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Associazione Professionale ProteoFareSapere Amico tra i nemici. Nemico tra gli
amici di Stefano Stefanel E’ sotto gli occhi
di tutti il grado di politicizzazione che ha raggiunto in Italia il
dibattito sulla scuola. Credo sia l’unico caso al mondo in cui un
sistema educativo non viene condiviso nel suo sviluppo più profondo, ma
è oggetto di opposte ideologie che si accusano reciprocamente di portare
alla sfascio le future generazioni. E’ quasi impossibile ascoltare dei
giudizi che prescindano dall’appartenenza e che entrino nel merito
dell’efficacia, efficienza ed economicità del sistema scolastico
italiano e delle sue eventuali modifiche. Per cui diventa difficile
ragionare di contenuti e diventa più semplice esporre delle pratiche o
delle tesi, quasi che un ragionamento generale ed approfondito invece di
sistemare le cose contribuisca solo ad ingarbugliarle. Nemico tra gli amici.
Gli elettori di centro sinistra affermano senza farsi mai sfiorare dal
dubbio che la politica governativa è esclusivamente finalizzata ai tagli
e alla distruzione della scuola pubblica italiana e non accettano alcuna
interlocuzione con chi chiede come mai se la scuola di prima era così
eccezionale l’Italia è scivolata agli ultimi posti di tutte le
rilevazioni internazionali. Il problema del passaggio da una scuola
dell’infanzia e primaria buone ad una secondaria piena di problemi viene
sempre respinto quasi come una provocazione, come se i segmenti non
dovessero interrogarsi reciprocamente sulla genesi del problema. Inoltre
se si pongono dubbi sulla reale qualità del precariato italiano diventa
poi difficile parlare di contenuti, perché comunque si viene accomunati
ai fiancheggiatori del “regime”, che attaccano lavoratori necessari al
sistema per il suo servizio. L’obsolescenza dei programmi, l’eccesso di
materie, lo straripante tempo scuola, il rapporto alunno/docenti sono
tutti argomenti che il centro sinistra si fa scivolare addosso, ma
difficilmente possono essere ricondotti alla protervia del centrodestra.
In realtà prevale nel centro sinistra l’idea di “scuola democratica” in
cui chi fa notare che in quella scuola c’è passata tutta la sgangherata
e revisionista Italia di oggi e che quindi proprio completamente
“democratica” non era, viene visto come una quinta colonna del
berlusconismo. Dire che le riforme di oggi sono modeste, ma comunque
sono meglio dell’immobilismo è toccare il tabù secondo cui da destra non
può venire alcuna idea accettabile sulla scuola. Amico tra i nemici.
Quando si parla di scuola con gli elettori di centrodestra questi
ammettono che la scuola pubblica è in via di distruzione e che gli
ultimi provvedimenti sono deleteri. Ma fanno ricadere tutta la colpa
sullo strapotere sindacale, sulla scuola trasformata in agenzia di
collocamento, sulla scuola vissuta al di sopra delle proprie
possibilità, che hanno costretto l’attuale Governo a tagli sostanziali.
Per cui accettano l’interlocuzione con chi non la pensa come loro solo
se si parte dal concetto che i danni alla scuola sono stati fatti da
tutti, ma soprattutto dal sindacato e dalla sinistra. Per colloquiare
con gli elettori del centrodestra ci si può dividere sui provvedimenti
di Tremonti e della Gelmini, ma non sul riconoscere che il sindacato e i
politici hanno scambiato la scuola per un centro di collocamento dei
laureati italiani. Ovviamente tra gli elettori del centrodestra c’è
un’idea favorevole della scuola privata, che non c’è tra quelli di
centrosinistra ed è radicata l’idea che l’Italia vada male nelle
rilevazioni internazionali perché a scuola insegnano i sessantottini
laureati con il voto politico. Il rapporto tra occupazione e scuola
nuoce alle tesi del centrosinistra, perché l’avvenire degli studenti non
può essere confuso con quello dei professori, così come l’idea che il
sistema sia in grado di assorbire 200.000 precari è di quelle che
nessuno fa sue. Nel centrodestra, però, prevale un certo odio ideologico
per tutto ciò che è sindacalizzato e un’indubbia faziosità nel
difenderele proprie idee denigrando gli altri. E così vengono anche
giustificati i ripetuti “insulti” che dal Governo e della maggioranza
arrivano a docenti e dirigenti o la sottovalutazioni di azioni barbare
come quella avvenuta ad Adro o una certa apologia della bocciatura,
quasi che non fosse quella l’asse portante della dispersione. Dove sta Zazà. Trovare una quadratura del cerchio per chi vuole solo affrontare la scuola in termini di contenuti e di efficacia è quasi impossibile. Se si danno aperture di credito alle tesi governative si viene dipinti come fiancheggiatori dell’Impero del Male; se si sostiene che i tagli orizzontali sono l’omicidio di ogni qualità certificata bisogna ascoltare una tiritera assordante contro i sindacati. Sono tra coloro che credono che la scuola debba abbandonare l’invettiva e mettersi a progettare, perché comunque è l’immobilismo e non l’innovazione (sia pure quella sgangherata del centrodestra) che la uccide. Se ad una brutta innovazione si risponde con l’invettiva o la protesta, la politicizzazione aumenta, se si risponde col progetto forse si fa capire a tutti qual è la strada giusta. Da oltre dieci anni sento parlare dal centrosinistra di “Riforme sbagliate” ma nessuno mi fa leggere quelle giuste, mentre dal centrodestra sento attacchi all’istruzione pubblica senza che venga spesa neppure una parola sulla bassa qualità della scuola privata italiana, rifugio dei precari in attesa dell’immissione un ruolo. La storia, però, ci dice che nel suo momento peggiore (leggi razziali, guerra, fascismo) l’Italia ha dato la risposta migliore (Resistenza). Io sono friulano e il Friuli Venezia Giulia è ancora ricordato per come ha reagito alla sua più grande catastrofe (il terremoto del 1976). Insomma penso si possa anche dire che “grande è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”. |
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