Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

Un testo unico del non profit

STUDI ZANCAN

 

Ha un futuro il Volontariato?

di Giovanni Nervo

 

Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’audizione del 17 Luglio 2001 alla Commissione Affari Sociali della Camera sulle << Linee di Programmatiche del Governo in materia di politiche sociali>> ha affermato che << Il sistema normativo nazionale e regionale ha attuato una scomposizione in segmenti attraverso distinte e specifiche norme di legge (volontariato, cooperazione sociale, enti e associazioni di promozione sociale) che contrastano con la concezione sostanzialmente unitaria che a mio avviso - egli dice – deve avere il fenomeno dell’intervento del privato nel terreno delle politiche sociali >>.

Perciò annuncia la linea del Governo: << semplificazione della legislazione vigente e redazione di un testo unico del non profit >> . Da dove nasce questa linea e quale significato ha? Quali conseguenze ne possono derivare per il volontariato se questa linea viene attuata?

E’ evidente che siamo a una svolta nella storia del volontariato. Il professor Zamagni la chiama la svolta economicistica.

La linea esposta dal ministro Maroni non è nuova: è quanto chiedevano al ministro Turco, senza ottenerlo, nella Conferenza di Foligno e nell’Osservatorio Nazionale del Volontariato grandi organizzazioni che portano il nome di volontariato, ma che in realtà sono per larga parte gestori di economia sociale.

La linea del ministro Maroni corrisponde alla lettera a quanto hanno richiesto i due portavoci del Forum del terzo settore il giorno dopo l’approvazione della legge di promozione sociale, cioè l’unificazione delle tre leggi in un testo unico.

Del resto è ciò che alcuni centri di servizio per il volontariato hanno tentato di anticipare di fatto, destinando le risorse dei centri di servizio non solo alle attività del volontariato, ma anche a quelle delle cooperative sociali e dell’associazionismo di promozione sociale.

 

Le motivazioni delle tre leggi distinte

Possiamo chiederci per quali motivi era stata fatta la scelta di tre leggi distinte, per il volontariato, per la cooperazione sociale, per l’associazionismo sociale?

Ci sono motivi storici: ciascuna di legge è giunta in tempi diversi, per strade diverse, sotto spinte diverse. Ciascuna di esse però ha regolamentato fenomeni di solidarietà sociale diversi, con identità specifiche diverse: il volontariato è basato sulla gratuità, la cooperazione è basata sull’impresa sociale, l’associazionismo di promozione favorisce anzitutto formazione e servizi per i propri soci e ha obiettivi politici e sociali globali, come quello di promuovere la cittadinanza.

Su queste tre espressioni di solidarietà hanno come obiettivo il bene comune, come afferma in modo diverso ciascuna delle tre leggi, non possono operare in sinergia, pur mantenendo la propria identità specifica.

 

Motivazioni non convincenti per l’unificazione

Perché oggi si pensa di unificare le tre leggi in un testo unico? Il motivo espresso che porta il ministro Maroni è questo: << distinte e specifiche norme di legge (volontariato, cooperazione sociale, enti e associazioni di promozione sociale ecc.) contrastano con la concezione sostanzialmente unitaria che …deve avere - a suo avviso – il fenomeno dell’intervento del privato nel terreno delle politiche sociali >>. Ma questo motivo non è convincente ed è in contrasto con l’impostazione stessa delle legge quadro n.328/2000 su di un sistema integrato di interventi e servizi sociali che si basa sul concetto di rete che non è unitario ma pluralistico e sinergico. Che cosa poi avessero in mente i due portavoci del Forum del terzo settore nel richiedere la fusione delle tre leggi in un testo unico, non lo so. So invece che avevano in mente i responsabili di quei centri di servizio che volevano modificare di fatto la legge 266/91: utilizzare le consistenti risorse dei centri di servizio non solo a vantaggio del volontariato, ma anche delle cooperative sociali e delle associazioni di promozione sociale.

