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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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La legge 180

In questi ultimi mesi nuove proposte di legge hanno riacceso il dibattito sulla necessità o meno di modificare la Legge Basaglia, legge che ha sancito, oltre il superamento degli ospedali psichiatrici, anche un cambiamento culturale nel senso di un riconoscimento dei diritti del paziente a partire della qualità della vita. Il fronte del dibattito attuale, che si sta svolgendo all’interno della Commissione Affari Sociali, dove proprio in questi giorni si susseguono le audizioni delle principali associazioni, è rappresentato dalla convinzione che a 20 anni dalla sua emanazione, la legge 180 non sia riuscita nel proprio intento, lasciando il carico maggiore di peso e responsabilità sulle famiglie.


Il Dossier che segue, prende spunto da questo dibattito e ricostruisce le “ragioni” che oggi si confrontano: quelle delle famiglie che denunciano a gran voce la loro incapacità di aiutare i familiari e chiedono una revisione della normativa vigente soprattutto in materia di Trattamento sanitario obbligatorio, e quella di chi invece vorrebbe veder completata, non necessariamente attraverso la revisione della legge, l’applicazione della normativa attuale.
Nel dossier viene raccontata la discussione in atto in questi giorni proprio a partire dai contenuti dei “ddl della discordia” e dalle richieste delle famiglie, espresse dalle associazioni. Ne sono state ascoltate quattro, che rappresentano due schieramenti ideologi: Arap e Diapsi da un lato più propensi all’obbligo della cura e Unasam e Diapsigra, dall’altro, che non ritengono necessaria la revisione della legge, ma chiedono regolamenti che sanino subito i vuoti attuali.


Sulla questione sono stati sollecitati pareri autorevoli. Il Sottosegretario di Stato alla Sanità con delega alla Salute Mentale Antonio Guidi, che ha delineato le proposte immediate per il futuro a partire dal considerare le nuove forme di disagio emergente che toccano principalmente anziani e adolescenti. Massimo Cozza della Consulta Salute Mentale che ha sottolineato come il dato forse più eclatante sia dato oggi dalla mancanza di operatori; don Mario Vatta fondatore della Comunità al Campo di Trieste che ha lavorato al fianco di Franco Basaglia ed ha vissuto direttamente l’evoluzione della situazione. Si è poi raccolto il parere della Campagna della Salute Mentale in particolare per la situazione che si delinea in Lombardia anche in relazione al Piano regionale Socio Sanitario 2002-2004 della Lombardia. Infine la voce di Ornella Bortolotti, consulente Asl, che ha coordinato la chiusura dell’ospedale psichiatrico di Como.


A cura di Carla Chiaramoni e Daniele Iacopini

"Il Redattore Sociale"

 

La Legge 180 è ancora un punto fermo? E, se no, in che direzione muoversi nell’ottica di una riforma psichiatrica?

 

E’ questo in Italia il dibattito di fondo sulla cura e la gestione dei malati psichiatrici, che contrappone entusiastici sostenitori a detrattori altrettanto convinti della cosiddetta Legge Basaglia. Il dibattito si è riacceso in questi mesi con il riavviarsi della discussione in Commissione parlamentare di proposte di legge che prevedono un superamento della 180 e sta proseguendo proprio in questi giorni sulla base delle audizioni delle associazioni più significative e di quelle professionali.

 

La legge 180 ha demandato tutta l'attuazione alle Regioni. Al momento della sua approvazione nel 55% delle province italiane esisteva un ospedale psichiatrico pubblico, il 18% si avvaleva di istituzioni private ed il 27% inviava i propri cittadini in manicomi di altre province. Alcune Regioni hanno emanato in modo tempestivo le normative regionali, ma altre hanno ritardato. Di fatto ogni Regione ha legiferato da sé, producendo realtà alquanto diversificate nelle tipologie delle strutture e dei servizi, che tuttora fanno registrare in Italia una situazione a macchia di leopardo non solo per la quantità dei servizi erogati, ma soprattutto per la qualità dell’assistenza, che spesso ripropone, con altro nome, la stessa logica manicomiale. Solo nel 1994, dopo 16 anni, è arrivato il Progetto Obiettivo, che delineava quali fossero le strutture da attivare a livello nazionale e dava l’avvio ad una riorganizzazione sistematica dei servizi preposti all'assistenza psichiatrica.

Uno dei nodi cruciali della discussione, oggi, è la condizione di quei malati cosiddetti non collaborativi che, non riconoscendo la loro malattia, sono recalcitranti alla cura e quindi secondo la legge attuale non possono essere avviati al trattamento di cui avrebbero bisogno. Situazione questa che spinge a più di 20 anni dall’entrata in vigore della 180 alcune associazioni ma anche alcuni parlamentari, come ad esempio la deputata di Forza Italia Maria Burani Procaccini, a chiedere una ridefinizione della normativa vigente e in particolare di tutta l’area del Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) verso forme di cura obbligatorie, non nella veste manicomiale tradizionale, ma attraverso un modello che può finire per somigliargli molto.

Di fatto una delle critiche più forti che ha raccolto negli anni la 180 è proprio quella di non aver predisposto adeguatamente il “dopo chiusura”. Trasferendo le competenze della cura nella cosiddetta “psichiatria territoriale”, senza che però le regioni fossero pronte, il problema dell’assistenza socio-sanitaria è passata di fatto dallo Stato direttamente ai familiari, lasciando il carico di concretamente il proprio congiunto malato.

 

Tuttavia le indicazioni che sono emerse in questi giorni di audizioni non si sono indirizzate tutte verso una riforma della Legge Basaglia, quanto piuttosto verso un approfondimento dell’unico strumento oggi disponibile per operare sul territorio, ovvero il Progetto Obiettivo. Alcune associazioni ritiengono infatti questo uno strumento utile, che ha dato dei risultati anche se insufficienti. Restano ad esempio tra le priorità la necessità di una copertura finanziaria adeguata del Progetto Obiettivo ed il bisogno di linee guida più vincolanti, che non lasciano troppo margine alla sensibilità di questa o quella regione.

Il problema sembra dunque incentrarsi essenzialmente sulla qualità dei servizi sostitutivi e la strategia da perseguire quella di arrivare a non disperdere i buoni principi contenuti dalla Legge 180, “non difendendola come un dogma”, ma salvandone i valori, anche se allo stato attuale del dibattito parlamentare è difficile prevedere in quale direzione si procederà.
Significativo il documento siglato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, nello scorso gennaio, in cui si sottolinea come la Regione sia il “livello istituzionale più adeguato per la realizzazione ottimale di servizi alla persona e per la piena integrazione socio-sanitaria”.

 

Le Regioni con questo documento hanno ribadito il proprio concreto “impegno per la completa attuazione del Progetto Obiettivo Salute Mentale 1998-2000 nelle singole realtà regionali” e quello di “destinare la quota del 5% dei Fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della salute mentale”. Sottolineavano inoltre la necessità di realizzare “in ogni Regione un programma di azioni integrate per la tutela della salute mentale che abbia al centro degli interventi i bisogni del paziente e che operi in stretta connessione con gli altri soggetti della Comunità sociale e territoriale pubblici e privati per il raggiungimento dell’obiettivo comune della prevenzione, della cura e della riabilitazione fino al reinserimento nel luogo di lavoro della persona con disturbi mentali”. 

 

                                                                                                                                                                                                         

Disturbi mentali nel mondo
In milioni di pazienti - Anno 2000

Nevrosi e stress

490

Disturbi umore

230

Ritardo mentale

100

Epilessia

50

Demenza

40

Schizofrenia

20

Totale

930

Fonte:  World Development Report  - Prima Conferenza nazionale per la Salute Mentale Gennaio 2001

 

 

Salute mentale
Prevalenza dei disturbi psichiatrici in Italia

 

Maschi

Femmine

Totale

Famiglie
coinvolte

Qualsiasi disturbo

3.200.000

6.992.000

10.192.000

47,7%

Disturbi psicosessuali

24.000

25.610

49.314

0,2

Disturbi dell'infanzia e dell'adolesc.

24.000

204.884

228.588

1,1

Psicosi non affettive

118.000

230.494

349.013

1,6

Abuso/dipendenza da sostanze

142.000

204.884

347.107

1,6

Disturbi del comportamento alimentare

94.000

281.715

376.531

1,8

Disturbi del sonno

190.000

563.431

753.061

3,5

Disturbi da controllo degli impulsi

332.000

435.378

767.231

3,6

Disturbi da somatizzazione

450.000

793.925

1.244.297

5,8

Disturbi d'ansia

2.180.000

5.702.361

7.943.110

37,2

Disturbi affettivi

2.560.000

5.506.000

8.066.266

37,8

 

Fonte:  ISS - Prima Conferenza nazionale per la Salute Mentale Gennaio 2001

 

Psichiatria – Il processo storico e culturale che ha portato alla Legge 180

 

L’istituzione manicomiale vede negli anni ’50 oltre 100mila cittadini internati. I manicomi svolgono una funzione prevalente di contenitore sociale di una serie di problemi diversificati, la popolazione è costituita non soltanto da persone con disturbi mentali, ma anche da disabili gravi e gravissimi, disadattati sociali, emarginati, alcoolisti. C’è perfino chi nasce in manicomio e vi trascorre tutta la vita. Il ricovero, quasi sempre deciso da altri, è obbligatorio e spesso dura fino alla morte, in quanto non esistono stimoli o soluzioni alternative. Il criterio per l’internamento non è la malattia mentale ma la pericolosità o il "pubblico scandalo" ed è quindi evidente che la funzione del manicomio è solo in minima parte di "cura”.
A partire dalla seconda metà degli anni ’50 le attività di assistenza psichiatrica in tutto l’Occidente sono attraversate dal movimento di de-istituzionalizzazione, che pone in discussione il manicomio e apre il dibattito rispetto a nuove modalità di presa in carico dei pazienti psichiatrici. In Italia il movimento anti-istituzionale nasce soprattutto a Gorizia e Trieste, grazie all’iniziativa di Franco Basaglia. Ciò che egli teorizza ed attua negli anni 60/70 diventa patrimonio della psichiatria internazionale La nuova cultura antimanicomiale introduce concetti quali il decentramento, la territorialità, la continuità terapeutica tra ospedale psichiatrico e territorio, il lavoro in équipe, la formazione per la creazione di nuove competenze professionali che mettano in grado gli operatori di lavorare sia nella struttura ospedaliera, che in ambulatorio, che al domicilio e nelle strutture di accoglienza intermedia fra l’ospedale e la famiglia. Si fa strada anche l’idea della prevenzione, con il lavoro nella comunità, nell’ambiente di vita e di lavoro dei cittadini, un lavoro rivolto non soltanto ai malati mentali ma anche alle cause che minacciano al salute mentale di tutti.

Emerge un’altra linea fondamentale, quella di partire dall’organizzazione sanitaria di base, e non dall’Ospedale Psichiatrico, fornendo alternative al ricovero in ospedale e collegando la lotta contro il manicomio con quella per il servizio sanitario nazionale e la riforma dell’organizzazione sanitaria. I protagonisti dell’esperienza italiana furono principalmente gli psichiatri; l’associazionismo dei familiari in Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, nasce parecchi anni più tardi, al varo della 180. Nel 1968 la Casa Editrice Einaudi pubblica "L’Istituzione negata", vero e proprio manifesto del movimento antiistituzionale italiano.

