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MARIA CRISTINA PAOLETTI VIGILANZA SUL MINORE E RESPONSABILITA’ DEL DOCENTE *****
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Nell’affrontare il tema della responsabilità civile e patrimoniale del personale docente in materia di vigilanza sugli alunni , questo scritto vuole essere un contributo finalizzato da una parte ad offrire alcuni elementi di chiarezza giuridica e dall’altra ad evidenziare alcuni punti "critici" che costituiscono ancora "zone d’ombra" a causa dei persistenti contrasti interpretativi da parte della giurisprudenza.
Il presente lavoro ha come suoi destinatari principali i docenti stessi e ciò spiega l’approccio non esclusivamente giuridico e le considerazioni a tratti di carattere di ordine sociologico e pragmatico che ne caratterizzano la seconda parte.
LA RESPONSABILITA’ AGGRAVATA PREVISTA DALL’ART. 2048 c.c. E’ opportuno delineare in primo luogo lo specifico quadro normativo di riferimento che è di natura sia legislativa ( art. 2048 del Codice Civile relativo alla responsabilità dei precettori; art.61 della L. 11 luglio 1980 n. 312 concernente la disciplina della responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente educativo e non docente ) che contrattuale ( art. 42, 5° comma del CCNL del 14.8.95) (1)
Un riferimento alla vigilanza è presente anche nell’art.10 lettera a) del Testo Unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione n. 297 /94 in cui si prevede che il Consiglio di circolo o di istituto delibera sull’adozione del regolamento interno che " deve stabilire le modalità …. per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola, nonché durante l’uscita dalla medesima ".
Le disposizioni previste dall’art.350 del Regio Decreto n.1297 del 1928 relativo a specifici doveri di sorveglianza in capo agli insegnanti elementari (2) e dall’art.39 del Regio Decreto n.965 del 1924 concernente i compiti di vigilanza negli istituti di istruzione media (3) non sono più applicabili ai sensi dell’art.82 del CCNL del 1995 in attuazione di quanto disposto dall’art.72 del D.Legs. n.29 /1993 .
In base a giurisprudenza risalente e consolidata , il personale insegnante delle scuole sia private che pubbliche rientra nella nozione dei cosiddetti " precettori " di cui all’art. 2048 , 2° comma del C.C. (4) Per l’applicabilità dell’art.2048 c.c. anche ai dipendenti statali cfr. Cass. Sez.Un. 3.2.72, n.260 ( in CED rv 356078) e Cass. Sez. Un. 9.4.73 , n.997 , in CED rv 363395) . Dunque, gli insegnanti in genere sono responsabili dei danni causati a terzi "dal fatto illecito dei loro allievi… nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. "
Ove si tratti di docenti di una scuola pubblica , la responsabilità si estende alla pubblica amministrazione in virtù del principio organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione (5)
Va qui rilevato, ma la questione sarà affrontata in seguito, che alla responsabilità degli insegnanti può accompagnarsi quella delle autorità scolastiche qualora la mancata vigilanza derivi da carenze nel loro operato.
Soffermandoci invece sul dovere di vigilanza di cui sono investiti gli insegnanti, è necessario evidenziare che l’art. 2048 , 3° c . del c.c. prevede una responsabilità "aggravata" (6) a carico dei docenti in quanto essa si basa su di una colpa presunta , ossia sulla presunzione di una "culpa in vigilando", di un negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza sugli allievi, vincibile solo con la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto (7) .
E’ necessario cioè che venga provato da parte dell’insegnante il caso fortuito, ossia un evento straordinario non prevedibile o superabile con la diligenza dovuta in relazione al caso concreto ( età, grado di maturazione degli allievi, condizioni ambientali ecc) . La prova liberatoria è stata, inoltre, caricata dalla giurisprudenza di un contenuto nel tempo sempre più gravoso . I "precettori " non si liberano dalla responsabilità se non dimostrano in "positivo" di aver adottato in via preventiva le misure idonee ad evitare la situazione di pericolo favorevole alla commissione del fatto dannoso . (Cfr. Cass. Sez. Un. 9.4.73, n.997. cit. , ove si ritiene che la presenza dell’insegnante avrebbe potuto impedire l’evento dannoso con un intervento tempestivo finalizzato a dividere i due alunni che litigavano , evitando così che le ingiurie sfociassero in colluttazione )
Dinanzi ad una regola così rigorosa, resa ancor più severa dall’orientamento delle Corti sul piano della prova liberatoria , si impone qui una prima precisazione. La giurisprudenza di legittimità sull’art. 2048 c.c. registra due filoni interpretativi.
