MOBBING.
IL TERRORE PSICOLOGICO SUL POSTO DI LAVORO E LE SUE CONSEGUENZE PSICOFISICHE
SULL’INDIVIDUO
(Articolo
apparso sulla rivista "Leadership
medica" n. 3/2000)
Il Mobbing è un fenomeno molto diffuso: viene definito "terrore
psicologico sul posto di lavoro" e implica tutta una serie di comportamenti
aggressivi e persecutori che uno o più colleghi, superiori o sottoposti,
possono indirizzare verso un loro compagno di lavoro “scomodo”, antipatico
o, a loro parere, da eliminare in qualche modo. Il Mobbing ha una certa durata e
frequenza e può essere esercitato da singoli colleghi, gruppi o anche dall´azienda
stessa, caso in cui viene definito “Bossing”. Il Mobbing attraversa varie
fasi, cominciando dal conflitto quotidiano e terminando spesso con l'uscita
della vittima dal mondo del lavoro. Secondo la ricerca condotta dall'Autore, le
vittime del Mobbing in Italia provengono prevalentemente dall´industria privata
e dall'amministrazione pubblica e sono generalmente persone non più giovani.
Con
la parola Mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di
lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da
parte di colleghi o superiori. La vittima di queste vere e proprie persecuzioni
si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti
dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all'altro, o viene
sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più
gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo di
tali comportamenti può essere vario, ma sempre distruttivo: eliminare una
persona divenuta in qualche modo "scomoda", inducendola alle
dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.
Si tratta di una materia solo recentemente teorizzata,
ma ben nota, più vicina alla nostra vita di quanto avremmo mai immaginato. Chi
di noi infatti vive o ha mai vissuto la sua vita lavorativa senza conflitti e
senza problemi? Allora siamo dunque tutti vittime di Mobbing? La risposta è,
ovviamente, no. Se il vostro capoufficio arriva in ritardo, arrabbiato perché
la macchina l'ha piantato in asso in mezzo ad un incrocio, e voi gli ricordate
che deve fare una telefonata fastidiosa o gli riferite l'esistenza di un
problema, allora avrete novantanove probabilità su cento di venire trattati
male e di sentirvi umiliati e feriti. Una cosa è però certa: non siete vittime
di Mobbing, ma solo di azioni che chiameremo "mobbizzanti": azioni
fastidiose, anche dure e poco gradevoli, ma legate a fattori situazionali (una
giornata storta, un mal di testa, un problema privato o altro, da parte vostra o
di chi vi lavora accanto) e quindi momentanee. Se invece per qualche ragione il
modo di fare prepotente del capoufficio o i pettegolezzi dei colleghi o i
comportamenti aggressivi diventano un'abitudine, cioè se le azioni mobbizzanti
diventano regolari, sistematiche e di lunga durata, allora si può parlare di
Mobbing.
Esso infatti si manifesta come un'azione (o una serie
di azioni) che si ripete per un lungo periodo di tempo, compiuta da uno o più
"mobber" per danneggiare qualcuno (che chiameremo "mobbizzato"),
quasi sempre in modo sistematico e con uno scopo preciso. Il mobbizzato viene
letteralmente accerchiato e aggredito intenzionalmente (il verbo inglese "to
mob" significa "assalire, aggredire, affollarsi attorno a
qualcuno") da aggressori che mettono in atto strategie comportamentali
volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti
sociali si volgono alla conflittualità e si diradano sempre più, relegando la
vittima nell'isolamento e nell'emarginazione più disperata.
Il Mobbing ha effetti devastanti sulla persona colpita:
essa viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, menomata nella sua
capacità lavorativa e nella fiducia in se stessa. Risente spesso di sintomi
psicosomatici, stati depressivi o ansiosi, tensione continua e incontrollata. L´esito
ultimo - e non raro - è il suicidio: in Svezia un'indagine statistica ha
rivelato che tra il 10 ed il 20% dei suicidi in un anno hanno avuto come causa
scatenante forme depressive dovute a Mobbing. In questo Paese, all'avanguardia
nello studio sul Mobbing, è stata aperta una clinica specialistica per "mobbizzati",
il Mobbing è stato dichiarato reato punibile penalmente ed i suoi effetti sono
ritenuti malattia professionale. Le ricerche hanno dimostrato che il Mobbing può
portare ad un danno psichico o psicofisico permanente, tale da consentire una
regolare richiesta di risarcimento per invalidità professionale.
Ma il Mobbing non è solo questo: esso provoca anche un
sensibile calo di produttività all'interno dell'azienda in cui si verifica: chi
fa Mobbing o lo subisce fa registrare un forte calo di rendimento professionale,
e inoltre si assenta spesso per visite o periodi di malattia. Tale costo si
ripercuote poi sull'intera società: una vittima di Mobbing è di solito
prepensionata o resa invalida dal lavoro, e, secondo stime statistiche, un
lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa già 1 miliardo e 200
milioni di Lire in più rispetto ad uno pensionato all´età prevista.
Il Mobbing ha quindi effetti
ampiamente distruttivi, complicati dal fatto che scarse e tortuose risultano le
possibilità di difesa. Si tratta in effetti di una materia delicatissima, in
cui la legislazione è scarsa ed ambigua ed il confine tra lecito esercizio del
comando e puro arbitrio aggressivo è più impalpabile che mai. In Italia si
calcola che più di 1 milione di lavoratori soffrano per Mobbing. Esistono già
ricorsi in giudizio per invalidità da vessazioni e persecuzioni sul lavoro che
rientrano nella casistica del Mobbing ed alcune sentenze di risarcimento sono già
state pronunciate. La strada per arrivare a classificare il Mobbing come
malattia professionale risarcibile e come pratica criminale punibile penalmente
é ancora lunga da percorrere. Stiamo muovendo solo ora i primi passi, ma è una
battaglia da combattere con coraggio e determinazione.
