|
|
Uno
strumento per riordinare il sistema di Franco Vernò
La legge quadro 328/2000
adotta il metodo della pianificazione al fine di disegnare il
sistema integrato di interventi e servizi sociali, di definire i
livelli essenziali, di assicurarne la fruizione alle persone e alle
famiglie, di valorizzare gli apporti che le diverse soggettività
individuate nell'art. 1 della legge potranno fornire.
Sono individuati tre specifici strumenti per
accompagnare e favorire l'intero processo. A livello nazionale,
regionale e locale, nell'ambito territoriale determinato dalle
singole regioni, all'interno del quale avverrà l'esercizio
associato delle funzioni sociali, da parte dei comuni.
Il piano di zona è lo strumento locale che dovrà quindi
favorire il riordino, il potenziamento, la messa in rete di
interventi e di servizi, in modo da programmarli e realizzarli a
<<sistema>>.
Lo strumento
ordinario con cui governare il sistema locale dei servizi e degli
interventi sociali
Dopo la prima fase, quella del riordino, il piano di zona
sarà lo strumento ordinario attraverso il quale governare il
processo di costante adeguamento, del sistema delle risposte,
all'evoluzione dei problemi e delle opportunità da garantire alle
persone, alle famiglie, ai gruppi particolari o fasce specifiche di
popolazione.
Il piano di zona è uno strumento di pianificazione già
sperimentato nell'ultimo decennio in alcune regioni italiane che
hanno anticipato, con propria legislazione specifica, la scelta
fatta dal legislatore nazionale con la legge n. 328/2000.
Uno strumento
ormai uscito dalla fase di sperimentazione
In tali realtà sono stati già effettuati la verifica e la
valutazione e un costante monitoraggio dello strumento e il piano di
zona è uscito dalla fase della sperimentazione e si è ormai
consolidato rispetto ai processi di collaborazione tra i diversi
soggetti, nei contenuti, nelle strategie utili per costruirlo, negli
strumenti di concertazione e di messa in rete delle responsabilità.
Se lo strumento risulterà nuovo in alcune regioni, così non
è per la strategia e per il processo necessari alla sua
costruzione: è, di fatti, generalizzata su tutto il territorio
nazionale l'adozione di Piani territoriali triennali per l'infanzia
e l'adolescenza, strumenti introdotti con la legge 285/1997.
Più
attenzione ai progetti che alla lettura dei bisogni e
all'individuazione di azioni strategiche
E' vero tuttavia che le verifiche sui Piani approvati nella
prima triennalità ha permesso di evidenziare la maggior attenzione
del programmatore locale verso i progetti e meno ai processi di
lettura e diagnosi di bisogni, di scelta di obiettivi partecipati,
di azioni strategiche utili a contestualizzare l'insieme delle
operazioni necessarie alla costruzione e successiva implementazione
del Piano.
Queste ultime attenzioni risultano essere fondamentali se si
vuole garantire una pianificazione contestualizzata e nelle mani
della comunità, pianificazione come strumento di crescita locale
sul versante della consapevolezza come su quello della competenza.
L'articolo
19 della legge 328/2000
La legge 328/2000 colloca
il piano di zona al capo IV tra gli <<strumenti per favorire
il riordino del sistema integrato di interventi e servizi
sociali>>.
L'art. 19 affronta complessivamente significati, contenuti,
funzioni strategiche, modalità di approvazione dello strumento e
soggetti che devono definirlo.
