D.P.R. 14 giugno 1955, n. 503
Programmi didattici per la scuola
primaria
Art. unico
I programmi didattici e le relative istruzioni per le scuole elementari,
pubbliche e private, stabiliti con il decreto luogotenenziale 24 maggio
1945, n. 459, e i programmi per l'insegnamento dell'educazione fisica
nelle scuole elementari approvati con il decreto del Capo provvisorio
dello Stato 8 novembre 1946, n. 383, sono sostituiti dai programmi
annessi al presente decreto e vistati dal Ministro proponente.
I nuovi programmi entrano in vigore dall'1 ottobre 1955 per la parte
relativa alla 1a classe e dall'1 ottobre 1956 per la parte relativa alle
altre classi.
Premessa
I presenti programmi comprendono l'indicazione del fine assegnato alla
istruzione primaria; la descrizione della via da seguire per raggiungere
il fine stesso; un complesso di suggerimenti, desunti dalla migliore
esperienza didattica e scolastica.
Sotto il primo riguardo (indicazione del fine dell'istruzione primaria)
i programmi hanno carattere normativo e prescrivono il grado di
preparazione che l'alunno deve raggiungere: ciò per assicurare alla
totalità dei cittadini quella formazione basilare della intelligenza e
del carattere, che è condizione per un'effettiva e consapevole
partecipazione alla vita della società e dello Stato.
Questa formazione, anteriore a qualunque finalità professionale, fa si
che la scuola primaria sia elementare non solo in quanto fornisce gli
elementi della cultura, ma soprattutto in quanto educa le capacità
fondamentali dell'uomo; essa ha, per dettato esplicito della legge, come
suo fondamento e coronamento l'insegnamento della dottrina cristiana
secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica.
Le indicazioni attinenti al secondo aspetto dei programmi (la via o
metodo da seguire per il raggiungimento degli scopi dell'istruzione
primaria) non hanno il medesimo carattere normativo delle precedenti;
poiché lo Stato, se ha il diritto e il dovere di richiedere
l'istruzione obbligatoria, non ha una propria metodologia educativa.
Va tuttavia osservato che le indicazioni di questo secondo gruppo
sorgono come sintesi concorde e spontanea dalla meditazione sui problemi
attuali dell'educazione e dell'insegnamento. Esse si riconducono
anzitutto alla nostra tradizione educativa umanistica e cristiana: cioè
al riconoscimento della dignità della persona umana; al rispetto dei
valori che la fondano: spiritualità e libertà all'istanza di una
formazione integrale. Da qui derivano: la necessita di muovere dal mondo
concreto del fanciullo, tutto intuizione, fantasia, sentimento; la
sollecitudine di fare scaturire dall'alunno stesso l'interesse
all'apprendere; la cura di svolgere gradualmente le attitudini
all'osservazione, alla riflessione, all'espressione; la costante
preoccupazione di aiutare in tutti i modi il processo formativo
dell'alunno senza interventi che ne soffochino o ne forzino la spontanea
fioritura e maturazione; la consapevolezza, finalmente, che scopo
essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso
determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia e il
gusto di imparare e di fare da se, perché ne conservi l'abito oltre i
confini della scuola, per tutta la vita.
Queste esigenze capitali del processo educativo acquistano un accento di
più diretta attualità, se vengono riconosciute in due istanze
particolarmente vive nella scuola contemporanea: la globalità e
l'aderenza all'ambiente dell'alunno.
Nella psicologia concreta del fanciullo l'intuizione del tutto è
anteriore alla ricognizione analitica delle parti; così la scuola ha il
compito di agevolare questo processo naturale partendo dalle prime
intuizioni globali per snodarle via via nelle articolazioni di un
discorso riflesso. Il fanciullo scopre a poco a poco il significato
delle proprie esperienze, e perciò conviene che con lenta gradualità
scopra l'esistenza delle materie nelle quali il sapere scolastico tanto
più variamente si diversifica, quanto più progredisce verso il sistema
e la scienza.