LE STRATEGIE DEL MOBBING
Il Mobbing è un fenomeno complesso, che può esprimersi in vari modi e i cui
attori possono comportarsi secondo canoni diversi. Tuttavia, cominciamo a
renderci conto che nel Mobbing esiste una costante: la vittima è sempre in una
posizione inferiore rispetto ai suoi avversari. Inferiorità non riferita al
potere, all'intelligenza o alla cultura, ma come status: durante un lungo
periodo di tempo in cui subisce Mobbing, la vittima perde gradualmente la sua
posizione iniziale, cioè perde:
1) la sua influenza;
2) il rispetto degli altri;
3) il potere decisionale;
4) non di rado la salute;
5) la fiducia in se stesso;
6) gli amici;
7) l´entusiasmo nel lavoro;
8) se stesso;
9) la dignità.
La gamma della strategie che un mobber può adottare è davvero
diabolica. Ho saputo di impiegati trasferiti in uffici senza servizi igienici,
impossibilitati a lasciare il proprio posto di lavoro per i bisogni fisici se
non dopo umilianti telefonate; di maestre ridotte a bibliotecarie; di manager
cinquantenni truffati con false promesse di riassunzione, che si sono ritrovati
a percepire stipendi irrisori e degradanti; di impiegate mobbizzate dal
capoufficio come vendetta per i loro rifiuti di prestazioni sessuali. I casi più
gravi riguardano persone giunte a meditare e ad attuare il suicidio, ultimo atto
di un quadro depressivo dilaniante, o esasperate al punto da pensare ad uccidere
il proprio persecutore.
Come si può ben immaginare, capire se una persona è stata, è o sta per essere
mobbizzata non è cosa semplice. Prendendo ad esempio un periodo medio di 35
anni di lavoro e ragionando a livello statistico, possiamo supporre che almeno
una volta nel corso della vita lavorativa ad ognuno di noi si presenti un caso
di Mobbing, indipendentemente dal fatto che sia da noi vissuto in modo passivo
(cioè se assistiamo da spettatori non coinvolti ad un caso di Mobbing nel
nostro ufficio o verso un collega a noi vicino) o che invece ne abbiamo parte
attiva (come vittima o come mobber).
Con questo vorrei evidenziare il fatto che il Mobbing
non è un fenomeno né estraneo né marginale nella vita di qualsiasi
lavoratore. Ma attenzione: ciò non implica che sia un evento del tutto normale!
Tutt´altro. Il Mobbing è un'aberrazione e un abuso, che dovrebbe essere
combattuto e bandito dalla nostra società. La mia piccola statistica vuole
mostrarci invece come a dispetto di ciò esso avvenga tranquillamente e
impunemente vicino a noi, probabilmente anche con maggiore frequenza di quanto
ipotizzato. Il Mobbing avviene perché nessuno lo impedisce: gli spettatori non
tentano di fermare il mobber, e con il loro silenzio, lo favoriscono. Davanti al
Mobbing infatti si tace e si fa finta di non vedere.
Il perché non è giustificabile, ma almeno
comprensibile: la paura. Paura di essere coinvolti, di fare una brutta figura,
di essere poi accusati a nostra volta di qualcosa, di avere ritorsioni di
qualche genere, di perdere eventualmente il lavoro. Paura, forse, di affermare
le proprie convinzioni anche a dispetto di tutti gli altri. Potremmo affermare
che esiste una specie di omertà professionale, che innalza un muro di silenzio
dietro a cui il mobber può agire indisturbato. Nel Mobbing, purtroppo, vale un
vecchio detto: "Chi tace acconsente e partecipa".
Il
Mobbing è dunque sempre esistito, ma solo adesso comincia a diffondersi una sua
teorizzazione. Finora è sempre stato passivamente accettato come parte del
gioco. I commenti più frequenti che ho ascoltato parlando di Mobbing sono
stati: "Purtroppo ci si deve adattare" o "Queste sono le regole
del lavoro". Ebbene, è veramente necessario che ognuno di noi riveda le
sue convinzioni e i suoi pregiudizi. Il Mobbing non è la regola da accettare
passivamente, ma un abuso da combattere.
GLI ATTORI DEL MOBBING
Il Mobbing è un fenomeno sociale: non può avvenire da sé, ma è fatto, subito
o favorito da esseri umani. Le persone che vi prendono parte ne sono attori
indispensabili, con i loro difetti, le loro idiosincrasie caratteriali, le loro
paure. Il Mobbing è un'azione aggressiva, che vede necessariamente due attori:
l´aggressore, o mobber, e la sua vittima, o mobbizzato. In un ufficio, o in un
luogo di lavoro, tuttavia, solo raramente questi due personaggi si trovano da
soli l'uno contro l'altro. Nella stragrande maggioranza dei casi attorno a loro
c'è un numero variabile di persone. Nessuna situazione di Mobbing può restare
inavvertita da questi cosiddetti spettatori: la sua portata è troppo pregnante
perché non venga in qualche modo percepita. Conseguentemente a questo, anche
gli spettatori del Mobbing ne sono coinvolti: possono fare da semplice sfondo
oppure parteggiare apertamente per una delle due parti
Il tratto tipico del mobbizzato è l'isolamento. La
vittima di Mobbing si sente incompresa e sola di fronte al suo nemico, in una
situazione senza via di uscita in cui non sa come è entrata e spesso nemmeno
perché. In effetti, molte persone colpite si chiedono ancora oggi cosa mai
avessero fatto di male, cosa ci fosse di così sbagliato nel loro
comportamento da provocare questo odio degli altri verso di loro. E' difficile
poter stilare una casistica delle vittime, trovare cioè la persona
caratterialmente più propensa ad essere mobbizzata. In effetti, al punto in cui
stanno oggi le ricerche, possiamo affermare che la vittima potrebbe essere
chiunque e che non esiste una categoria di persone predestinata a diventarlo.
Tuttavia possiamo affermare che ci sono situazioni in
cui è più probabile venire mobbizzati. Pensiamo ad una persona in qualche modo
diversa dagli altri: una donna in un ufficio di uomini o viceversa, una persona
più qualificata, più giovane, più brava nel lavoro, oppure il classico caso
della persona nuova, magari più qualificata e più giovane, addirittura assunta
da subito come capufficio: senz'altro le possibilità di subire Mobbing per lui
sono sicuramente maggiori. Qualunque sia la sua posizione o il suo carattere, la
vittima generalmente, e almeno all'inizio, reagisce al Mobbing, ma a nulla
servono i suoi sforzi: il più delle volte è la reazione stessa della vittima,
in qualunque modo essa si configuri, a dare al mobber nuove argomentazioni di
attacco o nuovi motivi per continuare la sua azione.