Fonte: Ornella Bortolotti, Fogli di informazione e di coordinamento, n. 2 marzo-aprile 2000, Movi

 

Le leggi:

 

Misure di razionalizzazione della finanza pubblica - Legge Finanziaria 1995

 

E’ la legge Finanziaria, nel quale viene disposta la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici entro il 31 dicembre 1996 (Art. 3, comma 5). La legge dispone inoltre che i beni mobili ed immobili degli ospedali psichiatrici dismessi, che non possono essere utilizzati per altre attività di carattere sanitario, sono destinati dall'Unità sanitaria locale competente alla produzione di reddito, attraverso la vendita, anche parziale, degli stessi con diritto di prelazione per gli Enti pubblici, o la locazione. I redditi prodotti sono utilizzati per l'attuazione di quanto previsto dal progetto-obiettivo "Tutela della salute mentale 1994-1996".

"Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"Legge 23 dicembre 1994, n. 724 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 1994)

 

Tutela della salute mentale - Riforma della psichiatria

E’ questa la storica legge che dispone la chiusura dei manicomi.

La sua completa attuazione è stata data dalla legge Finanziaria del 1996, che dettava i termini della chiusura delle strutture di igiene mentale.

 La base teorica della legge risiede nella convinzione secondo cui un effettivo recupero del malato di mente non può prescindere dal suo reinserimento nella società

"Accertamenti e trattamenti sanitari  volontari e obbligatori" Legge 13 maggio 1978, n°  180

Tutela della salute mentale 1994/96 - Progetto-obiettivo 1994/96 E’ il D.P.R. 7 aprile 1994, (Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1994, n. 93),  sulla tutela della salute mentale. Il progetto-obiettivo giunge a quindici anni di distanza dalla legge Basaglia (la 180/78), sull’onda dei risultati insoddisfacenti delle sperimentazioni spontanee seguite alla legge sul territorio nazionale.
Con il decreto viene definita una strategia di intervento che, attraverso tale progetto-obiettivo triennale, mira a realizzare il modello organizzativo del Dipartimento di salute mentale; promuovere progetti specifici per il superamento del residuo manicomiale; promuovere un sistema informativo per il monitoraggio della spesa psichiatrica; individuare un sistema di indicatori di qualità dell’assistenza psichiatrica; promuovere la formazione degli operatori

 

NORMATIVE AREA SALUTE MENTALE

url ufficiale della rivista www.psychiatryonline.it

Requisiti Minimi Strutturali, Tecnologici e Organizzativi - Ministero della Sanità - Dipartimento delle professioni sanitarie delle risorse umane e tecnologiche in sanità e dell'assistenza sanitaria di competenza statale. Osservatorio sul superamento dei manicomi D.M. 24 maggio 1995

 

DECRETO 21 maggio 2001, n. 308 "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale

 

PROGETTO DI LEGGE " CENTO' " DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA NUMERO 844

 

PROGETTO DI LEGGE " CE' " DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA NUMERO 152

 

PROGETTO DI LEGGE " BURANI " DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA NUMERO 174

 

PROGETTO DI LEGGE " GUBETTI " DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA NUMERO 683

 

CONFRONTO TRA LA LEGGE 180/78 e i PROGETTI DI LEGGE BURANI-CE'

 

LEGGE 180/78 - TESTO COMPLETO (3 ottobre 2001)

 

SENTENZA CONSIGLIO DI STATO: IGIENE MENTALE EQUIPOLLENTE A PSICHIATRIA (9 MARZO 2001);

 

LEGGE 401/2001: SANATORIA PER I PRECARI APPROVATA DEFINITIVAMENTE (6 febbario 2001)

 

NOTE CUF: ABOLITE QUELLE DEI FARMACI NEUROPSICHIATRICI (13 gennaio 2000);

 

FINANZIARIA 2001: LE NOVITA' PER LA SALUTE MENTALE (31/12/00);

 

DECRETO MINISTERIALE 20 luglio 2000: Protocollo di monitoraggio dei piani di trattamento farmacologico per la malattia di Alzheimer (2 novembre 2000);

 

Approvata al Senato la LEGGE QUADRO SULL'ASSISTENZA SOCIALE (18 ottobre 2000);

 

Approvato il Decreto correttivo della Riforma ter 229/99: ecco cosa cambia nel S.S.N. (2 agosto 2000)

 

Ddl 4932 sulle professioni approvato alla Camera: psicoterapeuti legittimati via libera alla dirigenza SSN (19 luglio 2000)

 

Ordinamento della professione di psicologo

 

Sentenza Consiglio di Stato: La mobilita' ha la precedenza sui concorsi (6 luglio 2000)

 

Sentenza Consiglio di Stato: per i dirigenti sanitari la prova pratica e' obbligatoria nei concorsi (29 giugno 2000)

 

Circolare FONMCeO: Medici, pubblicita' anche via Internet (18 giugno 2000)

 

Decreto 4980 sulle professioni approvato alla camera: infermieri e terapisti della riabilitazione diventano dirigenti (16 giugno 2000)

 

Protocollo Ministeriale sui Piani di Trattamento farmacologico per il Morbo di Alzheimer (3 giugno 2000)

 

Legge Delega 419/98 - Riforma "TER": Cosa cambia per la Psichiatria Italiana? 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro: Sentenza 24/11/1998 - 29/05/1999 N.5152 "Ancheal Portatore di Handicap Psichico Spetta L'indennita' di Accompagnamento" 

 

"Progetto obiettivo materno-infantile: la tutela della Salute Mentale in etàevolutiva" (2 luglio 1999) 

 

Progetto Obiettivo 98-2000: Parte il Piano (1 ottobre 1999)

 

L'elencodelle patologie neuropsichiatriche esenti dai Ticket 

 

PROGETTO OBIETTIVO TUTELA SALUTE MENTALE 1998-2000 - testo completo

 

PROGETTO OBIETTIVO PER LA TUTELA DELLA SALUTE MENTALE 1998-2000: tabelle e commenti (G.U. n° 274 del 22/11/99)

 

DISCIPLINE EQUIPOLLENTI: PRONTA UNA BOZZA CON MODIFICHE DELLE TABELLE

·  DECRETO ATTUATIVO del Dlgs 230/99 - TRASFERIMENTO DEGLI ORGANICI DEGLI ISTITUTI PENITENZIARI

 

I PARERI DI ALCUNE ASSOCIAZIONI

 

PSICHIATRIA – Famiglie1/Arap: ''La nuova cronicità nasce dalla mancanza dell’obbligo alla cura''.

Diapsi: ''Necessario che il malato venga curato''

Le proposte di riforma della Legge 180 dell’area di destra che tanto preoccupano gli operatori, trovano invece consenso più ampio di una parte delle associazioni che rappresentano le famiglie. Tra queste Arap e Diapsi che ne criticano i limiti di applicazione e ne propongono modifiche, mentre di segno opposto è il parere dell’Unasam, che si batte per la piena applicazione della legge. Di seguito ospitiamo il parere di alcune della associazioni che sono state ascoltate nei giorni scorsi dalla Commissione parlamentare Affari Sociali.

Arap -Associazione per la riforma dell’assistenza psichiatrica 

Marcella Vanni (Vicepresidente):

“Noi sosteniamo che se non c’è un’integrazione della legge 180 continueremo a girare intorno al problema. Inutile dire che la legge non è stata applicata perché non è vero. Nel suo spirito riformatore la legge è stata applicata perché quando un malato va in crisi lo si porta al Trattamento sanitario obbligatorio ma se il malato, e ce ne sono tantissimi, non va in crisi anche se è molto grave, è libero di scegliere se curarsi o no. Di solito non si cura e peggiora; la nuova cronicità si è formata per questo motivo. Il problema non sta nella mancanza di strutture, perché, anche dove le strutture esistono, se il malato non ci vuole andare nessuno lo può obbligare. Se non si ha un malato di mente in casa, non si sa cosa è accaduto dopo la legge Basaglia e quanti piccoli manicomi si sono formati nelle case e nei condomini delle famiglie italiane. La nostra associazione è composta solo da familiari di malati di mente e quindi siamo stati liberi di denunciare quando i Servizi non facevano il loro dovere. Questo non era gradito a chi voleva far apparire che il mancato funzionamento andava addebitato solo alla mancanza di strutture e alla mancata applicazione della legge. Ma chiedo: cosa è più civile, lasciare che un malato vada alla deriva, sia deriso quando cammina per strada, che una ragazza sia abusata e rimanga incinta e poi le venga tolto il figlio perché è malata di mente o dar loro il diritto di curarsi?”

Diapsi (Associazione difesa ammalati psichici)

Grazia Gozzellino:

“Per noi è necessario che il malato venga curato e non resti in balia di se stesso nel momento in cui deve decidere se curarsi o no, perché non è in grado di stabilire che è giusto curarsi e non è giusto non curarsi. E siccome non può essere ricoverato se non lo vuole, resta in famiglia, non si cura e peggiora. In Piemonte il Progetto Obiettivo è stato attuato solo parzialmente e non per la cattiveria di alcuni operatori della Asl, che in Piemonte sono 22, quanto perché non ci sono i fondi. La legge dice che il direttore della Asl deve dare almeno il 5% al Dipartimento di Psichiatra. Il realtà c’è l’Asl di Torino che ha il 7.9% e quella di Tortona che ha il 2,8% e non si sa se perchè a Torino c’è maggiore necessità o se il direttore è stato più bravo a farseli dare di quello di Tortona. Inoltre il Progetto Obiettivo non prevede obblighi di rispetto né sanzioni, per cui chi l’ha attuato bene e chi non l’ha attuato bene lo stesso. Rimane una libera scelta dei Dipartimenti di Salute Mentale. Per quanto riguarda i Centri di Salute Mentale abbiamo segnalato che non sono aperti come previsto dalla legge, ma soltanto dalle 9 alle 17 e rimangono chiusi il sabato e la domenica. Non effettuano le visite domiciliari se non in casi eccezionali ed è il paziente che deve andare al Csm, ma a volte il malato non riconosce la propria malattia e non lo fa. Noi chiediamo che il medico del Csm vada a casa come quello di base. Per i centri diurni invece il problema che ci sembra più rilevante è che gli operatori non hanno una preparazione professionale specifica per affrontare i malati psichici. La maggior parte dei centri sono gestiti da cooperative dove gli operatori vanno e vengono anche perché sono pagati poco e quando trovano di meglio se ne vanno. Non esiste inoltre una suddivisione per patologia: gli anziani stanno con i giovani e i gravi con i meno gravi. Succede allora che tanti pazienti non vogliono andare nel centro diurno perché “non si sentono matti e non vogliono strare con i matti”. Fondamentale infine che siano monitorate le comunità perché non smarrivi a casi come quello di San Gregorio Magno.”

I PERCORSI DEI PAZIENTI PSICHIATRICI - Azienda USL/7 Ancona -2000

Linee operative per le strutture e le attività del Dipartimento di Salute Mentale

autore/i:Campi S., Russo T.

