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VILLA
FALCONIERI di Antonio Sassone
Il titolo (VILLA FALCONIERI) condiviso dai due volumi di questo libro non sembra presentare lati oscuri . Ma il sottotitolo (Dalla borghesia nobiliare alla periferia del sapere) richiede qualche chiarimento: l’espressione composta borghesia nobiliare, ignota alla pubblicistica storiografica , è stata usata per designare quei ceti sociali che dall’età dei Comuni fino alla Rivoluzione francese hanno assunto gradualmente i titoli distintivi e i comportamenti parassitari della Nobiltà di sangue, finendo con il condividerne anche il destino di decadenza. L’espressione periferia del sapere è una parafrasi ricavata da un classico della Sociologia ; essa intende rappresentare l’ultima destinazione sociale, in ordine di tempo , di Villa Falconieri e, insieme, l’ubicazione sociologica, culturale e topografica dei cosiddetti "comandati" : un'élite spuria , professionalmente oscillante tra mandarinato marginale e volontariato di parrocchia , reclutata dalla categoria degli insegnanti medi - "proletariato periferico del sapere" (C. Wright Mills). Le due espressioni , pur tenendo conto dei limiti sociologicamente datati della definizione millsiana , trasferiscono nella micro-sfera lessicale le numerose dislocazioni possessorie, usuarie, sociali e culturali che Villa Falconieri ha avuto nei secoli; inoltre, raffigurano, miniaturizzati, i propositi narrativi del libro che, da una parte, segue l’evoluzione di un Casato - quello dei Falconieri - rappresentativo di un ceto sociale interno alla borghesia nobiliare, dall’altra, scandaglia il sapere periferico e il potere di risulta di cui l’edificio borrominiano è perno. Ma il chiarimento più significativo dovrebbe riguardare i presupposti assiologici (valoriali) sottostanti alle diverse operazioni e fasi della narrazione storica . Questa zona oscura e nascosta che ogni lavoro di ricerca porta con sé , per essere illuminata pienamente, richiederebbe una trattazione specifica e, in ogni caso, uno spazio ben più esteso di quello imposto dai limiti di una breve introduzione. In tale sede, si può solo essere allusivi e affermare con Voltaire : "La storia è una serie di scherzi che i vivi giocano ai morti”. [1] Il giudizio traduce la questione relativa all'ingerenza intenzionale o involontaria dei valori, degli interessi e delle emozioni dello storico nel mondo dei fatti raccolti, selezionati, analizzati e valutati. "La storia è una serie di scherzi che i morti giocano ai vivi", [2] replica a Voltaire lo storico americano Lynn White Jr, assegnando agli autori dei documenti del passato su cui lo storico fonda i suoi giudizi un potenziale di disorientamento valutativo non inferiore a quello espresso dai valori personali di chi quei documenti utilizza a fini storiografici. I classici della storiografia insegnano che ogni opera storica instaura un rapporto di reciproca intellegibilità tra passato e presente. [3] II rischio che tale rapporto si traduca in reciproco oscuramento è inversamente proporzionale al grado di consapevolezza che lo storico ne possiede: più alta è la consapevolezza del rischio, più basso è il grado della sua incidenza effettiva. Oltre alla consapevolezza del rischio di non essere intellettualmente onesti, è la volontà di esserlo la condizione essenziale che può garantire il distanziamento dagli interessi di parte e dalle deformazioni fattuali ed euristiche. Nella più favorevole delle ipotesi, tuttavia, ammettendo che si possa contenere la forza di disturbo esercitata dalla soggettività delle fonti (gli "scherzi dei morti" di cui parla Lynn White jr) e ridurre l'arbitrio dello storico nella manipolazione delle fonti (gli “scherzi dei vivi” di cui parla Voltaire), resta da considerare se sia possibile neutralizzare il reciproco arbitrio esercitato dai vivi sui vivi. Una variante degli "scherzi" che lo storico può giocare ai suoi personaggi e che né Voltaire né Lynn White Jr hanno avuto l’opportunità di prendere in considerazione consiste negli "scherzi” che i vivi possono giocare ai vivi, quando i fatti descritti non sono abbastanza lontani nel tempo da permettere allo storico di superare i limiti della cronaca e di prendere le dovute distanze dal proprio e altrui mondo di emozioni, valori, interessi. Molti dei protagonisti delle vicende politico-pedagogiche dell’Italia repubblicana sono tuttora felicemente in vita ed essi sono anche protagonisti dei fatti politico-pedagogici sviluppatisi a Villa