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NUMERI SPECIALI DEL M.U.R.S.T.

 

ecstasy_logo.jpg (1567 byte)  Psichedelici al Millennio

Andrea Vendramin
Tossicologo Medico
Ser.T.2 - Padova
Corso di Perfezionamento in Medicina delle Farmacotossicodipendenze
Università di Padova

Annella M. Sciacchitano
Specialista in Tossicologia Medica ed in Farmacologia Clinica
Università di Padova

 

MDMA ed Ecstasy: breve viaggio tra falsi miti e preoccupazioni reali

Introduzione

La 3,4-metilendiossimetamfetamina (MDMA), la cui prima sintesi si attribuisce al chimico tedesco Fritz Haber che nel 1898 ne pubblicò il metodo, è il prototipo di un gruppo di amfetamine caratterizzate dalla funzione 3,4-metilendiossi. Con una terminologia introdotta da Nichols nel 1986, esse sono dette "entattogene" per specificare in ragione dell'etimo greco e latino la singolare tipologia dei loro effetti. L'MDMA deve gran parte della sua popolarità al fatto di essere illecitamente commercializzata come ecstasy, droga ricreazionale in voga fra i giovani. Proveniente dalla California, l'ecstasy ha raggiunto l'Europa attraverso Ibiza dove all'inizio degli anni '80 si ballava al ritmo di "house and garage music", generi musicali antesignani della "techno" provenienti anch'essi dagli Stati Uniti. Molti dee-jay che lavorarono in quegli anni ad Ibiza, al ritorno nei loro paesi d'origine, fecero da battistrada al fenomeno "rave" la cui diffusione è avvenuta parallelamente a quella dell'ecstasy. La crescente popolarità dell'ecstasy e la consapevolezza che in numerosi modelli animali, compreso il primate non umano, l'MDMA somministrata a dosi comparabili a quelle assunte dall'uomo a scopo ricreazionale è in grado di alterare, forse in modo permanente, l'architettura di specifiche parti del cervello, costituiscono motivo di grande preoccupazione. Questo lavoro descrive le attuali conoscenze intorno ad alcuni aspetti di un fenomeno che rappresenta argomento di interesse per i professionisti di questo settore della salute pubblica.

L'MDMA

Gli effetti sull'uomo e sull'animale da esperimento

Sebbene brevettata dalla Merck fin dal 1914 gli effetti dell'MDMA sull'uomo sono stati esaminati con attenzione soltanto a partire dai primi anni '70, quando A. Shulgin risintetizzò la molecola e ne sperimentò personalmente gli effetti. Egli si rese conto che l'MDMA, assunta per os alla dose di 100/150mg, pur conservando in forma attenuata l'azione stimolante tipica delle amfetamine, induce un'esperienza piacevole che inizia a manifestarsi dopo 20/30 minuti e si mantiene per 4/6 ore. Questa condizione, simile ad un sentimento d'amore senza esacerbazione del desiderio sessuale, è caratterizzata da ansia difensiva ridotta, umore elevato, introspezione più acuta e migliore capacità di articolazione di stati e sensazioni, senza alterazione della percezione o difficoltà di orientamento. In considerazione di questi effetti, definiti entattogeni, molti psicoterapeuti statunitensi, dalla seconda metà degli anni '70 fino al 1985, anno in cui la Drug Enforcement Agency (DEA) ha inserito l'MDMA nella categoria più restrittiva del Controlled Substance Act (CSA), somministrarono la sostanza ai loro pazienti come farmaco integrativo al trattamento. Alcuni di questi professionisti sostengono ancor oggi che l'MDMA facilita il raggiungimento dei risultati attesi con la psicoterapia, migliorandone l'efficacia. Oltre agli effetti entattogeni, l'MDMA manifesta nell'uomo azione antifame ed antifatica e provoca aumento di frequenza cardiaca, pressione arteriosa e temperatura corporea, nonché midriasi, secchezza alle fauci e tensione alla mascella. Nel ratto l'MDMA incrementa l'attività locomotoria orizzontale, la temperatura corporea e la frequenza cardiaca.

