LA CORTE DEI CONTI SEZIONE TERZA
GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai signori magistrati :
Dott. Gaetano PELLEGRINO Presidente
Dott. Silvio AULISI Consigliere
Dott. Angelo DE MARCO Consigliere
Dott. Giorgio CAPONE Consigliere
Dott. Amedeo ROZERA Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al n.17837
del registro di segreteria proposto da B. A.M. avverso la sentenza n.559
dell'11 marzo 2003 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per la
regione Lazio;
Visto l'atto d'appello;
Esaminati tutti gli altri documenti di
causa;
Uditi, alla pubblica udienza del giorno
17 dicembre 2003, con l'assistenza del Segretario Gerarda Calabrese,
il relatore Consigliere dott. Amedeo Rozera, l'Avv. Carla Maria
Gentili per delega dell'Avv. Maria Ilda Biondo ed il P.M. in persona
del Vice Procuratore generale dott. Alfredo Lener.
Ritenuto in
FATTO
Con l'impugnata sentenza la sezione
giurisdizionale per il Lazio ha condannato la sig.ra A.M. B.,
Preside dell'Istituto tecnico "P:Baffi" al pagamento di euro 4272,87
pari al corrispettivo delle supplenze da lei conferite nel periodo
21 settembre 1992 – 19 maggio 1996 in periodi di assenza dal
servizio dei docenti di ruolo inferiori a 11 giorni: ciò in
violazione, secondo il primo giudice, dell'art. 21, comma 14
dell'ordinanza ministeriale n. 371del 29 dicembre 1994, che
attribuiva ai presidi il potere di nomina di supplenti esterni solo
per le assenze superiori ad undici giorni, dovendosi per quelle di
durata inferiore provvedere con l'impiego di insegnanti già in
servizio nella scuola.
Avverso la sentenza ha proposto appello,
con il patrocinio dell'Avv. Maria Ilda Biondo, la B. per i seguenti
motivi:
a) addebiti fondati su norme posteriori
ai fatti contestati, in quanto il citato art. 21 è contenuto in
un'ordinanza emanata il 29 dicembre 1994, laddove i fatti si sono
verificati tra il 21 settembre 1992 ed il 19 maggio 1996: né rileva
in contrario il richiamo all'art. 14 del DPR 399/1988, atteso che ai
sensi dell'art. 1 del medesimo DPR, quest'ultimo ha avuto validità
limitata a tre anni; in ogni caso si è in presenza di un mutamento
di causa petendi da parte del primo giudice che ha fondato la
responsabilità della Preside sulle norme contenute nel DPR 399/1988,
laddove il Procuratore generale la aveva convenuta in giudizio per
pretese violazione dei principi posti nella richiamata ordinanza
371;
b) erronea interpretazione dell'art. 21
dell'o.m. n. 371 in quanto il primo giudice non ha tenuto conto
delle disposizioni che consentono al Preside di conferire supplenze
temporanee anche inferiori a 10 giorni qualora non sia possibile
ricorrere a personale in servizio; in ogni caso, secondo
l'appellante, l'eventuale spesa per lavoro straordinario di detto
personale sarebbe stata superiore a quella sostenuta per il
conferimento delle supplenze;
c) rigetto delle istanze istruttorie ed
onere probatorio: in particolare, viene reiterata la richiesta di
prova testimoniale e di nomina di un CTU e viene ribadito l'onere
della Procura regionale di dimostrare se vi fosse possibilità
concreta di sostituzione dei docenti assenti; in subordine, si
insiste sull'eccezione di prescrizione;
d) mancato uso del potere riduttivo
dell'addebito; l'atto d'appello conclude, quindi, affinché, previa
sospensione dell'esecutorietà della sentenza impugnata, in via
istruttoria, vengano ammessi i mezzi di prova richiesti in primo
grado; nel merito, venga respinta la domanda con conseguente
assoluzione della B. e, ancora nel merito ed in subordine, venga
rideterminato il quantum della spesa che si sarebbe verificato
utilizzando il personale in servizio da retribuire con lo
straordinario, esercitando altresì il potere riduttivo
dell'addebito.