Il documento presentato nel quaderno del centro studi e documentazione dell’Azienda USL n. 7 di Ancona vuole promuovere il coordinamento tra le diverse strutture del Dipartimento di Salute Mentale e l’integrazione delle stesse con le istituzioni esterne, al fine di creare una rete di servizi più adeguata ai bisogni di cura assistenza e riabilitazione dei pazienti psichiatrici. Gli argomenti sono stati affrontati scegliendo l’ottica del paziente come criterio principale di osservazione. Il sistema curativo riabilitativo ed assistenziale del Dipartimento di salute Mentale vuole offrire risposte adeguate alle diversificate necessità degli utenti, facendo fronte a quelle che sono le contraddizioni e nodi critici quali: il ricorso al ricovero come risposta, in modo improprio, ai bisogni di tipo assistenziale-residenziale o di contenimento delle crisi; la non completa risposta alle persone che hanno bisogno di una residenzialità protetta permanente; pazienti inseriti a termine in strutture semiresidenziali per i quali non si prevedono le dimissioni; difficoltà e momenti di crisi nel passaggio da una struttura, o momento riabilitativo, più protetta ad una più autonoma.

 

Psichiatria, documento congiunto di alcune associazioni in vista delle audizioni

I Rappresentanti delle seguenti Associazioni:
Arap Roma
Arap Bologna
Arap Sardegna
Arap Friuli Venezia Giulia e Trieste
Arap Catania
Aris Trento
Associazione per la Promozione della Salute mentale di Pinerolo
Avap Verbania
Di.A.Psi. Piemonte – Torino
Di.A.Psi. Acqui Terme
Di.A.Psi. Ciriè
Di.A.Psi. Chivasso
Di.A.Psi. Cuneo
Di.A.Psi. Vercelli
Di.A.Psi. Fossano-Savigliano-Saluzzo
Di.A.Psi. Torre Pellice
Di.A.Psi. Valsangone e Val Susa
Di.A.Psi. Valle d'Aosta
Fondazione IDEA Istituto per la ricerca e la prevenzione della Depressione e dell'Ansia
Associazione SPES di Varese
Psiche 2000 Veneto e Marche
Psiche 2000 Camposanpiero
Psiche 2000 Dolo
Psiche 2000 Este
Psiche 2000 Padova
Psiche 2000 Piove di Sacco
Psiche 2000 Thiene
Psiche 2000 Valdagno
Psiche 2000 Verona
Psiche 2000 Vicenza
Psiche 2000 Vittorio Veneto
Psiche 2000 S. Benedetto del Tronto
Psiche 2000 Servigliano(AP)

 

 

in previsione

delle “audizioni” delle Associazioni dei familiari di malati psichici alla XII Commissione Parlamentare Affari Sociali della Camera dei Deputati, indette a seguito delle proposte di legge presentate dagli On.li Burani-Procaccini, Cè, Cento e Gubetti riguardanti la riforma della legge 833/78 ovvero della legge 180 sulla psichiatria,

si sono riuniti

a Torino, il 25 novembre 2001, nella Sede della Di.A.Psi. Piemonte (Difesa Ammalati Psichici), hanno concordato e sottoscritto direttamente, per delega, per successiva sottoscrizione una linea comune da considerare nel quadro della revisione e miglioramento della citata legge.

I punti più significativi sono:

1.      MALATTIA MENTALE: la malattia mentale deve rimanere di competenza sanitaria.

2.      FINANZIAMENTI: i finanziamenti destinati alla Psichiatria devono essere aumentati fino a raggiungere il livello dei paesi europei più evoluti (10-11% del fondo sanitario nazionale).

3.      RICERCA: la ricerca sulle malattie mentali deve essere finanziata con budget diverso da quello destinato alla psichiatria e adeguata ai livelli dei paesi più progrediti.

4.      CURE: si ribadisce il diritto alle cure per tutti i malati psichici, con particolare attenzione per i malati inconsapevoli e non collaboranti i quali, se non curati, rischiano la cronicizzazione; si riaffermano la necessità di una presa in carico effettiva da parte del DSM (Dipartimento di Salute Mentale) con un progetto terapeutico personalizzato e scritto, con obbligo di informare i parenti e la possibilità, per la famiglia collaborante, di diventare supporto terapeutico, ma con sostegno infermieristico e psicoeducazionale.
Chiunque, associazione o privato, venga a conoscenza di una situazione in cui esista un malato abbandonato, può richiedere l’intervento del DSM che dovrà essere obbligato provvedere.
L’assistenza psichiatrica domiciliare deve essere garantita e obbligatoria. La visita domiciliare dello psichiatra può essere richiesta oltre che dal malato anche da un familiare e deve essere esperita entro 24 ore. Il malato o i tutori hanno il diritto di scegliere liberamente il medico curante e le eventuali strutture di ricovero o supporto. Medico e strutture possono essere proposte dal DSM, ma non imposte. Nel caso di mancata presa in carico e di abbandono del malato si configura il reato d’omissione di soccorso.

5.      La Neuropsichiatria Infantile deve essere collegata con la Psichiatria Adulti.

6.      RICOVERI E TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO (T.S.O): si prevedono tre tipi diversi di TSO:
a) d'urgenza;
b) terapeutico domiciliare;
c) terapeutico residenziale;
(sono da sviluppare le modalità di attuazione, i tempi di durata ed i vincoli per evitare abusi).

7.      Si propone che il SERVIZIO PSICHIATRICO DI DIAGNOSI E CURA (S.P.D.C) assuma il ruolo di Pronto Soccorso Psichiatrico presso l’Ospedale Generale, sede di DEA (Dipartimento d’Emergenza e Accettazione), che risponda a tutte le emergenze, anche mediante interventi domiciliari urgenti per i casi di crisi acute, che accolga il paziente volontario o in T.S.O. per un tempo di breve durata (esempio: non superiore alle 72 ore) per trasferirlo, quindi, in strutture d’osservazione, diagnosi e cura, ove, se necessario, il regime di trattamento di T.S.O. possa essere protratto per un periodo da determinarsi in sede di stesura della Legge.

8.      STRUTTURE RESIDENZIALI: si richiede la creazione effettiva di sostegno residenziale con tipologie diverse, a seconda della patologia, della gravità, dell’autonomia raggiunta o esistente, con un massimo di 20 posti, e precisamente:

-          strutture residenziali con protezione tipo comunità “A” (art. 4,comma 2 del DPR 14.01.1997);

-          strutture residenziali con protezione tipo comunità “B”(art. 4,comma 2 del DPR 14.01.1997);

-          strutture residenziali tipo gruppo appartamento, alloggi assistiti;

-          affidamento intrafamiliare o eterofamiliare;

-          strutture semiresidenziali per il reinserimento nel quotidiano;

-          appartamento singolo, assegnato dall''Agenzia territoriale di edilizia popolare regionale o provinciale, per il malato che ha raggiunto un’autonomia accettabile.
In queste residenze si deve puntare alla qualità del servizio, e non solo alla quantità di operatori e di strutture; si deve riprodurre il più possibile l’ambiente quotidiano del vivere in famiglia, prevedendo attività propedeutiche che siano di stimolo per il malato e volte al miglioramento delle capacità residue, attività ludiche, attività manuali, finalizzate tutte al conseguimento di capacità lavorative.

9.      FORMAZIONE OBBLIGATORIA DEGLI OPERATORI CON UN BUDGET VINCOLATO: la qualità umana e professionale degli operatori psichiatrici è determinante per raggiungere un livello soddisfacente di assistenza e di riabilitazione del malato, pertanto è necessario un addestramento altamente specializzato, affinché la formazione non si limiti a una trasmissione di nozioni e teorie. Va rivalutata e sottolineata l’importanza della figura dell’"Educatore".

10.  PREVENZIONE: la prevenzione, praticamente mai attivata, è oggi indispensabile, stante il dilagare di vecchi e nuovi disturbi e disagi nella popolazione. Ovviamente si fa riferimento non solo a una prevenzione secondaria e terziaria, ma anche primaria, intesa come promozione dell’educazione sanitaria sui temi di pertinenza psichiatrica, ad esempio attraverso la collaborazione dei medici di base, che dovranno seguire corsi integrativi e di aggiornamento obbligatori. E’ anche necessario svolgere un monitoraggio nelle scuole, tenere conferenze informative e formative per docenti e studenti e fornire agli insegnanti strumenti idonei a riconoscere i casi a rischio.

11.  MONITORAGGIO E SANZIONI: si devono operare controlli sull’effettiva attuazione dei servizi, sul loro funzionamento e sulla qualità di lavoro, sia sulle molteplici piccole comunità private, sia sulle attività svolte dalle tante cooperative sociali cui, vengono demandate parti sempre più importanti dei servizi psichiatrici pubblici.
Tali controlli non devono essere autoreferenti, ma devono essere effettuati da una Authority (Commissione di Sorveglianza Psichiatrica) non legata al servizio erogante, con componenti di diversa provenienza (es.: un rappresentante delle associazioni dei familiari, un rappresentante degli operatori, un giudice di pace….). Tale Commissione, nel caso d’inadempienze, ritardi, omissioni e disfunzioni potrà sanzionare amministrativamente i responsabili a tutti i livelli, potrà fare esposti alla magistratura per richiedere un’azione penale, potrà dirimere con giudizio informale, ma vincolante per le parti, i contrasti fra utenti e familiari di utenti e i servizi eroganti, sia essi pubblici sia privati.

12.  INSERIMENTO LAVORATIVO: al fine di assicurare un’attività lavorativa compatibile con le sue possibilità, il malato di mente ha il diritto di essere inserito nelle liste di collocamento obbligatorio (art. 4, comma 2, proposta di legge Burani Procaccini).

13.  CARICO FAMILIARE: per le famiglie conviventi, o comunque con un membro malato, si devono prevedere supporti psicologici, supporti psicoeducazionali, supporti antistress e sussidi finanziari. Se il malato convivente non è collaborante si rende necessario un costante sostegno infermieristico.

14.  DOPO DI NOI: diritto alla certezza che alla morte dei familiari o alla loro incapacità di gestire il congiunto malato, questi venga obbligatoriamente preso in carico dal S.S.N. congiuntamente con tutti i servizi istituzionali di appoggio e tutela.

15.  CONSULTAZIONE OBBLIGATORIA: per definire una programmazione adeguata agli effettivi bisogni del territorio (distrettuale, dipartimentale, ASL, regionale e nazionale) le Associazioni dei familiari devono essere consultate obbligatoriamente.

16.  OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO: si richiede la creazione dell’osservatorio epidemiologico Regionale e Nazionale sulla malattia mentale.

17.  AREE E EDIFICI EX OSPEDALI PSICHIATRICI: le aree e gli edifici degli ex ospedali psichiatrici, non utilizzabili per la realizzazione di strutture a favore dei malati di mente, possono essere alienati o affittati, purché il ricavato venga destinato alla costituzione o al funzionamento di strutture destinate ai malati di mente.

18.  SI AUSPICA LA CHIUSURA DEGLI OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e si devono prevedere strutture alternative con finanziamenti aggiuntivi.