Il mobber, cioè colui che inizia e continua l'attacco, può avere davvero mille
motivi per perpetrare il Mobbing: paura di perdere il lavoro o la posizione
duramente guadagnata, o di essere surclassato ingiustamente da qualcun altro più
giovane o più qualificato, o semplicemente più simpatico; ansia di carriera
che porta a frantumare qualsiasi ostacolo, vero o presunto, gli si pari davanti;
semplice antipatia o intolleranza verso qualcuno con cui è costretto a
convivere otto ore al giorno. Il mobber classico non lascia in pace la sua
vittima perché ritiene di riportare vantaggi dalla sua distruzione, oppure la
usa come valvola di sfogo dei suoi umori. Può agire da solo o cercarsi alleati.
Può addirittura essere assolutamente consapevole della sua azione, mobbizzare
di proposito per il gusto di farlo e pianificare per divertimento nuove
strategie.
C'è anche chi si trova quasi per caso nella situazione
di mobber: è risultato vincitore di un normale conflitto e del tutto
inconsciamente continua la lotta con lo scopo di distruggere completamente la
vittima. Paradossalmente queste persone non si rendono conto di quello che
stanno facendo sulle loro vittime e sono le prime a mostrarsi incredule di
fronte agli sviluppi della situazione. Infine ci sono le persone
caratterialmente difficili, i collerici, gli autoritari, i megalomani e i
criticoni. E tutta una gamma di frustrati al di fuori del lavoro che sfogano i
propri istinti repressi sui colleghi.
Gli spettatori sono tutte quelle persone - colleghi,
superiori, addetti alla gestione del personale - che non sono coinvolti
direttamente nel Mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo
percepiscono, lo vivono di riflesso. La funzione che lo spettatore ricopre all´interno
del posto di lavoro ha un'importanza cruciale per lo sviluppo del Mobbing. Come
il ruolo del mobber dipende dalla sua posizione gerarchica (cioè da quanto
potere esecutivo può convogliare nella sua azione mobbizzante), così anche
quello dello spettatore diventa fondamentale nella sua capacità di influenza
sul Mobbing: se lo spettatore è un neo-assunto in contratto di formazione
allora è comprensibile che potrà fare ben poco di fronte al Mobbing; se invece
è il capo-reparto, egli ha l'autorità di porre fine o far proseguire il
processo.
Se
uno spettatore non agisce, molto spesso si può tramutare in un altro temibile
aggressore. Come dice un noto proverbio, "il ladro non è solo chi ruba, ma
anche chi gli regge il sacco": ebbene, un collega che assiste al Mobbing e
non lo denuncia o cerca di interromperlo in qualche modo può diventare lui
stesso un mobber di riflesso, ossia un "side-mobber": egli infatti
favorisce il mobbing con la sua indifferenza e la sua non disponibilità ad
intervenire. I colleghi non direttamente coinvolti hanno in mano la chiave di
volta per permettere o non permettere l'azione del mobber nel loro ufficio. Nel
Mobbing, più che in altre situazioni, chi tace inesorabilmente acconsente.
LE FASI DEL MOBBING: IL "MODELLO ITALIANO EGE" A 6 FASI
Il Mobbing non è una situazione stabile, ma un
processo in continua evoluzione. Sulla base di ciò, gli esperti tedeschi e
svedesi hanno cercato di definire gli stadi che il Mobbing attraversa, per
cercare di capirne i metodi e le prerogative. Il modello più famoso è quello a
4 fasi elaborato da Leymann, lo studioso che è ritenuto il fondatore di questo
nuovo ramo della Psicologia del Lavoro, modello che è ampiamente presentato e
discusso nei miei libri. Come ho già avuto modo di affermare, tuttavia, ritengo
che il modello di Leymann rifletta una percezione del Mobbing prettamente
applicato alla realtà svedese, in cui egli operava, con una valida e precisa
integrazione derivata dalle sue radici culturali tedesche. Per questo motivo,
presumibilmente, il modello di Leymann, oltre ad avere un'indiscussa validità
nell'area scandinava, si presta in modo eccezionale all'applicazione anche
all'interno di studi condotti in Germania. Quando mi sono trovato ad analizzare
la situazione italiana, però, mi sono reso conto che le cose stavano in modo
ben diverso. Il modello di Leymann applicato in Italia lasciava infatti troppi
vuoti da colmare in modo approssimativo, troppi quesiti aperti e troppe risposte
prive di quell'esattezza che uno studio scientifico richiede.
Ciò di cui mi sono reso conto è stato che non era il modello ad essere
inesatto (la sua validità era in effetti provata in modo indiscutibile), bensì
erano le caratteristiche stesse della situazione italiana che male si adattavano
al modello stesso, rendendolo troppo vago ed impreciso. Dunque, sono giunto alla
conclusione che il modello di Leymann è inadeguato ed inapplicabile ad una
realtà sociale come quella italiana, essendo questa per troppi versi distante
da quella germanica o nordeuropea, per le quali era stato elaborato.
Conseguentemente ho dovuto operare degli aggiustamenti sul modello base, per
renderlo applicabile alla realtà del Mobbing italiano. Il risultato a cui sono
giunto è stato un modello che ancora si fonda su Leymann, ma che ne costituisce
un ampliamento. Il mio modello, che ho chiamato "modello italiano Ege",
si compone di sei fasi di Mobbing vero e proprio, legate logicamente tra loro e
precedute da una sorta di pre-fase, detta Condizione Zero, che ancora non è
Mobbing, ma che ne costituisce l'indispensabile presupposto. Per una maggiore
comprensione, vediamo le sei fasi e la pre-fase con l'aiuto di un esempio.