Secondo un primo orientamento, l’art. 2048 2° c. del c.c. prevede la responsabilità dei "precettori" nella sola ipotesi del danno causato a terzi dal " fatto illecito" dei loro alunni commesso nell’arco di tempo in cui essi sono sotto la loro sorveglianza. Invero, la giurisprudenza risalente ( cfr. Cass. 28.7.67 n. 2012, in CED rv 329060), ma non mancano pronunce recenti nel medesimo senso (Cass. civile sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135, in Giur. it. 2000, 507) , interpreta la norma in senso restrittivo per cui non ritiene sussistente la responsabilità prevista dall’art. 2048 nel caso di danno che l’alunno abbia causato a sé stesso
Un secondo orientamento, invece, ha ritenuto applicabile la norma anche in questa seconda ipotesi . Si veda la già citata Cass. .3.2.72, n.260 ove si afferma che " la vigilanza è diretta ad impedire non soltanto che gli alunni compiano atti dannosi a terzi ma anche che restino danneggiati da atti compiuti da essi medesimi, da loro coetanei o da altre persone ovvero da fatti non umani "(8).
Secondo i fautori della prima interpretazione, il danno auto-procuratosi dall’alunno non resta sfornito di tutela, poiché la responsabilità viene comunque rinvenuta nell’ambito del principio di portata generale del neminem laedere di cui all’art.2043 del c.c. , secondo il quale "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno ". Come è noto tale principio sanziona l’illecito extracontrattuale, inteso come violazione del dovere generale di rispetto altrui, attuata mediante la lesione di interessi giuridicamente tutelati nella vita di relazione ( 9).
Il personale insegnante viene considerato responsabile del danno sofferto dal minore (anche se riconducibile a se stesso) in caso di violazione dell’obbligo di vigilare sull’incolumità fisica degli allievi , obbligo per lo più rinvenuto , per gli insegnanti statali, nella normativa di settore ( i citati artt. 350 R.D.1297/1928 e 39 R.D.965/1924 - ora non più applicabili ) o comunque scaturente dall’affidamento dei minori all’ente scolastico .
La condotta omissiva colposa ai sensi dell’art.2043, causa del danno ingiusto sofferto dall’allievo, viene cioè individuata nella violazione dello specifico obbligo giuridico di impedire l’evento che grava sui docenti in relazione al dovere di vigilare sui minori affidati alle loro cure durante l’orario scolastico ( cfr.la già citata Cass. Sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135).
Finora si è fatto indifferentemente uso del termine " alunni " o "minori" . L’obbligo di vigilanza sugli "allievi" previsto dall’art. 2048 c.c. , così come il riferimento contrattuale alla vigilanza sugli "alunni" ( art. 42 , 5°c. CCNL 1995) non deve far ritenere che la responsabilità degli insegnanti possa estendersi anche a situazioni che vedano coinvolti alunni maggiorenni . Infatti, il fondamento di tale responsabilità è la violazione di quei doveri di vigilanza ed educazione che "presuppongono" la minore età degli allievi (10).
Dunque, sia che si applichi l’art. 2048 c.c. o l’art. 2043 c.c., con l’affidamento degli alunni all’istituzione scolastica si attua un trasferimento di quegli obblighi di vigilanza che di regola incombono sui genitori a tutela dei figli "minori" e che restano "sospesi" per il periodo di tempo connesso all’affidamento stesso . Sarebbe incoerente dal punto di vista sistematico che l’ordinamento gravasse gli insegnanti di una responsabilità per danni in relazione ad alunni maggiori d’età quando la stessa resta invece esclusa per i genitori .
Sebbene la giurisprudenza abbia adottato criteri di norma comunque rigorosi nel valutare la condotta del personale insegnante nell’esercizio dell’obbligo di vigilanza sia nel caso di danni arrecati dagli alunni a terzi che in caso di danno a sé stessi , va sottolineato che la diversità del criterio di imputazione (art. 2048 c.c. oppure 2043 c.c.) della responsabilità comporta delle conseguenze non irrilevanti sul piano del regime probatorio .
Se infatti , nell’ipotesi di danno causato dall’allievo a sé stesso, si applicasse il criterio di cui all’ art. 2043 c.c. piuttosto che di quello previsto dall’art.2048 , la prova della colpa così come degli altri elementi costitutivi dell’illecito civile extracontrattuale sarebbe , in base ai principi generali, a carico del danneggiato. Non operando la presunzione di culpa in vigilando , il cui effetto è quello di invertire l’onere della prova, spetta al soggetto che promuove l’azione risarcitoria fornire la prova : a) del danno subito; b) del nesso di causalità tra condotta tenuta dall’insegnante ed evento lesivo; c) della colpa dell’insegnante, e cioè del mancante o insufficiente grado di vigilanza in relazione alle circostanze concrete . In base all’art. 2048 c.c., invece, l’onere probatorio del danneggiato e’ di gran lungo meno gravoso e si esaurisce "nella dimostrazione che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore è rimasto affidato alla scuola, mentre spetta all’insegnante dimostrare di non aver potuto impedire l’evento " ( cosi’ la menzionata Cass. 26 giugno, 1998 n. 6331).