 

Uno stato che << investe il non profit di crescenti responsabilità >>

Può anche essere una idea giusta, viste le consistenti risorse economiche dei centri di servizio, che non sempre le sanno utilizzare adeguatamente. Ma per fare questo non è necessario un testo unico, basta modificare con un intervento chiaro e trasparente, l'art.15 della 266/91. Il motivo vero, però, della presa di posizione sia dei portavoce dei forum del terzo settore sia del ministro Maroni credo che stia nel fenomeno evidenziato dal prof. Zamagni: la svolta economicistica del volontariato. Il ministro Maroni lo dice con chiarezza:

<< Del principio di sussidiarietà in direzione orizzontale consentirà allo stato di investire il settore del non profit di crescenti responsabilità per fornire ai cittadini che versano in condizioni di bisogno risposte adeguate da parte di strutture che hanno capacità, professionalità e motivazioni ampiamente sufficienti a garantire i livelli di performance tra i più elevati a livello europeo e non solo >>. A parte il volontariato, di cui tratteremo subito dopo, queste parole del ministro Maroni non possono suscitare molti interrogativi in chi si occupa di politiche sociali.

E' questo il significato autentico del principio di sussidiarietà orizzontale cui si ispira la legge n.328/2000? Quali responsabilità mantiene lo stato nei servizi alla persona?

Uno stato che << investe il settore del non profit di crescenti responsabilità >> non va verso una forma risorgente di statalismo, cioè l'opposto della sussidiarietà orizzontale in cui lo stato riconosce e sostiene le libere iniziative della società civile, non le << investe di responsabilità >>?

E chi garantisce i servizi fondamentali a tutti i cittadini nella concezione universalistica della legge n.32872000, se lo stato demanda al non profit crescenti responsabilità, per fornire ai cittadini che versano in condizioni di bisogno risposte adeguate?

Guardando la situazione attuale del terzo settore, delle cooperative di solidarietà sociale, delle cooperative sociali che sono il cuore del non profit, guardando in genere, salvo qualificate eccezioni, l'attuale professionalità degli operatori, il loro trattamento economico, il conseguente livello qualitativo dei servizi, è realistico parlare di << livelli di preparazione tra i più elevati a livello europeo e non solo >>?

 

Anche il non profit dovrà trasformarsi in profit?

Parliamo del non profit o del profit? O si pensa che anche il non profit dovrà uniformarsi alle leggi di mercato e, se vorrà sopravvivere, dovrà trasformarsi in profit ? E' significativo il passaggio da economia sociale che riguarda le imprese sociali a economia civile che coinvolge tutte le imprese che tengono conto del dettato costituzionale, il quale afferma la funzione sociale della proprietà privata (art.42). E' stato tenuto un convegno su questo tema. << Dal non profit all'economia civile >>. Come si pone il volontariato della 266/91, cioè il servizio gratuito, di fronte a questa svolta economicistica?

Il progetto del ministro Maroni di << investire il settore del non profit di crescenti responsabilità, per fornire ai cittadini che versano in condizioni di bisogno risposte adeguate >>, riguarda le imprese sociali; non può riguardare il volontariato completamente gratuito, che può assumere soltanto << servizi leggeri >>.

Allora il volontariato della 266/1991 ha un futuro o è destinato a scomparire?

 

Salvare l'anima originale dall'influsso del liberismo

Personalmente sono convinto che il volontariato basato sulla gratuità, da cui sono nate le cooperative di solidarietà sociale, molte delle cooperative sociali e in larga parte l'associazionismo sociale, proprio in questa svolta economicistica ha un ruolo fondamentale da svolgere: salvare l'anima originale del non profit dall'influsso negativo di una economia liberista e mantenere la centralità della persona, al cui servizio deve essere sia l'economia sociale dal terzo settore sia, in base alla nostra Costituzione, l'economia di profitto.

Il movente principale del profit non può non essere, legittimamente, il profitto. Qual'è il movente principale del non profit ? Non può essere un valore negativo, il non profit ; e non è sufficiente l'autogratificazione.

 

Conservare al non profit i valori di partenza

Il movente da cui è partito il non profit delle cooperative di solidarietà sociale, era la solidarietà, la condivisione, la promozione umana e sociale delle persone emarginate, la giustizia sociale, l'amore per chi poteva attingere dalla fede una marcia in più : tutti valori che il non profit ha ereditato dal volontariato. Se nella trasformazione in cooperative sociali , in imprese sociali, in economia sociale il non profit perdesse questi valori, si muterebbe abbastanza presto in profit, perché verrebbe meno il movente ideale da cui è partito.