LA "CONDIZIONE ZERO"
Non si tratta di una fase, ma di una pre-fase, di una situazione iniziale
normalmente presente in Italia e del tutto sconosciuta nella cultura
nordeuropea: il conflitto fisiologico, normale ed accettato. Una tipica azienda
italiana è conflittuale. Sono poche le aziende che sfuggono a questa regola.
Questa conflittualità fisiologica non costituisce Mobbing, anche se è
evidentemente un terreno fertile al suo sviluppo. Si tratta di un conflitto
generalizzato, che vede tutti contro tutti e non ha una vittima cristallizzata.
Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto in tanto con banali diverbi d´opinione,
discussioni, piccole accuse e ripicche, manifestazioni del classico ed
universalmente noto tentativo generalizzato di emergere rispetto agli altri. Un
aspetto è fondamentale: nella "condizione zero" non c'è da nessuna
parte la volontà di distruggere, ma solo quella di elevarsi sugli altri.
Vediamo un esempio pratico: un'azienda di servizi che elabora programmi di
computer e software. I tempi di consegna sono sempre strettissimi e i dipendenti
sono continuamente sottoposti a superlavoro. Matteo è un programmatore
dipendente di questa azienda: a volte si trova in difficoltà e indietro col
lavoro, ma nessun collega può e vuole aiutarlo, perché impegnato a gestire i
suoi stessi tempi strettissimi. Inoltre, nell'azienda esiste una forte
competitività: ogni dipendente che riesce a consegnare in tempo il lavoro
riceve una gratificazione, mentre chi resta indietro corre seri rischi. In
conseguenza di tutto questo, i rapporti personali tra tutti i colleghi (e non
solo nei confronti di Matteo) sono praticamente inesistenti e improntati a una
gelida cortesia formale.
LA 1a FASE: IL CONFLITTO MIRATO
Nella prima fase del Mobbing si individua una vittima e verso di essa si dirige
la conflittualità generale. Il conflitto fisiologico di base dunque prende una
svolta, non è più una situazione stagnante, ma si incanala in una determinata
direzione. In questo momento l'obiettivo non è più solo quello di
emergere, ma quello di distruggere l'avversario, "fargli le scarpe".
Inoltre, il conflitto non è più oggettivo e limitato al lavoro, ma sempre più
si dirige verso argomenti privati.
Nel
nostro esempio, Matteo riceve una cospicua gratificazione per aver portato a
termine in tempo un importante lavoro. Questo suscita invidia nei colleghi che
temono di venire ingiustamente surclassati: ora, pensano, il capufficio
privilegerà lui invece di noi. Cominciano così a isolarlo e a prenderlo in
giro: "Sei tu il fenomeno, quindi non hai bisogno di consigli da parte
nostra".
LA 2a FASE: L`INIZIO DEL MOBBING
Gli attacchi da parte del mobber non causano ancora sintomi o malattie di tipo
psico-somatico sulla vittima, ma tuttavia le suscitano un senso di disagio e
fastidio. Essa percepisce un inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è
portata quindi ad interrogarsi su tale mutamento.
Matteo è ora fatto bersaglio di veri e propri attacchi: è accusato di
stakanovismo e di superbia nei confronti dei colleghi. Prima era spesso
attaccato, ora ogni problema viene gettato su di lui, che è diventato ormai il
capro espiatorio dell'intero ufficio: "La colpa del ritardo è sua, voleva
fare tutto da solo", "Non ci ha informato per avere da solo tutto il
vantaggio", "Quello vuole farci le scarpe a tutti". Matteo si
accorge della freddezza che improvvisamente lo circonda e comincia a chiedersi
cosa mai ha fatto per meritarsela.
LA 3a FASE: PRIMI SINTOMI PSICO-SOMATICI
La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può
protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un
senso di insicurezza, l'insorgere dell'insonnia e problemi digestivi.
A furia di interrogarsi, il nostro Matteo è arrivato al punto che la situazione
in ufficio è diventata un chiodo fisso: non dorme più bene, si sveglia spesso
in preda a incubi, comincia ad avvertire tremori alle gambe quando va in ufficio
ed entra in una lieve depressione, poiché vede che non riesce in nessun modo a
migliorare le cose.
LA 4a FASE: ERRORI ED ABUSI DELL`AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE
Il caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di
valutazione da parte dell'ufficio del Personale. La fase precedente, che porta
in malattia la vittima, è la preparazione di questa fase, in quanto sono di
solito le sempre più frequenti assenze per malattia ad insospettire l´Amministrazione
del Personale.
In seguito ai sintomi psicosomatici che avverte, Matteo
va una prima volta in malattia, ma al ritorno in ufficio le cose sono anche
peggiorate: ora i colleghi lo prendono in giro per avere, a loro dire, rimediato
delle vacanze extra quando loro era oberati di lavori. Matteo cerca di
resistere, ma deve chiedere altri giorni di permesso: l'insonnia si è aggravata
e la depressione è sempre più profonda, non riesce a entrare in ufficio e a
mettersi al lavoro. L'ufficio personale, allarmato anche dal ritardo del lavoro,
nota le ripetute assenze di Matteo e comincia a indagare: la soluzione più
facile è inviare richiami disciplinari a una sola persona (Matteo) piuttosto
che a tutto l'ufficio.
LA 5a FASE: SERIO AGGRAVAMENTO DELLA SALUTE PSICO-FISICA DELLA VITTIMA
In questa fase il mobbizzato entra in una situazione di vera disperazione. Di
solito soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e
terapie, che hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro
non solo resta, ma tende ad aggravarsi. Gli errori da parte dell'amministrazione
infatti sono di solito dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del
Mobbing e delle sue caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi
sono non solo inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce
col convincersi di essere la causa di tutto o di vivere in un mondo di
ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella
depressione
Matteo è in piena depressione: non riesce più a
dormire o ad andare avanti senza pastiglie. Ora è convinto più che mai che
tutto il mondo ce l'abbia con lui, non solo i colleghi, ma anche l'azienda
stessa, che lo richiama, lo rimprovera, gli nega permessi, ferie e aspettative.
