Famiglie e Povertà

Contributi della Caritas Italiana, della Fondazione Cancan e di R. A. Borzetti

 

1. La Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

Alla fine del 2000 il Parlamento ha finalmente promulgato l'attesa legge di riordino dei servizi socio-assistenziali (legge 8 novembre 2000, n. 328). Il nuovo impianto legislativo, attribuendo grande importanza al ruolo e ai compiti delle regioni e degli enti locali si presenta come una rivoluzione copernicana nell'approccio alla gestione del sistema dei servizi alla persona, prefigurando un welfare a forte impronta regionale e locale. Infatti, la legge afferma che la "programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato (…) secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali." (art.1 comma 3).

La nuova legge sviluppa un approccio basato sulla logica del community welfare, evidenziando una forte sensibilità alla dimensione locale e alla partecipazione dei cittadini, pur senza dimenticare l'attribuzione di ruoli e funzioni chiare alle pubbliche amministrazioni.

Nello specifico, alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono sia soggetti pubblici che soggetti privati, quali le Onlus, gli organismi della cooperazione, le organizzazioni di volontariato, le associazioni e gli enti di promozione sociale, le fondazioni, gli enti di patronato e altri soggetti privati. La legge osserva a questo riguardo che "il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e solidarietà organizzata".

La legge prevede un sistema integrato di servizi con carattere di universalità allargando il raggio di azione anche ai cittadini dell'Unione Europea e agli stranieri non comunitari individuati ai sensi dell'art.41 del testo Unico sull'immigrazione (Dec. Leg. 25 luglio 1998, n.286).

La norma attribuisce compiti diversi alle differenti emanazioni del potere pubblico,con specifici carichi di responsabilità. Ai comuni sono assegnati compiti di programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione; di erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche; di autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica; etc. Alle regioni spettano invece funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale. Entro 180 giorni della pubblicazione della legge le regioni dovranno determinare le modalità e gli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete.

Allo Stato spetta invece l'esercizio di una serie di funzioni generali, tra cui la determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale (attraverso il Piano nazionale), l'individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali, etc.

Ogni tre anni il Governo predispone un Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, denominato "Piano nazionale" (art.18 comma 1), tenendo conto delle risorse finanziarie che il Fondo nazionale per le politiche sociali assegna ai comuni e alle regioni e delle risorse ordinarie già destinate alla spesa sociale dagli enti locali. Per l'anno 2000, il fondo nazionale è stato incrementato di lire 106.700 milioni (l'incremento è invece di 761.500 milioni per l'anno 2001 e di 922.500 milioni a decorrere dall'anno 2002).

Il primo Piano nazionale sarà adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Le regioni, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale, adottano il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali (art.18 comma 6), provvedendo in particolare all'integrazione socio-sanitaria nonché al coordinamento con le politiche dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro. A loro volta, i comuni, sulla base delle indicazioni del Piano regionale, provvedono a definire il Piano di zona (art.19), che individua obiettivi, priorità di intervento, modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, etc.

Alcuni punti di attenzione ai fenomeni di povertà e indigenza economica all'interno della nuova Legge Quadro.

Già nei principi generali, la nuova legge afferma che la Repubblica "assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali (…) previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza del reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3, e 38 della Costituzione".

Successivamente, all'art. 2, laddove si parla di "diritto alle prestazioni", si afferma che "i soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze (…) accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali".

Un altro riferimento alle situazioni di povertà si ha all'art.18 (Piano nazionale e piani regionali degli interventi e dei servizi sociali), laddove si afferma che le priorità di intervento indicate dal Piano nazionale debbono fare particolare riferimento alla realizzazione di "percorsi attivi nei confronti delle persone in condizioni di povertà o di difficoltà psico-fisica".

Ma i riferimenti più significativi alle situazioni di povertà economica sono rintracciabili nel Capo V della legge, in modo particolare negli artt. 22 (Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e 23 (Reddito minimo di inserimento).

All'interno dell'art. 22 vengono definiti una serie di interventi che costituiscono il "livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi".

All'interno di questi servizi essenziali, sono incluse al primo punto (lett. a), le "misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora".

Ai fini della applicazione di tali misure, l'art. 23 della Legge Quadro che va a sostituire l'art. 15 del Decreto Legislativo 18 giugno 1998 n. 237, con cui è stata istituita la sperimentazione nazionale del reddito minimo di inserimento in 39 comuni italiani pilota) prevede l'estensione nazionale del reddito minimo di inserimento, che viene definito come "misura generale di contrasto alla povertà, alla quale ricondurre anche gli altri interventi di sostegno al reddito".

