Nel paleolitico la donna era oggetto di culto per la fecondità e partecipava alla lotta per la sopravvivenza con la raccolta del cibo, ma era la caccia, attività prestigiosa riservata agli uomini, che conferiva una posizione egemonica.
Nella civiltà del Nilo, la donna godeva di notevole prestigio e se rimaneva vedova poteva diventare capofamiglia, ma agli uomini era concesso di avere più di una moglie, mentre le donne erano punibili anche con la vita se tradivano il marito.

Nella società egeo-cretese la donna non era reclusa in casa e adibita ai lavori domestici, ma godeva di una libertà e di un prestigio del tutto eccezionali, alcuni affreschi mostrano figure femminili in abiti eleganti, che partecipano ai giochi e agli spettacoli, che svolgono funzioni sacerdotali e occupano posizioni di rilievo.
La donna greca viveva in una posizione subordinata e passiva, non era neppure richiesto il suo consenso nel matrimonio.

Per gli etruschi la donna ha un ruolo attivo, vi era infatti l'abitudine di farla partecipare alla vita pubblica e di far sedere la moglie accanto al marito nei banchetti.
Per i romani le donne sono escluse dal mondo della città, dalle attività politiche e dalla funzione di deliberare a nome di altri e per altri. La famiglia romana era organizzata in modo patriarcale, il potere era concentrato nelle mani dell'uomo più anziano, il pater familias. Le mogli del capofamiglia e dei suoi discendenti erano sottomesse per diritto, come i figli e gli schiavi. Le donne, nel periodo più antico, non avevano nemmeno un nome proprio, ma il nome gentilizio, (cioè quello della gens cui appartenevano), e il nome familiare, quindi spesso per individuare donne della stessa famiglia si aggiungeva la parola Prima, Seconda, Terza, etc. 

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