hanno risposto alla direttiva 252/98 presentando progetti, di cui 9.500 complessi. Di questi ultimi circa 6/7.000 hanno avuto una quota alta di finanziamento. All’interno di questa riflessione le mille scuole, che saranno scelte tendenzialmente tra quelle che hanno avuto il finanziamento per i progetti complessi, rappresentano un campione molto significativo.

2. Rottura tra funzioni e ruoli

Per la prima volta nella storia si verrà a verificare che un’operazione venga affidata ad un gruppo poliprofessionale senza attribuzioni di compiti specifici ad hoc. All’interno dei team non ci saranno ruoli differenziati o prevalenti, ognuno è fungibile. L’obiettivo è quello di utilizzare le diverse competenze per poter garantire attraverso l’intersoggettività una maggiore correttezza di lettura e di interpretazione dei fenomeni rilevati.

3. Modalità di intervento

La modalità dell’osservazione partecipe è quella scelta tra le tante a disposizione. Le scuole monitorate non dovranno esibire certificazioni, delibere e documenti vari a supporto delle proprie affermazioni in quanto lo scopo non è quello di rilevare la qualità degli atti formali, quanto invece la qualità del processo attivato, quindi il contesto relazionale, il clima della scuola, i percorsi decisionali, inoltre le variabili di qualità prevalenti, se e in che misura c’è un differenziale qualitativo connesso al processo dell’autonomia

4. Strumenti

Gli strumenti, da utilizzare prima, durante e dopo le visite alle scuole, sono suddivisi in 5 categorie:

Molto interessante potrebbe risultare l’approcio scelto, caratterizzato dall’incrocio di strumenti descrittivi-qualitativi con gli strumenti di registrazione-quantitativi e l’incrocio tra il processo di autovalutazione della scuola con le letture degli osservatori esterni che scaturiscono dagli incontri con i gruppi responsabili dei progetti.

5. Restituzione alle scuole

Sono rimasti alcuni dubbi sulle modalità di restituite direttamente alle scuole alcuni esiti del monitoraggio indipendentemente del rapporto regionale e nazionale. La restituzione avverrà comunque su richiesta. Restano da definire i dettagli comunicativi, se si privilegerà la forma scritta o orale, se verrà inviata una sintesi del diario di bordo, se si troveranno altre procedure da condividere con la scuola osservata.

6. Rapporto tra tempi e mole di lavoro

Il progetto prevede che ogni team dovrà monitorare 10 scuole attraverso tre incontri che si attueranno dalla prima decade di febbraio alla fine di maggio. Ma il team avrà bisogno di ulteriori incontri di formazione, di messa a punto delle modalità di approccio osservativo, di chiarificazioni intorno alle tecniche e di concertazione di stili personali. Anche per questo la proposta emersa al seminario è stata quella di sostituire il primo colloquio con gli operatori della scuola con un incontro preliminare con gruppi di capi d’istituto al fine di predisporre le condizioni necessarie a rendere più efficace gli incontri successivi (due, se prevarrà questa proposta, anziché tre).

7. Accreditamento delle operazioni

Tutta l’operazione sarà preceduta da una nota del Provveditore alle scuole inserite nel progetto di monitoraggio con allegato il documento di lavoro "Progetto 1998/99" del 23 ottobre 1998 e un documento di merito sugli scopi e le modalità del monitoraggio in corso, entrambi utili ad informare la scuola e a renderla partecipe.

Spunti per la riflessione

Si segnalano solo alcuni interrogativi non per mettere in dubbio l’operazione, ma per offrire alcuni spunti di riflessione che possono servire a migliorare la leggibilità del progetto stesso, quindi a rendere più efficaci le azioni conseguenti.

1. La comunicazione interistituzionale

Questo monitoraggio è a carico degli IRRSAE, ma gli operatori (GRR) provengono da tre istituzioni differenti. Questa scelta è certamente di qualità. È una scelta che presuppone comunicazioni, scambi facilitati tra le tre istituzioni, una progettualità condivisa, azioni di cui sentirsi comunque tutti responsabili, fatte salve le questioni di ordine formale e prassico di cui l’IRRSAE è direttamente responsabile.

Anche se lo stesso comitato paritetico si dice impegnato a promuovere intese tra IRRSAE e Provveditori con l’obiettivo di coordinare le diverse attività previste, è importante che gli stessi soggetti coinvolti si facciano protagonisti di azioni tese proprio a costruire una comunicazione reale e proficua, perché il rischio potrebbe essere alto se si scambia l’obiettivo con il presupposto, nel senso che si dà per acquisita quella stessa capacità comunicativa sulla quale, nella migliore delle ipotesi, si può contare solo se posta come obiettivo e se su di esso si costruiscono azioni mirate.