Nel cane, dosi fra 2 e 10 mg/kg di peso, causano midriasi, salivazione, piloerezione, ipertermia. Dosi molto elevate di MDMA provocano convulsioni in ratto, cane e scimmia e la LD50 nel topo è compresa fra 80 e 115 mg/kg di peso. Gli studi di "drug discrimination" dimostrano che essa sostituisce la d-amfetamina nel ratto, nel piccione e nella scimmia allenati a discriminare quest'ultima dalla soluzione salina. Al contrario l'MDMA non sostituisce la 2,5 dimetossi-4-metamfetamina (DOM). Negli studi di "self administration" alla stessa maniera degli eccitanti e differentemente rispetto agli allucinogeni gli animali mostrano propensione ad autosomministrarsi l'MDMA. Queste osservazioni confermano che essa presenta significativa attività stimolante e che, almeno per quanto riguarda i modelli sperimentali, è maggiormente assimilabile alle sostanze eccitanti tipo d-amfetamina rispetto a quelle allucinogene tipo DOM.

Il meccanismo d'azione: elementi di analisi e considerazioni

L'utilizzo della microdialisi cerebrale che, mediante impianto stereotassico di sottilissime fibre da dialisi, consente di misurare nell'animale sveglio e libero di muoversi le modificazioni neurotrasmettitoriali indotte in specifiche aree cerebrali dalla somministrazione di una sostanza, ha dimostrato che l'MDMA determina significativo aumento della concentrazione extracellulare di serotonina (5HT) nello striato (fig. 1) e nella corteccia cerebrale (fig. 2).

Tale incremento, il cui andamento ben si correla alla durata degli effetti attribuibili alla sostanza, è dose dipendente e risulta esser potenziato dal pretrattamento con un precursore della 5HT (fig. 3) come il 5-idrossitriptofano (5HTP). Inoltre esso è attenuato dalla cosomministrazione di un inibitore della ricaptazione della 5HT come la fluoxetina (fig. 4) mentre non è affatto influenzato dalla co-somministrazione di un bloccante il potenziale d'azione come la tetrodotossina (fig. 5).

L'analisi di questi dati, oltre a mostrare che l'incremento di concentrazione extracellulare di 5HT indotto dall'MDMA può essere potenziato stimolandone preventivamente la sintesi, suggerisce che, in ragione dell'attenuazione determinata dalla fluoxetina, la liberazione di 5HT nello spazio intersinaptico è mediata dal "carrier" di membrana per la ricaptazione del trasmettitore e che, considerata l'inefficacia della tetrodotossina nel bloccare tale liberazione, essa è indipendente dal meccanismo fisiologico di conduzione dell'impulso nervoso. La microdialisi cerebrale ha inoltre confermato che, sebbene le modificazioni neurochimiche determinate dall'MDMA interessano prevalentemente il sistema serotoninergico, essa interagisce anche con quello dopaminergico provocando l'aumento della concentrazione extracellulare di dopamina (DA) nello striato (fig.6).

La struttura molecolare delle amfetamine permette di ottenere derivati farmacologicamente assai differenti mediante sostituzioni su anello aromatico, catena laterale e gruppo aminico terminale. Gli effetti neurochimici indotti dall'MDMA si correlano alle sue caratteristiche molecolari (fig.7).

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Essa è bisostituita sull'anello in posizione 3-4 con la funzione metilendiossi ed è un'amina secondaria; possedendo un centro chirale sul carbonio a, esiste nei due isomeri ottici destrogiro S-(+) e levogiro R-(-) il primo dei quali (fig. 8) risulta essere il più efficace.

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Le amfetamine che esercitano una potente azione stimolante centrale, come d-amfetamina e metamfetamina, al pari dell'MDMA sono più attive in forma destrogira. Viceversa quelle dotate di effetto allucinogeno, come la DOM, sono più efficaci come isomeri levogiri, sono caratterizzate dalla funzione metossi, sono generalmente trisistituite sull'anello in posizione 3-4-5 o 2-4-5 e sono amine primarie. Questi dati suggeriscono che le sostituzioni sull'anello aromatico condizionano lo spostamento dell'azione farmacologica dal sistema dopaminergico a quello serotoninergico, che la bisostituzione sull'anello con la funzione 3,4-metilendiossi favorisce, rispetto a trisostituzione e funzione metossi, la perdita delle proprietà allucinogene e l'acquisizione di quelle entattogene ed infine che le residue attività allucinogene sono indebolite ulteriormente dalla sostituzione sul gruppo aminico terminale: infatti mentre la metilendiossiamfetamina (MDA) (Fig.9), che è un'amina primaria conserva in misura ancora significativa questa proprietà, l'MDMA ne risulta quasi sprovvista.