19.  Inoltre, si ribadisce la necessità di stabilire SANZIONI PENALI nei confronti dei direttori generali delle ASL e dei direttori dei DSM inadempienti ai loro compiti istituzionali.

La parola d'ordine:
NO AL MANICOMIO, NO ALL’ABBANDONO, SÌ ALLE CURE.

 

PSICHIATRIA - Famiglie Diapsigra: ''Il superamento della 180 non è indispensabile ''.

Diapsigra (Associazione difesa ammalati gravi)Anna Rosa Lugli Andretta (Presidente)

Unasam (Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale Ernesto Muggia (Presidente):

Unasam: ''Assurdo un progetto di legge statale se vanificato dalle Regioni ''

“L’Unasam è in totale accordo con l’associazione Diapsigra; abbiamo ritenuto utile unire i nostri sforzi per rappresentare da voce alle famiglie nel modo più ampio possibile. Riconosciamo la necessità di un intervento diffuso riguardo alcuni capitoli importanti: la presa in carico di giovani che rifiutano la propria condizione di malato e la revisione in termini di regolamento, senza la necessità di una nuova legge, delle procedure del trattamento sanitario obbligatorio, che preferiamo pensare preceduto da un accertamento sanitario obbligatorio con relativo invito alle famiglie e al paziente ad accedere ai servizi in modo volontario, senza escludere, in caso di necessità, un intervento obbligatorio. La legge di riforma non costituisce ostacolo al perseguimento di buone qualità e conseguimento dei risultati positivi, mentre è la sua inapplicazione o distorsione a determinare insoddisfazione e proteste, danni e sofferenze che restano impuniti in mancanza di strumenti di vigilanza e sanzionatori. Nessuna legge può essere ben applicata in assenza di finanziamenti e se non si interviene a sanzionare chi non applica. Chiediamo che le esperienze del passato non vadano disperse, che le conclusioni a cui giunta la prima conferenza nazionale per la salute mentale trovino attuazione. Chiediamo inoltre che il progetto obiettivo 1998-2000 venga integrato nella parte carente, ad esempio modi e siti per effettuare il Tso, presa in carico di pazienti non collaborativi, provvedimenti necessari per rispondere alle esigenze del “dopo di noi”, ma anche la previsione di una copertura assicurativa dei rischi per disturbi di salute mentale. Andrebbe riconsiderata la misura dell’intervento finanziario, originariamente indicata almeno nel 5% del finanziamento regionale, andrebbe commisurata sempre in sede regionale ai programmi per la salute mentale specifici delle singole aziende. Il federalismo è andato talmente avanti che sarebbe assurdo proseguire l’iter di un progetto di legge statale se poi tale impiego venga vanificato dalle regioni”.

DIAPSIGRA - Difesa Ammalati Psichici Gravi

Presente in Piemonte, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Calabria e Sardegna l’associazione nasce inizialmente con lo scopo di operare “una revisione della legge 180 che portasse al ripristino dell'internamento” col tempo alcune sezioni distaccate della DIAPSIGRA hanno cercato di svolgere una attività di intervento sulle realtà locali e regionali. Oggi l'associazione avvia interventi volti a denunciare situazioni inaccettabili e a promuovere la conoscenza del problema del disagio psichico. Promuove momenti di sensibilizzazione dell'opinione pubblica; rapporti di collaborazione e di sollecitazione con componenti politiche e di governo e con tutti gli operatori del settore perché “agli aspetti più prettamente medico-clinici siano integrati anche quelli socio-sanitari”. L’interesse è spesso rivolto verso un'assistenza adeguata non solo per la terapia dei pazienti ma anche per il sostegno delle famiglie,. Organizza: corsi di convivenza diretta per i familiari in difficoltà e di formazione per gli operatori volontari.

 

UNASAM - Unione nazionale associazioni per la salute mentale

Si è costituita nel 1993 e rappresenta l’incontro e l’unione nazionale di un gran numero di associazioni per la salute mentale. È un'aggregazione di realtà che perseguono gli stessi fini nel campo della sofferenza psichica, uno strumento per rappresentare in maniera unitaria le associazioni aderenti nei confronti delle Istituzioni e delle Organizzazioni Nazionali ed Internazionali e delle società in generale.

Obiettivi: promozione delle condizioni necessarie per una idonea assistenza agli ammalati psichici, tutela dei loro diritti e supporto delle famiglie; riconoscimento della dignità e dei diritti di base dei malati di mente e dei loro familiari; assistenza adeguata sia nella fase di cronicità sia in quelle di acuzie e di emergenza; riabilitazione psicosociale continuativa; creazione di una rete di piccole comunità residenziali protette; prevenzione e diagnosi precoce nel campo della salute mentale, a partire dalle scuole; uso moderato e razionale degli psicofarmaci.

 

PSICHIATRIA – Ad ottobre i risultati definitivi del Progetto Progres: 270 le strutture analizzate ed oltre 3000 i pazienti

Nell’ambito della Legge 180, uno degli aspetti più importanti è stata la nascita di numerose Strutture Residenziali (SR) non ospedaliere su tutto il territorio nazionale, rispetto alle quali, sino a oggi sono state disponibili solo informazioni molto limitate. Qual è la tipologia dei pazienti che vi sono ospitati, quali i bisogni assistenziali e le modalità di trattamento erogate? A queste domande una risposta la sta fornendo il Progetto Progres, voluto dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha appunto lo scopo di censire le strutture residenziali, sia pubbliche che private, presenti sul territorio nazionale. Attualmente è in atto la Fase 2 del progetto che prevede la selezione di un campione comprendente il 20% delle Strutture residenziali di ciascuna Regione. Le informazioni su questo campione riguardano sia gli aspetti edilizi e strutturali (locali, attrezzature, arredi, personale) che i costi, che il processo assistenziale (tipi di attività programmate e di interventi riabilitativi attuati, trattamenti farmacologici). Vengono anche esaminati tutti i pazienti ospitati in queste strutture e le loro condizioni.
“Ad ottobre di quest’anno abbiamo previsto a Milano un convegno, in cui presenteremo tutti i risultati del Progetto Progres che per allora saranno tutti rigorosamente analizzati. – spiega Giovanni Di Girolamo che da tre anni è impegnato in questo lavoro di ricerca - Le analisi della seconda parte sono tuttora in corso ed è difficile dare ad oggi un quadro preciso. I dati a disposizione sono molti perché riguardano 270 Strutture residenziali e più di 3000 pazienti, mentre le risorse sono scarse e questo ci costringe ad andare avanti non con la stessa rapidità che si sarebbe potuta mantenere se avessimo avuto risorse ben differenti. Siamo ancora ad un livello di analisi descrittive che è ancora insufficiente per poter dire qualche cosa.”
“Ad esempio – prosegue - ad una prima elaborazione fatta su questi 3000 pazienti è risultato un tasso di suicidi che è di molto superiore, e parliamo di svariate decine di volte, rispetto alla popolazione generale. Ma è una dato che in se non sorprende se si pensa che una ricerca analoga recentemente condotta negli Stati Uniti su un campione di oltre 11mila pazienti, con disturbi gravi come la schizofrenia, ha messo in evidenza un tasso di suicidio 70 volte superiore a quello della popolazione generale. Tuttavia è un dato su cui dovremmo riflettere e che potrebbe acquistare un senso diverso se messo in relazione con delle specifiche caratteristiche. Ad esempio il numero dei suicidi è più elevato in un certo tipo di strutture e meno elevato in altre? Questo tipo di analisi non descrittive non sono state ancora disponibili”.

Progetto Progres

Con la legge di riforma dell’assistenza psichiatrica, la Legge Basaglia, si è prodotta una radicale trasformazione dello scenario italiano. La progressiva chiusura degli ospedali Psichiatrici (PO) ha portato ad un tipo di assistenza comunitario, coordinato dai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), e all’apertura di numerose Strutture Residenziali (RS) non ospedaliere su tutto il territorio nazionale.In considerazione della scarsità di informazioni relative alle SR, l’Istituto Superiore di Sanità ha promosso un PROGetto di ricerca-intervento sulle strutture RESidenziali, denominato PROGRES. Tale Progetto è in linea anche con quanto stabilito dal “Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1998-2000”, che afferma la necessità del monitoraggio e della valutazione, e ad esso hanno aderito ufficialmente tutte le Regioni e le Province Autonome italiane.
Gli obiettivi del progetto Progres, sono di effettuare un censimento di tutte le Strutture Residenziali (SR) psichiatriche presenti in Italia (Fase 1), e di condurre una approfondita valutazione delle strutture e dei pazienti ospitati in un campione rappresentativo pari al 20% delle SR censite (Fase 2). In una fase successiva del progetto, saranno attivati corsi di formazione per il personale delle SR, volti a favorire l’impiego di modalità di valutazione e intervento per le quali siano disponibili evidenze di validità ed efficacia.

Fonte:ISS

 

Tutela salute mentale 1998-2000

A ventidue anni dalla chiusura dei manicomi in Italia, la realtà normativa, che ha affrontato progressivamente la riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica, vede nel progetto obiettivo “Tutela salute mentale 1998-2000”, che sarà riconfermato anche per i prossimi tre anni, un punto di riferimento innovativo ed importante.

Principali obiettivi del progetto la costruzione di una rete di servizi in grado di fornire un intervento integrato, lo sviluppo dipartimentale del lavoro attraverso l’assunzione di responsabilità tecnica e gestionale della rete servizi, l’aumento delle competenze professionali degli operatori per far fronte a tutte le patologie, con particolare riguardo a quelle più gravi, e l’attuazione di programmi mirati ad una sistemazione diversa dall’ospedale psichiatrico per i degenti.
Di particolare rilievo l’istituzione del Dipartimento della Salute Mentale (DSM), in ogni azienda sanitaria, con funzione di coordinamento dei servizi sul territorio attraverso l’individuazione delle risorse disponibili e le componenti organizzative (il Centro di salute mentale, il Day hospital, il Centro diurno e le strutture residenziali) e grazie alla collaborazione con altri servizi legati come la medicina di base, la medicina scolastica o servizi di consultorio.
Un’attenzione specifica dedica il progetto ai problemi della salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza indicando la necessità di fornire in modo prioritario interventi di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi mentali gravi, con rischio di cronicizzazione e di emarginazione sociale. Inoltre ai Comuni spetta il dovere di garantire un più ampio sviluppo degli interventi di prevenzione primaria, il diritto alla casa, strutture per i servizi, e partecipare alla programmazione locale e regionale, nonchè una verifica dei risultati conseguiti dalle aziende sanitarie nel campo della tutela della salute mentale.

 

PSICHIATRIA – Antonio Guidi (Sottosegretario Sanità): ''La salute mentale non è la 180'' ore 12,27

Un contributo al dibattito in corso, viene dal Sottosegretario di stato Antonio Guidi, con delega alla salute mentale, che ha ripensato l’Osservatorio sulla salute mentale occupandosi anche di nuove forma di disagio, emergenti nella nostra società, che riguardano adolescenti e anziani.

