Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

Handicap intellettivo
Un progetto per il potenziamento delle autonomie personali

Massimiliano Canalini
Cooperativa sociale Idealcoop, Pomarance, (PI)

 

Dal dicembre 2001 è attivo a Pomarance (PI) un progetto per giovani e adulti con disagio mentale lieve e medio-lieve. Il progetto prevede la permanenza nei fine settimana di alcuni giovani della zona in un appartamento al fine di potenziare le proprie autonomie personali.

L’idea, innovativa e unica, almeno nella Zona Socio Sanitaria di PISA, prende spunto dalle esperienze di Case Famiglia già condotte anche a Volterra su utenti psichiatrici ex O.P., e si estende a giovani non istituzionalizzati con lieve ritardo mentale, tendenzialmente con adeguate condizioni familiari e di assistenza: anche i Sindaci della Zona hanno appoggiato il progetto già in fase di rilevamento delle priorità sociali all’interno del Piano di Zona (L.R.72/97, L. 328/00) per l’anno 2000. Nel percorso di attivazione è stata perseguita una logica di collaborazione tra il soggetto titolare, la ASL 5-Zona Alta Val di Cecina e il soggetto gestore, la Cooperativa Sociale Idealcoop di Pomarance già dal momento della progettazione. Dall’analisi dei bisogni condotta dai due soggetti sopramenzionati è emersa la necessità di creare luoghi e spazi sia fisici che culturali in cui persone con disagio mentale di vario grado potessero integrarsi, così da recuperare quei principi di "reale" integrazione socio-culturale espressi nella L.104/92, ma rallentati da un riaffacciarsi di processi istituzionalizzanti tout court. Il metodo di lavoro seguito è stato quello della integrazione tra diversi soggetti, con pari dignità, Idealcoop, Asl, Associazioni, già dal momento della ricerca progettuale.

 

Le fasi e la strutturazione del progetto

1) Incontri periodici tra il responsabile dell’Area Progettuale Idealcoop, la Referente ASL per l’handicap, con il responsabile Servizi Sociali USL; avendo presente l’obiettivo abbiamo strutturato il progetto nella sua forma più generale, individuando inizialmente (febbraio 2001): a) Comune del Distretto Socio-Sanitario in cui svolgere il progetto, b) Disponibilità dell’appartamento, c) Numero indicativo dei partecipanti, d) Numero indicativo degli Educatori Professionali coinvolti.

2) Suddivisione delle funzioni: la Referente ASL ha organizzato GOM adulti per socializzare la proposta progettuale con le altre professionalità presenti nel gruppo; il Referente Idealcoop ha elaborato il progetto con la collaborazione della Educatrice che operativamente avrebbe attivato lo stesso.

3) Presentazione del progetto nel bando del Piano di Zona 2000(L.72/97).

4) Suddivisione delle funzioni: Idealcoop: organizzazione e allestimento dell’appartamento (già in affitto alla cooperativa); ASL: organizzazione GOM al fine di individuare utenti e famiglie da coinvolgere nel progetto (Giugno-Settembre 01).

5) Idealcoop presenta il progetto in una assemblea dei soci che si impegnano a fornire materiale d’arredo, supporto operativo e possibilità di volontariato all’interno dell’appartamento.

6) Allestimento definitivo dell’appartamento (Novembre 2001).

7) Incontri preliminari con operatori, famiglie e giovani, con Istituzioni, ASL e associazioni.

8) Attivazione del progetto (Dicembre 2001).

 

Gli operatori

La fase preliminare l’attivazione del progetto è funzionale anche all’individuazione degli operatori: si procede a una riunione informativa con tutto il personale educativo della Cooperativa. Sono 5 gli Educatori Professionali che danno la propria disponibilità, anche per rimanere a dormire pur non essendo previsto nel progetto; la sesta è una Assistente Sociale. Tutti gli operatori lavorano nei servizi ASL a tempo indeterminato e con orario full-time. Si stabilisce quanto già affrontato nelle riunioni preliminari con i Referenti ASL: ogni educatore lavora con un gruppo per quattro fine settimana (alternati con l’altro gruppo), cioè due mesi di tempo, per un totale di sei mesi di durata complessiva, quanto appunto previsto dal progetto approvato. Con tale modalità di rotazione, il carico di lavoro per ogni E.P. è limitato e diluito pur non venendo a mancare la possibilità di incidere dal punto di vista educativo sulla base degli obiettivi previsti: inoltre in questo modo è minore la probabilità di situazioni di "dipendenza" utente-operatore, come talvolta può accadere, che inibiscono fortemente la capacità di autonomia degli utenti e che non rientrano nello spirito del progetto.

