Riflessioni sull'Uso del Computer in Classe

di Enza Autolitano

 

Quali sono le capacità, le abilità e le competenze che possono essere attivate attraverso l’uso del computer?

E’ tutto sotto controllo? Esistono degli strumenti per valutare quanto sta accadendo?

Queste sono solo alcune delle preoccupazioni che possono caratterizzare il lavoro di un insegnante alle prese con il nuovo binomio "disciplina scolastica e strumenti multimediali".

Ci si preoccupa innanzi tutto di continuare a trasmettere conoscenze, informazioni e competenze relative al proprio ambito disciplinare. Cosa che accade senza tanti problemi. Ma cosa trascuriamo di annotare in quanto educatori in senso lato?

Come insegnante elementare e come docente formatore di corsi relativi alla multimedialità ho raccolto, al proposito, alcune riflessioni.

 

Prima riflessione: l’uso del computer ci abitua poco per volta a imparare a salvare tutti i documenti. Quante volte ci è capitato, infatti, di lavorare a lungo su qualcosa che poi è svanito nel nulla. Questo nulla, questo svanire improvviso ha alterato non poco l’umore di piccoli ma soprattutto di grandi. Che cosa accade subito dopo?
O si accetta la sconfitta e ci si rimette a lavorare ricominciando da capo o si resta arrabbiati per un po’ di tempo con questo strumento infernale. Chi usa abitualmente il computer, ormai, di fronte ad una catastrofe come la perdita di un documento, allarga le braccia e si mette nuovamente al lavoro.
La pazienza è una di quelle doti che sembrano assolutamente naturali, o ce l’hai o non ce l’hai. Mai immaginato che il computer potesse potenziarla.
Quindi il computer è un valido mezzo per abituare alla moderazione, alla pazienza e alla tolleranza? Provare per credere.
Se negli adulti le reazioni alla perdita di un documento sono quelle descritte precedentemente, nei bambini sono decisamente più morbide. In un primo tempo ci rimangono male, ma poi si abituano presto alla fatalità e si impegnano facendo di meglio.

Seconda riflessione conseguente alla prima: maggiore pazienza significa anche maggiore capacità di tollerare le frustrazioni. Questo mi pare un obiettivo normalmente esplicitato nell’abituale programmazione degli insegnanti. La pazienza o ce l’hai o non ce l’hai, ma a scuola devi imparare a tollerare le frustrazioni. E che cosa si fa di fatto, a scuola, per raggiungere questo obiettivo?

Terza riflessione conseguente alla seconda: se riesco a tollerare le frustrazioni (in fondo non è successo niente di grave, posso rifare tutto, ecc.) rafforzo il mio io.

Quarta riflessione che consegue alla terza: rafforzando il mio io, credo più in me stesso, mi metto più facilmente alla prova. Cerco le volte successive di stare più attento, mi concentro di più, e sappiamo tutti quanti quanto siano importanti la concentrazione e l’attenzione.

Quinta riflessione in qualche modo collegata alla precedente: spesso ho notato maggiore soddisfazione nel bambino che rifaceva ad esempio un disegno: "Questo gatto è più bello di quello che avevo fatto prima, i baffi mi sono venuti meglio". Qualche tempo fa avevo letto che per sviluppare la creatività non bisogna mai fermarsi alla prima idea, ma provare a partorirne tante e poi, tra tutte, imparare a scegliere la migliore. Il computer ci abitua, a volte forzatamente, a volte deliberatamente a sviluppare creativamente un certo prodotto.
E sempre a proposito di creatività, ho visto bambini inventare delle storie al computer organizzandone il tempo in sequenza. Spessissimo noi proponiamo il contrario: diamo delle immagini in sequenza da accompagnare con un commento scritto.
Sviluppa la creatività anche il confronto tra le varie produzioni: "Guarda Aida ha usato i simboli e le forme che mette a disposizione il computer".
"Monica ha costruito la storia su quattro fogli differenti, Anna ha utilizzato un foglio solo usando la tabella e sistemando i disegni in quattro momenti diversi".

Sesta riflessione assolutamente collegata alla precedente: quando un bambino ha perso il proprio disegno o il proprio documento due volte di seguito non ha più bisogno di me per andare avanti. O ha già imparato il sistema per ritrovarlo oppure ricomincia senza tante storie. Tradotto in parole povere è diventato autonomo. Il computer mi aiuta a raggiungere questo grande obiettivo in tanti piccoli modi. Con gli adulti questo obiettivo si raggiunge un po’ più tardi.

Posso andare avanti con la settima riflessione che come potete immaginare è collegata alla sesta: non è poi così detto che il bambino sia autonomo, ma non necessariamente chiama l’insegnante. I compagni possono aiutarlo. La collaborazione, altro obiettivo su cui si lavora molto a scuola, scatta spontaneamente, senza troppe resistenze. Gli adulti, in situazione problematica, non sempre si affidano ai colleghi con altrettanta spontaneità. La paura di essere considerati degli imbranati prevale. Questo spesso succede perché in quelli più "portati" viene a generarsi una immediata sensazione di superiorità che condiziona gli altri.

Ottava riflessione: l’essere diventati autonomi significa aver memorizzato una serie di operazioni che ci tolgono d’impaccio. Una volta mi sono messa a contare le operazioni necessarie per realizzare una sola pagina con word… Se lo sviluppo della memoria una volta si raggiungeva attraverso la pedissequa ripetizione di una o più poesie ora si può dire che si ottiene davvero con una serie di azioni ragionate.

Nona riflessione: a volte essere autonomi può anche significare potersi autovalutare, avere maggiore consapevolezza di quanto si vuole realizzare.
"Non mi piace come ho occupato questo spazio, vorrei scrivere questa frase più in basso e sistemare il disegno sotto, ma in mezzo al foglio".
"Il computer mi aveva sottolineato delle parole, io ho capito quali erano gli errori".
"Questo cd rom contiene dei giochi, se rispondi bene applaude, se sbagli fa una pernacchia".
Con un computer a disposizione ci si pone di più nella fase di progettazione, si accettano con meno timore gli sbagli, si diventa più flessibili.

 

Mi fermo qui. I bambini si stanno agitando, hanno finito il compito e si avvicina l’intervallo. Mi accorgo di quanto sia difficile annotare tutte le riflessioni. Lo si può fare poco per volta, con pazienza, concentrazione e attenzione, proponendo attività creative e lasciando tirare a loro le somme.