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IMPARARE Umberto Tenuta Stiamo programmando. Stiamo analizzando la complessa situazione scolastica (alunni - scuola - extrascuola). Stiamo precisando il quadro organico degli obiettivi formativi relativi alla formazione integrale, ottimale ed originale della personalità dei singoli alunni: <<obiettivi formativi e competenze>> ovvero <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>> relativi alla formazione motoria, alla formazione emotivo-affettiva, alla formazione sociale, alla formazione linguistica, alla formazione cognitiva, alla formazione matematica ecc. Ma occorre pensare anche a quello che si deve fare "dentro le aule": imparare. Per meglio inquadrare la nostra attività, è opportuno muovere dal quadro delle attività di apprendimento che debbono effettuare gli alunni, alle quali il nostro "insegnamento" deve risultare funzionale. Sembra scontato che gli alunni debbono imparare: vengono a scuola per imparare. Da una parte, negli obiettivi formativi abbiamo precisato che cosa debbono imparare: atteggiamenti, capacità e conoscenze essenziali (1) relativi alle diverse dimensioni della loro personalità. Debbono acquisire gli atteggiamenti, le capacità e le conoscenze essenziali relative alla formazione motoria, alla formazione emotivoaffettiva, alla formazione sociale, alla formazione linguistica, alla formazione cognitiva, alla formazione matematica ecc Se è difficile ¾ estremamente difficile, più di quanto comunemente si possa pensare¾ riuscire ad individuare e a delineare il quadro organico degli obiettivi formativi, ancora più problematico e complesso risulta individuare come gli alunni debbono imparare. Come debbono imparare le conoscenze essenziali? Come debbono imparare le capacità? Come debbono imparare gli atteggiamenti? Il problema non lo si risolve mettendosi a fare lezione o impegnando gli alunni in alcune attività. Occorre invece mettere a fuoco le strategie apprenditive più adeguate, in generale e in riferimento ai singoli alunni. Occorre ricercare, individuare e precisare come imparano in generale gli alunni e come imparano in particolare i singoli alunni, ciascuno con i suoi personali livelli, ritmi e stili di apprendimento. Tuttavia, è già molto importante se noi cominciamo a porci il problema, non tanto di quello che noi dobbiamo fare per insegnare ma soprattutto di quello che debbono fare gli alunni per imparare, per acquisire conoscenze, capacità ed atteggiamenti. Il centro della nostra attenzione si sposta sui nostri alunni. Non concentriamo più la nostra attenzione su quello che dobbiamo dire, illustrare, presentare, spiegare ecc. Non concentriamo più la nostra attenzione sui programmi da svolgere, sui capitoli e sui paragrafi del libro di testo. M ci preoccupiamo soprattutto di quello che gli alunni, i singoli alunni (Angela, Maria, Stefania, Marco ecc.), debbono fare per acquisire le conoscenze, le capacità e gli atteggiamenti che abbiamo individuato come essenziali per la loro formazione integrale, per la piena formazione della loro personalità, per la loro nascita alla condizione umana, per la loro autorealizzazione: perché essi diventino uomini, cittadini, lavoratori, nel rispetto delle loro identità personali, sociali, culturali e professionali. In concreto, ci domandiamo:
Ma, innanzitutto, ci chiediamo che cosa sono le conoscenze, le capacità e gli atteggiamenti? Che cosa distingue una conoscenza da una capacità e da un atteggiamento? Sapere che 4x3=12 è una conoscenza o una capacità? Evidentemente, se ci interessa sapere solo il risultato, si tratta di una conoscenza; ma se desideriamo capire, anche per poter usare tale operazione in un’altra situazione, si tratta di una capacità, perché debbiamo comprendere che 4x3=12 significa 4+4+4 ovvero "4 preso per 3 volte". Sono senz’altro conoscenze i nomi dei metalli: oro, argento, allumninio, rame. Ma saper distinguere i diversi metalli è una capacità ed essere interessato a conoscere i nomi e/o a distinguere i metalli è un atteggiamento. Conoscere il teorema di Pitagora ("Il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti") è una conoscenza, ma saperlo applicare è una capacità. Essere interessato al teorema di Pitagora è un atteggiamento. È importante distinguere una conoscenza da una capacità e da un atteggiamento, anche se a volte è estremamente difficile distinguere le capacità dalle conoscenze. Conoscere la definizione di trapezio ("un quadarilatero con due lati paralleli") significa saperla ripetere come fa il registratore oppure nel momento in cui diciamo quadrilatero riusciamo a vedere il trapezio incluso nella categoria dei poligoni che hanno quattro lati, distinguendolo dai poligoni che hanno tre o cinque lati, e nello stesso tempo includiamo il quadrilatero nei poligoni convessi? Comunque, come acquisiamo le conoscenze? Attraverso processi ripetitivi? È estremamente importante approfondire i processi dello stoccaggio (fissare nella memoria) e del recupero (ritrovare e richiamare le conoscenze), anche alla luce delle recenti ricerche che attribuiscono grande importanza ai fattori motivazionali e metacognitivi. Il docente non può affidarsi a pratiche empiriche ma deve approfondire sul piano scientifico la natura e le modalità dei processi apprenditivi di volta in volta utilizzati dagli alunni. La ripetizione, le esercitazioni, le applicazioni debbono costituire oggetto di adeguato approfondimento. Tuttavia, pur riconoscendo, opportunamente, l’importanza che assume l’acquisizione delle conoscenze (nozioni, saperi, regole ecc), che in troppe situazioni vengono sottovalutate, non certamente in tale compito si esaurisce il ruolo formativo della scuola, impegnata soprattutto a far acquisire capacità ed atteggiamenti. Come si formano le capacità? Anche qui sembrerebbe che l’esercizio, la ripetizione, l’applicazione siano gli strumenti più adeguati. Per imparare ad andare in bicicletta si va in bicicletta; per imparare a nuotare si nuota; per imparare a giocare al pallone si gioca al pallone. Ma basta questo? Anche qui è necessario approfondire le problematiche relative all’acquisizione delle competenze (capacità, abilità, saper fare) che non si identificano con le abitudini. La capacità di risolvere un problema non si identifica con l’utilizzazione di un certo algoritmo, di certe operazioni ecc., perché le situazioni cambiano, sono di volta in volta diverse. Le capacità non si identificano con i meccanicismi. La capacità di trovare la via di uscita da un labirinto non si risolve nella memorizzazione di un itinerario ("girare a destra, poi a sinistra, andare avanti…"), perché la situazione cambia e l’iter memorizzato non porta sempre all’uscita. Occorre fare ricorso a strategie intelligenti, che rendano capaci di affrontare le situazioni nuove. Quello che si vuole evidenziare è l’esigenza di approfondire i processi apprenditivi che portano gli alunni all’acquisizione delle capacità, processi che peraltro sono diversi nelle stesse discipline e nelle diverse discipline o attività. Forse ancora più problematico, anche perché più nuovo, appare il discorso relativo all’acquisizione degli atteggiamenti. Troppo poco finora la scuola si è preoccupata dell’acquisizione degli atteggiamenti, con il rischio, non solo di sottovalutarne l’importanza, ma di renderne problematica l’acquisizione o addirittura di ottenere risultati di segno opposto a quelli educativamente auspicabili. In genere, nulla si è fatto per far maturare atteggiamenti positivi nei confronti dell’imparare, ma molto spesso tutto si è fatto, anche intenzionalmente, per far maturare atteggiamenti negativi. Ci si è quasi accaniti a far accettare che lo studio è una condanna, una pena, un fio da espiare. Oltre che una fatica, uno sforzo, un travaglio, lo studio viene spesso presentato come una pena, un castigo, una espiazione. Ora, nessuno mette in dubbio che anche lo studio sia una fatica. Tuttavia, ciò che importa non è che sia o non sia una fatica, ma il come questa fatica viene affrontata, con quale stato d’animo, con quali atteggiamenti, appunto. Anche il nuoto è una fatica; anche il pedalare è una fatica; anche scalare le montagne è una fatica. Ma si tratta di fatiche accettate, accolte, amate, desiderate. I bambini giocano fino allo stremo delle loro energie fisiche. Anche lo studio può essere amato, anzi deve essere amato, è per sua natura amore del sapere (philosophia) (2). Ma come si apprendono, come maturano, come si sviluppano gli atteggiamenti? Come si impara ad amare la storia, la geografia, la fisica, la tavola pitagorica ecc.? Non certamente attraverso i precetti, gli ordini, le imposizioni. Ma attraverso processi di identificazione, di immedesimazione, di contagio spirituale. Si assumnono gli atteggiamenti dei modelli significativi (genitori, docenti, personaggi straordinari ecc.). Se nella scuola i docenti promuovono l’acquisizione delle conoscenze attraverso l’attivazione dei processi di memorizzazione e promuovono l’acquisizione delle capacità attraverso il coinvolgimento attivo in attività fondate su di esse, per promuovere la maturazione degli atteggiamenti, essi debbono offrire modelli di identificazione, ponendosi essi stessi come tali: possono promuovere l’amore della lettura solo se essi amano la lettura (<<L'insegnante, anche testimoniando la sua consuetudine alla lettura, stimola e accresce la motivazione del fanciullo a leggere >>) (Programmi didattici del 1985). Se si vuole uscire da una prassi didattica empirica, routinaria, abitudinaria, e come tale estremamente aleatoria, occorre esplicitamente porsi il problema di come gli alunni imparano: come imparano le conoscenze essenziali, le capacità e gli atteggiamenti. Si tratta di approfondire le problematiche psicologiche dell’apprendimento (condizionamento, imitazione, identificazione, problem solving, motivazione ecc.) con specifico riferimento alle attività che si svolgono nella scuola: lezione espositiva del docente, attività di ascolto degli alunni, attività di memorizzazione, esercitazioni, temi, riassunti, letture ecc. In sintesi, occorre riflettere sui processi di insegnamento e di apprendimento, facendoli oggetto di studio e di ricerca. Il successo formativo, che costituisce l’aspetto fondamentale della scuola dell’autonomia, si persegue solo se si migliorano i processi di insegnamento e di apprendimento (<<esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>) (Regolamento dell’autonomia scolastica). Sono questi i problemi essenziali della nuova scuola. Il resto, molto spesso, è vuota retorica. Suggerimenti bibliografici
Note In merito cfr.:TENUTA U., I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5; UMBERTO TENUTA, Conoscenze Capacità Atteggiamenti, Obiettivi Specifici di Apprendimento in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM 2 "Studium" in latino significa anche "passione, desiderio, impulso interiore". Scrive F. Ferrarotti che occorre <<riportare lo studio al suo significato originario di studium, ossia amore, passione, avventura>>. |
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