Il volontariato mantiene una funzione fondamentale: di conservare al non profit i valori da cui è partito.

Per far questo deve custodire e rafforzare la sua identità, mentre la fusione delle tre leggi in un unico testo sul non profit rischia di comprometterla e soffocarla.

 

Esigenze e opportunità che sollecitano il volontariato

Per poter adempiere a questa funzione di animazione di valori il volontariato deve volare più in alto e saper rispondere a tre esigenze e opportunità che provvidenzialmente lo sollecitano.

Approfondire e alimentare con la formazione le sue motivazioni ideali e le sue capacità operative. In un recente convegno su << Economia sociale e volontariato >> fu chiesto: << se il volontariato deve essere così, cioè gratuito, che futuro ha >>? << dipende dalle motivazioni >>! Se uno nella sua vita ha sempre lavorato, legittimamente, ma soltanto per guadagnare, a un certo momento, magari quando è diventato vecchio, non gli si può dire Ora lavora per niente. Chi glielo fa fare? Se invece possiede anche altre motivazioni di umanità, di solidarietà, di giustizia, di amore, sarà felice di poter fare qualche cosa gratuitamente per gli altri, magari quando è in pensione perché non lo ha potuto fare prima >>. Accanto alle motivazioni occorre formare a far bene i servizi che si fanno.

Le motivazioni sono un fatto personale, è la benzina che consente alla macchina di correre, se finisce la benzina la macchina si ferma. Le motivazioni però valgono per noi. Per gli altri vale quello che sappiamo fare e come lo facciamo. Soltanto un volontariato fortemente motivato e ben preparato può presentarsi con dignità e autorevolezza di fronte alla svolta economicistica e riproporre anche alla attività economica valori che la superano.

 

Riscoprire il ruolo politico, di tutela dei diritti, in una prospettiva globale

Il prof. Ardigò nel recente volume Volontariati e globalizzazione propone inoltre al volontariato una nuova sfida. Egli parte dal fenomeno del << popolo di Seattle >>, che di fronte ai vari incontri internazionali dei vertici dei paesi più ricchi assume un ruolo di advocacy internazionale a etica globale di tutela dei paesi più poveri.

<< Dopo la battaglia di Seattle - dice Ardigò - cambiano anche le tematiche manifeste del volontariato internazionale >>. Nei decenni post bellici il volontariato internazionale si esprimeva in prevalenza con programmi assistenziali e promozionali di intervento all'interno del terzo mondo. Ora stanno crescendo iniziative anche criticamente dirette al primo mondo. << I movimenti della battaglia di Seattle e del dopo Seattle per quanto eterogenei nelle loro componenti sono comunque penetrati nelle coscienze di non pochi volontari anche in Italia >>.

Ciò li porta a riscoprire il ruolo politico del volontariato di tutela dei diritti, particolarmente dei più deboli, finora esercitato da una piccola minoranza di volontari. Il ruolo politico non sostituisce il ruolo proprio del volontariato di anticipazione di risposte a bisogni emergenti, né quello dell'integrazione e dell'umanizzazione dei servizi esistenti, sia pubblici, come l'ospedale, sia del terzo settore, come le cooperative di solidarietà sociale. Ma quello che il prof. Ardigò chiama l'advocacy, cioè la tutela dei diritti, che con la globalizzazione si estende a tutti i popoli in forza di un'etica globale e che, come egli afferma, non può non avere un riflesso sul volontariato locale, richiede nei volontari un forte spessore culturale, unità nella riflessione e nell'azione, libertà dal potere e dai soldi.

Il ministro Maroni nella citata audizione richiama giustamente e puntualmente le molte leggi fatte dai precedenti governi nell'ambito sociale, soprattutto negli ultimi 10 anni e particolarmente la n.328/2000 di riforma dell'assistenza, e quanto il presente governo sta facendo per mantenere gli impegni e scadenze fissate da quelle leggi. Funzione dell'advocacy o ruolo politico del volontariato, significa seguire costantemente l'azione del governo per verificare se e come queste leggi vengono applicate e se vengono adeguatamente finanziate. Su nuove leggi, ad esempio sull'immigrazione, funzione di advocacy significa verificare se la legge rispetta i diritti fondamentali degli immigrati e prendere posizione se e quando necessario.