L’ART. 61 LEGGE 11 LUGLIO 1980 N. 312
E’ qui necessario fare un’ulteriore precisazione .
Finora si è fatto genericamente riferimento all’affermazione di responsabilità del personale insegnante . Più correttamente si sarebbe dovuto parlare di responsabilità civile della pubblica amministrazione e di responsabilità patrimoniale degli insegnanti . Infatti, l’art.61 della L.312/1980 ( Nuovo assetto retributivo e funzionale del personale civile e militare dello Stato ) ha profondamente innovato la disciplina della responsabilità del personale della scuola per i danni causati a terzi nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sugli alunni .
Prima dell’entrata in vigore della L.312/80, la responsabilità civile e patrimoniale del personale insegnante delle scuole statali era regolata dagli articoli 22 e 23 del DPR n.3 /1957 ( Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato ) . Ai sensi dell’art. 22, 1 c., "l’impiegato che nell’esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalla legge o dai regolamenti cagioni ad altri un danno ingiusto " è " personalmente obbligato a risarcirlo". L’art.23 , 1 c. precisa che "è danno ingiusto….quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l’impiegato abbia commesso per dolo o colpa grave ". Lo stesso articolo aggiunge che " restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti" e che l ’azione di risarcimento nei confronti dell’impiegato statale " può essere esercitata congiuntamente con l’azione diretta nei confronti dell’amministrazione qualora in base alle norme e ai principi vigenti nell’ordinamento giuridico sussista anche la responsabilità dello Stato". Infine, l’art.22, 2 c. prevede l’azione di rivalsa sul dipendente da parte dell’amministrazione che abbia risarcito il danno in conseguenza dell’azione diretta .
Ai sensi dei suddetti articoli, gli impiegati statali, e tra questi il personale insegnante, rispondevano civilmente verso i terzi solo per dolo o colpa grave per tutte le attività inerenti al loro ufficio. Non rispondevano invece nell’ipotesi di colpa lieve, rispetto alla quale la giurisprudenza aveva affermato la responsabilità diretta dello Stato, che poteva tuttavia promuovere l’azione di rivalsa sul dipendente ai sensi degli artt. 18 e 22 del Dpr.n.3 ,1957. In base alle disposizioni limitative della responsabilità del suddetto Testo Unico, si poteva ritenere che gli insegnanti statali , non avrebbero dovuto essere onerati della responsabilità aggravata di cui all’art.2048 c.c..
Di contrario avviso si è mostrata, invece, come si è visto, la giurisprudenza ( Cass. Sez. Un. 9 aprile 1997 n. 997 cit.) che, interpretando l’espressione dell’art. 23 "salve le responsabilità più gravi…" come un riferimento ai criteri di imputazione della responsabilità e tra questi al criterio di cui all’art. 2048 c.c. - e 2047 c.c. relativo alla sorveglianza sugli incapaci - , ha ritenuto applicabile la regola della presunzione di culpa in vigilando anche agli insegnanti statali .
Rispetto a tale interpretazione particolarmente onerosa, una delle finalità perseguite dall’art. 61 della L.312/1980 , consisteva proprio nel mitigare il regime della responsabilità degli insegnanti statali , riconducendola , come peraltro evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale " entro limiti ritenuti dal legislatore più equi e confacenti , rispetto alla regola, per essi fino ad allora vigente , posta dall’art. 2048". ( Cfr. la sentenza costituzionale del 24 febbraio 1992 n.64, in Giur. It., 1992, I, I,1618, nella quale la Corte affermava la legittimità dell’art.61 rispetto all’art.28 della Cost .)
La lettera dell’art. 61 stabilisce che nel caso in cui l’Amministrazione " risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti a vigilanza ", la responsabilità patrimoniale degli insegnanti è limitata ai soli casi di dolo e colpa grave . Esso prevede, inoltre, che salvo rivalsa nelle suddette ipotesi di dolo o colpa grave, l’amministrazione si surroga al personale "nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi ".
