VERSO L'AUTOCERTIFICAZIONE DEL MERITO?

di Claudio Cremaschi e Ferdinanda Cremascoli

Il nuovo contratto della scuola introduce – finalmente! – il principio dello sviluppo della carriera professionale dei docenti Il ministro Berlinguer intervistato in questi giorni dopo la firma del nuovo contratto dice: "Abbiamo fissato il principio che l'insegnante non è un impiegato (...) Con il contratto abbiamo introdotto per tre categorie di docenti una retribuzione aggiuntiva che supera definitivamente il principio dello "stipendio unico" indipendentemente dal lavoro svolto e dalla sua qualità." (Il Sole 24 Ore del 4 marzo 1999).

Lasciando a parte gli incentivi per coloro che lavorano nelle zone a rischio, vengono introdotti due meccanismi di progressione economica, oltre all’anzianità:

a) per gli insegnanti che svolgono funzioni specifiche per la realizzazione del progetto della scuola (le cosiddette "figure di sistema"), che per il momento potranno essere in numero di 50.000, e riceveranno tre milioni lordi l'anno;

b) per gli insegnanti che dimostreranno di avere un livello di preparazione professionale elevato. A questi docenti con almeno 10 anni di servizio, e dopo aver superato alcune prove, verranno corrisposti sei milioni lordi l'anno in più.

Purtroppo i criteri e le procedure con i quali vengono introdotti questi principi, pur sacrosanti, sono talmente impraticabili, corporativi e contraddittori, da renderli non attuabili o peggio da produrre effetti addirittura nocivi e esattamente opposti a quelli che sono auspicati. Sembra di rivivere la storia del contratto precedente. Anche in quell'occasione si disse che finalmente il tabù egualitario era stato infranto: si sarebbero premiati gli insegnanti più aggiornati. Ebbene, abbiamo assistito ad una corsa alle ore di aggiornamento che nulla ha modificato nella qualità della scuola, né ha prodotto alcun riconoscimento della professionalità dei docenti migliori. Oggi l'aggiornamento, tanto sostenuto, è stato completamente abbandonato e, in un delirante eccesso di revisione autocritica, è rimasto sì un diritto, ma non più un obbligo per i docenti.

Ecco i principali motivi per cui le norme del contratto, che pure vuole individuare e premiare il merito, non possono funzionare.

1. Questioni di fattibilità. Entro il 1 gennaio del 2001 (quindi nei prossimi 18 mesi) il 20% dei docenti verrà selezionato mediante una procedura concorsuale su base provinciale, per ottenere un significativo (anche se non strabiliante) miglioramento retributivo. Non si tratta (giustamente) di concorsi per soli titoli; sono previste prove d’esame, corsi e commissioni. L’unico prerequisito per partecipare è 10 anni di servizio. Non c’è ragione perché qualcuno degli aventi diritto vi rinunci, quindi si tratta di un maxiconcorso che, si può stimare, interesserà mezzo milione di insegnanti. In una provincia media si tratta di 10.000 docenti (non parliamo di Roma, Milano o Napoli). Come si può pensare di mettere in piedi un sistema di commissioni, di prove di questa dimensione? Quali assurde discrezionalità e arbitrii, quali spese, quale spreco di energie distolte dal quotidiano lavoro della scuola, sia per i docenti (ovviamente concentrati verso i concorsi, più che verso il lavoro quotidiano) sia per i membri delle commissioni! (mentre partono anche le commissioni per i nuovi concorsi). E questo proprio in un periodo che, con l’entrata a regime dell’autonomia, richiede il massimo di concentrazione e di impegno nelle scuole per progettare creare, verificare.

2. Cosa si valuta? Si parla di "prove riguardanti la metodologia e le conoscenze disciplinari": non rischiamo di avere un doppione delle prove concorsuali che ogni docente ha già superato? E sono valutabili con un esame le competenze didattiche dell'insegnante capace di formalizzare un percorso didattico chiaro negli obiettivi, nei criteri di valutazione, nella gestione del lavoro degli studenti? Non sarebbe più appropriato valutare sul campo queste capacità? Stupisce che si vogliano valutare titoli, i documenti, le pubblicazioni, ma non si faccia cenno alla attività più significativa del docente: il lavoro quotidiano con gli studenti, che, si dice, non si può – noi diciamo non si vuole – valutare.

