LA GIOIA DI IMPARARE
LA GIOIA DI INSEGNARE

di Umberto Tenuta

 

La scuola dell’autonomia, una scuola autonoma, una scuola che cammina da sola, senza le dande della burocrazia.

Ma, per camminare da sola, la scuola dell’autonomia ha bisogno di motivazioni intrinseche.

Nella scuola della burocrazia c’erano gli adempimenti.

Ora non ci sono più.

Tutto si affida alla responsabilità degli operatori scolastici.

Gli operatori scolastici debbono rispondere ancora all’Amministrazione scolastica, attraverso il Sistema nazionale di valutazione, ma debbono rispondere anche agli utenti.

Soprattutto agli utenti, agli alunni ed alle loro famiglie gli operatori scolastici debbono rispondere dei risultati dell’organizzazione e della realizzazione dell’azione educativa e didattica. Si tratta di una responsabilità nuova, finora scarsamente sperimentata, che ora deve crescere, se si vuole che la scuola dell’autonomia abbia successo.

Tuttavia, forse la responsabilità maggiore degli operatori scolastici non è quella verso l’Amministrazione scolastica e verso gli utenti, ma quella verso se stessi.

Seppure necessarie, la responsabilità verso l’Amministrazione scolastica e la responsabilità verso gli utenti non bastano. Occorre una responsabilità più forte, una responsabilità che offra maggiori garanzie, una responsabilità che nasca dall’intimo, una responsabilità che nasca più che dal <<senso morale>>, dal piacere, da quello che il Documento dei Saggi chiama il <<gusto per l’insegnamento>>, il << piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere>>.

Senza questo piacere gli operatori scolastici, e in particolare i docenti, non possono svolgere appieno i loro compiti formativi.

Possono anche istruire, ma non possono educare.

Possono insegnare a leggere. ma non possono far nascere l’amore per la lettura; possono insegnare le regole, ma non possono far nascere il <<piacere del matematizzare>>.

Prima che luogo di acquisizione di conoscenze e di capacità, la scuola è luogo dove nasce l’amore del sapere (filosofia), la gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé.

E questa gioia e questo gusto non si insegnano, ma si contagiano, e non possono contagiarli coloro che non li possiedono.

Pertanto, il primo compito del Dirigente scolastico della scuola dell’autonomia è quello di creare le condizioni perché questo piacere, questo gusto, questa gioia abbia modo di esprimersi compiutamente nei docenti.

In tale prospettiva, il Dirigente scolastico della scuola dell’autonomia non è l’uomo della legge, non è il funzionario che richiede gli adempimenti normativi, ma è l’animatore, è colui che riesce a far esprimere il <<gusto per l’insegnamento>>, il << piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere>>.

E, per ottenere questo, egli deve creare un clima nuovo nella scuola, un’organizzazione nuova, peraltro pienamente coerente con le indicazioni normative del Regolamento dell’autonomia scolastica.

La scuola dell’autonomia è la scuola della flessibilità. Ma la flessibilità non riguarda solo i calendari e gli orari, ma anche e soprattutto i raggruppamenti degli alunni e le attività dei docenti.

La flessibilità non è qualcosa di astratto, ma si correla strettamente alle esigenze formative ed alle caratteristiche personali dei singoli alunni. La flessibilità nasce dall’esigenza di dare risposte diversificate alle diversificate esigenze formative dei singoli alunni attraverso un’organizzazione educativa e didattica diversificata in rapporto alle diversificate caratteristiche personali dei singoli alunni.

La flessibilità non è un’organizzazione educativa e didattica uniforme per tutti gli alunni delle singole scuole che si sostituisce all’organizzazione educativa e didattica uniforme imposta dall’Amministrazione scolastica, ma è l’adeguamento continuo dell’organizzazione educativa e didattica alle esigenze ed alle caratteristiche personali dei singoli alunni.

In tale prospettiva, il lavoro dei docenti non può essere più organizzato in astratto, secondo i tradizionali modelli della classe, dell’ora di lezione, delle discipline, ma si rende anch’esso flessibile, si adegua alle esigenze ed alle caratteristiche personali dei singoli alunni.

Solo così si assicura il successo formativo in termini di piena formazione, nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni.

Ma, secondo quanto sopra si è detto, questi risultati possono essere assicurati,, solo nella misura in cui ogni docente viene messo nella condizione di poter anch’egli esprimere se stesso, i propri atteggiamenti, le proprie competenze, le proprie conoscenze.

E. allora, l’organizzazione educativa e didattica deve essere tale da consentire ad ogni docente di poter esprimere appieno la propria identità professionale, la propria vocazione, la propria competenza.

In tale prospettiva, il Dirigente scolastico deve promuovere un’organizzazione educativa e didattica che consenta ad ogni docente di coltivare la propria identità professionale. Ogni docente deve poter esprimere le proprie vocazioni, propensioni, predilezioni e deve avere la possibilità di coltivarle, di approfondirle, di aggiornarle.

Ogni docente deve poter coltivare ed esprimere la propria eccellenza. Ogni docente deve essere un’eccellenza ed il gruppo docente deve configurarsi come una rete di eccellenze, di star (starnet), a prescindere anche dai ruoli ascritti. La flessibilità consente anche il superamento dei ruoli ascritti e l’operatività dei docenti secondo le loro eccellenze professionali.

Solo se ogni docente sarà messo nella condizione di poter esprimere la propria eccellenza, la propria originale professionalità, le proprie originali competenze, egli lavorerà con gioia.

In questo modo, agli alunni si offriranno le competenze eccellenti in tutte le discipline, in tutte le attività.

La qualità della competenza professionale complessiva della scuola sarà elevata al massimo e l’efficacia dell’azione educativa e didattica raggiungerà i massimi livelli di qualità e di produttività.

È, questa, in fondo la logica della Qualità totale.

Ma è questa la logica della vita, che è la logica dell’autorealizzazione personale.

Gli esseri viventi sono naturalmente impegnati a sopravvivere, ad affermarsi, ad autorealizzarsi: le piante, gli animali, i bambini, i docenti, i Dirigenti scolastici.

È, questa, un’utopia?

E perché no!

Un’utopia salutare, se la scuola saprà coltivarla, al di là delle norme, al di là degli adempimenti notmativi, al di là delle responsabilità formali, nell’atmosfera della flessibilità, che è anche e soprattutto flessibilità delle ali del pensiero, creatività continua di modelli organizzativi e di attività educative e didattiche sempre più adeguati alle esigenze ed alle caratteristiche personali di quanti vivono ed operano nella scuola dell’autonomia.

L’autorealizzazione degli alunni passa attraverso l’autorealizzazione dei docenti: la gioia di imparare degli alunni nasce dalla gioia di imparare e di insegnare dei docenti.

Non sta scritto da nessuna parte che l’imparare debba essere una pena e che l’insegnare debba essere una condanna.

Possono essere una gioia!

È, questo, l’augurio più vivo che dobbiamo farci.

Forse, o senza forse, il successo formativo dei singoli alunni, che costituisce la ragion d’essere della scuola dell’autonomia, è legato soprattutto alla gioia di imparare degli alunni ed alla gioia di insegnare dei docenti.

Su questa gioia occorre puntare!

 

N.B. A questa problematica si collega l’articolo Starnet.

 



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