LA 6a FASE. ESCLUSIONE DAL MONDO DEL LAVORO
Implica l'esito ultimo del Mobbing, ossia l'uscita della vittima dal posto di
lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al
prepensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di
manie ossessive, l'omicidio o la vendetta sul mobber. Anche questa fase è
preparata dalla precedente: la depressione porta la vittima a cercare la via
d'uscita con le dimissioni o il licenziamento, una forma più grave può portare
al prepensionamento o alla richiesta della pensione di invalidità. I casi di
disperazione più seri si concludono purtroppo in atti estremi.
Matteo, ormai incapace di reggere ancora la pressione a
cui è sottoposto, si dimette. Le sue referenze per un altro eventuale impiego,
non sono certo delle migliori, e comunque, prima di riprendere il lavoro, ha
bisogno di riposo e di cure per uscire dal tunnel della depressione e riprendere
fiducia in se stesso.
IL DOPPIO-MOBBING
Quello che ho chiamato Doppio Mobbing è un'altra situazione che ho riscontrato
frequentemente in Italia, ma di cui non si trova traccia nella ricerca europea.
Come ho già affermato, il Doppio Mobbing è legato al ruolo particolare che la
famiglia ricopre nella società italiana.
In Italia, il legame tra individuo e famiglia è molto
forte; la famiglia partecipa attivamente alla definizione sociale e personale
dei suoi membri, si interessa del loro lavoro, della loro vita privata, della
loro realizzazione e dei loro problemi. Virtualmente non scompare mai
dall'esistenza dei suoi componenti: si fa da parte, forse, ma è sempre presente
a fornire consigli, aiuti, protezione. Conseguentemente, possiamo ipotizzare
che, in linea generale, la vittima di una situazione di Mobbing tenda a cercare
aiuto e consiglio a casa. Qui sfogherà la rabbia, l'insoddisfazione o la
depressione che ha accumulato durante una giornata lavorativa passata sotto i
colpi del mobber. E la famiglia assorbirà tutta questa negatività, cercando di
dispensare al suo componente in crisi quanto più ha bisogno in termini di
aiuto, protezione, comprensione, rifugio ai propri problemi. La crisi porterà
necessariamente ad uno squilibrio dei rapporti, ma la famiglia ha molte più
risorse e capacità di ripresa di un singolo, e riuscirà a tamponare la falla.
I
l Mobbing, però, non è un normale conflitto, un periodo di crisi che si
concluderà presto. Il Mobbing è un lento stillicidio di persecuzioni, attacchi
e umiliazioni che perdura inesorabilmente nel tempo, e proprio nella lunga
durata ha la sua forza devastante. La vittima soffre e trasmette la propria
sofferenza al coniuge, ai figli, ai genitori per molto tempo, il più delle
volte per anni. Il logorìo attacca la famiglia, che resisterà e compenserà le
perdite, almeno per un certo tempo, ma quando le risorse saranno esaurite,
entrerà anch'essa in crisi. Come un barattolo, che ha un suo limite di
capienza, così una famiglia può assorbire fino ad un certo limite i lamenti di
uno dei suoi membri.
Infatti, nello stesso momento in cui la vittima si sfoga, è come se delegasse i
suoi familiari a gestire la rabbia, la depressione, l'aggressività, il malumore
accumulati. E giorno dopo giorno, per mesi e anni, il barattolo si riempie,
avvicinandosi sempre di più alla saturazione. Se questo avviene, la situazione
della vittima di Mobbing crolla. La famiglia protettrice e generosa
improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e
cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del Mobbing.
Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di
sopravvivenza, e passa sulla difensiva. La vittima infatti è diventata una
minaccia per l'integrità e la salute del nucleo familiare, che ora pensa a
proteggersi e poi a contrattaccare. Si tratta naturalmente di un processo
inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare e
sostenere il proprio caro.
Il Doppio Mobbing indica la situazione in cui la vittima si viene a trovare in
questo caso: sempre bersagliata sul posto di lavoro e per di più privata della
comprensione e dell'aiuto della famiglia. Il Mobbing a cui è sottoposto è
raddoppiato: ora non è solo presente in ufficio, ma continua, ma con altre
modalità, anche dopo, a casa.
IL BOSSING
Molto interessanti a questo proposito sono i casi in cui manca la prima fase,
ossia quella del conflitto non ancora con caratteristiche mobbizzanti. Nella
maggior parte di questi casi siamo di fronte a ciò che si definisce "Bossing",
cioè Mobbing compiuto dai superiori o dai dirigenti dell'azienda, quasi sempre
con lo scopo preciso di indurre il dipendente alle dimissioni. Come sappiamo, al
giorno d'oggi, il diritto dei lavoratori rende molto difficile per un'azienda
licenziare qualcuno senza problemi, soprattutto quando si tratta di persone
organizzate nei sindacati. Tuttavia, soprattutto in tempi di crisi, molte
aziende sono costrette a ridurre il personale, o a ringiovanirlo. Il Bossing o
Mobbing pianificato si configura in questi casi proprio come una precisa
strategia aziendale.
Durante le mie ricerche in Italia ho conosciuto vari
casi di Mobbing pianificato, messo in atto dall'azienda allo scopo di eliminare
singole persone scomode, oppure di razionalizzare, ringiovanire o ridurre in
genere il personale. Di solito l'organizzazione assume atteggiamenti davvero
spietati, ai limiti (e spesso oltre) della legalità. In Italia la pratica del
Bossing trova condizioni molto favorevoli per prosperare: la crisi latente e
continuativa, infatti, causa necessariamente un elevato livello di
disoccupazione e conseguentemente una fortissima paura da parte dei lavoratori
di perdere il proprio posto. In questa situazione la pressione che il datore di
lavoro ha la possibilità di esercitare sul dipendente con la minaccia del posto
di lavoro diventa facilmente uno strumento di Mobbing pianificato.