Il Procuratore generale ha depositato le
proprie conclusioni in data 20 ottobre 2003 eccependo
l'inammissibilità dell'appello nella parte in cui chiede la
sospensione degli effetti della sentenza impugnata. discendendo la
stessa dalla proposizione del gravame, chiedendo, in sede
preliminare di merito, il rigetto dell'eccezione di prescrizione, e,
nel merito, il rigetto del medesimo per i seguenti motivi:
a) l'art. 21 della ricordata ordinanza
ministeriale va letto in armonia con il richiamato (ed allora
vigente) art. 14, comma 12 del DPR 399/1988, non abrogato
espressamente dai successivi DPR;
b) è irrilevante il richiamo ai commi 15
e 16 dell'art. 21 che consentono il ricorso al supporto esterno di
docenti ove non sia possibile sopperire alla copertura di assenze
temporanee con personale di ruolo, in quanto all'inizio dell'anno
ogni docente è tenuto ad assicurare la propria disponibilità per tre
ore di servizio oltre l'orario normale da utilizzare, fra l'altro,
per supplenze di docenti assenti;
c) è infondata le censura in ordine alla
mancata attivazione dei richiesti mezzi istruttori, atteso che alle
supplenze ed ai conseguenti esborsi di denaro si sarebbe potuto
sopperire senza ricorrere a docenti esterni o al lavoro
straordinario del personale di ruolo;
d) per quanto riguarda la richiesta di
applicazione del potere riduttivo dell'addebito il Procuratore
generale si rimette alle valutazione del Collegio.
In data 20 novembre 2003 l'appellante ha
depositato altra memoria con la quale replica alle conclusioni del
Procuratore generale e conferma, svolgendo ulteriori considerazioni,
il contenuto dell'atto d'appello.
All'odierna pubblica udienza l'Avv.
Gentili ha confermato il contenuto e le conclusioni dell'atto
d'appello svolgendo ulteriori ed articolate considerazioni; il P.M.
ha confermato, in via principale, il contenuto dell'atto
conclusionale e, in subordine, ha chiesto l'adozione di un'ordinanza
istruttoria volta ad acquisire dati relativi all' organico dei
docenti in servizio all'epoca dei fatti di causa ed alla
disponibilità ed effettiva utilizzazione di ore di insegnamento
oltre quelle curriculari.
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente, va dichiarata
inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza
impugnata, in quanto la stessa consegue automaticamente alla
proposizione dell'appello ai sensi
dell'art. 1,
comma 5 del D.L. 15 novembre 1993 [1] convertito nella
legge 14 gennaio 1994 n. 19, atteso che la disposizione di cui
all'art. 10
della l. 21 luglio 2000 n. 205 [2] si applica ai soli
giudizi pensionistici.
Riguardo al merito del giudizio, l'esame
della condotta dell'appellante va effettuato, ad avviso del
Collegio, sotto il profilo della sussistenza o meno della colpa
grave, alla luce delle circostanze che hanno connotato lo
svolgimento della vicenda di causa.
Ricorda in proposito il Collegio che, ai
fini dell'individuazione della colpa nell'intensità richiesta, non è
sufficiente il mero riscontro della violazione di norme di legge o,
in generale, di norme di comportamento attinenti alla migliore
tutela dell'interesse dell'ente pubblico, essendo necessario che
tali violazioni – ove non abbiano carattere macroscopico di per sé
per la natura ed il contenuto dell'obbligo di servizio violato
ovvero per le modalità attraverso cui si sono concretizzate – siano
accompagnate da un "quid pluris", sintomatico di volontà colpevole
caratterizzata da particolare intensità (Sez. I^, n. 178/199).
In altri termini, la preclusione
dell'azione di responsabilità in difetto di colpa grave va intesa
nel senso che negligenze, disattenzioni, scarsa prevedibilità di
eventi di per sé non sono idonei far sorgere la responsabilità:
l'elemento soggettivo in questione deve consistere nel poter
rimproverare, con un giudizio a posteriori, di aver tenuto un
comportamento che, nel momento in cui l'azione è stata posta in
essere e nelle condizioni in cui il soggetto agente ha potuto
operare, doveva e poteva essere diverso in aderenza agli obblighi di
servizio, quali individuati in relazione alla posizione dell'agente
stesso ed in relazione ai livelli di cautela suggeriti dalle
concrete circostanze in cui si è verificato l'evento dannoso (Sez.