Onorevole Guidi, come giudica quanto è stato fatto in Italia in applicazione della Legge 180?

“La salute mentale non è la 180. E questo è il grande dibattito dei nostri giorni. La 180 è una legge, in parte superata in parte di grande importanza, che riguarda il superamento della struttura ospedaliere psichiatrica per adulti. La salute mentale così come la vedo va dalla mamma che ha un bambino in grembo all’anziano. La salute mentale riguarda prima di tutto gli stili di vita, di cui ho delega, per evitare in tutti i modi le premesse dell’ammalarsi dal punto di vista mentale e psichiatrico; una visione assolutamente trasversale a tutti gli stili di vita”.

In che direzione va oggi affrontato il problema della riforma psichiatrica?

“La visione del sottosegretario di stato Antonio Guidi con delega alla salute mentale, lo dico in maniera formale, è di tre indirizzi. Primo superare la 180 perché è una legge datata rispetto all’attuale cercando di valorizzare quello che la 180 ha portato di positivo. Ai manicomi non ci si può tornare in ogni caso, indietro non si torna, ma occorre lottare contro i microcomi o manicomi nascosti che esistono nel nostro presente. E’ troppo facile dire il governo Berlusconi riapre i manicomi quando in realtà tantissimi manicomi mascherati oggi sono aperti: possono essere case di cura poco controllate, strutture pubbliche come quelle di San Gregorio Magno che segregano in sé o interi reparti di ospedali psichiatrici che cambiano nome e vengono definiti residenza psichiatrica ma rimangono strutture manicomiali. Secondo punto, rispetto all’esistente, la lotta all’illegalità. Io ho instaurato un monitoraggio contro l’illegalità: i ricoveri impropri, persone con handicap o anziani all’interno di strutture psichiatriche protette, eccesso fuorilegge di ricoveri, carenze di personale non qualificato (il 20% dei dirigenti non hanno qualifiche), lotte alle irregolarità dei sistemi di sicurezza (estintori, sistemi elettrici, vie di fuga). Terzo discorso, sostegno a domicilio e alle famiglie perché in realtà la 180, negando di fatto la malattia mentale, ha dato carico alle famiglie di gestire la sofferenza mentale. Questa è l’ingiustizia che ci siamo portati dietro per più di 20 anni”.

Quali sono le sue proposte per il futuro?

“Tener conto che la sofferenza mentale esiste e basta con le accuse al sociale di rimanere indifferenti. Si può ridurre la sofferenza mentale o addirittura guarire. Siamo nel 2000 non nell’800. Le proposte sono tecniche. Attivazione di servizi psichiatrici di pronto soccorso soprattutto notturno, perché la salute mentale non tiene conto dei tempi di ufficio, e soprattutto i disturbi di panico e solitudine esplodono di notte. L’esperienza ci dice che se interveniamo la prima volta in tempo non si entra nel circuito della psichiatria. Poi consulenza di psichiatri, dove anche la psicoterapia possa essere giocata in termini seri, lotta a qualsiasi forma di struttura manicomiale nascosta e dare legalità a quelle che esistono”.

Rispetto al sostegno a domicilio invece quali le priorità.

“Il sostegno alla persona e cura e il sostegno alla famiglia. Dove questo sostegno diventa una violenza alla persona o alla famiglia, piccolissime strutture inserite nel contesto urbano che si devono chiamare, ma devono essere realmente, piccole case famiglia o comunità dove il numero delle persone deve essere limitato. Deve essere accertata la sofferenza mentale, ma deve essere stabilito anche un percorso. Dire che una persona è inserita nella piccola comunità per fare questo, non per essere parcheggiata. Tutto questo discorso riguarda, diciamo così, lo stock quantitativo delle persone adulte, che purtroppo alcuni operatori definiscono “residuo manicomiale” che è una cosa che riguarda le discariche ed è veramente indecente”.

Lei ha ridisegnato l’Osservatorio sulla salute mentale. Con quali priorità?

“La mia proposta può essere sia di carattere culturale che di valenza legislativa. Io esprimo in questo senso non un punto di vista ma un percorso. Ho ridisegnato, stravolgendo un po’ le regole del gioco, l’Osservatorio sulla salute mentale che ha due compiti: quello di vigilanza ma anche di proposta che poi si deve calare nel Parlamento e nelle Regioni. Gli osservatori precedenti erano destinati agli adulti e rimarranno degli ottimi colleghi che si occupano degli adulti, ma le due code della curva di Gauss sono le priorità. L’anziano e il bambino devono avere nel progetto di salute mentale priorità non perché di moda, ma perché esistono delle emergenze. Con l’allungamento della vita media abbiamo l’esplosione di malattie a valenza psichiatrica, come l’Alzheimer che nel passato non c’erano e abbiamo poi un’emergenza nell’adolescenza perché il cambiamento della società e della famiglia sempre in continua evoluzione (non dico in crisi ma in continua evoluzione), la configurazione delle città non più a misura di adolescente, stimoli molto forti all’interno dei media stanno creando non dico un’emergenza, perché non voglio essere allarmista, ma fenomeni che hanno una grande valenza di allarme. C’è una sofferenza estrema che viene vista con l’aumento dei suicidi intorno ai 15 anni, nuove patologie alimentari come la bulimia e l’anoressia, esiste la tossicodipendenza, molti infortuni stradali mascherano un suicidio, l’alcolismo giovanile esiste e queste sono le punte di un iceberg. Esiste un problema solitudine e paura del futuro nell’adolescenza che se non è malattia è disagio e di questo bisogna farsi carico”.

E che cosa propone?

“Nessun politico ha la bacchetta magica ma ha la possibilità di introdurre uno stimolo forte. Il mio stimolo possibile da tecnico è quello di dire svegliamoci, pensiamo soprattutto a chi abbiamo dimenticato. L’adolescenza che si conosce poco e l’anziano che si emargina troppo. All’interno dell’istituzione che io presiedo sotto l’egida del Ministro Sirchia l’Osservatorio dove accanto si colleghi che si occupano di adulti e forse è la parte più facile anche se non semplice, ho inserito geriatri, pediatri, neuropsichiatri infantili per dare non solo una lettura ampia ma anche uno stimolo tecnico nei futuri servizi di salute mentale dovrà dire la sua con più autorevolezza chi si occupa dell’anziano e del bambino e non ruota di scorta di chi essendo adulto è più scomodo per la società. E’ facile far star zitto un bambino o emarginare un anziano e quando non parlarne nemmeno all’interno della salute mentale. E io lo voglio riproporre con forza”

 

DSM - Le strutture e le loro funzioni

Secondo il Progetto Obiettivo “Tutela della salute mentale” 1998-2000, le strutture costituenti il dipartimento di salute mentale sono: 

 CSM (Centro di salute mentale) è la sede di elaborazione del progetto terapeutico. In esso lavora una équipe a carattere multiprofessionale, che svolge attività di prevenzione, cura e riabilitazione tra loro integrate. In particolare: svolge attività di valutazione delle richieste che giungono da utenti, familiari, servizi sociali e medici di medicina generale; attività di filtro e prevenzione dei ricoveri psichiatrici; visite ambulatoriali, visite domiciliari; colloqui di supporto psicologico; psicoterapie individuali e di gruppo; attività di sostegno infermieristico.

SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) è collocato in un ospedale generale. Esso accoglie pazienti per i quali si rende necessario il ricovero in ambiente ospedaliero. Durante il ricovero vengono impostate terapie farmacologiche; viene valutata, con la collaborazione del personale del CSM, la situazione personale e relazionale del paziente.

Strutture semiresidenziali che si distinguono in: day hospital in cui vengono attuati programmi terapeutici e riabilitativi a breve e medio termine; il centro diurno che è una struttura indirizzata a pazienti che necessitano di trattamenti a lungo termine con attività tese a prevenire il ricovero.

Strutture residenziali sono piccole strutture con non più di 20 posti letto in grado di accogliere pazienti dimessi dagli ospedali psichiatrici e cosiddetti “nuovi cronici”. Esse rappresentano uno strumento essenziale del DSM per portare a termine il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici e per fornire una adeguata assistenza ai pazienti più gravi. Secondo Il Progetto Obiettivo promosso dall’ISS queste strutture non devono essere considerate soluzioni abitative definitive, ma devono essere concepite come uno spazio privilegiato per realizzare soluzioni abitative individualizzati. Lo standard previsto è di 1 posto letto ogni 10.000 abitanti, con la possibilità di un posto letto aggiuntivo per specifiche situazioni locali, condizionate dalla chiusura degli ospedali psichiatrici. Rientrano nelle strutture residenziali: la Comunità terapeutico-riabilitativa che è un luogo assistito nelle 24 ore dove si svolgono attività terapeutiche e riabilitative in condizioni di residenzialità. Il Gruppo appartamento detto anche casa famiglia, è invece una normale casa in cui va ad abitare un gruppo ristretto di pazienti (da 3 a 5) provenienti prevalentemente dal manicomio, che spesso si conoscono tra loro, o che comunque sono disponibili alla convivenza. La Comunità alloggio che è un’organizzazione simile alla precedente, con due differenze: i pazienti sono presenti in maggior numero (da 8 a 10) e con rapporti “meno stretti” tra loro; la gestione sociale della casa è affidata a persone esterne (un ente, una cooperativa) che provvedono alla preparazione del vitto ed alle pulizie. La comunità alloggio è normalmente più assistita dagli operatori del DSM di quanto non avvenga per il gruppo appartamento.

PSICHIATRIA - Cozza (Consulta salute mentale): ''Apatia delle Regioni e aziendalizzazione, queste le difficoltà''

Massimo Cozza, responsabile della Consulta nazionale per la salute mentale, traccia un quadro della psichiatria in Italia. Un punto sulla situazione a distanza di 23 anni dall’approvazione della 180 e nel momento di piena discussione sulla stessa norma.

“La situazione attuale si configura a “macchia di leopardo” – attacca Cozza -, nel senso che ci sono zone in cui i servizi ci sono e funzionano e altre invece in cui sono carenti. Non c’è una distinzione geografica tra Nord e Sud: vi sono buoni e cattivi servizi in tutte le zone del Paese. In generale la situazione è in lento ma costante miglioramento: a 23 anni dall’adozione della legge 180 sicuramente le cose, in termini di servizi e strutture, sono enormemente migliorate e continuano a migliorare. Però ancora non ci siamo. Non si è arrivati, cioè, a quella applicazione dei principi che caratterizzano proprio la legge 180”.

Quali sono le maggiori difficoltà, i problemi più evidenti?

“Il dato forse più eclatante è rappresentato dalla carenza di operatori. Ne mancano ancora 7000, rispetto ai 30mila già esistenti. Si tratta di un grave handicap, perché l’operatore in salute mentale e la maggiore risorsa che c’è: tutto si gioca sul rapporto personale, umano e relazionale tra paziente e operatore. Tutta una serie di prestazioni di assistenza (domiciliare, di urgenze, ecc) richiedono personale qualificato. C’è infine una carenza di investimenti e di risorse nel settore, che si riverbera soprattutto sugli stessi operatori, che rappresentano il 60/70% della spesa per la salute mentale. E anche una inadeguatezza qualitativa delle strutture: se si va a vedere il reparto di psichiatria in un ospedale, di solito è quello più malandato, magari sistemato in un sottoscala. E’ il reparto che spesso viene accumunato con il Sert o il centro Aids. I “reietti”, insomma. E se ci sono degli investimenti da fare per rimodernare strutture e servizi, essi non vanno certo alla psichiatria”.

