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Prisma

a cura di Elena Duccillo

I rovesci del diritto

 

Alcune volte mi sono chiesta se ci sono alcune leggi che si possono strumentalizzare più di altre o che si applicano con maggior rigore di altre e, se questo accade, comunque non ho ancora trovato un perché plausibile.

I nostri figli sono fortunati al confronto dei loro coetanei di molti altri paesi che non godono di un impianto legislativo buono come quello italiano in materia di inclusione sociale ed in particolare di integrazione scolastica.

C’è da dire però proprio per questo che un universo ruota attorno ad essi e che non sempre si pone disinteressatamente attenzione alle loro esigenze o si agisce per il loro bene.
Ci sono molti retroscena inerenti al progetto di vita dei disabili e spesso si perde addirittura la centralità della persona per correre dietro ad interessi che con esso non hanno molto a che fare.

In questi giorni mi sto interessando a quello che avviene tra i precari specializzati appartenenti a diverse fasce nelle graduatorie degli aspiranti alle supplenze e un po’ di più comprendo tutta la vicenda subita dal mio bambino a novembre quando denunziai, a chiare lettere, che l’applicazione della legge 1204 aveva prevalso sulla legge 104. Mi accorgo, riflettendo sugli elementi che vado acquisendo, che anche le leggi che permettono il transito dei docenti nel sostegno, la loro immissione in ruolo o la precarietà a vita, tutto fanno meno che garantire una preparazione ed un reclutamento ad hoc per il disabile che è colui che per davvero dovrebbe beneficiare della formazione di queste persone. I mille percorsi possibili per acquisire il titolo di specializzazione dalla durata tanto diversificata ( 400, 800, 1150 ore e chi più ne ha più ne metta ) vanno bene tutti per il Ministero e solo le proteste dei precari in terza fascia che pagano lo scotto della transizione tra la giungla delle norme sollevano il problema della formazione che è quanto mai importante. Riuscirà ad emergere tra le polemiche la verità che tutto il corpo docente deve essere in grado di interagire nel team, nella scuola, sul territorio con una preparazione adeguata e non delegante al malcapitato supplente o titolare di una cattedra di sostegno? Si riconoscerà il diritto ad essere persona all’alunno prima che sia necessario affidarsi solo alla fortuna per avere un docente preparato e specializzato con pari dignità dei suoi colleghi ( che si fanno carico al suo pari della responsabile realizzazione di un P.E.I. calato nella realtà e completo nello spirito della L.104 ) senza pressioni da parte della famiglia?

Se penso alla proposta di una classe di concorso per i docenti di sostegno mi resta poco da sperare.

L’attribuzione del carico esclusivo da parte del corpo docente curricolare aumenterebbe, si andrebbe sempre di più, come sembra già verificarsi, verso un conservatorismo compassionevole e non è detto nemmeno che si risolverebbero i problemi dei precari che forse contano di più di un bambino che rischia la scuola speciale.

Non ho nulla contro di essi, io stessa mi sono trovata nella loro condizione nel 1986 quando rischiavo di essere scavalcata da tutti i docenti, che specializzati, con i nuovissimi corsi polivalenti entravano in tre graduatorie ed io appena specializzata con l’ultimo dei corsi della 970 avevo accesso ad una sola graduatoria, ma i diritti sono diritti per tutti, per i lavoratori e per i disabili. Sono contraria alla classe di concorso riservata sostenuta da molti perché essa mina ulteriormente i diritti degli alunni. L’insegnante di sostegno non deve più essere un ripiego professionale che vada a danno dell’alunno. La sua formazione non deve essere solo sua ma di tutto il corpo docente perché solo così si può realmente pensare alla sua contitolarietà rimasta teoria nella maggioranza delle realtà scolastiche. I nostri figli hanno bisogno di docenti specializzati preparati, con pari diritti e pari doveri dei loro colleghi, persone che non siano confinate in un ruolo che rischia di essere ghettizzato. Non voglio vedere più disoccupati disperati che investono cifre proibitive per fare un biennio che ne fa dei docenti di serie b che entrano con più facilità di ruolo ma che appena possono scappano dal sostegno che per loro costituiva solo una scorciatoia. La scuola ha bisogno, perché ne hanno bisogno i nostri figli ,di professionisti qualificati, motivati, che siano interscambiabili con i loro colleghi e questo può avvenire solo con la tanto sospirata formazione universitaria ( non con le sanatorie di 400 ore di lezione o con i corsi riservati solo a chi non ha né arte né parte ) e con una visione diversa della scuola che deve dare sempre più rilevanza al successo formativo di tutti ,dico, tutti i futuri cittadini anche se di questo non mi illudo più, specie dopo il varo della finanziaria 2003. I tagli stanno bloccando anche l’aggiornamento dei docenti e le sperimentazioni a vantaggio dell’integrazione. Anche questo rinforzerà in tutto l’ambiente scolastico il solo appannaggio dell’insegnante di sostegno che non voglio sia stigmatizzato da una classe di concorso la quale allontani ancora di più il concetto di responsabilità condivisa nella conduzione del P.E.I. La salvaguardia solo dei diritti dei lavoratori a discapito del progetto di vita dei nostri figli è una verità che va denunciata ma non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Ho letto di recente un articolo di Carlo Ricci sui fattori predittivi del disagio giovanile e mi ha colpito un invito alla riflessione personale sul ricordo di un buon insegnante che ci è rimasto impresso nella memoria per il suo modo di insegnare. Il motivo che ne ha fatto conservare il ricordo è senz’altro il suo modo di insegnare, un modo originale, così dice l’articolo, ma per insegnare in modo originale bisogna avere delle caratteristiche.

Passione, volontà e una grande preparazione e nel caso di un insegnante di sostegno, l’interscambiabilità con gli altri docenti, perché diventi sempre più normale ciò che è speciale -come dice Dario Ianes – e ciò che è speciale diventi sempre più normale.

In trent’anni di storia se l’integrazione è divenuta fiore all’occhiello per l’Italia ogni merito va alla folta schiera di docenti che hanno creduto e profuso enorme professionalità a favore degli alunni inseriti nelle loro classi, agli insegnanti che si sono lasciati criticare ed aggredire da noi genitori, anche a quelli che hanno iniziato titubanti la loro carriera scolastica nel pianeta dell’handicap. Grazie anche a loro si è costruito molto, quel molto che, negli incubi ansiosi di madre, vedo sgretolare dagli interessi finanziari che vorrebbero i nostri figli mai generati, perché peso economico per l’intera società.


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