III^, n. 23/2001).A tal fine, l'agente va idealmente inserito nel
modulo organizzativo della propria amministrazione, dovendosene
valutare il comportamento tenendo conto anche delle eventuali
maggiori o minori carenze della stessa: ciò nel senso che il rigore
della valutazione della colpa grave sarà direttamente proporzionale
alla qualità dell'organizzazione amministrativa (Sez. Riun. N.
66/1997). Il tutto, in aderenza al regime della
responsabilità
amministrativa posto dalla legge 639/1996 [3] che ne
fonda la limitazione alle ipotesi di dolo o colpa grave sulla
complessità dei doveri d'ufficio incombenti ai pubblici dipendenti
inseriti in una struttura organizzativa: regime che costituisce
espressione del principio per cui la rilevanza e la centralità della
colpa in termini di responsabilità per risarcimento del danno non
costituiscono più l'unico criterio di imputazione della
responsabilità, affiancandovisi quella del rischio che, in parte,
viene fatto ricadere sull'Amministrazione danneggiata.
Orbene, alla luce dei suesposti principi
ed in considerazione degli elementi che emergono dagli atti di
causa, il Collegio giudica che nel comportamento della B. non siano
ravvisabili gli estremi della colpa grave: ciò in quanto il
conferimento delle supplenze, pur disposto in evidente, ma parziale,
violazione della specifica normativa di settore (puntualmente
ricostruita nella sentenza di primo grado), tuttavia si è inserito
in un particolare contesto fattuale che, per quanto si dirà, ne ha
ampiamente ridotto quei profili patologici che, diversamente,
avrebbero consentito il superamento della soglia di gravità oltre la
quale si radica la responsabilità amministrativa.
In punto di diritto, è opportuno
sottolineare come dalla necessaria lettura coordinata dell'art. 21,
comma 14 dell'O.M. n. 371 con l'art. 14, comma 12 del DPR 399/1988,
emerge il principio generale per cui per assenze per periodi non
superiori a dieci giorni si debba sempre provvedere con personale in
servizio nella scuola, mentre per assenze che si protraggono per
periodi superiori (undici o più giorni) è possibile il ricorso a
supplenze temporanee, purchè sussistano effettive ed inderogabili
esigenze di servizio e le condizioni della dotazione di docenti
interni e della loro disponibilità a prestazioni eccedenti il
normale orario di lezioni non consentano l'utilizzazione di docenti
in servizio (commi 15 e 16 O.M. cit.): né rileva, in contrario,
l'asserita (da parte appellante) limitata validità temporale (tre
anni) del DPR 399 cit., in quanto, come ha sottolineato il
Procuratore Generale in sede di conclusioni orali, il richiamo ad
esso operato dal comma 14 del ricordato art. 21, lungi dal far
"rivivere"una norma abrogata, riafferma un principio esistente anche
in altri e successivi contratti di lavoro del comparto scuola, come
si evince dal preciso dato testuale contenuto nella circolare n. 301
del 27 giugno 1996 relativa al nuovo CCNL e che esplicitamente
richiama "l'attuale vigenza dell'art. 14, comma 12 del DPR 23 agosto
1988 n. 399"
E' evidente che, rapportando l'attività
posta in essere dalla B. ai principi fissati nel delineato contesto
normativo, non è dubbio che la stessa appare non rispettosa di essi
nella parte in cui sono state conferite supplenze temporanee per
assenze di dieci giorni: ritiene, peraltro, il Collegio che tale
dato debba costituire oggetto di una valutazione globale nel più
ampio contesto di una sostanziale situazione di regolarità, quale
evidenziata, in definitiva, dalla stessa relazione amministrativa –
contabile eseguita dall'Ispettorato Generale di Finanza e trasmessa
dal Provveditorato agli Studi di Roma alla Procura regionale della
Corte dei conti con nota del 20 luglio 1998.