Dalla lettura dell'articolo si individuano quattro finalità:
-
la formazione di sistemi locali di interventi fondati su servizi e
prestazioni, che devono rispondere a criteri di efficacia,
efficienza, unitarietà, complementarietà, flessibilità. C'è
l'invito a valorizzare tutte le forme di solidarietà presenti
nell'ambito territoriale e a responsabilizzare i cittadini. Possiamo
affermare che il piano di zona è concepito come strumento capace di
valorizzare forme di cittadinanza attiva e di promuovere accanto
all'esigibilità dei diritti anche l'esercizio dei doveri
inderogabili di solidarietà, così come specificati agli articoli
2-3 della Carta Costituzionale;
-
la qualificazione della spesa e l'attivazione di risorse frutto
della concertazione a livello locale. Possiamo affermare che la
qualificazione della spesa passa attraverso diverse strategie; sia
attraverso il sostegno economico finanziario pubblico utile a
garantire i livelli essenziali delle prestazioni sociali, erogabili
sotto forma di beni e servizi, sia attraverso l'attivazione di
risorse aggiuntive, necessarie per la realizzazione dei livelli
essenziali e delle diverse opportunità che il particolare sistema
di welfare locale propone di realizzare. Tali risorse possono essere
messe a disposizione da altri soggetti locali, pubblici e privati,
ad esempio dalla azienda ASL per la quota sanitaria connessa a
prestazioni sociosanitarie integrate all'interno di servizi sociali
gestiti dai comuni, ovvero, ad esempio, da collaborazioni tra comuni
e altri soggetti sociali all'interno di esperienze di ricorso a
forme negoziali nella gestione dei servizi;
-
la definizione di riparto della spesa tra comuni dell'ambito
territoriale, l'ASL, gli altri soggetti firmatari dell'accordo di
programma, con il quale si adotta formalmente il Pdz;
-
La definizione di iniziative di formazione e aggiornamento. Tale
azione strategica è fondamentale per realizzare interventi
integrati, personalizzati, unitari, e per operare in
un'organizzazione capace di configurarsi come sistema di rete, da
alimentare e governare.
I contenuti
del Piano di zona
I contenuti del piano di zona riguardano:
-
gli obiettivi strategici e le priorità d'intervento;
-
le modalità organizzative dei servizi, le risorse messe in campo, i
requisti di qualità;
-
l'impostazione del sistema informativo locale;
-
le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e prestazioni;
-
le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi
periferici delle amministrazioni statali (pensiamo ai rapporti tra i
servizi sociali e centri per la giustizia minorile, sistema
scolastico locale, sistema formativo ecc.);
-
le modalità per la collaborazione tra servizi e soggetti impegnati
nelle diverse forme locali di solidarietà sociale;
-
le forme di concertazione con l'azienda sanitaria locale, per
garantire l'integrazione tra servizi sociali di ambito e servizi
sanitari distrettuali.
Con la scelta degli obiettivi e delle priorità di intervento
si specifica il tipo, la qualità,l'ampiezza del sistema di
promozione e di protezione che si intende garantire a livello
locale.
Gli altri elementi contenuti nel Piano di zona, quali i vari
coordinamenti, le forme di collaborazione, vanno a qualificare,
nello specifico del contesto territoriale, lo spessore e i connotati
del welfare mix locale.
I soggetti del
Piano di zona
I soggetti dei Piani di zona sono i comuni associati negli
ambiti territoriali individuati dalle regioni.
Di fatto i comuni assumeranno lo strumento programmatorio,
d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, per la
programmazione delle così dette aree ad elevata integrazione. In
particolare, tale approccio integrato deve avvenire coniugando tra
loro i due strumenti programmatori locali: il piano di zona dei
servizi sociali, di cui all'art. 19 della legge n.328/2000,
e il programma delle attività territoriali, di cui all'art.
3-quater, D.L.
n. 229/1999.
I due strumenti hanno singoli titolari di competenze,
rispettivamente i comuni per i servizi sociali e l'azienda ASL per i
servizi sanitari, e devono essere concepiti come strumenti nelle
mani di più interlocutori quando affrontano i servizi integrati.
Alle regioni resta il compito di definire, con propri atti
formali, le modalità con le quali l'incontro di responsabilità
potrà essere facilitato, prima di tutto facendo in modo che i due
strumenti vengano approvati contestualmente.
Lo strumento scelto dal legislatore per approvare il piano è
l'accordo di programma, ai sensi dell'art. 27 della legge 142/1990 e
successive modificazioni.
All'accordo partecipano i comuni
dell'ambito, l'azienda unità sanitaria locale, eventuali
altre Istituzioni pubbliche locali e, novità introdotta dalla
legge, i soggetti privati che <<attraverso specifiche forme di
concertazione>> concorrono, anche con proprie risorse, alla
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
previsto nel piano.
Il
processo di costruzione del Piano di zona
Ovviamente nell'art. 19 della legge non si accenna alla
metodologia necessaria alla costruzione dello strumento di
programmazione. Tuttavia, dalla lettura dell'intero articolato della
legge, è possibile ipotizzare alcune fasi e, all'interno di esse, i
contenuti, le funzioni prevalenti da esercitare, le attenzioni da
prestare, le condizioni che potrebbero risultare facilitanti.
