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Il “RESTAURO VIRTUALE” di Nadia Scardeoni

Pagine critiche

ANNA PACIFICO: Il  Restauro Virtuale di Nadia Scardeoni

Una nuova modalità per ‘navigare’ nell’arte

Qualsiasi riflessione critica su di un’opera d’arte rischia d’essere parziale, nel duplice senso dell’ incompletezza e della scarsa obiettività. V’è poi l’impostazione spesso declamativa, propria del tono critico, che lascia a dir poco sconcertati, ancor più per l’assunzione di un linguaggio criptico e, sempre, per la scarsa presa che il freddo tecnicismo esercita sul nostro animo.

Un dipinto, una scultura, come ogni opera d’arte, parla  al cuore, oltre che alla mente, e ognuno di noi è attratto e attratta o respinto e respinta, da quel che vede, senza saperne il perché. Presi dallo smarrimento, si chiede aiuto agli esperti del settore, pronti ad immergerci eroicamente nei meandri della genesi delle opere, a calarci nei cicli storici….terrorizzati dal freddo accenno alle correnti… (provvidenziali cuffie nei musei, guide, manuali e quant’altro se ne trovano a iosa ). C’è, però, che l’insoddisfazione è in agguato, specie per gli incompetenti come me (anche se Flavio Caroli, per la sua magnanimità, mi lasciò il marchio di “la più competente dei competenti”).
Soltanto da qualche anno mi è chiara la causa di tale insoddisfazione. Essa nasce dal fatto che la riflessione critica sull’arte, a mio avviso, sia rimasta ancorata, anche nelle espressioni più evolute, a schemi interpretativi formulati essenzialmente sul significato dei contenuti delle opere. V’è chi si spinge abilmente a profonde e ben articolate esegesi spirituali delle medesime, chi ne coglie i risvolti psicologici, chi si arresta, nel timore di far danni, al dato storico e chi si azzarda a fare tutte queste analisi insieme. Mai finora ci si è spinti oltre, mai finora i critici, gli storici dell’arte, gli studiosi sono stati tentati dall’intraprendere, per quanto io sappia, nuovi mezzi per viaggiare in quel mondo meraviglioso e complesso che ogni opera d’arte rappresenta. Dico ‘viaggio’ perché di viaggio si tratta, a ben vedere; viaggio, come io credo, nell’umano e nelle radici emozionali, che artista e fruitore dell’opera, a un certo punto, si trovano a compiere insieme.

Nadia Scardeoni detiene il primato di un nuovo strumento di lavoro per il restauro dell’opera d’arte che è, a mio parere, qualcosa di più, direi un vero e proprio metodo innovativo anche per la sua ‘lettura’. L’attestazione è sostenuta dal ‘brevetto’ di un linguaggio inusuale che apre a un nuovo pensare, in grado di svelare parti sconosciute e/o indicibili nei termini del linguaggio tradizionale. Ciò è documentato nel lavoro svolto dalla Scardeoni sull’opera di Antonello da Messina e, nello specifico, nel Restauro Virtuale dell’Annunciata, pubblicato sul vol. II della rivista
Lettere Arti Scienze. Non spetta a me illustrare tecniche e modalità, Nadia Scardeoni sarà presente a Roma nella sede del CNR il  19 settembre, per la Tavola rotonda sul Restauro Virtuale: workinprogress. Nuove tecnologie per i beni culturali. (*)



 


Quel che sono in grado di dire, per aver assistito alle performance di Nadia, è che lei penetra e ‘naviga’ nelle opere con delicato e silenzioso rispetto – e sappiamo che il linguaggio del silenzio è la cifra del linguaggio della pittura e della scultura, pertanto Nadia usa un codice che potremmo definire ‘non invasivo’ - incontra l’autore, lo osserva mentre è all’opera, se non addirittura nel momento in cui la pensa, ne afferra lo stato d’animo, ri-conosce nella coscienza estetica e nel percorso esistenziale dell’artista le motivazioni più intense, e ce le riporta. 

A noi non resta che attingere dalla fonte emozionale che ci viene offerta, pregna di silenzi, interiorità, meditazione, serietà, spiritualità, quella che più si addice al nostro stato d’animo, quella che fa vibrare meglio e più intensamente le corde del nostro cuore e potremo sentire compiersi in noi e intorno a noi quella misteriosa “circolarità ermeneutica” che costituisce il vero scopo dell’opera d’arte. Difficile descrivere gli effetti. Soltanto una è, per quel che mi riguarda, sufficiente ad attribuire valore al lavoro di Nadia Scardeoni: la spinta a poetare. L’autrice stessa viene catturata da questa modalità, a confermare che “Poesia e pittura s’intrecciano lungo sentieri misteriosi e nondimeno affascinanti” (Eugenio Borgna).

