a cura di Rolando Alberto Borzetti


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FAQ
Domande e Risposte su Handicap e Scuola

Ruolo degli Enti Locali

…da La Legge di Riforma dei servizi sociali”, di Salvatore Nocera

L'articolo 1, comma 3 della legge di riforma ( 328/2000) individua nella "sussidiarietà" uno dei principi cui la programmazione del sistema integrato dei servizi sociali dovrà ispirarsi.

     In questi ultimi anni si è acceso un vivace dibattito sul significato, sul valore e sull'ambito di applicazione giuridica del principio di "sussidiarietà"; esso è però stato svolto prevalentemente su un piano ideologico, mettendo in ombra ciò che alcuni ambienti più riflessivi cercavano di fare emergere e cioè che tale principio non ha un valore assoluto ed astorico e che, in termini giuridici, deve essere valutato, non in modo astratto, ma nell'ambito delle specifiche norme in un sistema o in un altro lo fanno proprio.

     Proviamo a fare il punto della situazione, alla luce del dibattito che si è svolto in sede politica soprattutto in Parlamento in occasione della discussione di numerose leggi lungo tutto il corso degli anni '90 (nel dibattito politico sono intervenuti con toni originali Cotturri e Violante ed in sede culturale si sono avuti numerosi seminari di studio tra i quali uno della fondazione E.Zancan, i cui risultati sono stati utilizzati nello studio di De Stefani e Piazza pubblicato su Studi Zancan n.2/2000).

     L'origine latina del termine "sussidiarietà" sta ad indicare due significati prossimi, ma distinti: "stare seduti, pronti ad intervenire", "intervenire per per sostenere". Queste azioni, nel campo delle politiche sociali, sono rivolte a vantaggio della Persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Chi deve realizzare la "sussidiarietà" è, soprattutto nell'ambito dell'Ottocento, lo Stato; oggi diciamo il potere pubblico nel suo complesso e nelle sue varie articolazioni, specie territoriali.

     Il fulcro del dibattito si incentra sul ruolo che debba tenere l'apparto pubblico rispetto all'erogazione dei servizi sociali alla persona. E ciò sotto due distinti profili: quale priorità debba essere riconosciuta dalla normativa agli interventi degli Enti locali rispetto a quelli dello Stato centrale; che sono quindi sussidiari ai primi e quale comportamento normativo debba tenere il settore pubblico rispetto alla libera iniziativa privata nel campo dei servizi sociali, la cui gestione deve essere prioritariamente garantita ai singoli ed ai gruppi del terzo settore dell'ambito pubblico, che quindi svolgerebbe un ruolo sussidiario.

     Il primo problema viene indicato col termine "sussidiarietà verticale", designando esso lo spostamento dei poteri decisionali dallo Stato centrale verso gli Enti locali territoriali, centri più vicini ai cittadini che sono i destinatari dei servizi. Il secondo problema viene designato col termine "sussidiarietà orizzontale", intendendosi con esso il fatto che gli stessi enti locali, pur essendo i soggetti rappresentanti delle comunità locali dei cittadini debbono lasciare ad essi la priorità nella scelta delle risposte ai propri bisogni sociali.

     Il problema della "sussidiarietà verticale" concerne sostanzialmente la teoria e la prassi del decentramento amministrativo, che, specie nei Paesi dell'Europa meridionale ha tardato a trovare soluzioni, condizionato prima dalla visione dello stato centrale ottocentesco e poi dall'affermarsi, fra le due guerre, di totalitarismi assolutistici, quali fascismo e nazismo e, in Russia, dal marxismo-stalinista, che ha fatto sentire i suoi effetti ideologici in Italia sino ai giorni nostri. Questa partita sembra ormai vinta a favore del decentramento, che riduce sempre più le funzioni prima accentrate nello Stato.

Competenze e organizzazione del sistema integrato di assistenza

I soggetti indicati nella gestione e nell'offerta dei servizi sono anche soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi. Altri soggetti a cui è allargata la concertazione e la partecipazione attiva sono:

• i cittadini,

• le organizzazioni sindacali,

• le associazioni sociali,

• le associazioni di tutela degli utenti.

La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle Regioni, allo Stato secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali, ai sensi dell'art. 1, commi 3 e 4, legge 328/2000 e dell'art. 4, legge 59/1997.

L'ordine con cui sono indicati gli enti pubblici a cui è affidata la programmazione e l'organizzazione è una scelta rilevante e da sottolineare, in quanto rappresenta la realizzazione del principio della sussidiarietà verticale. Si attribuisce, infatti, maggiore importanza e centralità agli enti più vicini al territorio e alla popolazione. Dal Comune allo Stato passando per Province e Regioni.