Emerge, infatti, dal predetto atto
ispettivo, da un lato, che per le assenze di durata fino a nove
giorni l'Istituto ha utilizzato regolarmente i docenti già in
servizio con orario cattedra inferiore a 18 ore settimanali,
impiegando, in alternativa, gli altri titolari di cattedra
dichiaratisi disponibili a sostituire i colleghi assenti;
dall'altro, che per le assenze uguali o superiori a undici giorni,
sono state conferite supplenze a docenti esterni: il tutto, in
conformità delle ricordate disposizioni ministeriali.
Dalla descritta situazione di fatto, due
dati emergono in maniera incontrovertibile tali da indurre il
Collegio a ritenere, alla luce dei ricordati principi, non superato,
nella specie, il limite oltre il quale la condotta dell'agente possa
ritenersi caratterizzata da colpa grave. Il primo, per un verso
denota la volontà della Preside - desumibile dal fatto di aver
utilizzato per le assenze di durata fino a nove giorni il personale
interno - di voler comunque ovviare ai problemi scaturenti dalle
assenze dei docenti applicando le disposizioni poste dal ricordato,
compiuto sistema normativo, per l'altro dimostra come il ricorso a
supplenze temporanee per le assenze di dieci giorni sia conseguito
evidentemente all'impossibilità di sopperirvi con gli stessi
strumenti: in altri termini, appare evidente come, per le assenze
non superiori a dieci giorni, la B. abbia tentato di risolvere i
conseguenziali problemi funzionali fin dove è stato possibile nei
limiti delle disponibilità offerte dall'organico, ricorrendo
all'apporto di docenti esterni solo in carenza di tali
disponibilità. L'altro elemento che induce il Collegio a non
ritenere gravemente colpevole la condotta dell'appellante scaturisce
dalla logica considerazione che il meccanismo di sostituzione dei
docenti assenti ha consentito la regolare prosecuzione dell'attività
didattica senza interruzioni o, comunque, alterazioni di qualsiasi
natura: d'altra parte, le spese sostenute per il conferimento di
supplenze hanno trovato riscontro in reali prestazioni di servizio
rese all'Amministrazione, onde corrispondere a comprovate esigenze
didattiche, volte a dare copertura ad ore di insegnamento
finalizzate alla concreta attuazione delle stesse, per evitare il
rallentamento delle relative attività.
Alla luce, quindi, dell'effettiva
attuazione, nella specie, del principio della continuità didattica
(che, di per sé ed in generale, non può evidentemente assurgere a
giustificazione di qualsiasi condotta lesiva del capo d'istituto),
non è dato rinvenire nel comportamento della B. la sussistenza
dell'elemento della colpa grave, in quanto le ricordate circostanze
escludono di fatto che la stessa abbia agito in termini di grave
disinteresse e trascuratezza nell'espletamento delle proprie
funzioni.
Non è senza significato, del resto,
l'adesione offerta, in sede di conclusioni orali dal Procuratore
Generale, alla richiesta, formulata da parte appellante, di indagini
istruttorie volte ad accertare l'effettiva possibilità di
utilizzazione del personale interno: il che denota, anche da parte
dell'organo requirente, quanto meno un dubbio sulle reali
possibilità di far fronte con i docenti già in servizio alle assenze
cui la preside ha ovviato con supplenze temporanee.
Alle considerazioni che precedono,
consegue l'accoglimento dell'appello con assoluzione della B. dalla
domanda attrice.
La pronuncia resa assorbe tutti gli altri
profili d'appello, nonchè la richiesta, formulata in subordine dal
Procuratore Generale, di ulteriori accertamenti istruttori.
Sussistono giuste ragioni per compensare
le spese di giudizio.
P.Q.M
La Corte dei conti – Sezione Terza
Centrale d'Appello, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello
proposto da B. A.M. avverso la sentenza in epigrafe e, per
l'effetto, la assolve dalla domanda attrice.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di
Consiglio del 17 dicembre 2003.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Amedeo Rozera f.to Gaetano
Pellegrino
Depositata nella segreteria della Sezione
il giorno 29 gennaio 2004
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
IL DIRIGENTE
f.to D.ssa Rossana Bernardini |