Ma Nadia Scardeoni può fare questo grazie alle sue particolari doti di sensibilità e passione, oltre che per la competenza che le viene costantemente riconosciuta. Il suo percorso di docente ha seguito e segue, di fatto, un principio coerente: farsi mediatrice d’arte e, fedele alla maieutica (di matrice dolciana) muovere negli altri le diverse sensibilità e attitudini, nella convinzione che nello slancio creativo di ogni artista è racchiuso, più che una speciale dote, un linguaggio ‘salvifico’, capace, cioè, di riscattarci dal dolore e prima ancora dall’insoddisfazione, fonte odierna di molteplici sofferenze. (*)
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Anna Pacifico , scrittrice , poetessa per  "LettereArtiScienze"

 

MARIELLA COLONNA :


 

"MARIA DI ANTONELLO  di  Nadia Scardeoni "


 


 

Ho sempre pensato che uno dei punti deboli della critica, nel tentare l’impresa di decodificare linguaggio e messaggio nell’opera di un artista, sia non aver sottolineato abbastanza il ruolo del destinatario dell’opera. Guardare e comprendere un quadro, o leggere una poesia non significa soltanto “accogliere” sensazioni ed emozioni estetiche, ma accoglierle con una sensibilità e intelligenza ed esperienza diversa da persona a persona. E’ lì che si realizza uno scambio creativo tra il fruitore e l’opera fruita.


 

Finalmente ho trovato in Nadia Scardeoni il caso esemplare di un critico che, invece di sovrapporsi (come spesso accade) all’opera d’arte a cui rivolge la propria attenzione, si appassiona al proprio ruolo di destinatario dell’opera: e si appassiona tanto da lasciarsi penetrare ad una profondità analoga a quella raggiunta dall’Artista -nel nostro caso Antonello- nel momento della creazione. Momento unico e irripetibile, a cui si può giungere soltanto se si è dotati di un’intensa sintonia con lo stesso Artista e dopo aver abbandonato tutte le pretese interpretative; e quando si raggiunge il silenzio dentro di sé, per aprire mente e anima all’ascolto. Sorge da questa dimensione interiore il suo linguaggio evocativo: “L’Annunciata si presenta ai nostri occhi… sola dentro una teca di silenzio buia e palpitante. E’il momento che precede l’Alba e blu siderale è il lieve riverbero del mantello.”

Nonostante la sua grande preparazione culturale e conoscenza della disciplina, Nadia Scardeoni ha raggiunto il silenzio dell’anima e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare da questo suo modo “sacrale” di presentare L’Annunciata, che raggiunge il lettore attento in profondità.


 

Il segno di Dio è ora in Maria. Janua coeli.”

Certo il silenzio dell’anima è fiorito anche dal silenzio dell’opera, in quella circolarità di emozione e percezione del mistero da cui nasce l’incontro di Nadia con l’Annunciata di Antonello e la Maria delle Sacre Scritture.


 

Incontro che Nadia Scardeoni ha drammatizzato rivolgendosi ad Antonello, alla sua “pietas mariana”, per ricreare il clima di umiltà e di preghiera con cui l’Artista si è rivolto alla Madre di Dio prima di ritrarla nell’Attimo che ha unito la terra al cielo: ma Nadia ha anche interiorizzato a tal punto l’opera di Antonello da esprimere in forma lirica un ritratto di Maria che passa attraverso gli occhi del Figlio:


 

“….Io sono il tuo Dio

Io sono accanto a te

Io sono fiero di te…

Tu sei…leggera come una foglia nel vento

Candida come la neve dei crepacci

Incauta

Come un bambino avventuroso

Dolce

Come un frutto pieno d sole.

Tu sei mia Madre

Maria”


 

e dice della nascita di Mater:


 

Piano piano si è alzato il velo sulla “Maria” che avevo dentro…”. Velo alzato ancora sul silenzio dell’anima. Lo stesso velo che Nadia ha voluto difendere dall’incauto e maldestro restauro che aveva profanato la purezza dell’icona-Maria, quel buio dei capelli su cui filtra appena la luce, magistralmente descritto da Venturi nel lontano 1915:

L’ombra, che cade a taglio sulla fronte e si proietta sulla guancia sinistra, ottenebra il collo, staccandone il contorno luminoso del mento e della guancia destra e lasciando intravedere qualche filo lucente dei neri capelli”.

Poteva Nadia non difendere quell’ombra lucente su cui si era appoggiato un irriverente colpo di bisturi estraneo a tutta la vicenda dell’opera?

Naturalmente l’ha fatto appoggiandosi a inconfutabili prove, ha lottato perché l’opera fosse restituita alla perfezione dove Antonello l’aveva condotta, con la sua eccezionale capacità di penetrare nel mistero della Creatura prescelta da Dio ad essere Madre del proprio Unico Figlio.

Nonostante le difficoltà dell’impresa, Nadia Scardeoni continua a condurre la sua lotta in difesa dell’opera che ha afferrato il suo cuore e la sua mente tanti anni fa…fin dal primo incontro.

E, sempre in questo spirito, ha realizzato un restauro virtuale che riporta l’Annunciata alla sua nitida trasparenza originaria. Concludo con l’augurio che tale impegno sia riconosciuto e valorizzato in ogni modo, anche perché si possa raggiungere una conoscenza sempre più intima e completa di un’opera che continua a stupire, ad interrogare, a far riflettere chiunque si fermi a contemplarla.

di Maria Colonna Filippone , Storica dell’Arte

 

Link correlati:

RESTAURO VIRTUALE : http://restaurovirtuale.splinder.com

VRRC http://vrrc1.splinder.com

MARIA DI ANTONELLO http://az.splinder.com

 


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