Le competenze dei Comuni

Ai sensi dell'art. 6, legge 328/2000, i Comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai Comuni, adottando, sul piano territoriale, gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini.

Ai comuni spetta l'esercizio delle seguenti attività:

1)     Programmazione, progettazione, realizzazione del sistema dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane  e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti del privato sociale;

2)     erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall'art. 22, legge 328/2000, e dei titoli per l’acquisto di servizi sociali, nonché delle attività assistenziali di competenza delle Province, con le modalità stabilite dalla legge regionale;

3)     Autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti del privato sociale;

4)     partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali;

5)     definizione dei parametri di valutazione delle condizioni degli utenti, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.

Nell’esercizio delle proprie funzioni, i Comuni provvedono a:

1)     promuovere, nell'ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita comunitaria;

2)     coordinare programmi e attività degli enti che operano nell’ambito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all'integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività socio-sanitarie e per i piani di zona;

3)     Adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione;

4)     effettuare forme di consultazione dei soggetti del privato dei cittadini delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela dei consumatori per valutare la qualità e l'efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;

5)     garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.

Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il Comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica.

I Comuni associati, a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le Aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell' ambito delle risorse disponibili, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale a definire il Piano di zona che individua gli obiettivi strategici e le priorità di intervento, gli strumenti e i mezzi per la realizzazione.

Le competenze  secondo la legge 104/92

Art.10. Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla Legge 8 giugno 1990, n. 142 , possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità-alloggio e centri socioriabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.

1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e prestazioni per la tutela e l'integrazione sociale dei soggetti di cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del nucleo familiare. (1)

2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica di cui all'articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.

Art.13. Integrazione scolastica

1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle Leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive modificazioni, anche attraverso:

a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubbici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della Legge 8 giugno 1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;

b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presìdi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;

c) la programmazione da parte dell'università di interventi adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio individuale;

d) l'attribuzione, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facilitare la frequenza e l'apprendimento di studenti non udenti;

e) la sperimentazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.

2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.

3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.

Art. 24. Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche

1. Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cui alla Legge 9 gennaio 1989, n. 13 , e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla Legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, al regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla citata Legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato Decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

2. Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti ai vincoli di cui alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, nonché ai vincoli previsti da leggi speciali aventi le medesime finalità, qualora le autorizzazioni previste dagli articoli 4 e 5 della citata legge n. 13 del 1989 non possano venire concesse, per il mancato rilascio del nulla osta da parte delle autorità competenti alla tutela del vincolo, la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche può essere realizzata con opere provvisionali, come definite dall'articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, nei limiti della compatibilità suggerita dai vincoli stessi.

3. Alle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubblici e aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensi degli articoli 15, terzo comma, e 26, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, sono allegate una documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, anche ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia per le opere di cui al comma 1 è subordinato alla verifica della conformità del progetto compiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal comune. Il sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e di abitabilità per le opere di cui al comma 1, deve accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. A tal fine può richiedere al proprietario dell'immobile o all'intestatario della concessione una dichiarazione resa sotto forma di perizia giurata redatta da un tecnico abilitato.

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l'obbligo della dichiarazione del progettista, l'accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all'Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

6. La richiesta di modifica di destinazione d'uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla dichiarazione di cui al comma 3. Il rilascio del certificato di agibilità e di abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della dichiarazione allo stato dell'immobile.

7. Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l'ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

8. Il Comitato per l'edilizia residenziale (CER), di cui all'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457, fermo restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della citata legge n. 41 del 1986, dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di opere di urbanizzazione e per interventi di recupero sia utilizzata per la eliminazione delle barriere architettoniche negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

9. I piani di cui all'articolo 32, comma 21, della citata legge n. 41 del 1986 sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate.

10. Nell'ambito della complessiva somma che in ciascun anno la Cassa depositi e prestiti concede agli enti locali per la contrazione di mutui con finalità di investimento, una quota almeno pari al 2 per cento è destinata ai prestiti finalizzati ad interventi di ristrutturazione e recupero in attuazione delle norme di cui al regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.

11. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle disposizioni di cui all'articolo 27 della citata Legge n. 118 del 1971, all'articolo 2 del citato regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1978, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Scaduto tale termine, le norme dei regolamenti edilizi comunali contrastanti con le disposizioni del presente articolo perdono efficacia.