In
una catena di supermercati discount sono davvero rimasto senza parole davanti
all'estrema facilità e normalità con cui le persone scomode venivano sabotate
per essere poi denunciate davanti agli altri come incapaci: ho visto tendere
vere e proprie trappole, alcune veramente subdole, per assicurarsi una finta
prova da esibire per giustificarsi davanti agli altri e accusare la vittima. In
un'azienda di questo genere, con sede nel Veneto, per esempio, venivano messe in
atto da parte della Direzione o dei suoi collaboratori le seguenti azioni di
Bossing verso una persona particolare che doveva essere eliminata:
- gli venivano date istruzioni false o incomplete, in modo che egli era
costretto a rimediare continuamente ad errori e ad "improvvisare" gran
parte del suo lavoro, non sapendo mai nulla con precisione;
-
gli venivano spediti fax e altre comunicazioni con ordini e istruzioni anonimi
che contenevano, oltre alla vera trappola, anche grossolani errori che potevano
facilmente essere fatti ricadere su di lui: il fax non era firmato, in modo che
non era possibile per lui difendersi dicendo di aver ricevuto tali ordini da
altri;
-
il primo direttore compiva apertamente verso di lui la maggioranza delle azioni
mobbizzanti descritte in precedenza. La cosa era resa ancora più grave dal
fatto che tale direttore si permetteva di rimproverarlo con grida ed insulti
davanti a persone che poi dovevano dipendere da lui, in modo che la sua autorità
fosse seriamente compromessa;
-
venivano favoriti i conflitti e le inimicizie tra la persona presa di mira e i
colleghi, mentre gli erano vietati i contatti con chi invece aveva un buon
rapporto.
Alla
fine, questa persona fu accusata di aver causato un danno ingente all'azienda e
licenziata in tronco. Il ricorso al Tribunale del Lavoro era impedito dal fatto
che il Bossing era stato accuratamente preparato: il danno all'azienda
effettivamente c'era stato e non era possibile in nessun modo dimostrare che non
era stato lui a causarlo.
LE CONSEGUENZE DEL MOBBING
Il Mobbing è una pratica dannosa e realmente criminale: le sue intenzioni sono
dettate da sentimenti profondamente distruttivi verso gli altri ed i suoi esiti
sono di portata sconvolgente. E' quindi facilmente intuibile la sua potenzialità
disgregatrice del tessuto sociale. Le conseguenze di un fenomeno di tale serietà
sono quindi ben immaginabili per tutti, tuttavia le prenderemo in esame dal
punto di vista di coloro che ne subiscono il danno maggiore: il mobbizzato
stesso e l'organizzazione (cioè il datore di lavoro).
Per la vittima il Mobbing significa prima di tutto
problemi di salute, legati alla somatizzazione della tensione nervosa. Il
nervosismo causa spesso palpitazioni, tremori, difficoltà respiratorie,
problemi di espressione, gastriti e disturbi digestivi. Un'altra sfera dell´esistenza
che risente dello stress è il sonno: incubi, sonno interrotto, insonnia. Spesso
poi il mobbizzato manifesta disturbi alle funzioni intellettuali: annebbiamento
della vista, difficoltà di memoria e di concentrazione e molto frequenti sono i
sintomi da pressione psicologica più evidenti, come capogiri e svenimenti. Il
Mobbing causa poi alla vittima anche danni finanziari, spesso di entità
considerevole: pensiamo alle costose visite mediche specialistiche ed alle
sedute psicoanalitiche, oltre alla scomparsa della regolare entrata mensile
dello stipendio nei casi in cui il Mobbing sfocia nella perdita del posto di
lavoro. Il Mobbing però causa anche danni di tipo sociale, cioè il crollo
della sua immagine sociale e la perdita di colleghi, di collaboratori o di amici
che non sopportano più il suo umore depressivo o del partner che se ne va
convinto che sia un fallito.
Per l'azienda il Mobbing ha effetti ugualmente
devastanti, principalmente sul piano economico: sicuramente se un imprenditore
fosse a conoscenza dei veri danni del Mobbing, lo combatterebbe con decisione e
rapidità. Ho stilato alcuni calcoli riguardo ad un caso di Mobbing in cui mi
sono imbattuto. In un'azienda due persone erano sistematicamente mobbizzate per
vari motivi dai colleghi. Dopo sei mesi di Mobbing, una vittima aveva ridotto la
sua prestazione lavorativa del 40%, un'altra addirittura del 60%, e questo
soltanto prendendo in considerazione il rendimento e non i disturbi di salute
che le due vittime manifestavano. Gli stessi due mobbizzati in un anno avevano
totalizzato uno 8 settimane di malattia e l'altra ben 10 settimane. Sommando il
calo di prestazioni alle assenze retribuite per malattia in un anno l'azienda
aveva subito in un caso una perdita del 29,2% e nell'altro addirittura del
41,5%. A queste cifre ho aggiunto i costi dei sostituti durante le assenze delle
vittime e la perdita di tempo lavorativo dei mobber (circa il 5% delle loro
capacità totali erano infatti devolute alle azioni mobbizzanti, distraendoli
così dal loro lavoro). Alla fine si calcola che, in un anno, la perdita
dell'azienda sia arrivata fino al 190,7%.
Anche
per l'azienda poi il Mobbing ha conseguenze che vanno ben oltre quelle - non
poco importanti - dei costi. Ci sono infatti anche conseguenze gravi sul piano
sociale: se i dipendenti si dimostrano scontenti delle condizioni di lavoro a
cui sono costretti e ne parlano al di fuori, l'immagine della ditta ne risente
inevitabilmente e la concorrenza può approfittarne.
C'è poi un'altra entità che viene gravemente danneggiata dal Mobbing, la
società stessa. Pensiamo ad un mobbizzato costretto a protratte assenze per
malattia. L'INPS, ente statale e quindi finanziato dalla comunità, eroga
denaro all'azienda affinché questa persona sia regolarmente retribuita. Non
solo: la USL, anche questa statale, contribuisce alle spese per le visite
mediche, le analisi, le terapie e gli eventuali interventi di altro genere
necessari allo stato di salute della vittima del Mobbing.
Passiamo ora alle estreme conseguenze cui il Mobbing può portare una sua
vittima, cioè a un caso di invalidità professionale permanente. Il mobbizzato
è giunto ad uno stato fisico o psichico in cui non può più svolgere
normalmente alcun tipo di lavoro (esaurimento nervoso, depressione cronica, etc).