Il criterio della globalità, più accentuato nei primi anni di scuola,
viene via via attenuato e superato; tuttavia il progressivo affiorare
delle materie d'insegnamento non significa che esse possano sussistere
isolate e indifferenti le une rispetto alle altre. Tutte, ancorché in
misura di volta in volta diversa, si prestano sempre a scambievoli
richiami e integrazioni che sorgono dalle loro molteplici correlazioni
sul piano dell'unita della cultura.
D'altra parte, la consapevolezza delle fondamentali caratteristiche
dell'anima infantile pone la scuola su una linea di naturale continuità
con quanto l'alunno ha già imparato, inteso e sentito nel cerchio della
famiglia, del suo ambiente naturale e sociale, delle istituzioni
educative che abbia frequentato; perciò l'insegnante non può
dimenticare l'aderenza e la partecipazione alla vita dell'ambiente nella
varietà delle sue manifestazioni e nell'ispirazione morale e religiosa
che la anima.
In tal modo il principio della libertà trova una reale attuazione; come
il maestro non deve mai dimenticare che l'educazione dell'alunno non
comincia dalla scuola e non si esaurisce in essa, così i presenti
programmi non intendono creare l'istruzione dal nulla o dal vuoto,
bensì intendono stimolare il costume scolastico già in atto, perché
dia una misura sempre più piena delle proprie energie interiori,
orientandolo al conseguimento delle finalità civili e sociali
dell'istruzione pubblica.
Anche il terzo aspetto dei programmi (suggerimenti più particolari
desunti dalla migliore esperienza scolastica e didattica) va considerato
nello spirito della libertà e nel rispetto della funzione autonoma
della scuola.
Non si è seguita nella elaborazione dei presenti programmi la
distinzione tradizionale tra le prescrizioni programmatiche e le
avvertenze poiché le une e le altre vengono ricondotte al processo
della ricerca pedagogica e didattica e all'atto vivo dell'insegnamento.
Dopo il rinnovamento operato dai programmi del 1923 e da quelli del
1945, la formulazione di questi nuovi programmi è stata sollecitata
più direttamente da due esigenze: far aderire maggiormente il piano
didattico alla struttura psicologica del fanciullo e tenere conto che
per precetto della Costituzione l'istruzione inferiore obbligatoria ha
per tutti la durata di almeno otto anni.
Per rendere questi intenti praticamente attuabili, è stato alleggerito
il carico delle nozioni rispetto ai programmi quinquennali precedenti e
sono stati elaborati programmi graduati per cicli didattici. Tali cicli
rispettano per la loro durata le fasi dello sviluppo dell'alunno e
rendono meglio possibile un insegnamento individualizzato in relazione
alle capacita di ciascuno, così che in un periodo di tempo a più largo
respiro ogni alunno possa giungere, maturando secondo le proprie
possibilità, al comune traguardo.
D'altra parte, ciò consente che vengano adottati quei procedimenti
saggiamente attivi che spronano il fanciullo nell'operosa ricerca e
nell'approfondimento della consapevolezza di quanto viene imparando.
Spetta naturalmente all'insegnante, in base alle accertate possibilità
dei singoli alunni, di formulare un suo personale piano di lavoro,
distribuito nel tempo, che egli potrà eventualmente aggiornare alla
luce di una sempre più approfondita conoscenza della scolaresca.
Una vecchia opinione popolare considerava la scuola elementare come la
scuola del leggere, dello scrivere e del far di conto. Si può
intenderla ancora oggi così, salvo una accurata determinazione del
significato di queste parole. Nell'auspicare una scuola che insegni per
davvero a leggere si esige che da essa escano ragazzi che ragionino con
la propria testa, giacché saper leggere è ben anche aver imparato a
misurare i limiti del proprio sapere e ad esercitare l'arte di
documentarsi. Analogamente saper scrivere vale saper mettere ordine
nelle proprie idee, saper esporre correttamente le proprie ragioni.
Quanto a far di conto, nel nostro secolo, che è il secolo
dell'organizzazione e delle statistiche, è chiaro che una persona è
tanto più libera quanto più sa misurare e commisurarsi.