Falconieri e illustrati nelle pagine del secondo volume di questo libro. D'altra parte, nell’ "età dell'incertezza”, dello smarrimento epistemologico ed ermeneutico, la viva testimonianza orale e scritta dei protagonisti cui si é fatto talvolta ricorso, durante lo svolgimento della seconda parte di questo lavoro, non può aver costituito un antidoto agli "scherzi" e garantito la totale obiettività dell'indagine, se é vero che "non si può giudicare un individuo sulla base delle idee che egli ha di se stesso" (K. Marx), né valutare i fatti sulla base, delle opinioni di chi ne è stato protagonista. Se ai fattori di disturbo intrinseci alla ricerca storica si aggiungono quelli estrinseci che hanno condizionato lo svolgimento del lavoro (ampiezza dell'arco temporale, complessità dell'oggetto d’indagine, transdisciplinarità metodologica), il perturbamento sui risultati appare ancor meno contenibile. La storia di Villa Falconieri, della famiglia che ne è stata proprietaria, delle istituzioni nazionali e internazionali che vi hanno avuto sede è illustrata dall'autore sulla base della raccolta e dall’organizzazione di quei frammenti di notizie che il caso e l’attenzione selettiva della cronaca del tempo hanno sparso lungo cinque secoli tra archivi pubblici e privati, documenti e fonti letterarie prodotti dagli stessi protagonisti o dagli encomiastici e perciò poco affidabili cantori delle vicende che li riguardano. L’esiguità delle fonti storiche disponibili, la vasta estensione temporale dei fatti narrati, la molteplicità degli approcci metodologici richiesti dalla grande varietà ed eterogeneità degli oggetti di indagine (economici, storico-finanziari, politici, giuridici, letterari, pedagogici, sociologici, ecologici, fitopatologici, agronomici e zootecnici, architettonici, genetici, idraulici , informatici ... ecc.) e, di conseguenza, la difficoltà a corrispondere con adeguate competenze alle richieste espresse da tale molteplicità di metodi e di oggetti non potevano non disturbare e in qualche lodo condizionare i risultati del presente lavoro. Villa Falconieri costituisce oltre che materia di ricerca storica, oggetto di un'attenzione letteraria nascosta tra le pagine. Visto, ora come patrimonio di una famiglia, ora come sede di prestigiosi istituti nazionali e internazionali, ora come oggetto di contesa tra nobili e discendenti di pontefici, l'edificio borrominiano (e forse, prima, michelangiolesco) è il protagonista proteiforme della storia, un protagonista che attraversa gli eventi come un fantasma, avvicina gli uomini alle opere, consente di superare la frammentarietà della narrazione storica e di stabilire una continuità tra fatti, eventi e vicende variamente dislocati nel tempo e nello spazio e non ordinati secondo una rigida regola di successione cronologica, ma ricostruiti su base tematica intorno alla unicità e alla stabilità del monumento architettonico e delle sue adiacenze ambientali. L'approccio analitico al funzionamento degli istituti internazionali e nazionali che hanno avuto sede a Villa Falconieri si è ispirato alla metodologia di indagine della micro-sociologia della conoscenza che studia i condizionamenti micro-sociali e micro-politici dei prodotti intellettuali. Questa particolare prospettiva ha permesso di analizzare un contesto politico della ricerca educativa attraverso la micro-storia del Centro Europeo dell'Educazione (CEE e CEDE), unico istituto nazionale (pubblico) di ricerca educativa non universitaria esistito in Italia. Nel condurre l'analisi del funzionamento del sistema organizzativo del Centro Europeo dell'Educazione si è cercato di costruire un modello operativo di valutazione dell'efficienza di un ente pubblico di ricerca educativa. Il modello può essere perfezionato ed adattato ad altri contesti istituzionali omogenei al CEDE. Il luogo geometrico, il contenitore e il perno di questa grande varietà di fatti è l' edificio borrominiano. Villa Ruffina [4] - Falconieri, oggi proprietà del Demanio Pubblico [5] , e sede dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema d'istruzione (INVALSI), conserva la memoria, per taluni aspetti non scritta, di una lunga e tormentata esistenza . Per altri aspetti, la Villa ha avuto il privilegio di una attenzione storico - letteraria che poche altre costruzioni monumentali, un tempo nobiliari ed ora pubbliche, possono vantare. La famiglia che ne è stata proprietaria dal 1628 al 1859 e che dopo la sua estinzione ha lasciato il proprio nome alla Villa, appartiene