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NIENTE SESSO: SIAMO DISABILI (*)

di Vito Piazza

Già, il sesso a scuola non esiste, o meglio non deve esistere. Deve rimanere un fatto privato, nascosto, qualcosa di cui è meglio non parlare. Purtroppo spesso la persona disabile - soprattutto quella mentale - ci costringe a farci vedere con i suoi occhi candidi che non solo il re ha delle nudità, ma anche la regina. Re e regina mostrano i genitali, si masturbano, tentano di fare sesso davanti a tutti.

Ma, aggiungiamo noi, esiste anche qui una differenza tra maschio e femmina: se è una ragazza a masturbarsi, la cosa è meno accettabile. Se però l'alunno o l'alunna disabile è tanto grave da vivere quasi esclusivamente sdraiato/a per terra o nel letto e pochi hanno il coraggio o l'opportunità di avvicinarlo, allora la masturbazione e tutto ciò che è autoerotismo devono essere permessi, se non incoraggiati.

Ma esiste un diritto al sesso per i disabili?

Credo sia importante che tu rifletta su questo brano contenuto nel libro Il vizio di vivere di Rossana Benzi, costretta a vivere in un polmone d'acciaio perché colpita da poliomielite (Rosanna Benzi, Il vizio di vivere. Vent'anni nel polmone di acciaio, Milano, Rusconi Libri, 1984):

[….] avevo 24 anni quando conobbi Mario. Il nostro amore fu un frutto che maturò in fretta e su un albero robusto […] Che fossimo sereni o cupi, fummo mescolati e di noi fu dipinto il mondo.
<<Perché non mi dai un bacio?>>, gli chiesi, <<sono sicura che andresti in crisi>>.
Non andò in crisi, imparò ad applicarmi la campana di vetro attorno al collo, a porgermi il boccaglio dell'ossigeno. Imparò ad aprire il polmone come doveva fare Germano per spostarmi da una macchina all'altra. Seppe accedere al mio corpo senza bisogno di manuali. Mi spogliò come un uomo spoglia una donna che ama. Mi s postò e condusse all'amore questo fisico che non può muoversi da solo, ma sa provare perfettamente le emozioni. Desiderai finalmente di essere portata via dalla sua forza, dalla sua voglia, di ascoltare all'orecchio il suo respiro affannato, di godere del piacere che mi procurava, di sentire il mondo, la vita, i fiori, i campi di grano, i raggi di sole, le gocce di pioggia….mischiando tutto.
Dovevo solo respirare, non perdere il boccaglio e attendere le sensazioni al varco.

Anche la seguente testimonianza è estremamente significativa:

Giovanna cammina con il bastone. Giovanna mi piace. Giovanna cammina traballando e la gente la segue con lo sguardo. Giovanna mi piace. Giovanna è spastica, le gambe rigide, gli occhi verdi, il braccio sinistro che non si stende del tutto. Quel pomeriggio sul prato ci siamo baciati, ci siamo abbracciati, era come se ci conoscessimo da tanto tempo. Non ha dovuto chiedermi: e la mia disabilità? Non ho dovuto tranquillizzarla. Non me ne importa.
Lo scoglio del problema disabilità non esiste. Non esiste per lei. Non esiste per me....
Io amo Giovanna spastica e le <<bacchette magiche>> lei me le sbatterebbe in testa, urlandomi dietro con veemenza la sua voglia di essere persona disabile, il suo voler essere quello che è, e non sognare di volare libera come un uccello nel cielo azzurro. E quando ha partorito, forse qualcuno ha scoperto che anche le persone disabili possono fare l'amore. E fare l'amore è bello….
(Iole Verde, Giuliano Govigli e Camillo Valgemigli. La sessualità dell'handicappato, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1980)

Quando si è cominciato a parlare del problema (diffusamente solo sul finire degli anni settanta), la reazione del pubblico è stata di curiosità, una curiosità non proprio scientifica, sotto certi versi anche morbosa. Del resto erano le stesse persone disabili a vergognarsene.

Ma chi riesce davvero a parlare liberamente di sesso?

Non sono certamente i fautori di una sessualità libera a tutti i costi, coloro che vogliono essere moderni e vogliono a tutti i costi <<sessualizzare>> alcune manifestazioni dei portatori di disabilità.

Bisogna ricordare con umiltà che il sesso, per quante rivoluzioni siano state fatte, rimane sempre se non un tabù, sicuramente un aspetto ancora inquietante, e che questo atteggiamento spesso non confessato è già un ostacolo alla piena realizzazione della sessualità nelle persone normali, figuriamoci nelle persone disabili. Il problema poi non può essere generalizzato: per cui, in tutta onestà, non siamo in grado di fornire ricette di comportamento adatte ad ogni occasione e a ogni disabilità: l'unico consiglio è quello di non far finta di niente e di non spegnere il televisore quando alcune scene trasmesse dovessero far emergere il problema.

Esiste una differenza anche nell'ambito del gruppo di appartenenza delle persone con la stessa disabilità, oltre a quella determinata dal tipo di disabilità.

Il problema maggiore, però, si presenta quando la disabilità è psichica, quando sono i genitori a dover interpretare i bisogni che preferirebbero nascondere: far finta di non capire cosa sta dietro a quella carezza, a quel bisogno di contatto corporeo che il figlio dimostra verso l'altro sesso; ignorare che il bisogno di coricarsi per terra, di muoversi di una figlia con grave psicosi, sono probabilmente l'unico modo che ha per soddisfare una sua pulsione naturale, spesso inconsapevole, non riconosciuta, ma sicuramente sentita.

Sappi solo essere naturale.

Sappi che, fisiologicamente, non c'è differenza tra la sessualità dei normodotati e quella degli alunni disabili mentali: vi è una uguaglianza sulla base del loro essere uomini o donne. Differenti possono essere le modalità di realizzazione della sessualità, considerando che questa realizzazione si compie non senza traumi anche nel ragazzo o nella ragazza normodotata/o.

Non manifestare commiserazione o pietismo, non mostrarti scandalizzato.

Se ti capita di vedere un ragazzo che si masturba, non attivare nessun blocco fisico: digli di andare in bagno.

E così non incoraggiare quella ragazza che ti guarda con occhi vogliosi: non è puttanella, ma una ragazza che ha bisogno di amore e, dato che non lo trova da nessuna parte, lo cerca dappertutto.

In ogni caso, quando ti capita di vedere certe manifestazioni, sappi che non sei tu che potrai risolvere il problema e perciò non fartene una colpa, ma parlane con gli insegnanti, riferisci il tuo imbarazzo, chiedi cosa occorre fare.

E questo non perché tu abbia un ruolo subordinato, ma semplicemente perché non sei - nessuno lo è, tranne il sottoscritto - un padreterno.

Naturalezza quindi. E umiltà. Ne abbiamo tutti bisogno. Anche chi scrive.

(*) Vito Piazza, Per chi suono la campanella?, Erickson


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