3. "Meritevoli", per quali funzioni? Per i docenti la posta in palio, sottoponendosi ad un esame, è semplicemente quella di puntare a uno stipendio più alto, per poi tornare nelle classi a svolgere esattamente lo stesso lavoro di prima, fianco a fianco dei colleghi "non meritevoli". E’ uno spreco insensato di risorse che non produce messa in circolo di professionalità, ma solo di gelosie e rivalità.

4. Chi valuta? La professionalità docente viene valutata da una commissione provinciale. Formata da chi? Da ispettori o da docenti universitari, che non vivono la realtà della scuola? da colleghi in servizio o magari in pensione? O magari da presidi, ai quali si impedisce la valutazione dei propri docenti, ma che andranno a valutare quelli delle altre scuole? Nella valutazione delle figure di sistema "il Collegio Docenti designa i responsabili sulla base delle valutazioni comparative di esperienze professionali …" Qui i docenti non passano nemmeno al vaglio di una commissione esterna, ma al giudizio dei propri colleghi. Siamo all'autocertificazione del merito!

5. Le contraddizioni con il Decreto sulla dirigenza. Il contratto entra in conflitto con il Decreto Legislativo 6 marzo 1998, n. 59, che disciplina la qualifica dirigenziale dei capi di istituto. In esso si attribuisce al preside la scelta delle figure di sistema: "Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, (...)". Il contratto appena firmato ribadisce questa decisione all'art.12, ma subito dopo all'art. 21 afferma: "Tali funzioni sono identificate ed attribuite dal collegio dei docenti, in coerenza con specifici piani dell'offerta formativa (...)". Come non vedere la conflittualità che si innesca a causa del sovrapporsi delle competenze? Come non immaginare l'immobilismo che ne deriverà ed il riprodursi del male antico della scuola, dove sembra essenziale la garanzia che nulla cambi?

In realtà questo accordo contrattuale fa di tutto pur di evitare che il preside faccia quello che il decreto sulla dirigenza scolastica (già approvato!) prevede che faccia: essere responsabile della gestione e valorizzazione delle risorse umane, che nella scuola sono quasi tutto. Così l’autonomia delle scuole nasce come un mostro senza testa, senza organo di governo, senza responsabilità. L'autonomia richiede che si definiscano con chiarezza competenze e responsabilità e procedure di valutazione: anche dei presidi, naturalmente! Ma il contratto appena firmato è un provvedimento che entra in conflitto con l'idea del preside manager, di cui tanto si parla, e il conflitto non potrà che produrre immobilismo. Sarebbe invece necessaria un po’ di coerenza, meno contradditorietà.

In fondo basterebbe poco per correggere i meccanismi proposti introducendo una carriera professionale vera, che premi sul serio il lavoro dei docenti migliori, che sia effettivamente realizzabile senza sconsiderati carrozzoni burocratici (forieri di ben altre iniquità che non la valutazione del capo di istituto), che produca dinamiche positive nel personale e conseguentemente migliori i servizi offerti.

Ci limitiamo a due semplici proposte.

  1. Per quanto riguarda l’individuazione e la valutazione delle figure di sistema, che sono gli strumenti che concorrono alla realizzazione del progetto della scuola la responsabilità non può che essere del capo di istituto (in coerenza con il Decreto sulla dirigenza scolastica, che è già legge) eventualmente all’interno di un’ampia rosa di aventi titolo o di designati dal Collegio. Il Collegio docenti deve valutare progetti e risultati, ma non può entrare nel merito delle persone.
  2. Il 20% del personale di provate capacità professionali non deve essere individuato su scala provinciale, ma all’interno di ogni istituto scolastico. A questa progressione economica deve però corrispondere anche un diverso status professionale, con mansioni che si affianchino all'insegnamento: potrebbe essere il tutor dei colleghi più giovani, realizzando quelle attività di formazione in servizio che appaiono sempre più indispensabili; il coordinatore delle arre disciplinari e dei consigli di classe. La selezione andrebbe affidata non a una improbabile commissione esterna ma al Comitato di valutazione, organo che già esiste nella scuola, da riformare e valorizzare perché, lavorando su procedure certe e trasparenti, possa essere realmente in grado di valutare e premiare la professionalità.

Il nuovo contratto positivamente sancisce il principio che il merito non si retribuisce con un incentivo deciso da organi collegiali, ma con un beneficio economico certo e quantificato nel contratto stesso. Delinea anche l'esistenza di contratti (plurale) diversi all'interno della scuola, ma lo fa minando la responsabilità del preside ed affidando la differenziazione delle figure professionali ad una procedura macchinosa da un lato, demagogica dall'altro, comunque tale da vanificare ogni buona intenzione.



LE FastCounter