Sulla base degli effetti farmacologici e della struttura molecolare di ciascun derivato, le amfetamine possono dunque esser distinte in stimolanti (prototipo: metamfetamina), allucinogene (prototipo: DOM) ed entattogene (prototipo: MDMA) riconoscendo ciascuno dei tre gruppi uno specifico meccanismo d'azione.
Le amfetamine stimolanti interferiscono con l'immagazzinamento vescicolare della DA ed inibiscono le monoaminossidasi (MAO): entrambe queste azioni aumentano la concentrazione citoplasmatica di DA e conseguentemente quella nello spazio intersinaptico. Le metossiamfetamine allucinogene per le loro caratteristiche steriche ed elettrostatiche interagiscono con i recettori 5HT2A e 5HT2C. Per quanto riguarda le amfetamine entattogene, sebbene l'MDMA mostri affinità per il sito di "uptake"

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della 5HT e, nell'ordine, per i recettori a 2, 5-HT2 ed M1, sulla base dei dati sopra riportati si ritiene che la sua azione sul sistema serotoninergico sia assimilabile a quella delle amfetamine eccitanti a livello del sistema dopaminergico. L'MDMA penetra nel terminale sinaptico probabilmente in scambio con la 5HT e blocca il "carrier" per il trasporto del neurotrasmettitore all'interno delle vescicole che si trovano nel bulbo terminale dell'assone serotoninergico. Contestualmente essa inibisce le MAO e più significativamente l'isoenzima A rispetto al B. In questo modo la concentrazione della 5HT nel citoplasma supera quella nello spazio sinaptico e si determina un'inversione della direzione di trasporto del "carrier" di membrana per cui la 5HT accumulata nel citoplasma si riversa, con meccanismo calcio-indipendente, nellospazio intersinaptico.

Per quanto riguarda la DA l'aumento della sua concentrazione extracellulare è indotto dall'MDMA sia direttamente che indirettamente per azione della 5HT sul recettore postsinaptico 5HT2A/C posto su un interneurone inibitorio GABA. La stimolazione di questo recettore si risolve nella diminuzione della trasmissione gabaergica che incrementa sintesi e rilascio di DA.

All'iniziale effetto di stimolo della trasmissione serotoninergica segue l'effetto opposto per inibizione della triptofano-idrossilasi (TPH), enzima fondamentale per la sintesi della 5HT; la diminuzione della concentrazione dell'acido 5-idrossiindolacetico (5HIAA), che si può dimostrare nel liquor in questa fase, è indicativa dell'abbassamento della funzione serotoninergica.

La farmacocinetica

L'assorbimento dell'MDMA somministrata per os è rapido e nell'uomo il picco plasmatico si raggiunge in circa 2 ore. L'emivita plasmatica è intorno alle 6-7 ore ed in 72 ore il 72% della dose somministrata è eliminata con le urine. Nel ratto l'emivita è stimata in circa 70 minuti per l'isomero destrogiro S-(+) ed in circa 100 minuti per quello levogiro R-(-). Nel cane il legame alle proteine plasmatiche è indipendente dalla dose e varia dal 34 al 40%. Il metabolita principale della MDMA è la MDA; la più importante via di metabolizzazione di entrambe è la N-demetilazione in catelcolderivati successivamente ossidati in chinoni. L'N-demetilazione è una reazione ossidativa catalizzata dal sistema P-450 ed è possibile che attraverso l'isoenzima CYP2D6 esistano metabolizzatori rapidi e lenti. Pur non potendosi escludere che differenze metaboliche condizionino la comparsa di manifestazioni tossiche, nel ratto Dark Agouti le alterazioni indotte dall'MDMA sono comparabili nei due sessi, sebbene il metabolismo CYP2D6 sia significativamente più veloce nei maschi rispetto alle femmine.