Pertanto, in base a tale normativa, nell’ipotesi di responsabilità per culpa in vigilando gli insegnanti statali non rispondono più personalmente verso terzi rispetto ai quali risponde invece direttamente l’Amministrazione su cui viene a gravare la responsabilità civile nelle azioni risarcitorie, salvo rivalsa dello Stato nei confronti dell’insegnante in caso di dolo o colpa grave .
Non prendendo qui in considerazione l’ipotesi eccezionale del dolo , ossia dell’ipotesi in cui il docente abbia previsto e voluto l’evento dannoso come conseguenza della propria azione od omissione (11), va evidenziato che la giurisprudenza considera colpa grave "una vasta ed evidente difformità tra l’atteggiamento tenuto e quello doveroso, vale a dire una particolare spregiudicatezza , una massima imprudenza ed inammissibile negligenza del comportamento del dipendente " ( Cfr. C.Conti reg. Toscana sez. giurisd., 7 giugno 1996, n. 311, in Riv. corte conti 1996,fasc. 3, 129; Corte Conti sez. II, 3 aprile 1989 n. 63, in Riv. giur. scuola 1989, 1003 )
Mentre risulta pacifico che l’art. 61 abbia apportato una profonda modifica sul piano processuale, escludendo l’azione di danno diretta nei confronti del personale insegnante, con la sostituzione ad esso dell’amministrazione, quale soggetto passivo dell’azione risarcitoria, non altrettanto pacifica risulta la recente interpretazione giurisprudenziale che vede in esso il superamento della responsabilità aggravata connessa alla presunzione di culpa in vigilando .(Cfr. Cassazione civile Sez. Un., 11 agosto 1997, n. 7454, in Giur. it. 1998,1714).
Nella sentenza in esame, i giudici di legittimità erano chiamati a decidere se con l’art.61 della L.312/80 il legislatore avesse voluto escludere l’azione diretta di responsabilità nei confronti degli insegnanti non solo nell’ipotesi espressamente contemplata del danno causato dall’alunno a terzi , ma anche nel caso del danno causato a sé stesso. La Suprema Corte, nell’esprimersi a favore della esclusione della legittimazione passiva del personale docente anche in questa seconda ipotesi, riteneva inoltre che l’art.61, dettando una disciplina speciale rispetto agli articoli 22 e 23 del DPR n.3 /1957, avesse apportato modifiche non solo sul piano processuale, ma anche sotto il profilo sostanziale, superando, almeno per quanto concerne gli insegnanti statali , la presunzione di colpa prevista dall’art.2048 c.c. , ponendo " a carico del danneggiato l’onere della prova dell’elemento soggettivo della condotta illecita " (12).
La soluzione interpretativa in esame ha suscitato notevoli dubbi da parte della prevalente dottrina che ha posto, tra l’altro, l’attenzione sul carattere fondamentalmente processuale delle nuova disciplina posta dall’art.61 che, quindi, non può avere l’effetto di mutare il fondamento della responsabilità civile degli insegnanti che continua ad essere la presunzione di culpa in vigilando. La dottrina si è, inoltre, interrogata su di un aspetto che , sebbene non rilevante in questa sede poiché non incidente sulla responsabilità del personale insegnante, riveste tuttavia in assoluto una notevole importanza . Si è chiesta infatti se la limitazione di responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave vada riferita soltanto al rapporto interno tra dipendente ed amministrazione statale o se essa si estenda anche al rapporto con il terzo danneggiato che, quindi non potrebbe ottenere il risarcimento del danno in ipotesi di colpa lieve (13).
Ma non è stata solo la dottrina a porre in dubbio la validità dell’orientamento interpretativo in esame. In senso contrario continua a porsi altra giurisprudenza di legittimità che ritiene ancora operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di vigilanza. In tal senso si veda Cass.26 giugno 1998 n.6331 ,cit, secondo cui spetterebbe sempre all’amministrazione scolastica l’onere di dimostrare di aver esercitato la sorveglianza idonea ad impedire il fatto e cioè " quel grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere" (14)
In conclusione, l’esame delle decisioni giurisprudenziali e degli orientamenti dottrinari confermano quella zona grigia di incertezza giuridica cui si e’ accennato nelle prime righe del presente scritto. In particolare, non c’è unanimità di vedute sull’applicabilità agli insegnanti della presunzione di colpa di cui all’art. 2048, 3 comma, c.c., presunzione che secondo un certo orientamento sarebbe superata dalla lettera dell’art. 61 della legge 312\1980. Inoltre, vi e’ contrasto circa l’ambito di applicazione del menzionato art. 2048 c.c., se cioè lo stesso ricomprenda o meno anche i danni che l’allievo cagiona a sé stesso , ipotesi quest’ultima che invece alcuni considerano sotto l’operatività dell’art. 2043 c.c., con il consequenziale ripristino dell’onere probatorio a carico del danneggiato. Su quest’ultimo punto si auspica che facciano definitivamente chiarezza le Sezioni Unite della Cassazione, chiamate a risolvere il contrasto all’udienza dell’8.2.2002 ma la cui decisione non è ancora nota al momento della stesura del presente lavoro.