Infine, nelle disposizioni finali della legge (capo VI), vi sono due importanti articoli:

a) art. 27 Istituzione della Commissione di indagine sulla esclusione di indagine sulla esclusione sociale

vengono ribaditi scopo e funzioni della Commissione di indagine sull'esclusione sociale che nella configurazione assunta negli ultimi anni, ha perso la sua componente di "produttrice di dati sulla povertà" (funzione trasmessa dall'ISTAT), per divenire un organo di studio e ricerca sulla povertà, sulle sue cause e le conseguenze. La Commissione può altresì formulare proposte per rimuovere le cause della povertà e della emarginazione. Annualmente, la Commissione predispone per il Governo una relazione annuale nella quale sono illustrate le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate. Sulla base di tale relazione, il Governo è tenuto a riferire al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sull'andamento dei fenomeni di esclusione sociale in Italia.

b) Interventi urgenti per le situazioni di povertà estrema

Allo scopo di garantire il potenziamento di interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in condizioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, si prevede la possibilità che gli enti locali, le organizzazioni di volontariato, le Onlus e le IPAB (IPAB le Leggi Nazionali e Regionali) presentino alle regioni progetti concernenti la realizzazione di centri e di servizi di prima accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l'accompagnamento e il reinserimento sociale. I finanziamenti saranno rivolti prioritariamente ai comuni delle grandi aree urbane.

Entro novanta giorni dalla entrata in vigore della legge, uno specifico atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, dovrà definire i criteri di riparto tra le regioni del finanziamento disponibile, i requisiti per l'accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti, le modalità di monitoraggio degli interventi e i comuni nei quali tali interventi saranno considerati prioritari.

Per l'attuazione di tali progetti il Fondo nazionale per le politiche sociali è incrementato di una somma pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.

2. La sperimentazione del reddito minimo di inserimento

Il reddito minimo di inserimento è stato introdotto in Italia in via sperimentale attraverso il Decreto Legislativo 18 giugno 1998 n. 237. Esso si caratterizza come una misura di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale che si sviluppa attraverso l'erogazione di un'integrazione economica calcolata in base all'entità del reddito familiare e all'effettuazione di percorsi e programmi personalizzati di inserimento sociale.

La misura è rivolta a promuovere l'integrazione sociale e l'autonomia economica di persone e famiglie a grave rischio di marginalità sociale e impossibilitate per cause psichiche, fisiche e sociali al mantenimento di se e della propria famiglia.

Prevista in una fase iniziale come misura universalistica per garantire il minimo vitale di persone sotto la soglia della povertà assoluta, la sperimentazione del Reddito minimo si è poi definitivamente orientata verso una fascia sociale più estesa, che comprende persone prive di lavoro ma socialmente inserite accanto a situazioni di indigenza riconducibili a fattori di reale marginalità sociale, dovute a cause diverse ( situazioni di dipendenza, disagio psicologico, isolamento socio-relazionale, esperienze di istituzionalizzazione e detenzione, etc.). In ogni caso, i requisiti di accesso alla misura sono comunque di carattere patrimoniale, per cui la sola presenza di patologia sociale non accompagnata da povertà economica non è sufficiente per l'inserimento nella misura (sono comunque previste delle integrazioni economiche supplementari nel caso di famiglie monogenitoriali, presenza di handicap, etc.).

La riforma dei servizi sociali:

L’obiettivo è l’intervento personalizzato.

Assistenza, dopo 110 anni si cambia In prima linea le amministrazioni locali e più spazi alla collaborazione con i privati.

Crescono le risorse, ma ancora non c' è vero feeling tra sindaci e spesa sociale. Mentre i comuni spingono sulla leva del fisco, la spesa per gli interventi sociali lievita.

Per quelli più piccoli si pone il problema del futuro, perché preoccupano gli effetti delle misure restrittive sui trasferimenti erariali: con il carico delle nuove competenze previste dalle leggi sul decentramento, sono le spese meno "vincolate", cioè quelle per il welfare, a rischiare i maggiori tagli.

È ormai evidente che le enormi diversità esistenti in seno alle legislazioni regionali e alle iniziative comunali contribuiscono a consolidare un sistema dl cittadinanza sociale molto differenziato, in cui i cittadini fruiscono dl prestazioni sociali non sulla base delle condizioni di bisogno ma sulla base del luogo in cui il bisogno sorge.

Non basta lo spartiacque geografico fra Centro, Nord e Sud a spiegare le diversità tra i sistemi di welfare. A fare la differenza sono soprattutto le opportunità a disposizione dei comuni per finanziare la spesa sociale e rendere più efficace la gestione dei servizi; se verranno colte, le opportunità (la normativa sul decentramento, il federalismo, le nuove modalità di gestione associata dei servizi, le recenti disposizioni sul volontariato, la legge n. 285 per l’infanzia, i fondi Ue, la legge 328/2000 etc.) garantiranno passi da gigante ai sistemi di welfare municipale. 

Foto di Florindo Oliverio alla manifestazione nazionale unitaria CGIL CISL UIL "PER UNA CITTA’ SICURA E SOLIDALE", Milano, 13 febbraio 1999


Istat: La povertà in Italia (2000)


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