La questione della neurotossicità: dati nei modelli animali ed osservazioni sull'uomo
In numerose specie animali l'MDMA manifesta caratteristica azione neurotossica sui sottili terminali assonali dei neuroni serotoninergici i cui corpi cellulari si trovano nel nucleo del rafe dorsale, risparmiando quelli di maggior diametro che originano nel nucleo del rafe mediano. Il metodo di Fink-Heimer mostra l'impregnazione argentica degli assoni degenerati. La degenerazione inizia entro poche ore dall'ultima somministrazione di MDMA e persiste molti mesi. Essendo risparmiati i pirenofori gli assoni sono in grado di essere rigenerati. L'autoradiografia dei siti di "uptake" della 5-HT e lo studio immunocitochimico degli assoni reattivi hanno evidenziato che la reinnervazione che si osserva nel ratto albino e soprattutto nella scimmia scoiattolo 12/18 mesi dopo la somministrazione, rispettivamente per via i.p. ed s.c. di 5 mg di MDMA, due volte al giorno per quattro giorni, segue un modello anormale. Essa è caratterizzata da riorganizzazione delle proiezioni assonali ascendenti serotoninergiche, con denervazione della neocorteccia dorsale ed iperinnervazione di amigdala ed ipotalamo. Da tutti i modelli sperimentali, ad eccezione del topo con il quale si sono ottenuti risultati non sempre univoci, risulta che la somministrazione di MDMA in un'unica dose elevata o dopo trattamenti ripetuti determina riduzione di 5-HT cerebrale, 5-HIAA liquorale ed attività triptofano-idrossilasica.

La perdita del contenuto cellulare di 5HT avviene in due fasi. La prima coincide col rilascio acuto di 5HT dopo il quale le concentrazioni si rinormalizzano nell'arco di 24 ore. La seconda corrisponde alla diminuzione a lungo termine del contenuto di 5HT; essa si instaura nel giro di tre giorni e, sostenuta dal persistente decremento dell'attività triptofano idrossilasica, si mantiene per oltre un anno. Nel primate non umano, più sensibile del ratto agli effetti neurotossici dell'MDMA, le alterazioni si osservano anche dopo somministrazione orale e piccoli aumenti di dose causano incrementi cospicui nella deplezione di 5HT. Le diminuzioni più forti si evidenziano nella neocorteccia, nello striato e nell'ippocampo; le più lievi si riscontrano a livello di tronco encefalico ed ipotalamo. Immagini PET del cervello di babbuino hanno recentemente fornito una ulteriore conferma di questo modello di tossicità.

Numerose ricerche sui roditori hanno tentato di indagare le conseguenze comportamentali della neurotossicità serotoninergica. Animali trattati con dosi di MDMA che determinano una riduzione fra il 35% ed il 70% dei livelli di 5-HT nello striato e nell'ippocampo non evidenziano cambiamenti significativi in "emergence", "hot plate response", "auditory startle", "complex maze performance", "one and two way avoidance", "swim test" ed "eight radial arm maze". è stato invece dimostrato che diminuiscono le vocalizzazioni ultrasoniche dei piccoli dei ratti dopo la separazione dalla madre.

I modelli comportamentali risentono dell'assenza di specificità per il sistema serotoninergico, dato che presumibilmente molti neurotrasmettitori sottendono i comportamenti osservati. Mancando una specifica misura comportamentale per la funzione di 5-HT è difficile trarre conclusioni e l'estensione della tossicità MDMA indotta può essere insufficiente a determinare modificazioni significative, considerando che nei modelli di neurodegenerazione tipo Parkinson non si osservano cambiamenti finché non vengono distrutte il 70-80% delle terminazioni dopaminergiche.
Da quando MDMA di sintesi clandestina è commercializzata come droga l'eventuale neurotossicità per l'uomo è motivo di preoccupazione, pur tenendo conto che le preparazioni di ecstasy possono effettivamente contenere MDMA o molecole analoghe, non contenerla affatto, oppure ancora essere contaminate da altri principi tossici di per sé. Considerando che le sequele osservate sull'uomo sono da attribuirsi all'ecstasy e che nella maggior parte degli studi che hanno riscontrato neurodegenerazione negli animali l'MDMA è somministrata per vie diverse da quella orale, a dosi cospicue ed in limitati intervalli di tempo, il passaggio dall'animale all'uomo rimane vago ed incerto. Ciò non toglie che:

1)    dosi elevate di ecstasy somministrate ripetutamente sono correlate nell'uomo ad una diminuzione del 25% dei livelli di 5-HIAA nel liquido cerebrospinale;
2)    l'uso cronico di ecstasy può condurre ad alterazioni nei cicli del sonno ed è stato dimostrato che la risposta prolattinica a L-triptofano viene diminuita;
3)    numerosi resoconti hanno attribuito all'assuzione di ecstasy lo sviluppo di anomalie neuropsichiatriche acute e croniche che comprendono disturbi da panico, depressione e psicosi. Del tutto recentemente (1998) in 15 giovani consumatori di ecstasy è stato dimostrato un significativo decremento del trasportatore di membrana della 5HT misurato alla PET mediante l'MCN-5652 radioligando selettivo per il "carrier". Queste osservazioni suggeriscono che negli esseri umani il sistema serotoninergico può essere influenzato dall'assunzione di ecstasy, ricordando tuttavia che la maggior parte dei consumatori di droghe ricreazionali sono poliabusatori e che i loro "self-report" sono di dubbia affidabilità.

A fronte di queste incertezze vi sono i dati di una indagine di Fase 1, a doppio cieco con controllo placebo, sugli effetti dell'MDMA nell'uomo autorizzata dalla Food and Drug Administration (FDA) ed avviata a partire dal maggio 1994 presso l'Harbor-UCLA Medical Center di Torrance in California. I partecipanti a questa ricerca sono stati sottoposti a scansioni con spettroscopia RM e SPECT i cui risultati sono compatibili con alterazioni della neurochimica cerebrale e della perfusione sanguigna in particolare nella corteccia visiva del lobo occipitale.

Il meccanismo di neurodegenerazione


Danno assonale ed inattivazione del TPH non possono essere attribuiti né ai prodotti metabolici dell'MDMA né a quelli della 5HT. La DA è chiaramente implicata nel meccanismo neurotossico dell'MDMA. Esiste una correlazione lineare tra rilascio acuto di DA e danno a lungo termine delle terminazioni serotoninergiche. Il pretrattamento con a-metil-para-tirosina, inibitore della sintesi di DA, attenua l'alterazione degli assoni serotoninergici e la distruzione delle terminazioni dopaminergiche con la neurotossina 6-OH-DA determina la completa protezione
dalla neurotossicità da MDMA.

herbal.jpg (19623 byte)Per converso si osserva un aumento della neurotossicità indotta da MDMA, in seguito a pretrattamento con L-DOPA. Mentre il danno neuronale è potenziato dalla DA, la preventiva somministrazione di triptofano (TP) o 5-idrossitriptofano (5-OHTP) aumenta il rilascio extraneuronale di 5HT dopo MDMA ma previene, invece che incrementare, la neurotossicità. Il 5-metossi-6-metil-2-aminoindano, molecola sprovvista di azione intrinseca sulla DA, provoca selettivamente liberazione e successiva deplezione di 5HT, senza tossicità per il sistema serotoninergico se non somministrato in combinazione con (+)-amfetamina. é noto da tempo che la fluoxetina, somministrata fino a sei ore dopo l'MDMA, ne attenua significativamente la neurotossicità e più recentemente si è accertato che il "carrier" di membrana per l'"uptake" della 5HT, in mancanza di quest'ultima, riconosce come substrato anche la DA. Importanti evidenze riguardano il ruolo dello stress ossidativo.

Infatti l'MDMA incrementa la formazione di sostanze reattive all'acido tiobarbiturico ed il reagente "spin trap" a-fenil-N-ter-butyl-nitrone, che inattiva i radicali liberi, previene la neurodegenerazione da MDMA.

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E' suggestivo che la deplezione di 5HT dai neuroni serotoninergici renda i terminali vulnerabili e che la DA trasportata dal "carrier" per l'"uptake" della 5HT dal pool extracellulare incrementato all'interno del terminale serotoninergico depleto di 5HT sia deaminata dalle MAO-B di cui quest'ultimo è primariamente provvisto. Il metabolismo della DA nelle terminazioni serotoninergiche genera perossido di idrogeno in misura superiore alle capacità riduttive della cellula provocando perossidazione lipidica, stress ossidativo generalizzato e degenerazione selettiva degli assoni. In effetti il pretrattamento con l-deprenil o con MDL-72974 inibitori delle MAO-B protegge dagli effetti neurotossici di 40 mg/kg di MDMA in singola dose. Nel terminale serotoninergico la MAO-B sembra giocare un ruolo protettivo degradando neurotrasmettitori estranei: in normali condizioni la deaminazione da parte della MAO-B di DA estranea, che può occasionalmente entrare nel terminale serotoninergico, ha minime conseguenze essendo la capacità riduttiva del neurone sufficiente a neutralizzare bassi livelli di ossidanti.