 

Gli utenti

Sono stati individuati e contattati dagli operatori ASL. Sono 8 giovani adulti compresi in una fascia d’età che va dai 25 ai 43 anni con deficit mentale medio-lieve e già in carico ai Servizi. Vengono costituiti due gruppi su base geografica composti da 4 utenti ciascuno: Volterra-Montecatini e Pomarance-Castelnuovo. Le caratteristiche dei due gruppi sono tendenzialmente le stesse. Il canale di contatto per i servizi è stato, in ognuno dei casi, la famiglia.

 

I volontari

Come previsto nel progetto gli educatori, sono supportati da volontari. Nel nostro caso, immediatamente dopo l’assemblea dei Soci, due ragazze hanno fatto formale richiesta di partecipazione al progetto in qualità di volontarie. Una terza ragazza in un momento successivo, mentre la quarta è l’assistente sociale sopramenzionata che ha dato la propria disponibilità a partecipare alla prima fase come volontaria insieme alla educatrice. Se inizialmente la scelta di inserire volontari era dovuta ad una logica "politica" di ampliamento della capacità di coinvolgimento dei nostri progetti di persone "esterne" alla struttura, ci siamo resi ben presto conto che ciò ha rappresentato un valore aggiunto del progetto: i partecipanti hanno, attraverso la presenza dei volontari, percepito la "novità" dell’iniziativa e hanno nel tempo tratto giovamento da questa esperienza. Questo aspetto di integrazione tra Educatori e Volontari non è da sottovalutare in un approccio quale quello che noi adottiamo che è "relazionale". Le volontarie, 4 ragazze giovani (questo è un dato importante), hanno da qualche anno terminato la Scuola Superiore e presentano elementi di "spinta" emotiva personale (talvolta mutuata dalla famiglia) nel lavoro sociale, tipica del volontariato. Il coordinamento del volontariato è avvenuto tramite il responsabile del progetto.

 

L’attivazione

Il GOM Zonale individua due gruppi di utenti in relazione a due diverse zone: il Gruppo A, di Volterra-Montecatini V.C., il Gruppo B, di Pomarance-Castelnuovo V.C., con caratteristiche relazionali e cognitive in linea con gli indirizzi e gli obiettivi del progetto. La Referente ASL organizza una serie di incontri con le famiglie e con gli utenti individuati al fine di stabilire i due gruppi che parteciperanno al progetto. Successivamente vengono organizzati in collaborazione con Idealcoop, gli incontri preliminari con i giovani utenti, le famiglie, ASL, Comuni, Associazioni e stampa per attivare il progetto. La fase successiva è l’attivazione vera e propria del progetto. Fino ad oggi sono stati effettuati complessivamente 20 fine settimana (10 per ogni gruppo) e ne restano ancora 2 per ogni gruppo: il termine del progetto è previsto per il giorno 5 luglio 02. La prima fase è, soprattutto per gli educatori, di analisi del gruppo, delle sue dinamiche interne e esterne, ma anche della adeguatezza dei partecipanti agli obiettivi del progetto. Per gli utenti è il momento dell’"adattamento": alla casa, ai propri compagni, agli operatori, alla nuova cittadina, ai ritmi nuovi della giornata. In nessun caso si è avuto una defezione e questo è dovuto soprattutto al "clima" informalmente positivo che gli operatori sono riusciti sempre a creare: cene, musica, videoregistratore, uscite, attività manuali rappresentano l’anima del progetto, poiché momenti strutturati in cui si può validamente valutare i livelli di autonomia dei ragazzi e intervenire laddove ci siano difficoltà in questo senso. Questa fase è stata ben mediata dagli educatori che hanno avuto soprattutto il compito di valutare le reali potenzialità dei ragazzi onde strutturare "informalmente" il proprio intervento.