La storia della psichiatria è storia segnata da un iter abbastanza faticoso…

“Si è avuto uno scatto verso la chiusura dei manicomi alcuni anni fa. Precisamente nel ’94, sotto il primo governo Berlusconi, la Consulta nazionale per la salute mentale fece notare che erano in piedi ancora 76 manicomi sul territorio nazionale e propose la loro immediata chiusura. Successivamente un ulteriore e importante provvedimento fu adottato dal Ministro della Sanità, Rosi Bindi. Il Ministro decise delle penalizzazioni per le Regioni inadempienti (visto che delle Regioni è la competenza sanitaria ed è quindi loro la responsabilità circa i ritardi nella chiusura delle strutture psichiatriche di vecchia impostazione) e il provvedimento fu l’unica vera arma. Arma che diede i suoi frutti e le Regioni, di fronte a sanzioni economiche, si attivarono per la chiusura. Il dato oramai è incontrovertibile, nel senso che i manicomi oramai sembrano appartenere al passato. Ma il problema vero non è quello della chiusura delle ultime strutture rimaste, bensì quello dei servizi alternativi agli ospedali psichiatrici. In questo caso le ragioni sono complesse e sicuramente non si tratta di ragioni, come da qualche parte ipotizzato, addebitabili alla legge 180. Essa, infatti, è stata soprattutto una legge di principi, una legge-quadro, ed è stata sostanziata nel 1994 e nel 1998 col progetto-obiettivo”.

Quali, allora, i motivi di questi ritardi?

“Sul perché questi servizi non siano stati attivati e non ci si sia attenuti a quanto disposto dai progetti-obiettivo, le motivazioni sono molteplici. In primis va segnalata una problematica “istituzionale”. Vi è stata una disattenzione da parte delle istituzioni a vari livelli. Il primo livello, più importante, è quello regionale: la Regione ha le competenze in materia sanitaria. Poi vi è stata disattenzione e noncuranza da parte delle Aziende Sanitarie Locali. E’ un problema inserito nel processo di aziendalizzazione della sanità: bilanci da chiudere in pareggio, prestazioni con determinate tariffe, ecc. In questo meccanismo la salute mentale è improduttiva da tutti i punti di vista, sia economica (chiede molti investimenti in termini di risorse umane e ha un ritorno povero, anche in fatto di immagine. Non dà la possibilità di interventi chirurgici eclatanti, all’avanguardia, che catalizzano l’attenzione di tutti, e non promette la guarigione immediata) che sociale. A proposito di questo secondo punto va ricordato, per esempio, che l’apertura di nuovi servizi invece di essere accolta con favore dalla cittadinanza provoca malessere. E’ questo un fatto che si lega allo stigma, al pregiudizio. Se si apre una comunità in un quartiere della Asl è facile che nel quartiere si propaghi la paura sulla presenza di “matti” che potrebbero girare e provocare danni e disagi. C’è ancora, insomma, la percezione del malato di mente come soggetto pericoloso, imprevedibile e incurabile. Ci sono dati e strumenti, invece, che permettono di raggiungere la guarigione anche per i malati più gravi, con farmaci strumenti psicologici, di relazioni sociali e via dicendo. Tutto questo ha inciso, e incide, sui ritardi accumulati nel nostro Paese verso la istituzione di una realtà efficiente, come sancito dalla legge”.

 

Terapia e reinserimento: i servizi esistenti sono efficaci?

“Uno dei servizi stabiliti dal progetto-obiettivo è la comunità. Anche in questo caso bisogna stare attenti perché vi sono comunità che svolgono funzioni di esclusione e di parcheggio per tutta la vita e comunità che, invece, hanno uno stile di lavoro orientato al reinserimento del paziente nella società. Il servizio di per sé non è sinonimo di qualità. Ci sono comunità che non dovrebbero avere più di 20 posti e invece possono diventare strutture gestite secondo una logica manicomiale. Vi sono allora comunità che non dimettono o strutture in cui vi sono ancora pazienti contenuti o perfino legati. Questa logica, insomma, permane. La nuova concezione presuppone che vi sia dietro tutto un dipartimento attrezzato, che tutti i vari servizi siano collegati tra di loro: assistenza domiciliare, Day hospital, centro diurno, comunità. Questo per consentire un intervento integrato e finalizzato al reinserimento. Reinserimento che non sempre può essere fatto in famiglia; nel contempo il paziente non può essere lasciato in mezzo ad una strada. Laddove non ci sono le condizioni per rientrare in famiglia, per esempio, una possibilità è data dalla creazione di case famiglia. Per tutto ciò non basta un’azione di natura sanitaria ma anche un’opera di sensibilizzazione della società, del condominio o del posto di lavoro, dove il paziente potrebbe anche trovare un’opportunità di rilancio. Un’opera culturale molto difficile da portare avanti”.

Quali le differenze tra strutture pubbliche e private?

“La stragrande maggioranza dei servizi di salute mentale sono pubblici. E’ difficile che un privato riesca a mettere in piedi tutti gli strumenti che non sono solo di natura medica ma anche sociale e psicologica. Il paziente ha bisogno di servizi diversificati, di diverse professionalità. Il privato agisce o nello studio dello psichiatra o dello psicologo o nella gestione di alcune strutture, di cui la maggioranza sono comunità. In questo caso, poi, sono poche quelle realmente private, tra l’altro convenzionate. Il privato è anche nelle case di cura neuropsichiatriche, che hanno oggi circa 6000 posti letto. Anche in questo caso la maggioranza è convenzionata con le Asl”.

Sono in atto dei tentativi di riforma della legge 180. Che ne pensa?

“I progetti di riforma della legge 180 rappresentano un falso problema e non costituiscono una soluzione. La soluzione sta appunto in un impegno forte da parte delle Regioni, delle Aziende Sanitarie Locali e delle società nell’affrontare compiutamente il problema. Il progetto di legge ha un suo senso solo se non si crede a una psichiatria comunitaria, che è quella sancita dai principi della legge 180. Una legge che oggi è anche patrimonio dell’Organizzazione mondiale della sanità. Se invece uno crede che la risposta debba essere in strutture con cinquanta posti letto, per persone con disturbi psichici che per anni (dai 14 anni in su) devono essere ricoverati e obbligatoriamente “trattati”, allora sì che c’è bisogno di una nuova legge! Ma è una visione completamente diversa, è una visione di esclusione dalla società. Nel caso contrario si punta invece sulla psichiatria di comunità, sugli strumenti multifattoriali. La legge, per giunta, non può dare dei principi né può costringere le Regioni ad attuare. Ci vuole più una mobilitazione e un impegno da parte di tutti gli attori. Cosa che noi, come Consulta, cerchiamo di fare mettendo insieme operatori, sindacato, familiari, volontariato laico e cattolico, per tentare di avere una forza di pressione tale da ottenere provvedimenti che incidano sulla quotidianità delle persone”. 

 

DSM: Risorse umane e componenti organizzative dei dipartimenti di salute mentale in Italia

dati riferiti a: 2000

fonte: OMS - Progetto obiettivo '98/2000

DSM*: Le figure professionali
Risorse umane e componenti organizzative dei dei dipartimenti di salute mentale in Italia

Operatori

Numero

%

Medici

5.094

16,6

Psicologi

1.795

5,8

Educatori professionali

1.054

3,4

Assistenti sociali

1.544

5

Infermieri professionali

15.482

50,5

Operatori addetti all'assistenza e ausiliari

3.731

12,2

Amministrativi

472

1,5

Sociologi

148

0,5

Terapisti della riabilitazione

138

0,4

Altro*

1.530

5

Totale operatori presenti

30.988

 

*Lla voce "Altro" comprende: Infermieri 'psichiatrici' provenienti dall'ex O.P. (In Piemonte e in Puglia le % maggiori) e Operatori di cooperative sociali in convenzione (Molise e Umbria in testa).
Fonte: OMS  - Progetto obiettivo '98/2000

 

 

 

DSM: Le figure professionali

Per permettere il funzionamento delle diverse strutture del DSM e per costruire efficacemente i vari complessi progetti d’intervento, sono indispensabili diverse figure professionali che operano in collaborazione e costituiscono l’équipe. Un breve profilo degli operatori dei Dipartimenti di Salute Mentale in Italia:

-          Psichiatra: E’ laureato in medicina e chirurgia ed ha successivamente conseguito la specializzazione quadriennale in psichiatria, è responsabile dell’intervento clinico-farmalcologico e degli aspetti medico legali, ha competenza psicologica e psicoterapeutica.

-          Psicologo: E’ laureato in psicologia nel corso di 5 anni dell’Università, si occupa di psicologia clinica e diagnostica ed ha prevalente interesse per lo studio dello sviluppo della persona e delle dinamiche interpersonali, ha inoltre competenza psicoterapeutica.

-          Assistente sociale: Consegue il diploma nel corso triennale universitario, al quale si è ammessi con il diploma di scuola media-superiore, svolge l’intervento socio-terapeutico ed assistenziale, anche tramite la conoscenza e l’impiego delle risorse socio-sanitarie della collettività.

-          Educatore professionale: Consegue il diploma nel corso triennale universitario, al quale accede con il diploma di scuola media-superiore, svolge interventi di tipo socio-terapeutico e psico-educativo, collabora alla realizzazione del progetto terapeutico.

-          Infermiere professionale: Consegue il diploma nel corso triennale al quale accede con il diploma di scuola media-superiore, per e conoscenze cliniche e farmacologiche che gli sono proprie collabora alla realizzazione del progetto terapeutico. In alcuni casi è specializzato in psichiatria attraverso corsi regionali.

In alcuni DSM sono presenti figure quali: Amministrativi (quasi sempre), Sociologi, Operatori tecnici di assistenza (OTA), Terapisti della riabilitazione psichiatrica.
La percentuale dei Medici presenti nei Dipartimenti di Salute Mentale varia dal 6,3% del Molise e 8,5% della Basilicata al 18,9% del Piemonte e Valle d’Aosta, 19,5% di Calabria e Sicilia, 21,3% del Lazio; la percentuale degli Psicologi varia da 1,3% del Molise, 2,8 di Valle d’Aosta e Veneto a 8,2% della Toscana, 9,1% della Calabria e 13,9% del Lazio; i sociologi sono presenti quasi esclusivamente nelle regioni meridionali: sopra l’1% Puglia e Sicilia, e quasi 2% in Campania. Scarsamente presenti i Terapisti della riabilitazione psichiatrica in tutte le regioni, più rappresentati gli Educatori professionali con percentuali più alte in Piemonte, Lombardia, Marche ed Emilia Romagna. La percentuale degli Assistenti sociali è più elevata nelle regioni del Centro Sud rispetto a quelle del Nord. Gli Infermieri rappresentano la figura professionale di gran lunga più numerosa con l’unica eccezione del Molise (14%). Il tasso nazionale operatori/popolazione è pari a 0,95% .