alla Storia della Chiesa di Roma per averle dato tre cardinali, due Santi, governatori di Roma, appaltatori degli Archivi Urbani, appaltatori del sale, delle polveri da sparo e "generali" delle poste dello Stato pontificio. Diversamente dalla Villa che è stata oggetto di studi archeologici, architettonici e artistici, condotti da autori di diversi Paesi europei con procedure scientificamente corrette, la famiglia Falconieri non ha suscitato negli storici se non un interesse marginale. Nelle rare immagini che una letteratura minore ha tracciato della Famiglia, essa viene rappresentata prevalentemente con i colori e le forme della celebrazione agiografica. Il prestigio architettonico e artistico dell’edificio borrominiano che rappresenta l'unico veicolo di perpetuazione del nome del Casato ha riverberato la sua luce anche sui ricordi storico - letterari di cui la famiglia Falconieri é stata sporadicamente oggetto. In verità, le ragioni di tale riverbero non sono trascurabili, se si considerano le vicende e le personalità storiche che ne sono state protagoniste. Nella sua plurisecolare storia, Villa Falconieri, un tempo "Ruffina", ha conosciuto i fasti della corte pontificia, la fantasia artistica di grandi pittori e architetti, lo sfarzo dei ministri plenipotenziari delle grandi potenze, l'alterigia degli imperatori, dei dittatori e dei re, la marzialità dei generali dell'esercito francese, della Wehemacht e della Luftwaffe, l'estro dei poeti, la silenziosa oculatezza e la sessuofobia dei frati Trappisti, il genio degli inventori della tecnica cinematografica. Ma accanto ai fasti che hanno richiamato l'attenzione e suscitato la curiosità degli storici, Villa Falconieri, dopo essere uscita pressochè indenne dai sussulti di tre terremoti, ha conosciuto gli orrori della guerra e, in ambito privato, la trepidazione paterna di Mario Falconieri ( 1740 - 1799 ) che, in punto di morte raccomanda ai figli sani i figli malati di mente, Girolamo e Carlo, sulla cui sorte si sono combinati i geni recessivi di rapporti coniugali tra consanguinei della quinta generazione. [6] La Villa ha assistito alle celebrazioni liturgiche sull'antico supplizio di Santa Giuliana Falconieri che dalla età di 14 anni, rifiutando le ricchezze e i lussi del Casato, indossò il saio ruvido e lacero delle Mantellate e non alzò mai più gli occhi per guardare in faccia un uomo. Ha conosciuto la dissolutezza della giovane vedova di Alessandro Falconieri, Marianna Lante, che in tre anni (1811-1814) viene sottoposta a 21 procedimenti rotali per aver dilapidato nel lusso sfrenato della corte napoleonica, a Parigi, dove aveva portato con se il figlio Chiarissimo, futuro cardinale, gran parte dell'immenso patrimonio da lei arbitrariamente amministrato dopo la precoce morte del marito. Casa Falconieri ha potuto osservare, anche se a debita distanza, la fatica di coloro che sono stati espulsi dalla storia: i contadini di una fiorente azienda agricola che produceva centinaia di barili di vino da un vigneto di 3000 piante, quintali di olio da un uliveto di più di 300 piante, una ricca varietà di frutta dai peschi, albicocchi, ciliegi, meli, castagni, fichi. In due nicchie aperte sui muri laterali sottostanti all'arco che sovrasta l'ingresso nella cinta muraria interna all'area su cui sorge la Villa, Orazio Falconieri (1578 -1664) aveva fatto collocare due statue di contadini con gli attrezzi da lavoro in mano. La presenza delle due statue, fatto più unico che raro in un complesso architettonico concepito solo per celebrare una nobiltà terrorizzata dalla paura della contaminazione manuale, costituisce testimonianza della gratitudine che Orazio doveva nutrire per chi sopportava la dura fatica dei campi. A presidio del multiforme retaggio storico accumulatosi nei secoli sull'edificio di Casa Falconieri, dopo i cardinali, gli imperatori, i generali, i dittatori e i re, giungono i ministri del Regno d'Italia come il guardasigilli Alfredo Rocco, Presidente dell'Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa sottoposto all'autorità della Società delle Nazioni e, dopo di lui, Ciano, garante nella sua qualità di Ministro agli Affari Esteri del ruolo internazionale che la Villa doveva continuare a svolgere attraverso l'Istituto Nazionale per le Relazioni Culturali con l'Estero. Infine, il sorprendente "Genius loci" di Villa Falconieri, misterioso legislatore di legami parentali e di contiguità spaziali, dopo aver esercitato la sua forza di attrazione su principi