In situazioni di danni permanenti alla salute, la vittima può essere costretta
al prepensionamento in età ancora relativamente giovane. Anche in questo caso i
costi per la società sono enormi: non si deve infatti considerare solo la
pensione che riceve con 10-20 anni di anticipo rispetto alla normale età
pensionabile. Pensiamo anche ai contributi sullo stipendio che non versa più e
alla perdita sociale della risorsa umana relativa all'attività lavorativa che
non svolge più. In pratica, possiamo affermare che la sua forza lavorativa non
è più al servizio della società con molti anni di anticipo.
Le ricerche europee sono arrivate ad una stima approssimativa del danno
economico che un prepensionamento a 40 anni causa alla società: la cifra si
aggira sul miliardo e 200 milioni di Lire. Una cifra da capogiro, a cui va
aggiunto il costo della persona che, non producendo più, occupa però un posto
in ospedale o si sottopone ad una visita specialistica, o ad una seduta di
terapia.
A nche l'ambiente della vittima subisce un danno da
Mobbing: spesso gli umori altalenanti o insopportabili del mobbizzato riescono a
far saltare i nervi anche ai familiari ed agli amici. Immaginiamo una coppia in
cui uno dei due partner cominci a subire Mobbing: diventerebbe intrattabile,
sempre di malumore e depresso; le sue prestazioni sessuali lascerebbero a
desiderare, balzerebbe sul letto in piena notte in preda agli incubi e
sveglierebbe anche il partner. Porterebbe a casa i suoi problemi sul lavoro; a
volte per cercare di liberarsene si darebbe all'alcol, o al fumo; forse
diventerebbe violento. Ce n'è abbastanza per separarsi. Anche un divorzio è da
includere all'interno dei costi a carico della società dovuti al Mobbing
Nel 1996/97 è stata condotta la prima ricerca sul Mobbing in Italia da parte di
PRIMA, Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale.
A 301 vittime di Mobbing è stato sottoposto un questionario specifico che
riguardava gli effetti e le modalità del terrorismo psicologico che subivano o
avevano subito sul posto di lavoro. Ecco alcuni dei risultati della
ricerca.
IL SETTORE DI PROVENIENZA DELLE VITTIME DI MOBBING
Più del 38% delle vittime intervistate provengono dal settore dell´industria produttrice di beni/servizi, mentre un altro forte riscontro del Mobbing si ha nella pubblica amministrazione (oltre 21%). All´interno del mondo industriale o del terziario è evidente un certo orientamento verso il profitto, che si traduce di solito nella filosofia secondo cui chi produce di più viene anche maggiormente gratificato. Possiamo dunque avanzare l'ipotesi che esiste una forte relazione tra Mobbing e ambizione. Poiché più si produce e più si ricevono gratificazioni, è possibile che un impiegato carrierista ed ambizioso ricorra al Mobbing per liberarsi di un collega molto bravo sul lavoro, che è o potrebbe diventare un pericoloso concorrente nella corsa alla promozione. Nell'amministrazione pubblica, invece, solitamente hanno molto peso i favoritismi di ogni tipo, familiare, politico, etc. Ciò può portare alla spiccata tendenza ad eliminare chiunque non faccia parte della "famiglia", e che quindi costituisce con la sua semplice presenza, una denuncia al sistema. Un altro motivo di insorgenza del Mobbing negli uffici pubblici inoltre penso possa essere rintracciato nel diffuso sentimento di "noia" di cui tanti impiegati e lavoratori soffrono. In effetti, spesso il personale è in esubero, e quindi il lavoro che ognuno deve svolgere occupa solo una parte del suo orario. Per il resto del tempo si deve restare sul posto di lavoro ad annoiarsi, e prendere in giro un collega diventa troppo spesso un passatempo.
L`ETÀ DELLE VITTIME DI MOBBING
Quasi la metà (48%) delle vittime di Mobbing si trova nella fascia d'età
compresa tra i 41 ed i 50 anni, mentre pochissime vittime hanno meno di 30 anni.
La fascia d'età compresa tra i 41 ed i 50 anni è in ogni caso delicata e ricca
di problemi: ci si trova in una fase di transizione e trasformazione, dalla
freschezza giovanile all'esperienza dell'età matura e, come se ciò non
bastasse, si può avere anche molti nemici. Molte ditte, per esempio, quando
puntano sulla dinamicità o almeno vogliono dare questa immagine di sé, tendono
a privilegiare i dipendenti giovani a scapito di quelli più maturi. Inoltre
esiste un certo pregiudizio secondo cui un dipendente di una certa età non
sarebbe in grado di produrre come uno giovane. Queste
impressioni sono confermate dalla naturale tendenza dei giovani, soprattutto se
nuovi assunti, a proporre idee e sperimentare metodi rivoluzionari, mentre,
comprensibilmente, un impiegato più anziano tende a fare un lavoro di routine e
a percorrere strade che già ben conosce. Inoltre, su questo substrato si salda
anche un fattore di tipo puramente economico: il neo-assunto, soprattutto al
primo impiego, non ha troppe pretese a livello di trattamento economico, cosa
che non si può dire di una persona che ha già vent'anni di esperienza. Un
altro "nemico" per questa fascia d'età sono i contratti di
formazione: essi permettono all'azienda di assumere un giovane con uno stipendio
abbastanza basso e senza eccessivo impegno. Così all'azienda potrebbe sembrare
più vantaggioso liberarsi di un dipendente tradizionale e dare il suo posto ad
un contratto di formazione.
LA DURATA E LA FREQUENZA DEL MOBBING
Mettendo a confronto la durata del Mobbing con la frequenza con cui viene
perpetrato, si riscontrano due dati piuttosto sorprendenti:
- una vittima che soffre da più di due anni sotto una situazione di Mobbing
viene mobbizzata più frequentemente. Questo avviene perché tutti sono ben
consapevoli riguardo a chi sia la vittima e quindi hanno acquisito l´abitudine
a "sparare" sempre contro la stessa persona. In più una vittima che
è tale da anni ha ormai perso con il tempo la sua forza di resistenza e la sua
difesa è diventata sempre più debole e meno efficace. Dunque mobbizzare una
persona in queste condizioni è meno rischioso per il mobber, che può
"osare" di più senza riportare conseguenze.