Il trattamento con MDMA supera la capacità del neurone di distruggere le specie ossidative, determinando tossicità. Analogamente l'inattivazione di TPH potrebbe essere causata dall'ossidazione dei gruppi tiolici della sua molecola e si suppone che la fase di reversibilità a breve termine dell'attività idrossilasica sia effetto di un meccanismo di inibizione enzimatica mentre la riduzione a lungo termine più propriamente rifletta la degenerazione assonale. Considerando che il sistema gabaergico modula l'attività dopaminergica questo modello non contrasta con l'osservazione che l'agonista GABA clormetiazolo attenua la neurotossicità da MDMA.

Al momento attuale invece non vi sono dati sufficientemente convincenti intorno al ruolo di glutammato e nitrossido nel meccanismo neurotossico dell'MDMA. Un importante argomento di indagine riguarda l'implicazione della temperatura ambientale nei processi neurotossici da MDMA. Molti laboratori hanno dimostrato che quando l'MDMA viene somministrata all'animale alla temperatura ambientale di 24°C (o più alta) vi è ipertermia mentre a 10°C c'è risposta ipotermica. Gli effetti dell'MDMA sulla temperatura corporea sembrano direttamente correlati alla temperatura ambientale.

L'ipertermia è nell'uomo uno dei più gravi effetti collaterali associati all'uso di ecstasy mentre l'ipotermia protegge contro i danni cerebrali indotti da una grande varietà di cause. Gli animali stabulati in ambiente freddo diminuiscono sia il rilascio di DA che la neurotossicità da amfetamina. Allo stesso modo si potrebbe ipotizzare che la riduzione di temperatura corporea diminuisca gli effetti neurochimici dell'MDMA fornendo indirettamente protezione nei confronti dei suoi effetti tossici.

Ecstasy: stima aggiornata sui danni alla salute

L'Ecstasy

Le preparazioni da strada

aqua.jpg (29684 byte)Di facile sintesi a partire da precursori reperibili senza difficoltà, l'ecstasy ha un costo relativamente basso rispetto alle droghe d'abuso classiche. In Europa, il traffico di ecstasy ha il suo centro di smistamento in Olanda, mentre la sintesi del principio attivo e la preparazione in compresse avvengono soprattutto nei Paesi dell'Est. In Italia il 4-allil-1, 2-metilendiossibenzene (safrolo) è considerato il principale precursore: usato come olio di sassofrasso per aromatizzare cosmetici e saponi, è di facile approvvigionamento nonostante la legislazione in tema di sostanze stupefacenti preveda l'obbligo di segnalazione della vendita dei prodotti utilizzabili per la loro sintesi chimica. Già nel 1989, a Massa Carrara, in un laboratorio clandestino fu rinvenuto safrolo sufficiente a preparare 15.000 compresse di ecstasy, ciascuna da 100 mg di principio attivo. Come precedentemente osservato le compresse sono spesso miscugli di MDMA, MDA, MDEA (3,4-metilenediossietilamfetamina) o MBDB (N-metil-1-(1,3-benzodiossol-s-il)-2-butanamina) in quantità ed in proporzioni variabili; esse possono contenere impurità di fabbricazione come acetato di piombo o safrolo ed essere tagliate con prodotti diversi come zucchero in polvere e caffeina o con altre sostanze psicoattive come LSD e amfetamine (fig.10).

Il profilo del consumatore

ritual.jpg (31322 byte)I consumatori d'ecstasy sono considerati "recreational drug user", espressione che definisce le persone che assumono sostanze in relazione a precisi tipi di divertimento come i "rave" nel caso specifico; spesso sono avvezzi ad assumere le pasticche con altre sostanze e sono suscettibili di sperimentare droghe per fumo o per sniffo evitando generalmente la via intravenosa. Per quanto riescano per lo più ad evitare una grave compromissione sociale e non si considerino tossicomani, riconoscono spesso che l'uso della sostanza ha comportato per loro conseguenze negative di vario genere.