Le esperienze di costruzione del Piano di zona nelle regioni
che già precedentemente all'entrata in vigore della legge lo
avevano adottato come strumento di pianificazione, ci aiutano, in
tal senso, e ci indicano come puntare a un buon prodotto praticando
un buon processo. Sinteticamente possiamo suddividere l'intero
processo in cinque fasi.
L'avvio della
procedura e la costituzione di tavoli di lavoro
1.
Negli ambiti territoriali individuati dalle regioni, il sindaco del
comune capofila avvia il processo curando l'informazione nei
confronti di tutti i soggetti interessati. E' opportuno convocare
una conferenza dei servizi alla quale partecipino tutti i comuni
dell'ambito, l'azienda unità sanitaria locale, l'amministrazione
provinciale e gli altri enti significativi operanti nell'ambito. In
tale sede vanno inoltre definite le procedure, i tempi, gli apporti,
le funzioni di ognuno e le modalità per garantire le forme di
partecipazione alla programmazione degli altri soggetti locali. La
conferenza dei servizi è la sede in cui definire anche la
costituzione di due organi che dovranno operare in sinergia pur
nella specificità delle funzioni: il primo, un <<organo
politico>>, una sorta di esecutivo espresso dall'insieme dei
soggetti istituzionali pubblici convocati alla conferenza con
compiti di <<regia>> e di definizione della
<<rotta>> , il secondo, un <<organo tecnico>>
con funzioni operative, di supporto al soggetto istituzionale
competente nella predisposizione del piano di zona.
La costruzione
della base conoscitiva
2.
E' la fase in cui l'organo tecnico predispone tutti gli elementi
conoscitivi utili per effettuare la <<diagnosi di
comunità>>e quindi la scelta degli obiettivi e delle
priorità. E' opportuno leggere i bisogni ma anche le risorse,
individuare i percorsi di integrazione già presenti o quelli
ritenuti indispensabili da raccordare e mettere in rete, costruire
la <<mappa>> dei soggetti presenti
e operanti e il sistema delle collaborazioni in atto. E'
consigliabile, in questa fase, effettuare una
<<fotografia>> del sistema dei servizi e delle
prestazioni esistenti poiché tale strumento risulterà utile al
momento della verifica dei risultati prodotti dal Pino di zona.
La diagnosi di
comunità e la scelta degli obiettivi
3.
L'organo politico, con il supporto dei tecnici, analizza i dati
emergenti dalla <<base conoscitiva>>, prende ato del
<<profilo di comunità>> così come emerge dalla lettura
della realtà, definisce quali opportunità garantire, prende in
esame i vincoli e opportunità, individua i fattori di sviluppo
locali e delinea il tipo di welfare locale che intende garantire
attraverso il piano di zona. In tale fase l'organo politico prende
in esame i bisogni ( legati a povertà economiche e/o culturali, a
marginalità relazionali e/o sociali, a disfunzionalità fisiche e/o
psichiche, a impossibilità o incapacità degli adulti a garantire
corretti processi di crescita dei soggetti in età evolutiva), e i
<<sogni>>, cioè quei livelli di benessere da garantire
a tutta la popolazione qualificando e supportando i normali ambiti
di vita e relazione, valorizzando, in primis, i contesti familiari.
E' necessario che in sede di definizione degli obiettivi si presti
attenzione a specificarli
in: obiettivi di salute, obiettivi di sistema; obiettivi di
integrazione. Per ultimo è utile sottolineare che gli obiettivi
devono risultare osservabili, misurabili, perseguibili, pertinenti e
compatibili.
La definizione
dei contenuti
4.