danesi, cardinali inglesi, ministri francesi e imperatori germanici, ha travalicato i confini dell'Europa e, una volta respinto dall'Africa dei Negus Neghesti, Menelik e Ailè Selassiè, per le sue connivenze espansionistiche sull'"Impero di Giuda", si rivolse verso l'Asia e le Americhe, attraendo a Villa Falconieri i giapponesi Tanakadate e Nitobè, l'indiano Paranjpye, la cilena Mistral, gli statunitensi Milliken e Kellog ed altri di nazionalità e continenti diversi: russi, cinesi, uruguayani , tutti ospiti dell'Istituto internazionale di cinematografia educativa, presieduto dal Guardasigilli Alfredo Rocco. Questa Casa Falconieri che nel passato fu luogo di villeggiatura per la nobiltà e l'alto clero, azienda agricola, accampamento militare, eremo cistercense, laboratorio artistico, Centro di documentazione cinematografica e di sperimentazione televisiva, sede di rappresentanza del Ministero agli Affari Esteri, luogo di collaudo di prototipi tecnologici multimediali e officina di innovazione educativa, oggi, è Casa dell ' Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema d'Istruzione (INVALSI). La ricca e variegata storia di Villa Falconieri, la sua collaudata vocazione internazionale sono state ereditate, custodite e sviluppate negli anni '60 e '70 dal CEE diretto dal Prof. Giovanni Gozzer e negli anni '80 dal CEDE presieduto dal Prof. Aldo Visalberghi. Dal 1991, il passato, il presente e il futuro del CEDE , di Villa Falconieri e degli altri ospiti che verranno sono stati già consegnati a nuovi custodi sui quali pesa la responsabilità di non disperdere i valori accumulati e di trasmetterli arricchiti alle nuove generazioni. Il Genius Loci di Villa Ruffina, precursore nell' uso delle tecniche di certificazione della Qualità, non cesserà di vigilare.
(*) introduzione a, Antonio Sassone, Villa Falconieri. Dalla borghesia nobiliare alla periferia del sapere, Vol. 1°, Novembre 2002, Armando Editore, Roma [1] Citato da LYNN IYHITE JR, Tecnica e società nel medìoevo, Il Saggiatore, 1967, a p- 9. [2] Ibidem. [3] Cfr. MARC BLOCH , Apologia della storia, Einaudi, 1969; EDWARD H. CARR, Sei lezioni sulla storia , Einaudi, 196ó; JACQUES LE GOFF (a cura di), Fare storia, Einaudi, 1981; RAYMOND ARON, Lezioni sulla storia, Il Mulino 1997 ; AA.VV.,Les écrits de Fernand Braudel- L'Hisoire au quotidien, Editions du Fallois, Paris, 2001 ; ecc. ecc ... La mole della bibliografia sull’argomento è tale da scoraggiare ogni tentativo sommario. [4] RUFINA o RUFFINA ? Il raddoppiamento consonantico appare e scompare nel corso della storia, per poi affermarsi definitivamente nell'uso degli atti notarili e degli altri documenti pubblici redatti negli ultimi due secoli. Sia nel Latino volgarizzato, come nelle medaglie del Bonzaga coniate nel 1549, sia nel Latino classico - letterario, come nell'iscrizione marmorea di S. Maria dei Martiri a Roma (1548), il nome, rispettivamente, RUFINA e RUPHINUS, figura senza raddoppiamento consonantico. Alcuni studiosi (FRANCK, GUERRINI) adottano indifferentemente, anche nella stessa pagina, l'una e l'altra dizione. [5] A distanza di circa tre quarti di secolo dalla data di acquisizione al Demanio dello Stato di Villa Falconieri, la Declaratoria prescritta per la formalizzazione del suo passaggio dal patrimonio del Demanio statale al patrimonio del Demanio pubblico non é stata ancora predisposta. Tale omissione dovuta a conflitti di competenze e a incomprensioni tra Ministero della P.I. e Ministero delle Finanze, a rigor di termini non giustificherebbe un giudizio di piena appartenenza della Villa al Demanio Pubblico. [6] Ved. Nota apposta all’Albero genealogico, Infra , p. . Mario Falconieri,nel suo testamento del 1 febbraio 1798 ( Archivio di Stato di Roma, Misc. Famiglie, busta 75), così manifesta la sua ansia paterna per la sorte dei due figli malati di mente: “Ritrovandomi poi un terzo figlio, Girolamo, che per sua disavventura, si riconosce non sano di mente ed incapace di governarsi, , inculco ai fratelli che abbiano del medesimo la più premurosa cura volendo che in caso di legittima alla quale intendo di averlo costituito sia mantenuto di tutto il bisognevole”. “Ritrovandomi poi un altro figlio affatto imbecille, come è pubblico notorio, a cui sarebbe inutile fargli qualunque donazione in beni stabili, impongo alli due figli Alessandro e Nicola che pensino essi al totale, civile e giusto mantenimento della sua persona come nel tempo che io ero in vita”. |
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