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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Nella Gazzetta ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001 è stato pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie"

Spetta ora alle regioni l’applicazione di gran parte delle indicazioni contenute nell’Atto di indirizzo. Regioni che dovranno tener conto dei criteri di finanziamento presenti nell’Atto sia in riferimento ai servizi già presenti che a quelli che dovranno realizzarsi in attuazione della "riforma dell’assistenza" e dei successivi atti applicativi .

 

COMPITI DELLE REGIONI

 

(DPCM 14.2.2001, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie)

Art. 2. Tipologia delle prestazioni

- L'assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone che presentano bisogni di salute che richiedono prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. Le regioni disciplinano le modalità ed i criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati.

Art. 4. Principi di programmazione e di organizzazione delle attività

- Nell'ambito della programmazione degli interventi socio-sanitari (la regione) determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i criteri di finanziamento, tenendo conto di quanto espresso nella tabella allegata. A tal fine si avvale del concerto della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale di cui all'art. 2, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, o di altri organismi consultivi equivalenti previsti dalla legislazione regionale.

- Svolge attività di vigilanza e coordinamento sul rispetto di dette indicazioni da parte delle aziende sanitarie e dei comuni al fine di garantire uniformità di comportamenti a livello territoriale.

- Per favorire l'efficacia e l'appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie necessarie a soddisfare le necessità assistenziali dei soggetti destinatari, l'erogazione delle prestazioni e dei servizi è organizzata di norma attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e personalizzato e la valutazione periodica dei risultati ottenuti. La regione emana indirizzi e protocolli volti ad omogeneizzare a livello territoriale i criteri della valutazione multidisciplinare e l'articolazione del piano di lavoro personalizzato vigilando sulla loro corretta applicazione al fine di assicurare comportamenti uniformi ed omogenei a livello territoriale.

Art. 5. Criteri di finanziamento

- Nella ripartizione delle risorse del Fondo per il servizio sanitario regionale con il concorso della Conferenza di cui all'art. 3, comma 1, tengono conto delle finalità del presente provvedimento, sulla base di indicatori demografici ed epidemiologici, nonché delle differenti configurazioni territoriali e ambientali.

-         definisce i criteri per la definizione della partecipazione alla spesa degli utenti in rapporto ai singoli interventi, fatto salvo quanto previsto per le prestazioni sanitarie dal decreto legislativo n. 124 del 1998 e per quelle sociali dal decreto legislativo n. 109 del 1998 e successive modifiche e integrazioni.

-         Saranno sempre le regioni che dovranno definire - tenendo conto delle indicazioni del DPCM - le prestazioni ed i servizi ad elevata integrazione sanitaria e quindi a totale carico del FS ("tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria (..) Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall'inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell'ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell'impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell'assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell'assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungoassistenza), da quelli sanitari a rilevanza sociale (a titolarità sanitaria ma non a completo carico del FS). Il rischio è quello di tendere a ricondurre (per evidenti ragioni di contenimento dei costi) all’elevata integrazione solo gli interventi in post-acuzie e di far passare nel sanitario a rilievo sociale (se non nel sociale a rilievo sanitario), tutto ciò che viene definito "estensivo" (va comunque ricordato che il DPCM rimane pur sempre un atto amministrativo e che per quanto riguarda il diritto alle cure sanitarie - gratuito e senza limiti di durata - esso è sancito dalle leggi 692/1955, 132/1968, 386/1974, 180/78 833/1978). Quanto poi le prestazioni ed i servizi di natura "sociale" per i quali è prevista la partecipazione al costo del servizio da parte dell’utente vanno richiamate le indicazioni del D. lgs 130/2000 (3), nella parte in cui si stabilisce che per alcune categorie di persone (handicap in situazione di gravità, ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle ASL), la partecipazione alla spesa deve avere come riferimento il solo reddito del richiedente la prestazione e non su quello del nucleo familiare o dei tenuti agli alimenti (vedi in questo numero a p. 17).

Riguardo la tabella allegata al DPCM negli interventi rivolti a persone in situazione di handicap, nell’ultima stesura è stata aggiunta per quanto attiene i servizi residenziali una ulteriore differenziazione (40% a carico del SSN e 60% a carico dei Comuni, aggiunta alla precedente 70% a carico SSN e 30% a carico dei Comuni). La distinzione tra le due tipologie di servizi è abbastanza difficile da definire. In tutte e due i casi i riferimenti normativi sono gli stessi e identica è la definizione della disabilità (grave). Nel 2º caso si fa riferimento a "strutture accreditate sulla base di standard regionali" (anche riguardo ai servizi semiresidenziali), nel 1º, oltre alla gravità si aggiunge "privi di sostegno familiare nei servizi di residenzialità permanente". Sempre nella stessa parte si fa riferimento ad interventi di assistenza educativa a completo carico dei Comuni; va notato che tale intervento viene fruito, in diverse realtà, anche da disabili molto gravi che per le ragioni più diverse non frequentano Centri Diurni (in alcuni casi perché non istituiti).