CASISTICA E GIURISPRUDENZA
Quale che sia la norma applicata , la responsabilità degli insegnanti e dell’ente scolastico incontra il limite esterno della temporalità dell’obbligo di vigilanza. Per ricorrente giurisprudenza l’obbligo della sorveglianza si protrae per tutto il tempo dell’affidamento dell’alunno all’istituzione scolastica (Cfr. in tal senso Cassazione civile, sez. I, 30 marzo 1999, n. 3074, in Giust. civ. Mass. 1999, 715) e quindi dal momento dell’ingresso nei locali e pertinenze della scuola sino a quello dell’uscita , compreso anche il tempo dell’eventuale trasporto degli alunni da casa a scuola e viceversa , se organizzato in proprio dall’istituto (Cassazione civile, sez. III, 5 settembre 1986, n. 5424,in Nuova giur. civ. commentata 1987, 493). La responsabilità della P.A., ai sensi degli artt.2043/2048 c.c., sussiste anche al di fuori dell’orario scolastico, se è stato consentito l’ingresso anticipato nella scuola o la sosta successiva ( Cassazione civile, sez. III, 19 febbraio 1994, n. 1623, in Giust. civ. Mass. 1994, ).
Entro tale lasso di tempo rientrerebbero quindi non soltanto i momenti in cui si svolgono le attività strettamente didattiche ma anche tutti gli altri momenti della vita scolastica , ivi compreso quello della cosiddetta ricreazione , lo spostamento da un locale all’altro della scuola, il servizio di mensa , le uscite, i viaggi di istruzione ecc.
Gli allievi sono affidati agli insegnanti statali, di norma, tramite i provvedimenti adottati dai capi di istituto relativi all’assegnazione dei singoli docenti alle classi e alla predisposizione dell’orario di insegnamento articolato settimanalmente o in modo flessibile alla stregua, in particolare ,delle norme connesse all’autonomia scolastica ( art. 21 L. 59/1997 e gli artt. 4 e 5 del Regolamento sull’autonomia didattica ed organizzativa delle istituzioni scolastiche, DPR n.275/1999 ) e della disciplina contrattuale ( art.24, CCNL del 26.5.99 ) . Gli insegnanti sono pertanto tenuti alla sorveglianza sugli alunni e rispondono della loro incolumità nell’esecuzione degli specifici obblighi di servizio definiti contrattualmente ( cfr. l’art. 41 e 42 , 5° c. del CCNL del 1995 ) e quindi in occasione delle attività definite di insegnamento ( nelle quali rientrano le attività didattiche frontali , gli eventuali interventi didattici ed educativi integrativi , l’assistenza alla mensa e tutte le altre attività collegate al completamento dell’orario di servizio ), così come durante i cinque minuti precedenti l’inizio delle lezioni, durante i quali gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe per accogliere e vigilare sugli alunni . I docenti rispondono in tutti i casi in cui singoli alunni o gruppi di alunni , provenienti anche da classi diverse , sono ad essi espressamente affidati per svolgere attività curriculare o extra-curriculare, nell’ambito sia dell’orario d’obbligo che in caso di svolgimento di attività aggiuntive di insegnamento deliberate dal Collegio Docenti.
Ma quid iuris in tutte quelle circostanze non ben definite che possono verificarsi quotidianamente o comunque assai frequentemente durante l’orario scolastico ? A scopo esemplificativo si potrebbe menzionare l’eventualità di un ritardo o di assenza del docente che deve prendere "in consegna " la classe al cambio dell’ora di lezione o la possibilità che la pausa della ricreazione si svolga contemporaneamente in locali diversi dell’istituto scolastico ( classe-corridoio-cortile ) , o l’ipotesi in cui più classi risultino scoperte a causa dell’assenza di alcuni insegnanti e ad altre simili situazioni .