 

 

Consulta nazionale per la salute mentale:c/o Funzione Pubblica Cgil

- Via L. Serra, 31 - 00154   ROMA (RM) Tel: 06/585441, Fax: 06/58544323
E-mail:cozza@fpcgil.it 
http://www.consulta-salutementale.it

La Consulta Nazionale per la Salute Mentale, promossa dalla Funzione Pubblica Cgil, Psichiatria Democratica, Unasam, Arci e Cittadinanza Attiva, insieme a Caritas Italiana in qualità di invitato permanente, vuole rappresentare una sede di confronto, elaborazione e promozione per chi opera per l'affermazione dei diritti dei cittadini con sofferenza mentale, e per la realizzazione nella comunità della loro emancipazione, secondo i principi della legge 180. Opera a favore della chiusura definitiva di tutti gli ospedali psichiatrici, del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e contro ogni forma di istituzionalizzazione, contrapponendo ad una salute mentale "di attesa" , una psichiatria di comunità, organizzata sulla presenza di reti di protezione e di servizi sul territorio, aperti anche 24 ore su 24, capaci di una presa in carico evolutiva in grado di ridurre la sofferenza personale ed il peso sulle famiglie.
Promuove la trasparenza delle procedure, il monitoraggio e il miglioramento della qualità, e sviluppando tutte le modalità di partecipazione civica e opera affinché le istituzioni pongano la questione salute mentale come una delle priorità del paese.


Si attiverà affinché in tutte le Regioni venga recepito ed attuato il progetto obbiettivo 'Tutela della salute mentale' e venga destinato a questo settore almeno il 5% dei fondi sanitari regionali, così come formalmente deciso dalla Conferenza dei Presidenti.

PSICHIATRIA – Don Vatta (S.Martino al Campo): ''Si gioca sulle definizioni, palleggiandosi le responsabilità''

"Sono arrivato nel manicomio di Trieste un mese prima dell’arrivo di Franco Basaglia e poi, per più di quattro anni, ho vissuto quotidianamente l'evolversi della situazione. Assieme a qualche collaboratore, in quei tempi costituivamo un gruppo piccolissimo, facevamo del volontariato e volevamo capire come si stava sviluppando quell’idea che ha poi portato alla nascita della legge 180”.

Chi parla è don Mario Vatta, il fondatore della Comunità S.Martino al Campo di Trieste e, da anni, uno dei riferimenti per chi fa dell’accoglienza ai disagiati psichici una scelta di vita. Vatta è la persona più indicata a ripercorrere l’iter della 180, dagli albori fino alla dimensione attuale, fatta ancora di carenze e principi mai attuati.

Anni ’70, un periodo di grandi cambiamenti e di grandi idealità…

“Sono stato vicino agli operatori, tra cui quel professor Dell’Acqua che oggi è uno dei successori di Basaglia e direttore del Dipartimento di salute mentale. Con Basaglia stesso ho avuto un periodo si strettissima collaborazione e abbiamo partecipato allo smantellamento del manicomio locale, fino a quando sono stati aperti i primi servizi alternativi, i primi centri di salute mentale sul territorio. Direi che è stata una stagione di grande entusiasmo, di grande idealità e anche di conseguimento di grandi risultati. A livello legislativo tutto ciò ha portato all’emanazione della legge-quadro 180/78. Forse non una grandissima legge, ma sicuramente un evento molto importante a livello nazionale forse anche mondiale. E’ diventata, infatti, un punto di riferimento imprescindibile per tutti. A Trieste la struttura psichiatrica si prendeva carico dei malati (ne aveva circa 1600, ‘trovati’ in manicomio) in maniera totale, per cui si occupava del dopo ospedale, dell’inserimento nel lavoro (mettendo su anche lavoratori, cooperative ecc…)”.

Si parla di Trieste come di un esempio in fatto di corretta applicazione della legge 180. E’ così?

“Beh, direi che è la 180 che è stata fatta sul modello di Trieste! In fondo il promotore, colui che ha ispirato la 180 è stato Franco Basaglia e dunque la legge non ha fatto altro che codificare ciò che in questa città stava avvenendo in concreto. Un altro fatto importante è che questa città, considerata alle volte indifferente e intollerante, ha permesso che questa esperienza si radicasse molto bene. La legge 180, poi, non è stata applicata. Era una legge-quadro, quindi avrebbe dovuto avere un’applicazione sul territorio da parte delle istituzioni ma ognuno ha fatto un po’ quello che voleva”.

Per molti il problema delle 180 è stato la sua forte connotazione ideologica, arrivata al punto di negare la malattia mentale. Con successive, gravi ripercussioni sulle famiglie. E’ d’accordo?

“Non posso negare, visto che ho vissuto all’interno di tutto questo, che alla base vi fosse una grande spinta ideologica. E anche di un certo ‘colore’. Onestamente a me andava molto bene, ma non perché fossi di sinistra o di destra ma semplicemente perché vedevo che il malato veniva messo al centro delle attenzioni. Quanto alla negazione della malattia, era una posizione iniziale di Basaglia. Egli era abituato ad enfatizzare i problemi, ad assolutizzarli. Diceva che la malattia mentale non esisteva perché voleva evidenziare il fatto che c’erano fattori ambientali che negavano al paziente di poter venire curato in maniera adeguata e, quindi, riaccolto nella società in maniera da non venire sepolto per sempre. Per esempio si diceva che i farmaci erano in mano agli psichiatri, che avevano il potere. Dunque il potere del farmaco per assoggettare l’individuo. Erano concetti di tipo ideologico, anche abbastanza grossolani, che tuttavia avevano lo scopo di rompere la barriera storica che si era alzata sui malati di mente. Uno scopo davvero dirompente. Poi non è vero che i pazienti non venissero curati con gli psicofarmaci. Storicamente, infatti, tutto questo strato ideologico rientra e comincia un atteggiamento corretto nei confronti della malattia. Rimane un fatto storico: che i malati non vengono rinchiusi e curati nei padiglioni nei manicomi. E questa apertura è stata graduale: E c’è stato un coinvolgimento della città che ha risposto in maniera più che tollerante. Da qui l’apertura dei centri di salute mentale”.

 

Rimane l’osservazione circa le famiglie lasciate sole con i loro problemi, che chiama in causa l’inefficienza dei servizi.

“In questo caso facciamo un salto a quella che è la situazione odierna. E ricavo la mia convinzione da quella che è l’esperienza a Trieste, dove continuiamo ad accogliere giovani psicotici e lo facciamo in convenzione con il Dipartimento salute mentale, con la Asl, e ci confrontiamo con gli operatori dei centri e dello stesso Dipartimento. E’ quest’ultimo che ci invia i giovani e noi curiamo la parte sana, lasciando alle strutture sanitarie il compito di curare la malattia. Certo è una situazione in fase di stallo e anche Trieste si sta adeguando a questo. La città vive un po’ delle antiche glorie, nei convegni o nei congressi, ma in effetti sul territorio vi sono dei servizi che in effetti mostrano di essere fortemente in crisi: lacune varie, personale fortemente limitato. E in generale si nota un fortissimo calo di idealità, di fede in quello che si sta facendo. Non so quanti operatori oramai si identifichino con il messaggio di Basaglia, cioè quello di mettere la persona al centro degli interessi. Ci sono servizi in cui si fa quello che si può, dove vengono usati farmaci credo in maniera abbastanza corretta, dove però anche molte famiglie devono farsi carico di molti problemi”.

Com’è cambiata, negli anni, la patologia mentale?

“Secondo me è evidente che c’è una fascia giovanile che viene interessata dalla psicosi, se non altro agli esordi della patologia. Ci sono molti giovani. E quando dico a Trieste ‘molti giovani’ significa molti davvero, visto che si tratta di una popolazione vecchia e i giovani sono un’eccezione. Quindi il problema è ancora più forte. Ci sono molti giovani che sono interessati a delle crisi psicotiche che tante volte, però, rientrano spontaneamente. Lavorando con i centri di salute mentale riscontriamo tutto ciò e spesso prima di fare degli interventi pesanti o di decretare l’invio in comunità si vedono dei ‘rientri’ soddisfacenti che negli anni non si ripetono più. Questo è un dato che, secondo noi, rispetto al passato rappresenta una novità. E che ci dà l’impressione che il fatto che si sia una risposta di tipo psichiatrico al disturbo psichico, faccia sì che la gente abbia meno impedimenti e sia meno restia a chiedere delle cure. Può essere che in passato ci fosse più paura, ritrosia. E le famiglie si nascondessero di più prima di rivolgersi ai servizi”.

In definitiva, come sta oggi una persona con dei problemi psichici?

“La situazione non è soddisfacente e la risposta non è all’altezza. Un fatto generalizzato e non solo per la psichiatria: credo che in Italia la Sanità è in crisi nonostante delle isole felici. Penso però che rispetto ad altre situazioni Trieste sia una città dove almeno l’esperienza fatta con Basaglia dia ancora dei segnali importanti. La psichiatria è una branca isolata, non c’è grande raccordo con il resto della sanità, della medicina sul territorio. E mi sembra che sia isolata anche da ciò che non è sanitario, ma che è sociale. Non c’è un lavoro di rete e ad un certo punto nel centro di salute mentale, oppure in ambulatorio o a casa c’è l’intervento dell’operatore psichiatrico che porta i farmaci e fa i colloqui ma in fatto di reinserimento attraverso il lavoro o altre cose ci sono difficoltà. C’è sempre un palleggiarsi di responsabilità e competenze e i servizi sono sempre abili nell’indicare all’altro le cose da fare. E’ una questione fondamentale di ordine economico, giocata spesso su aspetti terminologici. Se dico che non è un disturbo psichico ma si tratta di un ‘disagio’, ecco che non è più competenza dell’azienda sanitaria ma è del Comune. Allora c’è una gara a fare delle diagnosi che si ritaglino perfettamente all’altra struttura! Manca dunque un coordinamento, un lavoro in rete che sia veramente efficace. E dopo un periodo di cura terminato la persona torna in una stato di solitudine”.

 

DSM: Situazione attuale relativa alla disponibilità  di strutture e posti letto per gli utenti in Italia 

 

DSM*: Le Strutture
Situazione attuale relativa alla disponibilità 
di strutture e posti letto per gli utenti in Italia 

 

Strutture

Posti letto
utenti

SPDC
(Servizio psichiatrico ospedaliero)

320

4.084

Strutture residenziali
(C.T.R. Comunità terapeutica Riabilitativa - G.A. Gruppo Appartamento - C.A. Comunità Alloggio)

1.341

17.343

Strutture semiresidenziali 
(D.H. Day hospital)

257

942

Imprese Sociali 
(Residenziali e semiresidenziali)

433

3.942

Strutture semiresidenziali 
(C.D. Centri diurni )

481

 

Centri di Salute Mentale

695

 

* Dipartimento di Salute Mentale

Fonte:  OMS  - Progetto obiettivo '98/2000

 

PSICHIATRIA - Campagna Salute Mentale: ''Se ritardano progetti territoriali, la sofferenza delle famiglie esploderà''

La Campagna per la salute mentale, cartello di 60 tra associazioni di familiari, sindacati e Caritas ha espresso critiche e perplessità nei confronti del piano regionale in tema di salute mentale. Le associazioni che aderiscono alla Campagna denunciano da tempo una situazione preoccupante determinata dalla carenza di centri diurni e residenziali, a cui si aggiunge la scarsità di mezzi di sostegno e supporto alle famiglie.