Per quanto riguarda gli anziani e altre persone non autosufficienti con patologia cronico degenerativa si stabilisce che nei servizi residenziali e semiresidenziali a completo carico del Fondo sanitario ci sono "l’assistenza in fase intensiva e le prestazioni ad elevata integrazione nella fase estensiva". Si fa poi riferimento ad una spesa percentuale del 50% tra Comuni e Asl del costo "nelle forme di lungo assistenza semiresidenziali e residenziali", o in alterativa costo del personale sanitario, più 30% dei costi dell’assistenza tutelare e alberghiera. Nell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) l’onere dell’"assistenza tutelare" è ripartito al 50% tra Comuni e ASL. Rimandiamo comunque alla lettura della tabella allegata al DPCM anche in riferimento alle altre aree (materno infantile, dipendenza da droga, alcool e farmaci, malattia mentale, patologie da HIV, malati terminali).

Per una considerazione più generale, per quanto riguarda i servizi extraospedalieri diurni e residenziali rivolti a soggetti disabili, anziani non autosufficienti, malati mentali, occorre ricordare una situazione assolutamente diversificata nelle varie regioni. La tendenza è comunque quella di considerare a completo carico del Fondo sanitario interventi molto limitati nel tempo (post-acuzie) per passare poi verso strutture (sociosanitarie) a più bassa intensità assistenziale e con la partecipazione al costo da parte dell’utente.

In linea generale tutta la residenzialità extraospedaliera viene classificata con diverse tipologie di strutture, alcune a completo carico del FSN altre con partecipazione alla spesa (quota sociale o alberghiera). Ad esempio nelle Marche (4) ce ne sono 4 a titolarità sanitaria, RST, RSR (int-est), RSA; per 3 di queste gli oneri sono a completo carico del FS (nella RSA c’è la partecipazione alberghiera a carico dell’utente); ci sono poi i Nuclei di assistenza residenziale (NAR) all’interno delle strutture assistenziali che prevedono una quota sanitaria nel costo retta. Ma la stragrande maggioranza di anziani e adulti non autosufficienti sono all’interno di strutture assistenziali con retta a completo carico dell’utente e/o dei familiari per cifre che oscillano tra le 80.000 e 120.000 L. al giorno (se in situazione di indigenza interviene il Comune).

C’è da augurarsi, pertanto, pur senza troppe illusioni, che le regioni utilizzino l’Atto nella prospettiva di offrire maggiore tutela e non in quella del mero contenimento dei costi spostando dalla sanità all’assistenza prestazioni e servizi (dunque oneri). Uno spostamento che si traduce anche nel passaggio verso servizi con crescente abbassamento degli standard assistenziali.

E’ invece fin troppo evidente in un ottica di riduzione dei costi, l’introduzione della parola "sociale", al solo fine di far gravare oneri (i famosi costi alberghieri) su altri soggetti (Comuni, famiglie, utenti). E purtroppo non sempre ciò appare ben compreso da molti degli attori del sistema dei servizi.

 Articolo 3-septies, D. Lgs 229/1999 "Integrazione sociosanitaria"

1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni cura e quelle di riabilitazione.

2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.

3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario.

4. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.

5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali.

6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base dei criteri posti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza.

7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari.

8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall'articolo 3 quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono l'integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari.

(2) Legge 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Sup. G.U. n. 265 del 13.11.2000); Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della solidarietà sociale, Decreto 21 maggio 2001, n. 308, Regolamento concernente "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328" (G.U., n. 174 del 28.7.2001). Per quest’ultimo atto, occorre far notare per quanto riguarda l’handicap il dimensionamento delle "strutture protette" che prevede fino a 20 posti letto, un modello che ha poco a che vedere con il tanto sbandierato riferimento familiare (120 in quelle per anziani). Strutture che paiono del tutto assimilabili alle RSA (tanto che una prima stesura dell’atto veniva specificato che le disposizioni del decreto sostituivano quelle del DPR 14.1.97 in materia di RSA). Considerato inoltre che la normativa non sembra proibire "accorpamenti" di strutture diverse è facile che si sommino ai 120, gli 80 previsti per quelle a prevalenza accoglienza alberghiera. Dunque un atto che tende a fotografare e confermare l’esistente e che non incoraggia per nulla modelli alternativi alle grandi strutture.

 

Art. 3. Dlgs 130/2000. Modificazioni all'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 2-ter. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unita' sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto decreto e' adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3-septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.


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