2. La poliprofessionaità

Guardare il mondo ed avere la possibilità di spostare agilmente il punto di osservazione, credo che rappresenti un obiettivo alto e gli effetti delle azioni costruite su questa facilitazione saranno certamente di utilità superiore rispetto a quelli derivanti da una visione monocentrica. Ma la capacità di decentramento non è un’operazione né facile né automatica, ed è più facile accettare la mancanza di soluzioni piuttosto che lo spostamento del proprio punto di vista. Coloro che hanno ideato questo progetto hanno sicuramente pensato di poter superare il problema mettendo ad osservare un pezzo di realtà (le mille scuole) tre soggetti diversi per culture professionali e, in quanto tali, utilizzatori di strumenti altrettanto differenti. È questo un punto estremamente delicato, tanto irrinunciabile in linea di principio, quanto difficile nella pratica. L’occasione del monitoraggio, comunque, permette ai monitori di poter fare esercizio di professionalità in un lavoro cooperativo con strumenti comuni e condivisi e alle scuole di rapportarsi contestualmente a professionisti differenti con qualche garanzia in più di poter proficuamente comunicare. O potrebbe essere anche, per i primi, un’occasione per iniziare a superare certi disagi che possono provenire dalla paura di perdere la propria identità o da un possibile senso di inadeguatezza, per le mille scuole, un’opportunità nuova per iniziare a capire come all’interno della stessa categoria di operatori si possano trovare competenze altamente diversificate.

3. I tempi

La questione dei tempi è quella che ha preoccupato un po’ tutti: è un fatto oggettivo e non opinabile. È stato detto che a questo tipo di operazione bisogna dare la priorità politica, ma sappiamo che la realtà professionale dei soggetti implicati spesso non può rispondere alle priorità politiche. Considerando che ogni team dovrebbe andare nelle 10 scuole tre volte da febbraio a maggio (e l’operazione non può slittare oltre), considerando i tempi di preparazione dell’incontro, la scrittura del diario di bordo, la riflessione intersoggettiva, la restituzione alle scuole, le relazioni singole, la sintesi regionali e così via, il tempo si raddoppia. E questo problema non è ancora risolto.

4. La qualità della scuola o la qualità del processo attivato dal progetto

La rilevazione del differenziale qualitativo dell’autonomia non rappresenta una operazione semplice. Gli strumenti ci sono, ma forse pur adeguati a far emergere un differenziale qualitativo non lo sono abbastanza a collegarlo poi ai processi di autonomia in atto. In altre parole, come è possibile distinguere la specificità qualitativa riferita al progetto finanziato senza confonderlo con una qualità comunque esistente grazie ad una serie di azioni già consolidate dal tempo e dalla tradizione? Se per esempio si scelgono scuole notoriamente di alto profilo, che stanno già da tempo dentro quei paramenti che rappresentano i presupposti dell’autonomia, come è possibile rilevare la progressione qualitativa del progetto di autonomia senza collegarlo alla storia della scuola stessa? O come si può rilevare i cambiamenti qualitativi intercorsi tra una visita e l’altra quando gli intervalli di tempo sono così contenuti? Tutt’al più dalle esperienze osservate possono sicuramente scaturire le best practices, quelle esemplarità da offrire all’attenzione di altre scuole. Ma già solo questo potrebbe essere, alla fine, un obiettivo apprezzabile, sempre che non si voglia prendere in considerazione il rapporto costo-benefici.


1. Cfr. Cerini G. (a cura di), "Il dizionario dell'autonomia" in Conoscere e sperimentare l'autonomia, Tecnodid, Napoli, 1998.
2. CM. n. 765 del 25/11/1997 - D.M. n. 766, stessa data - Direttiva n. 238 del 19 maggio 1998, sostituita dalla Direttiva 352 del 29/5/'98 - D.M. n. 251 del 29/5/'98.
3. Lettera circolare del 19 maggio 1998, prot. n. 27841/BL, collegata alla Direttiva 238 (sostituita poi dalla Direttiva 352 del 29/5/'98).
4. Comma 2, Art. 3 del DM 251 del 29 maggio 1998: "Ciascun nucleo è composto in modo da garantire la presenza di tutte le componenti amministrative e tecniche - ivi compresi gli IRRSAE - anche non appartenenti all'amministrazione scolastica, necessarie per sostenere adeguatamente le iniziative. Esso deve prioritariamente comprendere al suo interno docenti, dirigenti scolastici ed ispettori tecnici che abbiano già effettuato esperienze in merito".
5. Cfr. nota dell'Ufficio del Consigliere ministeriale per l'autonomia, prot. n. 250/segr. del 17/12/98.
6. Cfr. nota dell'Ufficio del Consigliere ministeriale per l'autonomia, prot. n. 210/segr. del 4/11/98.
7. Formato da rappresentanti del MPI, BDP, IRRSAE, CEDE (DM 7 ottobre 1998 in attuazione della delibera della Conferenza dei Presidenti IRRSAE del 30/7/1998)
8. Cfr. Nota dell'Ufficio del consigliere ministeriale per l'autonomia, prot. n. 250/segr. Del 17/12/1998.