Non di rado l'intensificarsi delle assunzioni favorisce la comparsa degli effetti spiacevoli e sebbene si conoscano casi di abuso importante non sembra esistere una reale condizione di tossicomania. Nella pratica clinica sono giunti alla nostra osservazione consumatori di ecstasy della più diversa provenienza socio-demografica e ci siamo confrontati tanto con situazioni di assunzione programmata o rituale quanto con casi di abuso ripetitivo alla ricerca di effetti precisi in risposta a situazioni di malessere.

Gli effetti avversi

Le complicazioni segnalate nell'uomo in seguito all'assunzione di ecstasy riguardano tutto sommato un numero esiguo di persone rispetto al gran numero di utilizzatori. Sulla base dei casi riportati in letteratura si tengono distinte le complicanze sistemiche acute dagli effetti neuropsichiatrici indesiderati subacuti e cronici. Le prime costituiscono la temibile sindrome da intossicazione acuta, che può manifestarsi non solo alla prima assunzione ma anche in consumatori abituali. Il quadro clinico è caratterizzato da irrequietezza, confusione mentale, alterazione della coscienza, iperriflessia, mioclono, convulsioni, pallore cutaneo, piloerezione, midriasi, secchezza alle fauci e sintomi gastro-intestinali tipo nausea e diarrea. Nei casi più gravi si osserva rabdomiolisi con mioglobinuria, insufficienza renale acuta (IRA), coagulazione intravascolare disseminata (CID) ed ipertermia la cui insorgenza è favorita non solo dalla sostanza ma anche dall'attività fisica prolungata (il ballo) in ambienti sovraffollati, caldo-umidi e con ventilazione insufficiente. Frequenza cardiaca e pressione arteriosa sono elevate, e possono presentarsi severe aritmie con ipotensione fino allo shock. Per molti di questi effetti manca una chiara correlazione con la dose di sostanza assunta. L'epatotossicità, sporadicamente segnalata, è attribuibile più a contaminanti ed impurità, presenti nelle preparazioni da strada, che non propriamente al principio attivo, anche se ipertermia e CID possono correlarsi con compromissione epatica.

La prognosi sembra legata alla rapidità del controllo dell'ipertermia ed il trattamento deve essere posto in atto entro le prime ore dopo l'assunzione; esso è finalizzato al mantenimento delle funzioni vitali ed al controllo della sintomatologia. La gastrolusi, seguita dalla somministrazione di carbone attivo, è efficace solo se tempestiva.
L'MDMA sembra provocare il rilascio di ormone antidiuretico (ADH) e la contrazione della diuresi, accompagnata dalla tendenza compulsiva a bere liquidi, può contribuire alla comparsa di edema cerebrale.

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Fig. 10 Alcuni tipi di pastiglie di Ecstasy

Le bevande isotoniche ed i fluidi salini riducono il rischio di eccessivo assorbimento cellulare di acqua e favoriscono il ripristino dell'equilibrio idroelettrolitico. E' sconsigliabile incrementare la velocità di eliminazione renale della sostanza mediante diuresi forzata acida. L'eccessiva contrattilità muscolare con distruzione delle miofibre potrebbe essere una delle cause dell'ipertermia e l'acidificazione delle urine in presenza di mioglobinuria favorisce l'insufficienza renale. Per il controllo dell'ipertermia il dantrolene, calcioantagonista ad azione squisitamente periferica, si è rivelato efficace in molti casi ma almeno in prima battuta sono preferibili i tradizionali mezzi fisici. Non devono invece essere somministrati salicilati antipiretici che possono aggravare l'ipertermia. Sono utili anticonvulsivi e sedativi, preferendo le benzodiazepine (BDZ) ai neurolettici considerato il rischio di sindrome maligna. Superate le prime 72 ore dall'episodio acuto, qualora permangano sintomi premonitori degli effetti neuropsichiatrici subacuti, può essere indicato favorire la trasmissione serotoninergica mediante gli inibitori della ricaptazione di 5HT (SSRI). Gli effetti subacuti, la cui durata deve per definizione essere inferiore ad un mese, sono insonnia, sonnolenza, anoressia, depressione, ansia ed irritabilità. Verosimilmente questi disturbi dipendono dalla diminuzione di TPH e quindi di 5HT e dalla ricaptazione di DA nelle cellule presinaptiche dove essa agirebbe come neurotossina. Sulla base dell'evidenza sperimentale sembrerebbe opportuno utilizzare gli SSRI per diminuire la ricaptazione della DA ed evitare nel contempo la caduta improvvisa della concentrazione di 5HT nello spazio intersinaptico, finché non si ripristinino i livelli normali di TPH. La moderata e temporanea somministrazione di BDZ trova indicazione per il trattamento sintomatico della maggior parte degli altri sintomi che caratterizzano la tossicità sabacuta.

