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La nota del 10 maggio sugli esami finali del primo ciclo

di STEFANO STEFANEL

Ancora una volta in questo travagliato “anno ponte” il Ministero della Pubblica Istruzione ha deciso di intervenire in maniera irrituale su una questione di tipo “legale”. Se già la CM 28/07 aveva lasciato più di un dubbio in punta di legalità, questa Nota del 10 maggio (prot. n. 4600) chiarisce alcune questioni riguardanti l’esame di stato finale del primo ciclo dell’istruzione nel senso richiesto dalle scuole, ma non garantisce nessuno – soprattutto i Presidenti delle commissioni – nei confronti di eventuali ricorsi al Tar per bocciature. Sarebbe interessante sapere quale tipo di valore legale ha una Nota ministeriale a fronte dell’autonomia scolastica e della normativa vigente e quale copertura possa dare ai dirigenti scolastici un documento che contiene molti inviti, ma che non può contenere alcuna prescrizione. Ciò che lascia stupiti in questi interventi ministeriali è che alle normative precedenti la Riforma Moratti non si siano fatti seguire interventi correttivi con portata analoga, trovandoci in presenza comunque di un esame che rilascia un titolo di studio con valore legale, di valore certamente limitato, ma comunque effettivo. La Nota ministeriale tra l’altro richiama due volte nel suo testo il d.lgs 59/2004, quasi a volersi trincerare preventivamente da possibili richiami alla violazione della legalità. Rimane del tutto evidente che in sede giurisdizionale il Presidente di commissione potrà portare la Nota come corredo alle sue decisioni impugnate ed è naturale che sia comunque meglio attenersi a quanto scrive la Nota, visto che comunque esiste un avallo ministeriale a comportamenti che attengono all’esame di stato. Però credo che qualche cautela in più non possa nuocere perché l’incidenza delle bocciature sarà comunque più alta che in passato ed un Presidente di commissione comunque risponde di tutte le procedure a lui affidate.

Vediamo comunque quali punti la Nota lascia ancora sospesi.

Seconda lingua comunitaria. Poiché l’inglese è la prima lingua comunitaria per tutti gli studenti degli ultimi tre anni, ma non per gli organici delle scuole, è evidente che la C.M. 28/2007 aveva creato dei problemi alle scuole che da tempo avevano introdotto la sperimentazione della seconda lingua. Da qui però a rendere possibile un esame scritto di seconda lingua, autonomo da quello di inglese, il passo è piuttosto lungo. Secondo la logica della Nota ministeriale se un Collegio docenti volesse introdurre altri scritti (ad esempio di storia, scienze, musica, ecc.) lo potrebbe fare, visto che da nessuna parte sta scritto che gli scritti sono quattro e non tre, se non per le sperimentazioni che non esistono più. Scrive la nota: “A chiarimento di quanto riportato dalla circolare n. 28/2007, si precisa che il collegio dei docenti, anche sulla base delle relazioni dei docenti di lingue comunitarie e su parere dei singoli consigli di classe del terzo anno di corso, può motivatamente deliberare lo svolgimento sperimentale di prove scritte separate per le due lingue comunitarie, anche in assenza di esperienze consolidate di bilinguismo”. Perché la seconda lingua sì e la storia no? Questo ovviamente è un problema che potrà essere posto in sede di ricorso al Tar, laddove il giudice stabilirà se è corretto un esame in cinque prove laddove ne sono previste quattro. Inoltre nell’ambito della personalizzazione perché è lecito introdurre una prova supplettiva in una disciplina e non in un’altra (favorendo quindi il percorso personalizzato di qualche studente rispetto a quello di qualcun altro). La soluzione migliore ritengo sia quella di effettuare solo la prova scritta di lingua inglese o, in alternativa, di effettuare un’unica prova con quesiti nelle due lingue.

Informatica e materie opzionali. La Nota su questi due punti è piuttosto imbarazzante. Se sull’informatica dà un indirizzo accettabile (inserimento dell’informatica nel colloquio e sua valutazione nell’ambito delle altre discipline), che però contraddice precedenti documenti ministeriali di uguale valore giuridico che invitavano a valutare in forma autonoma l’informatica, meno convincente è la frase relativa alle commissioni d’esame. Scrive la nota: “Le attività e gli insegnamenti facoltativi e opzionali svolti dagli alunni nell’ultimo anno possono costituire oggetto di esame all’interno del colloquio pluridisciplinare, affidato esclusivamente ai docenti di classe membri della commissione esaminatrice, in quanto gli stessi, in sede di valutazione periodica o finale sono, parimenti, i soggetti titolari della valutazione degli apprendimenti.” Il punto cruciale è proprio stabilire come si compone correttamente la Sottocommissione esaminatrice: se può essere accettabile sostenere che gli insegnamenti modulari per alcune ore (10-20 all’anno, ad esempio), debbano essere valutati in forma scorrevole o confluendo nelle discipline tradizionali o attraverso schede e documenti, laddove una materia opzionale è stata scelta e sviluppata dall’alunno per un anno è per lui diventata obbligatoria ai sensi del d.lgs 59/2004 e come tale deve essere valutata. Su questo punto il d.lgs 59/2004 è chiarissimo: “Gli allievi sono tenuti alla frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie hanno esercitato l'opzione” (Art. 10); “La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli allievi e la certificazione delle competenze da essi acquisite sono affidate ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle attività educative e didattiche previsti dai piani di studio personalizzati.” (Art. 11). Al di là della sibillinità della Nota ritengo che i docenti di materie opzionali annuali debbano partecipare all’esame e che debbano essere chiamati a far parte integrante della Commissione. Questo perché sono parte integrante del Piano di studi personalizzato dell’alunno, “costretto” dalla sua scelta opzionale alla frequenza e dunque a “sottomettersi” alla valutazione di quanto fatto durante la frequenza. Altrimenti si prefigurerebbe la possibilità per una Nota di cambiare un decreto legislativo, cosa che forse sta nelle speranze ministeriali ma non nella prassi giuridica. Su questo punto penso sia importante un’attenta vigilanza dei Presidenti di Commissione, perché il rischio è quello di trovarsi poi a dover spiegare in sede giurisdizionale il perché la commissione era Composta in difformità rispetto a quanto previsto da un decreto legislativo.

Questo meccanismo scelto dal Ministero di precisare tramite Circolare un passaggio controverso com’è quello degli esami di Stato, collegando a questi uno studio sulle competenze e quindi una Nota esplicativa non può non lasciare perplessi. Il problema sorge perché tutti gli alunni di terza sono ammessi all’esame finale del primo ciclo, mentre era prassi di quasi tutte le scuole non ammettere chi si riteneva di bocciare e di promuovere praticamente tutti gli altri che effettuavano una prova d’esame molto “pro forma”. Intervenire su questa procedura e su questa prassi consolidata non è una questione di poco conto, soprattutto a fronte di possibili ricorsi al Tar, anche perché poi esiste una responsabilità oggettiva delle scuole e una responsabilità procedurale dei dirigenti scolastici o dei docenti chiamati a svolgere il ruolo di Presidenti di Commissione. Ritengo che in questo “anno ponte” vadano comunque salvaguardati i diritti degli alunni al di là di quelle che possono essere le aspettative dei docenti di veder riconosciuta “pari dignità” alla propria materia e vada comunque garantita una procedura il più simile possibile alla normativa in modo da prevenire eventuali strascichi giurisdizionali.


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