-
Una vittima che si trova nel terrore psicologico da meno di due anni può essere
bersagliata in modo molto intenso oppure al contrario solo raramente. Il Mobbing
è molto intenso all'inizio, perché il mobber tenta così di piegare fin da
subito la resistenza della sua vittima e mettere subito in chiaro chi sia
"il più forte". In questa maniera la vittima potrebbe perdere subito
coraggio, rimanere intimidita e quindi non tentare più di difendersi.
Dall'altra parte, il mobber potrebbe decidere di agire con frequenza minore per
provare la reazione di difesa della vittima, oppure perché ancora la teme e la
rispetta. In quest'ultimo caso il Mobbing diverrà più frequente e intenso man
mano che il rispetto ed il timore del mobber verso la vittima calano e cresce
così il coraggio del mobber all'azione.
LA POSIZIONE DEL MOBBER
In circa l´88% dei casi è coinvolto un mobber in una posizione superiore a
quella della vittima, fra questi in circa il 58% dei casi il mobber è il capo
che agisce da solo, mentre nel restante 30% il capo è coadiuvato nel Mobbing
dai colleghi della vittima. Solo nel 10% dei casi il mobber era costituito dai
colleghi. Dunque, la presenza di una persona di grado superiore nel Mobbing
sembra una circostanza diffusa. Tuttavia, il ruolo del capo può essere di due
tipi:
- può essere lui il promotore del Mobbing, che quindi comincia per sua
iniziativa e coinvolge i colleghi, che lo assecondano o lo aiutano sperando in
una qualche forma di gratificazione, o semplicemente per amore del quieto vivere
(sono molto rari infatti i casi in cui un collega prende le difese di una
vittima di Mobbing, mettendosi così apertamente contro il capo);
-
il capo può tollerare il Mobbing dei colleghi, permetterlo o addirittura
favorirlo: un collega mobber ha sempre bisogno di una sorta di
"permesso" da parte del capo a mobbizzare qualcuno.
Sia nel primo che nel secondo caso la persona in posizione superiore svolge un
ruolo "chiave" per la sopravvivenza ed il progresso del Mobbing. Un
tipo di mobber quantitativamente quasi irrilevante (2%) è invece il mobber che
si trova in posizione inferiore a quella della vittima. Possiamo quindi pensare
che in Italia esista sul posto di lavoro un certo tipo di gerarchia che tende ad
essere rispettata al punto che il Mobbing dall'alto è quasi giustificato dal
maggiore potere e autorità; dall'altra parte insubordinazioni tali da causare
il Mobbing dal basso non sono tollerate. Questa sorta di "regola"
sembra ben radicata in Italia: si tende infatti a parlare con un senso si
rassegnazione ed inevitabilità riguardo ai possibili problemi di relazione sul
lavoro: in pratica sembra che un superiore abbia il diritto di esercitare la sua
autorità anche quando non è strettamente necessario e legittimo e che al
sottoposto non resta altro da fare se non adattarsi alla situazione. Molte
persone sono letteralmente abituate a subire pressioni psicologiche anche molto
forti dai loro capi, e tuttavia non pensano minimamente che ciò può essere
dannoso e che non è comunque legittimo.
IL SESSO DEL MOBBER E DELLA VITTIMA
I mobber preferiscono attaccare una vittima del loro stesso sesso: due mobber
uomini su tre se la prendono con una vittima uomo, mentre ben 13 mobber donne su
14 mobbizzano una donna. Gli uomini inoltre sono tendenzialmente più mobber
delle donne e non disdegnano però nemmeno una vittima donna: circa un terzo di
mobber maschili scelgono una vittima femminile. In questi casi è ragionevole
pensare che entri in gioco il fattore delle molestie sessuali, che possono
configurarsi spesso come Mobbing a sfondo sessuale. Le donne invece tendono a
mobbizzare quasi esclusivamente altre donne. Ciò potrebbe essere correlato al
fatto che statisticamente ci sono più uomini nei ruoli responsabili, e quindi
più difficili da mobbizzare, ma anche al fatto che nei confronti di un'altra
donna possono subentrare più facilmente invidie e gelosie.
IL NUMERO DEI MOBBER
Esiste una forte tendenza da parte dei mobber a costituirsi in un piccolo gruppo di attacco: la maggioranza dei mobber dunque non ha il coraggio di agire da solo, per cui si cerca alleati e complici. Quasi la metà (il 45,5%) delle vittime infatti sono mobbizzate da un gruppo composto da 2/4 persone, e in circa un caso su quattro (ca. 26,2%) il gruppo di mobber era costituito da più di 4 persone. Il gruppo ristretto di mobber (2/ 4 persone) è di solito composto da colleghi-amici che si sentono disturbati in qualche modo dalla vittima, oppure che uno di loro si senta minacciato e che abbia ottenuto la solidarietà degli altri nella sua azione. Nei casi di mobber più numerosi, cioè di gruppi di mobber composti da più di 4 persone, invece, si può pensare che il motivo del Mobbing sia stato individuato all'interno della vittima: in genere in effetti il mobbizzato in questione ha qualcosa di diverso, che lo pone su di un altro piano rispetto agli altri (qualche idea particolare, o un titolo di studio, il gusto del suo abbigliamento, il suo carattere, la sua provenienza, etc). In netta minoranza rispetto agli altri casi sono invece le situazioni che vedono un unico mobber agire in modo autonomo (ca. 19,9%). La scarsa incidenza di questo mobber solitario è sicuramente dovuta al fatto che molti mobber cercano e ottengono in vari modi l'aiuto e la collaborazione di altri colleghi, diventando agli occhi della vittima, parte di un gruppo di aggressori. Ancora più raro è il caso in cui tutto il reparto o il gruppo di lavoro risulti coalizzato contro la vittima (ca. 8,3%). Queste situazioni vedono di solito il mobbizzato ricoprire il ruolo del capro espiatorio, cioè della vittima sacrificale su cui vengono fatte ricadere tutte le mancanze dell'ufficio o del reparto.
Harald
Ege
Presidente di PRIMA
Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale
Bologna