I capi di istituto ( i quali potrebbero essere chiamati a rispondere di eventuali danni sofferti dagli allievi per carenze di misure organizzative finalizzate alla predisposizione di una adeguata sorveglianza sui minori ), allo scopo di evitare possibili attribuzioni di responsabilità impartiscono, di norma, disposizioni , generali o mirate a specifiche situazioni , nelle quali viene richiesto ai docenti di garantire la vigilanza sugli alunni .Tali disposizioni , spesso estremamente generiche , prive cioè di effettive indicazioni organizzative , sono di fatto sostanzialmente finalizzate a realizzare " l’affidamento indifferenziato " di un numero imprecisato di alunni ai docenti e a gravarli così di una sorta di " obbligazione di risultato" . A titolo esemplificativo, si possono citare circolari in cui si richiede , ai docenti dell’ora antecedente la ricreazione, di garantire la vigilanza sugli alunni durante l’intervallo " sia " nei corridoi "sia " all’interno delle classi, o in cui si dispone che gli insegnanti presenti assicurino la sorveglianza delle classi "scoperte" fino alla copertura delle stesse o in cui si richiede in modo imprecisato ai docenti di collaborare per "garantire la sorveglianza sugli alunni minori " anche in occasione dei periodi di cosiddetta " autogestione" studentesca " riconosciuta " dall’autorità scolastica .
Dinanzi a tali disposizioni , che comunque potrebbero essere foriere di possibili affermazioni di responsabilità da parte di una giurisprudenza , come si è visto , estremamente severa nel valutare la condotta degli insegnanti in materia di vigilanza, l’unica soluzione sembra essere quella di una copertura assicurativa per i rischi connessi ad un’azione di rivalsa da parte della pubblica amministrazione condannata a risarcire il danno subito dal minore .
Infatti, se da un lato le disposizioni dei capi di istituto risultano spesso più funzionali alla loro esigenza di andare esenti da responsabilità che ad una realistica , effettiva ed efficace organizzazione della vigilanza, non e’ da escludere che, nonostante la più scrupolosa attenzione dell’insegnante, il comportamento di quest’ultimo potrebbe essere comunque oggetto di censura. Invero, le comprensibili aspettative dei genitori del minore danneggiato trovano sovente ascolto da parte di una magistratura che per soddisfarne le pretese risarcitorie risulta più incline a condannare la P.A. e poco propensa a valorizzare "le ragioni" del docente.
Sarebbe pertanto auspicabile , ad avviso di chi scrive, un maggior impegno da parte dei dirigenti scolastici sotto il profilo della predisposizione delle misure organizzative necessarie a realizzare una vigilanza adeguata sui minori che nel contempo circoscrivano obblighi e responsabilità dei docenti.
Sarebbe anche auspicabile un ripensamento in senso meno rigoroso da parte delle Corti , che tenga conto delle trasformazioni della società. Attualmente i minori ( a partire , in generale, dall’età di dodici anni ) godono di spazi di autonomia e di decisionalità molto più ampi rispetto al passato e sarebbe pertanto più equo esigere un grado meno intenso e continuo di sorveglianza da parte dei docenti ed al contrario una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli alunni.
A questo proposito è appena il caso di rilevare che l’art.2048 c.c. si applica all’ipotesi del " fatto illecito" commesso da un minore capace di intendere e di volere , mentre la responsabilità connessa alla sorveglianza dei soggetti privi di capacità naturale, siano essi minori o maggiori d’età , è, come noto , disciplinata dall’art. 2047 del c.c..
Ciò comporta che il minore capace potrebbe essere chiamato a rispondere, ( rappresentato , naturalmente, dai genitori) , in solido con l’insegnante (rectius con la P.A. in caso di dipendente statale ai sensi dell’ art.61 L.312/80 ) del danno ingiusto causato ad altri . Il minore potrebbe anche essere ritenuto responsabile in modo esclusivo del fatto illecito, qualora in base alla maturità psico-fisica raggiunta , egli fosse ritenuto in grado di " badare a se stesso " , cioè in grado di valutare e di scegliere la condotta da tenere nella situazione specifica e avesse violato le regole di prudenza e diligenza (15).
Si evidenzia inoltre che, mentre in ambito penale, ai sensi dell’art.97 C.P., vi è una presunzione assoluta di non imputabilità del minore di anni 14 (e solo per l’infradiciottenne , il giudice di merito accerta in concreto la sussistenza della capacità di intendere e di volere , intese rispettivamente come consapevolezza del disvalore sociale del fatto di reato e come capacità di autodeterminazione ) , in ambito civile, il giudice può valutare , ex art.2046 del C.C., anche nel caso di minore di età inferiore ai 14 anni , il grado di sviluppo fisico ed intellettivo, la capacità di percepire l’illiceità dell’azione posta in essere ,così come l’attitudine ad autodeterminarsi (16).