Non di rado in soggetti con anamnesi positiva per uso di ecstasy si riscontrano crisi ricorrenti di panico, "flashback", turbe della memoria, difficoltà di concentrazione e di apprendimento, depressione. Attualmente è possibile formulare ipotesi di trattamento più che offrire un efficace arsenale terapeutico ma la fluoxetina somministrata a dosaggi elevati e per lunghi periodi si è dimostrata in molti casi capace di contenere queste manifestazioni neuropsichiatriche indesiderate. In relazione alla sintomatologia presentata, molti altri farmaci possono essere vantaggiosamente impiegati secondo le loro classiche indicazioni.

Conclusioni


Le ricerche intorno alle proprietà farmacotossicologiche dell'MDMA hanno affinato le conoscenze intorno a 5-HT, DA, MAO ed alla rispettiva influenza su umore, ansia, dolore, sonno, appetito, personalità, apprendimento. Resta imperativo stabilire se, e in che modo, questa sostanza sia neurotossica per l'uomo. Attualmente il concetto della neurotossicità dell'MDMA e correlati si fonda su numerose evidenze sperimentali ottenute sul modello animale, ma è noto che l'estrapolazione all'uomo di questi dati è per definizione oggetto di critica. Nell'animale da esperimento si impiegano talora dosi più alte rispetto a quelle assunte dall'uomo, la via di introduzione spesso è diversa (non orale) e le somministrazioni vengono ripetute in tempi brevi. Tuttavia l'uomo è assai più sensibile del ratto agli psicofarmaci ed il suo sistema metabolico è di gran lunga meno efficiente, per cui si può ipotizzare che nel cervello umano si producano concentrazioni di principio attivo assai vicine a quelle neurotossiche per l'animale. In aggiunta non va trascurato il dato inequivocabile della maggior suscettibilità agli effetti neurotossici di MDMA e congeneri del primate non umano rispetto al ratto. La dimostrazione che il "pattern" rigenerativo delle proiezioni serotoninergiche ascendenti presenta, soprattutto nella scimmia, profonde alterazioni rispetto alla norma, avvalora ancora di più gli attuali timori, tanto più che questi dati sembrano trovare indiretta conferma nelle osservazioni effettuate sull'uomo mediante tecniche di neuroimmagine. Non si può escludere che solo in alcuni individui particolarmente vulnerabili venga superata la soglia di evidenza clinica del danno neuronale, ma neppure che nell'uomo la neurotossicità possa manifestarsi in maniera lenta ed insidiosa. Esiste poi la possibilità che nel tempo preparazioni e modalità di assunzione di queste sostanze subiscano modificazioni tali da ribaltare completamente l'attuale opinione intorno alle proprietà tossicomanigene dell'ecstasy cos" come in un recente passato è avvenuto per la cocaina.Fin dal dicembre 1996 l'ONU ha fatto osservare mediante una nota informativa che i derivati amfetaminici costituiranno con ogni probabilità uno dei principali problemi di droga del prossimo secolo. La semplicità della loro struttura, la grande facilità di ottenere i precursori necessari e l'accessibilità delle informazioni relative alla fabbricazione sono altrettanti fattori che certamente non facilitano le azioni preventive. L'ONU ha proposto un rafforzamento delle sanzioni previste per la fabbricazione e il traffico di queste sostanze ed ha chiesto con forza ai governi di fare in modo che gli ingredienti di base siano meno accessibili. Negli ultimi anni molti governi europei hanno optato per una politica di "harm reduction"(riduzione dei rischi) con lo scopo d'informare e mettere in opera diversi mezzi per limitare le conseguenze che possono accompagnare il consumo di ecstasy in attesa che, come è auspicabile, siano concordemente messe a punto misure più efficaci per contrastare la diffusione di queste sostanze.

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