 

Il carattere di sperimentalità e… i risultati conseguiti

E’ da ricordare che il progetto ha avuto almeno in questi primi sei mesi carattere di sperimentalità; essendo un progetto unico nella Provincia, non esistono riferimenti scientifici da cui trarre spunto. Gli elementi sperimentati sono, a nostro modo di vedere:

Appartamento. Ha dato le risposte adeguate che ci aspettavamo: per la sua ampiezza (4 camere doppie, due bagni, cucina, sala da pranzo, salotto), per la sua collocazione centrale, per la sistemazione stessa delle stanze situate "intorno" ad un grande disimpegno centrale, facilmente rintracciabili dai ragazzi. I complementi di arredo sono stati in gran parte acquistati dalla Idealcoop, ma nel periodo primavera - estate 2001 è stata promossa tra i soci una specie di "campagna" di raccolta di oggetti domestici in buono stato come tovaglie, tende, tazzine, asciugamani, frigorifero, e quant’altro fosse utile per l’adeguatezza dell’appartamento. La raccolta ha avuto un buon successo. Inoltre una serie di lavori domestici indispensabili (imbiancatura, impianto elettrico, impianto idraulico ecc.) sono stati effettuati direttamente da alcuni soci.

Turn-over operatori. E’ elemento positivo per operatori e utenti: ambedue non sentono il peso dell’attaccamento né del distacco dal gruppo, né il peso di uno sforzo personale (gli Educatori sono tutti lavoratori a tempo indeterminato che operano nei vari presidi territoriali a orario pieno) che viene con questa modalità di alternanza, mitigato.

Volontari. Come già affermato sono elemento centrale in progetti come questi che si basano su elementi di informalità sia nei rapporti utenti-operatori che operatori-volontari: l’arricchimento che queste persone hanno portato è sempre stato fondamentale, ma non è mai stato vissuto, né dagli uni, né dagli altri, come esclusivo e irrinunciabile e questo ha dato alla relazione un aspetto di "ritrovata simmetria" tra utente e operatore in un contesto disteso ma allo stesso tempo responsabilizzante. E’ comunque da mettere in evidenza la difficoltà di reperire volontari (a questo proposito sono stati fatti incontri con l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Pomarance, con il parroco di Pomarance e inviato lettere di sensibilizzazione ai nostri soci); le ragazze che inizialmente si sono rese disponibili hanno ampiamente superato il numero di ore che avevamo inizialmente stabilito, nella prospettiva di trovare altri volontari.

Famiglie. Sono state coinvolte sin da subito soprattutto dal personale ASL; è fondamentale il rapporto con le famiglie in un’ottica soprattutto consensuale, ma anche per valutare insieme il percorso che i ragazzi fanno/hanno fatto all’interno dell’appartamento. Continuiamo infatti a pensare debba esistere un "filo" educativo che lega le esperienze dei/nei servizi e la quotidiana vita familiare. E’ necessario perciò che le famiglie, comprendendo la portata del progetto, si adoperino affinché le piccole conquiste dei loro figli trovino un fertile terreno di applicazione anche nei propri appartamenti. In questo senso sono stati fatti un incontro per gruppo prima dell’attivazione del progetto e uno a metà del tempo cronologico del progetto; è previsto quello finale a ridosso della fine del progetto stesso prevista per l’inizio di luglio.