Non ci si dissimula l'importanza e la gravità del compito affidato al
maestro. Nessuno, dopo di lui, potrà forse riparare ad una mancata
formazione essenziale, e in questo senso elementare, degli alunni che le
famiglie e la Patria gli affidano. Ed è pur vero che il grado di
civiltà di una Nazione si misura soprattutto dalla cultura di base del
suo popolo.
(OMISSIS)
Educazione morale e civile - Educazione fisica
Anche per quanto riguarda l'educazione morale, civile e fisica, ci si
colleghi al programma del precedente ciclo.
L'ambiente esterno, con i suoi molteplici e frequenti episodi di vita,
unitamente a quello della quotidiana convivenza scolastica, offrirà
all'insegnante le migliori occasioni per conversare sugli argomenti che
rientrano nella sfera degli interessi dell'alunno, al fine di conoscerne
sempre meglio le inclinazioni e le possibilità, e di avviarle
all'azione secondo le norme morali e del vivere civile.
Per la conquista di una prima consapevolezza dei principi direttivi
della condotta, I'insegnante abbia cura di avviare gradualmente l'alunno
alla riflessione sugli atti della vita individuale nell'ambiente
scolastico, familiare, sociale. Sul piano delle abitudini ed attività
pratiche si favoriscano in particolare le iniziative anche modeste che
possano condurre l'alunno al dominio di se e alla formazione del
carattere. Esse trovano la loro migliore applicazione quando
l'insegnante favorisce l'attività svolta per gruppi, aperti sempre alla
libera collaborazione di chiunque trovi congeniale il lavoro prescelto.
Questa attività favorirà il sorgere e il rafforzarsi, nelle giuste
proporzioni, del senso della responsabilità personale e della
solidarietà sociale.
A quest'opera di formazione sono naturalmente collegate le esperienze di
vita dell'alunno, che l'insegnante deve vagliare con opportune
conversazioni, e libere e ordinate discussioni. Si dia particolare
rilievo a tutte le esperienze dirette a ottenere il rispetto delle
persone, delle cose e dei locali pubblici, delle norme di circolazione
stradale e di quelle riguardanti la pubblica igiene.
L'ambiente sociale in cui l'alunno vive offrirà occasioni a conversare
sulla famiglia, sul Comune, sulla Provincia, sulla Regione, sullo Stato,
in collegamento con lo studio della storia e della geografia.
L'amore per la Patria si affermi nel sentimento del fanciullo come
naturale estensione degli affetti domestici, e nella sua coscienza come
attuazione dei valori nazionali, ordinati negli ideali della
comprensione internazionale.
L'educazione fisica si consideri connessa all'educazione morale e civile
come mezzo che induce l'alunno a rispettare e a padroneggiare il proprio
corpo, a ordinare la tumultuaria esplosione delle energie, tipica della
fanciullezza, e come tirocinio all'autocontrollo, all'autodisciplina e
alla socievolezza.
L'insegnante avrà cura che l'alunno esegua esercizi relativi all'ordine
e alla marcia, alla corsa, ai saltelli e ai salti.
Negli esercizi di squadra sia dato conveniente posto alle forme ritmiche
atte ad assicurare la scioltezza, l'espressività e l'armonia dei
movimenti.
In questa fase del suo lavoro l'insegnante potrà far tesoro, anche in
connessione col canto corale, degli elementi del folclore locale.
I giochi ordinati di movimento di gruppo continuano ad avere il loro
posto in questo ciclo e si precisano non solo per l'aspetto ricreativo,
ma anche per la loro forma di educazione alla lealtà alla gentilezza,
all'armonia del gioco sportivo.
Giochi ed esercizi fisici debbono svolgersi, per quanto e possibile,
all'aperto.
L'insegnante vigilerà sullo sviluppo fisico dei singoli fanciulli e
consulterà il medico nei casi di sospette alterazioni anatomiche o
funzionali, e terra presente che l'attività fisica comporta un impegno
di energie al pari dello studio.
(OMISSIS)
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