E' la fase in cui i due
organi, il politico e il tecnico, operano in stretta sinergia. A
partire dagli obiettivi i
contenuti del piano possono così essere articolati:
-
il sistema dei servizi e delle prestazioni da realizzare nell'ambito
territoriale e nell'arco del triennio. I servizi e le prestazioni
devono conformarsi a criteri di complementarietà, flessibilità,
integrazione, devono essere contestualizzati e devono valorizzare
forme e modalità di intervento rispettose delle culture locali;
-
Le modalità di finanziamento del sistema, specificando la quota del
fondo sociale ricevuta in assegnazione dalla regione, le risorse
messe in campo dagli enti locali, le quote a carico del bilancio
sanitario dell'azienda unità sanitaria locale, le risorse provenienti da altri
enti, le quote derivanti dal concorso da parte degli utenti al costo
delle prestazioni;
-
Le modalità organizzative e gestionali che garantiscano i criteri
di unitarietà e di integrazione. Vanno altresì garantiti i criteri
di unitarietà e di integrazione. Vanno altresì garantiti i criteri
di qualità così come definiti dalle regioni;
-
Gli apporti dei privati e in genere dei soggetti di cui all'art. 1,
comma 4, della legge, nella progettazione e gestione del sistema dei
servizi;
-
Le modalità di accesso alla rete dei servizi, di progettazione
individualizzata e di personalizzazione degli interventi;
-
Le modalità e gli strumenti di coordinamento tra gli enti locali,
le altre istituzioni pubbliche, gli organi periferici delle
amministrazioni statali;
-
L'integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari, mettendo in
rete, livello di ambito territoriale, coincidente con il distretto
sanitario, servizi, finanziamenti e strumenti di programmazione,
come già definito nel D.L.
n. 229/99, art. 3;
-
L'integrazione tra le politiche dei servizi sociali e le politiche
del lavoro, della formazione professionale, del territorio, dello
sviluppo socio-economico;
-
Le <<azioni strategiche>> utili a sostenere e
qualificare l'impostazione e la realizzazione del sistema integrato
locale. In particolare nel Piano di zona è opportuno prevedere
l'avvio e le modalità di funzionamento del sistema informativo
locale, l'attivazione di un ufficio di piano, la programmazione di
iniziative di formazione e di aggiornamento del personale dei
servizi.
L'approvazione Il
piano è adottato attraverso l'accordo di programma al quale
partecipano i comuni nell'ambito territoriale, l'azienda unità
sanitaria locale, <<nonché i soggetti di cui all'art. 1,
comma 4, e all'art. 10 ( le IPAB
), che attraverso l'accreditamento o specifiche forme di
concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
previsto nel piano>>.
Trattandosi di uno strumento di programmazione, sembra
opportuno richiamare la necessità del coinvolgimento dei consigli
comunali e la garanzia della partecipazione di tutti gli aventi
diritto.
Infine sembra utile sottolineare la necessità che
nell'accordo di programma si specifichino gli organi di governo del
<<patto>> tra i soggetti, per garantire non solo
l'immediata operatività del piano, dopo la sua approvazione, ma
anche la soluzione di eventuali difficoltà che potrebbero insorgere
nel corso della sua implementazione.
I
rischi da evitare e le criticità da presidiare
Il Piano di zona potrebbe essere considerato come uno dei
tanti strumenti amministrativi nelle mani della pubblica
amministrazione con la conseguenza di prestare prevalentemente
attenzione all'iter burocratico e agli aspetti formali nella fase
della sua predisposizione.
Uno
strumento della comunità e per la comunità
Di fatto il Pdz è uno strumento della comunità e l'amministarzione
comunale dovrà far leva soprattutto sugli aspetti relazionali,
sull'interazione, sulla concertazione, perché lo strumento risulti
partecipato, integrato, contestualizzato, condiviso. E' questa
l'unica strada per valorizzare le soggettività presenti nella
comunità, le diverse risorse attivabili, le specifiche vocazioni, i
fattori di sviluppo locali.
Il Pdz deve permettere il superamento di visioni parziali e
riduttive che hanno portato a considerare i cittadini e i gruppi
esclusivamente come destinatari di interventi e servizi. La
costruzione e la realizzazione del Pdz è l'occasione per promuovere
una piena cittadinanza sociale in cui il tema dell'esigibilità dei
diritti sanciti viene coniugato con quello dei doveri inderogabili
di solidarietà e della partecipazione responsabile.
Una
carta della cittadinanza sociale
I contenuti del piano di fatto si configurano come <<la
carta della cittadinanza sociale>> di quel determinato ambito,
siglata dal patto di corresponsabilità tra istituzioni e altri
soggetti comunitari che, a diverso titolo, si impegnano a realizzare
tale programma nel triennio di validità del piano. |
La pagina
- Educazione&Scuola©