Art. 26. Mobilità e trasporti collettivi

1. Le regioni disciplinano le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi.

2. I comuni assicurano, nell'ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone handicappate non in grado di servirsi dei mezzi pubblici.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano, nell'ambito dei piani regionali di trasporto e dei piani di adeguamento delle infrastrutture urbane, piani di mobilità delle persone handicappate da attuare anche mediante la conclusione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della Legge 8 giugno 1990, n. 142. I suddetti piani prevedono servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi di trasporto collettivo. Fino alla completa attuazione dei piani, le regioni e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti. I piani di mobilità delle persone handicappate predisposti dalle regioni sono coordinati con i piani di trasporto predisposti dai comuni.

4. Una quota non inferiore all'1 per cento dell'ammontare dei mutui autorizzati a favore dell'Ente ferrovie dello Stato è destinata agli interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche nelle strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all'Ente medesimo, attraverso capitolati d'appalto formati sulla base dell'articolo 20 del regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.

5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti provvede alla omologazione di almeno un prototipo di autobus urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone ferroviario, conformemente alle finalità della presente legge.

6. Sulla base dei piani regionali e della verifica della funzionalità dei prototipi omologati di cui al comma 5, il Ministro dei trasporti predispone i capitolati d'appalto contenenti prescrizioni per adeguare alle finalità della presente legge i mezzi di trasporto su gomma in corrispondenza con la loro sostituzione.

Art. 28. Facilitazioni per i veicoli delle persone handicappate

1. I comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati.

2. Il contrassegno di cui all'articolo 6 del regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, che deve essere apposto visibilmente sul parabrezza del veicolo, è valido per l'utilizzazione dei parcheggi di cui al comma 1.

Art. 29  Esercizio del diritto di voto

1. In occasione di consultazioni elettorali, i comuni organizzano i servizi di trasporto pubblico in modo da facilitare agli elettori handicappati il raggiungimento del seggio elettorale.

2. Per rendere più agevole l'esercizio del diritto di voto, le unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti la consultazione elettorale, garantiscono in ogni comune la disponibilità di un adeguato numero di medici autorizzati per il rilascio dei certificati di accompagnamento e dell'attestazione medica di cui all'articolo 1 della Legge 15 gennaio 1991, n. 15.

3. Un accompagnatore di fiducia segue in cabina i cittadini handicappati impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto di voto. L'accompagnatore deve essere iscritto nelle liste elettorali. Nessun elettore può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un handicappato. Sul certificato elettorale dell'accompagnatore è fatta apposita annotazione dal presidente del seggio nel quale egli ha assolto tale compito.

Art. 40. Compiti dei comuni

1. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della Legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti.

2. Gli statuti comunali di cui all'articolo 4 della citata Legge n. 142 del 1990 disciplinano le modalità del coordinamento degli interventi di cui al comma 1 con i servizi sociali, sanitari, educativi e di tempo libero operanti nell'ambito territoriale e l'organizzazione di un servizio di segreteria per i rapporti con gli utenti, da realizzarsi anche nelle forme del decentramento previste dallo statuto stesso.

Il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, all'art. 139, nel conferire alle regioni e agli enti locali le funzioni ed i compiti ammini­strativi dello stato, confermando quanto già contenuto nel d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico in materia di istruzione) che, agli artt. 312 e seguenti, disciplina il diritto all'educazio­ne, all'istruzione e alla integrazione dell'alunno handicappato, ha attribuito alle province, in relazione all'istruzione seconda­ria superiore e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti i servizi di sup­porto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio tra i quali sembra pos­sa ricomprendersi sia l'organizzazione di trasporti speciali che la relativa assistenza ad personam. Il trasporto dei minori di­sabili, in virtù della peculiare condizione in cui versa il tra­sportato, deve avvenire utilizzando veicoli che possiedono una idoneità adatta alla particolarità del servizio da espletare. Si ritiene sempre necessaria la presenza di un accompagnatore idoneo.

L'art. 26 della L 104/92, prevedendo modalità di trasporto individuali, sembra prevedere la possibilità di procedere al tra­sporto del disabile anche mediante autovetture.

 

 

L. 118/71, art. 28, comma 1 - D. lgs 112/98, art. 139 - L. 328/2000 -E' affidato ai Comuni il servizio di trasporto degli alunni con disabilità da casa a scuola e viceversa, alla Provincia per le scuole superiori e per l'università.

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