Qual è dal punto di vista dei servizi la situazione attuale in Lombardia?

“Sembra che i servizi, che dovrebbero essere il fulcro della progettazione, siano fortemente carenti sul territorio di Milano e nelle aree a grossa densità metropolitana”.

Il piano Socio-sanitario 2002-2004 della Regione Lombardia è stato duramente criticato dalle associazioni che aderiscono alla Campagna sulla salute mentale. Quali sono a vostro giudizio i punti critici di questo piano?

“Un punto è fondamentale. Benché adesso, nelle varie correzioni del Piano, inizi a comparire ancora il Dipartimento di salute mentale, di fatto diminuisce sempre più la presenza territoriale. Un altro fortemente sottolineato dalle associazioni dei familiari era la richiesta di un vincolo di destinazione delle risorse finanziarie degli ex ospedali psichiatrici: dovevano essere riconvertite e messe a disposizione della psichiatria. Tale vincolo in realtà non c’è”.

 

 

Nel passaggio tra la chiusura degli ospedali psichiatrici e le nuove strutture di cura, che cosa è mancato, cosa non ha funzionato?

 
“Certo la chiusura è stata attuata in tempi troppo brevi. Un punto fondamentale è stato uno scarso potenziamento delle strutture territoriali e quindi il rischio è che alla chiusura degli ospedali psichiatrici corrisponda ad un inadeguato supporto alternativo. Le famiglie, inoltre, che hanno un malato cronico in casa avranno sempre più difficoltà. Si pensi che su più di 1000 malati cronici in Italia ben 190 sono quelli lombardi. Le strutture sul territorio non sono aumentate ne in qualità ne in risorse e quindi il rischio è che la situazione di abbandono continui. Questo non può e non deve significare tornare ad una mentalità istituzionalizzante di chiusura, ma se ritardiamo ancora a fare progetti di natura territoriale, la sofferenza delle famiglie esploderà e non è detto che poi non s’invochi ancora ciò che è stato chiuso”.

Quali sono oggi le priorità in Lombardia?

“Le priorità sono diverse. Prima di tutto bisogna aumentare i processi di prevenzione. Un’altra priorità è quella di aumentare i processi di reinserimento e riabilitazione sociale puntando sul tema della psichiatria di comunità”.

Che cosa è emerso dalla ricerca che state conducendo sulla regione?

“Non abbiamo ancora a disposizione dei dati aggiornati a livello regionale. Dalle ultime stime a nostra disposizione in Italia ci sono oltre 10 milioni di malati psichiatrici. Il 30 percento sono uomini e per il 70 percento donne. I disturbi più frequenti riguardano la sfera affettiva e l’ansia, rispettivamente per un totale di 2,5 e 5,5 milioni di ammalati”.

Alle famiglie che dichiarano di dover sostenere ancora sulle proprie spalle il peso del familiare malato, che cosa è possibile rispondere?

“Hanno ragione, ma non tocca alle famiglie soltanto sostenere questa fatica, tocca anche alla solidarietà informale, quella dell’auto aiuto e dell’associazionismo. Tocca poi a noi, invece, dare voce a chi non ne ha ed intervenire nella dimensione politica per gridare di fronte alle ingiustizie e agli abbandoni”.

I ddl Ce’, Burani Procaccini, e Gubetti vanno nel senso da voi sperato?

“Speriamo che questi ddl vengano accantonati in quanto frutto di una cultura contenitiva, che non affronta i problemi che ci sono, ma cerca di far fare un salto indietro. Non si può tornare alla vecchia cultura della repressione. La domanda di attenzione e d’implementazione della 180 deve andare verso la valorizzazione e la de-istituzionalizzazione. Fatta così è solo una legge-manifesto. Oltretutto è una legge di natura nazionale, oggi invece c’è bisogno di una legge quadro che tenga conto delle articolazioni diverse a livello regionale”.

Psichiatria: i numeri in Lombardia

Il processo di chiusura e superamento degli ospedali psichiatrici regionali si è concluso nel 1999. Esso ha coinvolto 12 presidi e 2.315 pazienti che sono ora ospitati in strutture sia pubbliche che private. I pazienti psichiatrici della Lombardia possono comunque fare affidamento su una rete di servizi diffusa sul territorio in cui le strutture residenziali (comunità protette e CRT) sono integrate con le strutture ambulatoriali (centri psicosociali e ambulatori psichiatrici), con i servizi ospedalieri (servizi psichiatrici di diagnosi e cura) e con i centri diurni.
Dei dipartimenti pubblici di salute mentale fanno parte 110 centri psicosociali, 104 ambulatori, 65 centri diurni, 54 servizi ospedalieri (con 802 posti letto) e 148 strutture residenziali (con 1.537 letti).

Le strutture private accreditate che dispongono degli standard previsti dal processo che regola tutto il sistema sanitario lombardo sono: 50 strutture residenziali (con 611 posti letto), 3 case di cura 8 (con 281 posti letto) e 4 istituti psichiatrici (con 851 posti letto).
Nel complesso le strutture si prendono cura di oltre 94 mila utenti, per un tasso di offerta (1,1 posti letto per ogni 4.400 abitanti) che è più elevato di quello richiesto dalla legislazione nazionale e regionale

PSICHIATRIA – Bortolotti: ''Le vere esperienze di riconversione degli ospedali psichiatrici sono pochissime''

Ornella Bortolotti ha fondato il Coordinamento Lombardo Psichiatria, un movimento di associazioni di familiari e di operatori, ed ha coordinato la riconversione dell’ospedale psichiatrico di Como. “Sono entrata qui a Como – spiega - come consulente a partire da una mia grossa esperienza nell’area dell’informale: ho lavorato in cooperative sociali o messo in piedi il Coordinamento Lombardo Psichiatria. Uno dei problemi della riconversione degli ospedali psichiatrici era proprio l’impatto che questo aveva sui familiari e sulle associazioni e quindi hanno chiamato una consulente che proveniva da questo tipo di esperienza, forse anche per fare un ponte sul lavoro di coinvolgimento delle famiglie”.

Come giudica, in base alla sua esperienza diretta, il passaggio dagli ospedali psichiatrici alle nuove strutture?

“La chiusura degli ospedali psichiatrici avrebbe dovuto avvenire tanti e tanti anni fa, nel senso che tanti anni fa si sarebbe potuta fare una riconversione reale, riconvertendo le aree e non trasferendo i pazienti. In Italia le vere e proprie esperienze di riconversione degli ospedali psichiatrici sono pochissime, tra queste Trieste che ha modificato tutta l’area in modo che non fosse più un’istituzione. E’ diventata una strada, un luogo della città e non è stato necessario fare l’operazione di spostare i pazienti. Questa operazione a mio avviso doveva essere fatta perché altrimenti non se ne sarebbe usciti più, c’era il rischio che all’infinito si sarebbero riproposte cose di questo tipo. Certamente è un processo che ha avuto luci ed ombre. Che la 180 lasci degli spazi che sarebbero da colmare sono d’accordo. Non c’è una strenua difesa della 180, ma credo che comunque rimanga una legge di riferimento importante”.

Quando è arrivata alla struttura di Como qual era la situazione?

“A Como sono arrivata nel 1997 e c’erano ancora 450 pazienti, tra cui una fetta elevatissima di persone con handicap ed anziani con demenza. Sono andati tutti a star meglio, anche in strutture belle. La regione Lombardia poi ha fatto una cosa molto positiva, mettere tutto a carico del servizio sanitario nazionale e quindi le famiglie non hanno dovuto pagare come temevano. Evidentemente però mentre per i pazienti psichiatrici che sono stati messi in comunità territoriali c’è stato secondo me proprio anche un discorso di vera e propria riabilitazione, per gli altri…insomma. Mi viene da pensare che se si metteva un po’ a posto e si lasciavano morire qui forse era meglio”

Qual è stato l’aspetto più difficile da affrontare?

“Complessivamente è stata una operazione positiva, dolorosa per alcuni, con una grossa resistenza delle famiglie. Di questo mi sono occupata molto, ho fatto tantissimi colloqui con i familiari. Contrariamente a quanto si pensa la famiglie non li hanno scaricati, li ha spinti la disperazione: non c’era altro e li hanno portati qui. Riprendere in mano questo discorso, anche solo per cambiare non certo per rimandarli a casa, creava resistenza”.

Secondo lei le strutture attuali sono in grado di aiutare le più diverse patologie, compresi anziani e adolescenti, o si tende a lavorare soprattutto sui casi cronici o acuti?

“No, non si riesce a rispondere a tutto. E’ molto difficile e complessivamente la situazione è carente. La cronicità è la cosa più impellente, persone che non si sanno dove mettere, i pazienti più gravi. Si tende a dare più risposte laddove il problema è più scottante. Qui a Como con altri tre dipartimenti la regione Lombardia ha attivato un progetto per l’individuazione precoce dei disturbi mentali perché in effetti lavorare in modo precoce sui giovani, prima che le cose diventino croniche, ancor prima che esplodano, lavorare sulla famiglie sarebbe molto utile. Ma in genere questo avviene pochissimo”.

Dove si trovano oggi in Italia le persone che hanno passato tutta una vita in manicomio?

“In qualche comunità pubblica, attivata dai dipartimenti, oppure in comunità convenzionate del privato accreditato. Sono state molte le organizzazioni che hanno attivato delle strutture ad hoc per la riconversione. Moltissimi si trovano in case di riposo che, come ad esempio è successo qui a Como, hanno attivato delle sezioni apposta. Nelle comunità pubbliche non sono tantissimi . In alcuni luoghi non direi che stanno male.

 

 

Strutture Residenziali (SR) psichiatriche in Italia

 

Strutture Residenziali (SR) psichiatriche in Italia
Riepilogo nazionale

Regioni 

Tot. SR

 Tot. posti 
residenziali

Tasso posti per 10.000 ab.

Piemonte

139

1.594

3,71

Valle D'Aosta

1

8

0,67

Lombardia

180

2.075

2,66

P.A. Bolzano

19

198

4,36

P.A. Trento

14

158

3,40

Veneto

113

1.379

3,09

Friuli Venezia Giulia

55

378

3,18

Liguria

38

780

4,73

Emilia Romagna

105

1.248

3,17

Toscana

89

761

2,15

Umbria

41

382

4,61

Marche 

25

322

2,22

Lazio 

108

1.261

2,41

Abruzzo

64

913

7,16

Molise

14

203

6,14

Campania

61

899

1,55

Puglia

94

1.215

2,97

Basilicata

21

286

4,71

Calabria

41

704

3,39

Sicilia

118

2.165

4,24

Sardegna

34

414

2,48

Totale

1.374

17.343

3,02

Fonte: Progetto 'PROGRES'  - ISS


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