La stessa azione va rivolta anche e ancor di più di fronte alle leggi regionali e ai bilanci comunali, come del resto prevede la legge n.142/90 nell'articolo sulla partecipazione popolare. Tutto questo avendo gli occhi aperti su quanto avviene nel mondo, cioè la globalizzazione. Il prof. Ardigò nel citato volume dice: << Sarebbe del tutto velleitario ed erroneo considerarla come la quintessenza del negativo contro cui lottare…>>. La globalizzazione è, nel suo insieme, lo stadio più avanzato (tecnologico, commerciale e industriale ) della civiltà materiale, tramite la diffusione dei progressi delle tecnoscienze, degli scambi internet economico-finanziari e commerciali.

 

Un libero mercato sempre più gravato di globalizzazioni mancanti di controlli politici democratici

E tuttavia gli aspetti negativi della globalizzazione sono quanto mai visibili non solo nell'atroce aumento delle disuguaglianze di redditi e di opportunità socio-sanitarie nel mondo e nei singoli paesi, ma anche nei crescenti squilibri politici di potere. Il prof. Ardigò conclude: << Quel che è certo è che dopo tali eventi - e si riferisce alla battaglia di Seattle e dopo Seattle - i nostri volontari locali, anche quelli più attivi del non profit delle imprese sociali, non potranno più ignorare che il libero mercato, pur valido promotore di benessere, è sempre più gravato di globalizzazioni economiche mancanti di controlli politici democratici >>. Questo discorso diventa drammatico dopo la guerra dichiarata del terrorismo islamico agli Stati Uniti, prima con gli attentati di settembre, poi esplicitamente con la dichiarazione di Bin Laden alla guerra santa. Le conseguenze di questa nuova drammatica situazione internazionale ricadono prima di tutto e soprattutto sui paesi più poveri del mondo. L'emozione per i fatti gravi che stiamo vivendo può mettere in ombra o far dimenticare che i ricchi e i potenti capi del terrorismo islamico sfruttano sia la fede religiosa fanatizzata di parte del popolo islamico, sia soprattutto le condizioni di povertà e di disperazione in cui vive la gran parte del miliardo e 185 milioni di musulmani, come pure almeno un altro miliardo di esseri umani.

 

La funzione di advocacy a livello internazionale

Certamente occorre colpire i terroristi, ma il problema vero è risalire le cause e togliere l'humus che alimenta questa peste del terrorismo, cioè le condizioni di povertà e disperazione in cui vivono due terzi dell'umanità. Questa è l'advocacy internazionale per un'etica globale.

Per esercitare questa funzione di advocacy il volontariato non ha bisogno di formare un partito né diventare a far parte di un partito: anzi,non lo deve fare, perché le logiche e le strategie dei partiti e delle libere organizzazioni della società sono diverse, anche se tutte dovrebbero convergere nell'unico obiettivo di contribuire al bene comune. I partiti hanno bisogno di rafforzare il proprio senso di appartenenza, di cercare il consenso dei cittadini per esercitare il potere: o per governare, se ottengono la maggioranza, o per fare l'opposizione, se sono minoranza.

Gli altri soggetti politici della società civile che esercitano la funzione politica, come il volontariato e il terzo settore, non hanno bisogno di cercare il consenso, ma hanno la capacità e la responsabilità di orientarlo sui problemi dei più deboli non hanno bisogno di cercare il potere, ma devono controllarlo dal basso a tutela dei più deboli.

Mentre il partito fa coagulare il consenso e l'azione politica degli aderenti sul programma, il volontariato nella sua azione politica promuove l'accordo sui singoli problemi; ci possono essere pertanto delle convergenze trasversali, ad esempio per la tutela dell'ambiente o dei disabili, anche da parte di volontari che hanno appartenenze politiche diverse. E' ovvio però che questa funzione di advocacy richiede una seria formazione, non solo tecnica ma anche politica, e la libertà dal potere politico ed economico.

La fusione delle tre leggi in un'unica legge sul non profit faciliterebbe questa funzione del volontariato? Probabilmente la soffocherebbe e la cancellerebbe.


La pagina
- Educazione&Scuola©