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GLI ORARI DI LAVORO DEGLI INSEGNANTI
IN EUROPA di Pino Patroncini
"A salari europei orari di lavoro europei" è questa l'obiezione che si sente fare tutte le volte che si avanza la rivendicazione rivolta a portare entro i parametri europei gli stipendi degli insegnanti italiani. Ma quali sono gli orari di lavoro europei? E quale è negli altri paesi la rappresentazione contrattuale di un orario così difficile da definire quale è quello degli insegnanti? Non solo lezioni. Tutti coloro che si occupano di scuola sanno che ricondurre gli orari dei docenti al solo orario di lezione frontale è fuorviante. Esiste infatti un lavoro sommerso di cui da anni si rivendica la visibilità. Se non che tutte le volte che si cerca di codificare un orario, il timore, per non dire il panico, che serpeggia in categoria è che alla codificazione di un orario si accompagni una sua esigibilità tale da comportare un aggravio del peso della funzione docente. Non si tratta evidentemente solo di opportunismi, ma anche della difficoltà di codificare il lavoro docente, lavoro creativo per antonomasia: oltre alla difficoltà di catalogare impegni diversi e che non tutti hanno (pensiamo alla correzione dei compiti, al diverso numero di contatti con i con i genitori, a sua volta causato dal diverso numero di classi o dalla differente importanza attribuita alle discipline), c'è sempre il rischio che il codice registri un compito nuovo da svolgere e ne dimentichi uno già effettivamente svolto. Questo ha fatto sì che nella storia contrattuale dei docenti italiani si siano assunte soluzioni di compromesso: le 20 ore mensili di gestione oltre l'orario di lezione in vigore nel periodo 1974-1982, le 210 ore annue in vigore dal 1982 al 1988, le 40 ore annue + 40 attualmente in vigore, ma non più comprensive di scrutini e ricevimento parenti. Impiegati e/o professionisti. Si trattava e si tratta di soluzioni a metà tra un "utopistico" orario onnicomprensivo e una altrettanto improbabile "età dell’oro" in cui si faceva solo lezione o, se si preferisce, tra una concezione del lavoro docente spesso denunciata come impiegatizia e una sua definizione come lavoro da professionista, qualcuno dice persino da artigiano, che non risponde quindi a vincoli di orario ma di qualità del prodotto. Una concezione quest’ultima non priva di fascino per la categoria, fin quando non approda, appunto, alla strettoia della valutazione della qualità professionale, con tutti suoi corollari di imprevedibilità, soggettivismo e arbitrio. E allora ecco che si torna al problema di dover riconsiderare in termini più oggettivi il lavoro e quindi ciò che da Ricardo in poi l’economia classica ha assunto come parametro tra i parametri: il tempo di lavoro. E. sebbene la critica dell’economia politica abbia messo in luce i limiti e persino le mistificazioni della teoria ricardiana ai fini dell’emancipazione del lavoro salariato, è pur vero che da allora il riferimento all’orario di lavoro costituisce un arnese insostituibile dell’armamentario sindacale per la tutela del rapporto di lavoro. Può consolarci il fatto che anche negli altri paesi europei questo problema non sia stato del tutto risolto, ma non vi è dubbio che in toto o in parte l’orario di lavoro resta una delle pietre angolari per definire il rapporto di lavoro nella scuola, che resta comunque, nonostante i suoi margini di creatività e autogestione, un lavoro dipendente. La difficoltà di una comparazione. Mettendo in relazione i dati rilevati dalla Commissione Europea nel 1996 e quelli dell'inchiesta Aft del 1993, senza per altro escludere qualche incongruenza dovuta allo scarto temporale e soprattutto alla diversità delle fonti, si possono ricavare alcune tabelle. L'intreccio tra i dati riportati nelle tabelle ci offre comunque tutta la multiformità dei modelli contrattuali esistenti in Europa. Non si tratta complessivamente di comparazioni facili, perché vi entrano parecchi fattori turbativi quali:
Soprattutto quest’ultimo aspetto merita attenzione. Grosso modo a livello europeo possiamo dire che la rappresentazione del lavoro docente dal punto di vista dell’orario divide quest’ultimo in tre aree:
Normalmente la terza è comprensiva, talvolta ampiamente comprensiva, delle prime due e la seconda è aggiuntiva alla prima. Questa sistemazione tuttavia non è esaustiva perché vi sono sistemi scolastici in cui orario di lezione ed orario contrattuale coincidono oppure anche sistemi in cui oltre le ore di lezione non sono previsti altri compiti e tuttavia vi è un orario contrattuale più ampio di quello frontale. Inoltre, come si è già detto, vi sono differenze tra i diversi gradi di scuola. Per cui conviene affrontare separatamente gli orari della scuola primaria e quelli della scuola secondaria. Gli orari di lezione. Nel merito, per ciò che riguarda gli orari di lezione abbiamo nella tabella 1 un raffronto tra gli orari settimanali dei diversi paesi europei che fa giustizia di alcuni luoghi comuni.