D’altra parte , nella giurisprudenza specifica in materia di sorveglianza sui minori da parte del personale insegnante , risulta consolidato l’orientamento (cfr. Cass. Sez .III , 4.3.77 n. 894, Cass. Sez. II 15.1.80 n. 369 , Cass . Sez. III 23.6.93 n. 6937, Trib. Milano 28/6/1999 ) che tiene in considerazione il grado di maturazione degli allievi nel valutare il contenuto dell’obbligo di vigilanza .
Secondo tale orientamento , il dovere di vigilanza gravante sui docenti ai sensi del 2048 c.c. va inteso in senso non assoluto, ma relativo, " dovendo correlarsi il suo contenuto e i suoi limiti , in particolare , all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni in relazione alle circostanze del caso concreto " ( Trib . Milano , 28 giugno 1999, in Giur. Milanese, 2000, 111) . Se, quindi, la sorveglianza , " deve raggiungere il massimo grado di continuità ed attenzione nella prima classe elementare " ( cfr. Cass. 4 marzo 1977 n. 894, in CED rv 384500, e nello stesso senso ( la vigilanza "deve assumere il massimo grado di efficienza nelle classi inferiori") Cass . 22 gennaio 1980 n. 516, in Giust. Civ. Mass., 1980, fasc. 1) , al contrario, " l’espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti " con l’avvicinamento degli alunni all’età del pieno discernimento , essendo necessario correlare il contenuto e l’esercizio del dovere di vigilanza "in modo inversamente proporzionale all’età e al normale grado di maturazione " degli alunni . ( cfr. Cassazione civile sez. III, 23 giugno 1993, n. 6937, in Giust. civ. Mass. 1993,1065 e Cassazione civile, sez. III, 15 gennaio 1980 n. 369, in Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 1.). ( 17)
Si sottolinea , infine, che l’affidamento dei figli minori all’amministrazione scolastica e , per il suo tramite al personale docente , non esclude la responsabilità dei genitori per il fatto illecito da quelli commesso. Infatti la responsabilità del genitore ai sensi dell’art.2048 , 1° c., e quella del precettore , ex art.2048, 2° c., per il fatto commesso dal minore capace durante il tempo in cui è ad esso affidato , non sono tra loro alternative ma concorrenti , poiché l’affidamento a terzi solleva il genitore soltanto dalla presunzione di colpa in vigilando, , non anche da quella di colpa in educando , " rimanendo i genitori tenuti a dimostrare di aver impartito al minore un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti " (cfr. Cass. 21 settembre 2000, n.12501, in Giust. Civ., 2000, I, 2835 ; cfr. anche Cass. 26 novembre 1998 n.11984, in Giust. Civ. mass. 1998, 2460 , secondo cui l’inefficacia dell’educazione impartita dai genitori, ai fini dell’affermazione della loro responsabilità per il risarcimento del danno causato dai loro figli , è desumibile anche dalla condotta di questi in violazione di leggi e regolamenti) . Nel caso di specie , il minore si era allontanato da scuola durante l’orario scolastico alla guida di un motorino altrui, senza avere il patentino, con a bordo una compagna di cui aveva provocato la morte in uno scontro contro un’auto . Nello stesso senso si veda . anche Cass. 9 ottobre 1997 n. 9815, in Studium Juris, 1998, 426, e Cass. 1.4.80, n. 2119 .
La condotta del minore può essere quindi ricondotta in parte o in via esclusiva ai genitori per culpa in educando ; pertanto anche essi possono essere chiamati a rispondere in solido con l’insegnante per il fatto dell’allievo . Va qui ribadito che , ai sensi dell’art. 61 della L.312/80 , l’insegnante statale non può più essere chiamato a rispondere direttamente ne’ per il danno causato dall’alunno a terzi ne’ per il danno procurato dall’allievo a sé stesso. Legittimata passiva nell’azione risarcitoria promossa da terzi può essere solo la Pubblica Amministrazione. Quest’ultima , a seconda dell’andamento del contraddittorio processuale, potrebbe rispondere sia in via esclusiva, sia in solido con i genitori del minore corresponsabili per culpa in educando, se non addirittura ( ma si tratta di una mera ipotesi) in solido con lo stesso minore capace. La Pubblica Amministrazione condannata a risarcire il danno , come si e’ gia’ avuto modo di evidenziare, può agire in rivalsa sull’insegnante in caso di dolo o colpa grave . Nel caso in cui la pubblica amministrazione sia stata condannata in solido con i genitori del minore ed abbia provveduto al pagamento dell’intera obbligazione, la stessa può agire in regresso su di loro .
In definitiva, alla luce dei diversi orientamenti giurisprudenziali , quale è dunque la condotta che il personale insegnante dovrebbe prudentemente tenere al fine di evitare un’eventuale affermazione di responsabilità a suo carico ?