Utenti. Hanno tratto benefici e rafforzato la loro esperienza nel quotidiano rafforzando l’insieme delle autonomie personali. E’ importante valutare sempre obbiettivamente l’andamento del gruppo degli utenti e i loro percorsi individuali per non rischiare di far prevalere una visione eccessivamente positiva e ottimistica che corrisponde nel migliore dei casi a quella degli operatori, ma non necessariamente a quella degli utenti. Dal punto di vista educativo e pedagogico in senso stretto non è importante che i partecipanti si limitino a "eseguire" azioni del quotidiano all’interno della propria sfera vitale, ma soprattutto che ne abbiano "consapevolezza" e che sappiano collocarle in un contesto spazio temporale e sociale ben definito che tenga conto di una serie di fattori: il gruppo e le varie esigenze dei suoi partecipanti, sono tra i principali. E’ questo un percorso che rappresenta non poche difficoltà; queste difficoltà risiedono non nelle reali capacità cognitive degli utenti, ma nel livello di coinvolgimento, e quindi di collaborazione, che si riesce a creare con le famiglie. Teniamo infatti presente che uno degli obiettivi del progetto è quello di creare delle condizioni minime di vita "autonoma" in soggetti con deficit mentale lieve al fine di poter escludere per questi, quasi del tutto, l’inserimento in Istituti per handicappati in casi di dipartita dei genitori. Questa autonomia va colta, sperimentata, "allenata" e mai ignorata dalle famiglie nel loro contesto anche in quei casi in cui il livello di "adeguatezza" del ragazzo è abbastanza elevato da far sorvolare su alcuni aspetti. Su questo gli Educatori hanno indirizzato il loro lavoro e le loro conoscenze: i risultati sembrano buoni, anche se ovviamente con livelli di elaborazione differenti tra un utente e l’altro. Uno dei primi risultati conseguiti è stata l’introiezione delle "fasi" delle due mezze giornate che il gruppo trascorre insieme: l’arrivo, la sistemazione, i saluti e la discussione, la lista dei cibi per la cena, la spesa, l’apparecchiatura ecc. Abbiamo rilevato che la capacità adattiva è aumentata nel tempo e in questo senso è stato fondamentale la continuità nelle presenze che i ragazzi stessi hanno mostrato. Gli spazi individuali (ad esempio spazi per lasciare le lenzuola e altro) non sono state motivo di contrasto tra i due gruppi, ma di percezione di vicinanza e voglia di conoscenza. Sul piano degli alimenti lo stesso; è da notare che sulla "selezione" dei cibi da acquistare da parte dei ragazzi ci sono maggiori difficoltà di orientamento e minore capacità di discriminazione e questo senz’altro dipende dal ruolo assistenziale e sostitutivo che le famiglie hanno sin qui svolto. Altro risultato che consideriamo più evidentemente positivo è la continuità nella partecipazione dimostrata e la bassissima percentuale di assenze da parte dei ragazzi. Ciò dimostra quanto gli utenti vivano positivamente il fine settimana alla Casa delle Autonomie.

 

E per il futuro?

"La Casa delle Autonomie" è stato finanziato attraverso fondi previsti nel PdZ anno 2000 per la Zona Alta Val di Cecina. Nell’anno in corso il progetto verrà ripresentato per una continuità di finanziamento nell’ambito del PdZ 2002. E’ previsto un potenziamento delle attività e la ricerca di un appartamento nel centro del paese o comunque maggiormente inserito nel tessuto sociale: ci sembrerebbe molto interessante la presenza di vicini di casa sia per tentare di "lasciare da soli" talvolta i ragazzi che per incentivare gli aspetti relazionali. Infatti come spiegato al paragrafo precedente il carattere di sperimentalità sembra essere stato "superato" almeno per quanto riguarda aspetti di tipo pedagogico-educativo e di congruenza del progetto rispetto agli obiettivi posti: la parte organizzativa merita una ulteriore riflessione sia dal punto di vista dell’utilizzo degli educatori che dal punto di vista burocratico e "legale" in relazione all’appartamento e alla vita in comunità. Un altro problema potrebbe essere rappresentato dall’individuazione di volontari disponibili a fare questa esperienza. E’ ora necessario rifinire il progetto nei suoi aspetti strutturali affinché gli obiettivi di autonomia degli utenti posti inizialmente possano essere raggiunti con sempre maggior successo. E’ risultata positiva, per cui verrà proseguita, la modalità sinergica di progettazione, gestione, e verifica tra ASL5 zona AVC e Idealcoop.

* In Appunti sulle politiche sociali, n. 5/2002

 

Per informazioni: Gruppo Solidarietà, Via S. D’acquisto 7, 60030 Moie di Maiolati (AN). Tel e fax 0731.703327, e-mail: grusol@tin.it, sito internet: http://www.comune.jesi.ancona.it/grusol


La pagina
- Educazione&Scuola©