NB. Gli orari qui riportati sono calcolati in ore di 60 minuti. In numerosi paesi questi corrispondono a più spazi di 50 minuti ( Lussemburgo sec., Belgio, Paesi Bassi sec. ), 45 minuti (Danimarca, Finlandia, Germania) e anche 40 minuti (Regno Unito , Svezia) La media degli orari di lezione settimanali europei si attesta a 23ore nella primaria, a 20 ore nella secondaria inferiore e a 18 ore e 20 minuti nella secondaria superiore e da questi dati emergono tre conseguenze:
Gli orari di lavoro della scuola primaria. Dalla tabella numero 2 balza agli occhi per primo il caso del Regno Unito, almeno per quello che riguarda Inghilterra Galles e Irlanda del Nord ( la Scozia ha un sistema a parte): è l'unico modello che non prevede un orario annuo di lezione, ma solo un orario contrattuale complessivo, anche se vediamo dall'inchiesta Aft che l'orario settimanale di lezione può oscillare tra le 24 e le 30 ore. Sappiamo però che nel caso inglese l'esigibilità dell'orario non fa sconti e quindi anche se non riportato, quello dedicato agli altri compiti oscilla tra le 8 e le 2 ore, a formare un orario complessivo settimanale di 32 ore, che moltiplicato per 39 settimane lavorative copre quasi completamente l'ammontare annuo. Se ne deduce anche che nella settimana lavorativa che non coincide con le lezioni l'orario viene comunque rispettato per intero. All'estremo opposto si colloca la Germania, la quale non sembra avere invece nessun orario contrattuale complessivo. L'orario tedesco corrisponderebbe esattamente a quello frontale.
Fonte: Eurydice 1996. (*) Aft 1993 Va notato che su 15 sistemi scolastici, 7 sulla colonna degli orari annuali non sembrano prevedere impegni ulteriori rispetto all'insegnamento, nonostante gli orari contrattuali prevedano un monte ore più ampio, oppure non quantificano questi impegni. Di Inghilterra e Germania abbiamo già detto. Nel caso della Francia sappiamo che la definizione reale dell'orario è formalmente di 27 ore (26 +1 conglobabile nell’arco dell’anno) analogamente a quello che accade nella nostra scuola elementare con le 24 ore che sono gestite a 22+2. Se è poco chiaro che cosa si faccia effettivamente nel caso in cui per gli altri compiti non è previsto un tempo specifico, è possibile invece sapere quali sono gli altri compiti a cui sono chiamati maestri europei che questo impegno lo hanno dichiarato. In Belgio, Grecia, Spagna e Svezia costituiscono un monte ore obbligatorio disponibile per diverse attività. Le 36 ore francesi sono suddivise in 18 di equipe pedagogica, 12 di conferenza pedagogica e 6 di riunioni di consiglio. In Lussemburgo 18 sono disponibili per diverse attività, 18 per ricevimento parenti e 141 costituiscono il limite cautelativo entro cui si può essere impegnati per sorvegliare gli allievi. In Finlandia 76 ore servono per diverse attività obbligatorie e 18 per la formazione in servizio, mentre le 120 ore scozzesi sono suddivise in 90 per la formazione in servizio e 30 per il ricevimento parenti. In conclusione sui 15 sistemi presi in esame in 5 l'orario contrattuale corrisponde approssimativamente alla somma dell'orario frontale e dell'orario dedicato agli altri impegni, in due (Germania e Irlanda) combacia con l'orario di lezione, in uno (Regno Unito, esclusa la Scozia) corrisponde a sé stesso e i diversi impegni ne costituiscono solo una variabile, negli altri 7 abbiamo la tripartizione prima descritta: un orario contrattuale ufficiale, che suddiviso formalmente per il numero di settimane lavorative registrato si colloca tra le 25 e le 40 ore settimanali e che comprende un orario frontale di lezione, un orario di impegni collaterali più o meno consistenti, quando sono definiti, e un'area puramente formale, probabilmente a "gestione individuale".