A titolo esemplificativo , chi scrive è dell’avviso che , se il docente , valutate le circostanze concrete ( età degli alunni , grado di maturazione effettivo degli stessi , capacità di autocontrollo ed affidabilità , presenza o meno di alunni portatori di handicap , caratteristiche ambientali ecc. .) , ritiene che la situazione non sia del tutto priva di rischi , non deve allontanarsi per recarsi in un’altra classe, anche in caso di ritardo prolungato dell’insegnante a cui dovrebbe passare "in consegna " gli alunni . Dinanzi all’alternativa tra sacrificio del diritto allo studio e tutela dell’incolumità personale dei minori , non può che soccombere il primo , nonostante le ovvie conseguenze negative sul piano della didattica ed il possibile verificarsi di situazioni "paralizzanti " , ove due o più insegnanti , si attendano a vicenda .
Analogo comportamento dovrebbe tenersi nel caso in cui il docente avesse cessato il suo orario di servizio e non sarebbe quindi contrattualmente obbligato a trattenersi nell’istituto scolastico . Anche in questa ipotesi, la vigilanza sull’incolumità del minore dovrebbe prolungarsi per il tempo necessario a rendere nota la situazione all’amministrazione scolastica e permettere ad essa di provvedere ad organizzare l’affidamento dei minori ad altri docenti a disposizione o , in mancanza , di predisporre la sorveglianza su di essi con altri mezzi ritenuti idonei ( tra quelli più ricorrenti , la divisione della classe " scoperta " in piccoli gruppi ripartiti tra più classi ) (18).
Al contrario, il ritardo , anche non comunicato , o l’assenza dell’insegnante a cui avrebbe dovuto essere affidata la classe non costituisce fonte di responsabilità per il docente, perché è " compito della direzione scolastica provvedere comunque ad affidare gli alunni ad altro personale ( anche ausiliario) nei momenti di precaria e temporanea assenza dell’insegnante " ( Cfr. Corte dei Conti , Sez. I , 26 marzo 1992 n.86, in Riv. Corte conti , 1992, fasc. 2, 93) .
Per quanto riguarda l ‘intervallo , la giurisprudenza contabile ha recentemente confermato la sussistenza della responsabilità " del professore per colpa grave in vigilando per il danno derivante all’amministrazione scolastica dall’incidente occorso ad un alunno durante la ricreazione "(cfr. Corte dei Conti , Reg. Piemonte 11 ottobre 1999 n.1590 , in Riv. Corte conti, 2000, fasc. 1, 107; nella fattispecie l’alunno giocava con i compagni al " lancio del cancellino "). Si ritiene pertanto comportamento prudente, sotto la soglia dei quattordici anni, non allontanarsi dalla classe " affidata " o dal luogo assegnato per l’effettuazione della vigilanza sugli alunni .
CONCLUSIONI
Anche il mondo della scuola risente dell’aumentato tasso di litigiosità giudiziaria che da qualche tempo caratterizza la condotta dei danneggiati che, per il ristoro dei danni subiti, chiamano in giudizio ( anche se spesso non a torto) un qualche responsabile : il medico per presunta negligenza , il Comune che avrebbe trascurato la manutenzione del manto stradale, il condominio perché avrebbe contravvenuto ad una qualche normativa , e così via , per arrivare al docente che "avrebbe mancato" di vigilare sugli alunni. Gli spiragli offerti da qualche ponderata e ragionevole decisione ( che valorizza l’età dell’allievo o che non pretende l’impossibile dall’insegnante presente al momento del fatto) non sono sufficienti ad intaccare l’orientamento prevalente della giurisprudenza caratterizzato da un estremo rigore nel valutare la condotta dell’insegnante il quale, gravato dall’inversione dell’onere della prova, è destinato il più delle volte a soccombere nel relativo giudizio di danno (in prima battuta, invero, lo Stato e non egli direttamente). Nel procedimento civile , infatti, il docente, come si è più volte evidenziato, non è parte ( l’azione risarcitoria va promossa nei confronti della P.A. che è la sola legittimata passiva); pertanto, egli non partecipa ad un processo in cui si decide sulla sussistenza o meno della responsabilità della P.A. che ha come suo presupposto la colpa dell’insegnante.
L’esclusione dell’azione diretta contro il docente, solo in apparenza costituisce un vantaggio, mentre potrebbe rivelarsi al contrario una menomazione del suo diritto di difesa e un mero differimento di un suo coinvolgimento processuale ( dinanzi alla Corte dei Conti) nell’ambito di una azione di rivalsa nei suoi confronti da parte della P.A. condannata al risarcimento del danno.
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