Gli orari della scuola secondaria . La scuola secondaria mostra un numero maggiore di articolazioni orarie al suo interno. Incidono le differenze tra scuola secondaria inferiore e superiore, e all'interno di quest'ultima tra istruzione generale e istruzione professionale. Ma vi sono anche differenze vistose negli orari annui e settimanali di lezione, differenze che sono riconducibili sia a modulazioni periodiche dell'orario, sia differenti orari per le differenti materie: vi sono paesi, come la Francia ad esempio, dove gli orari frontali sono differenti a seconda che l'insegnante sia di materie artistiche o tecniche piuttosto che generali oppure di educazione fisica, senza contare gli orari diversi a seconda dei diversi inquadramenti professionali di carriera.
Fonte: Eurydice 1996. (*) Aft 1993 Gli orari frontali diminuiscono sensibilmente rispetto alla primaria e il fenomeno si accentua nella secondaria superiore di carattere generale, meno in quella di carattere professionale. Anche gli orari dedicati ad altri compiti diminuiscono. Guardando la colonna degli orari annui dedicati ad altri impegni, su 15 sistemi sono 9 quelli che non prevedono un orario destinato a questo scopo. Comunque a quelli già individuati, che non sembrano imporre ai loro insegnanti orari quantificati diversi da quelli di lezione, si aggiungono nella scuola secondaria la Francia e il Belgio. A colpo d'occhio si ha subito l'impressione che il fatto che gli insegnanti della secondaria "lavorino meno" sia un fenomeno europeo e non solo italiano. Vi sono casi, come il Lussemburgo dove a fronte di una diminuzione frontale di circa 250 ore annue, spariscono anche 141 ore di sorveglianza alunni. Al contrario vi sono paesi dove si registrano aumenti di ore, soprattutto di quelle dedicate agli altri compiti: è il caso della Grecia e della Spagna. In quest'ultimo caso il fatto sembra dovuto al tentativo di mantenere costante l'orario contrattuale e il rapporto tra questo e quello effettivamente esigibile. Complessivamente sono 7 gli orari contrattuali che non mostrano modificazioni tra primaria e secondaria ( tra questi l'ineffabile Regno Unito) e uno che non mostra differenze tra primaria e secondaria inferiore: si tratta della Svezia che è anche l'unico paese in cui cresce l'orario contrattuale, e in qualche caso anche quello frontale, nel passaggio alla secondaria superiore. Questo conferma l'idea che il modello di rappresentazione oraria prevalente è quello concentrico costituito da un orario ufficiale "largamente comprensivo" dell'orario frontale e degli altri impegni, laddove ci sono. Negli altri casi si riproduce quanto già detto per la primaria con un solo modello ad orario assolutamente onnicomprensivo, il Regno Unito, e altri praticamente col solo frontale.
Fonte: Eurydice 1996. (*) Aft 1993 Testimonia l'impostazione il fatto che gli stessi 7 sistemi scolastici di cui sopra, con l'aggiunta della Grecia, hanno un orario contrattuale annuo che supera le mille ore. La cosa si riproduce in maniera più vistosa nell'istruzione professionale dove l'orario contrattuale supera le mille ore in 9 casi su 13 (i sistemi del Regno Unito non distinguono tra istruzione professionale e istruzione generale). Nella stessa istruzione professionale, dove mancano i dati circa le ore dedicate ad altri compiti ovvero dove si può presumere che queste siano uguali a quelle previste nella secondaria superiore generale, le ore frontali rimangono le stesse dell'istruzione generale solo nella metà dei casi e le ore contrattuali in 8 casi su 13. Allo stesso modo non si può dire che la scuola europea richieda un impegno degli insegnanti anche nei periodi di vacanza degli alunni: in 9 casi su 15 le settimane di lavoro si identificano con quelle di scuola o le sopravanzano di una sola settimana, giusto il tempo per fare gli scrutini, verrebbe da dire, o per preparare la riapertura delle scuole, l'accoglienza ecc.. E in un decimo caso, la Finlandia, la rilevazione è ambigua, come se ci fossero due orari, uno "industriale" ufficiale e uno "scolastico " reale. In due casi, Grecia e Spagna, le settimane di lavoro oltre l'orario scolastico arrivano a quattro. Solo tre paesi, Danimarca, Germania e Portogallo prevedono un calendario lavorativo di tipo "industriale", che però nel caso tedesco non è neppure suffragato da un adeguato monte ore.
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