OCSE
Esame della politica scolastica italiana - 1997 (*)

 

Abbiamo avuto l'opportunità di esaminare il sistema scolastico italiano in un periodo in cui il paese era impegnato in una riforma significativa, che interessava non solo la scuola, ma l'intera struttura del governo. Nel proporre la riforma del sistema scolastico, l'Italia era ben consapevole degli sviluppi in corso negli altri paesi dell'OCSE. La cangiante natura del lavoro, l'aumento della disoccupazione giovanile, il cambiamento tecnologico: tutto era visto come avente profonde implicazioni per il sistema scolastico.

Nonostante l'alto livello di sviluppo economico e di competitività globale dell'Italia, si nutriva anche qualche preoccupazione per il fatto che l'Italia non teneva il passo degli altri paesi per quel che concerne il rendimento scolastico, ed il sistema di formazione professionale esigeva una riforma se si voleva rendere più efficace il passaggio dei giovani dalla scuola al lavoro. A dare la direzione al processo di riforma è stato anche questo cosiddetto "gap" scolastico e il bisogno di un sistema di formazione professionale più direttamente rispondente allo scopo, che coinvolga da vicino sia l'industria che i datori di lavoro.

Pochi altri paesi hanno tentato di produrre cambiamenti di così vasta portata e tali da non lasciarne esente alcun livello di istruzione. Questo fatto ha i suoi punti forti e i punti deboli. Il punto di forza è che tutti i settori dell'istruzione si muoveranno nelle direzioni indicate dalle riforme, con la speranza che il divario venga arrestato e perfino colmato in breve tempo. Ma ha anche un punto debole, in quanto che la gestione del cambiamento su così vasta scala potrebbe rivelarsi tanto impegnativo da rendere impossibile l'attuazione di tutti i cambiamenti attesi. Una cosa, infatti, è l'emanazione di una legge, e un'altra, del tutto diversa, assicurare che la legge venga effettivamente applicata in un paese così grande, diversificato e individualistico quale è l’Italia.

Alla base delle riforme ci sono due princìpi fondamentali: il primo è il decentramento, mirato ad introdurre la flessibilità in un sistema rigido ed a portare la presa delle decisioni più vicino alla sede in cui il servizio viene erogato. Il secondo principio è quello dell'autonomia scolastica, in virtù della quale le istituzioni scolastiche diventano responsabili di quel che fanno. Anche l'autonomia può essere vista da due angolazioni: l'influenza è positiva se l'autonomia viene usata per migliorare la qualità della scuola e rendere trasparente quanto gli studenti apprendono; è negativa, invece, se essa viene interpretata come libertà senza alcun controllo inteso a vedere se la libertà produca o no il miglioramento.

La nostra opinione è che il decentramento migliorerà la presa delle decisioni a livello locale e incrementerà la responsabilizzazione per quel che accade nelle scuole a livello locale e regionale. L’autonomia diverrà, a nostro avviso, la pietra angolare del miglioramento della scuola; essa sposterà l'attenzione degli insegnanti, dei capi di istituto e di quant'altri sono impegnati nella scuola dalle leggi che definiscono le situazioni di partenza, l'input - come la dimensione della classe, l'organizzazione della scuola, le ore di insegnamento - ai parametri in rapporto ai quali decidere quali debbano essere nelle scuole i risultati adeguati dell'apprendimento degli studenti. Entrambi questi princìpi, se interpretati nel modo indicato, accresceranno la flessibilità e produrranno negli insegnanti una maggiore possibilità di insegnare nel modo che meglio si adatta agli studenti di cui sono responsabili.

Benché abbiamo esaminato con molta attenzione la documentazione relativa alle riforme, visitato scuole e istituti tecnici e professionali, discusso con capi di istituto, insegnanti, genitori, rappresentanti degli enti locali, nonché imprenditori e personalità influenti in campo educativo, ci rendiamo conto che, da estranei, noi corriamo il rischio di vedere le cose o in maniera troppo chiara semplificando eccessivamente, ovvero in modo non sufficientemente chiaro, talché ci sfuggono certe soluzioni che risultano invece ovvie a quanti si trovano dentro il sistema italiano. Abbiamo apprezzato il modo in cui tutti hanno manifestato il piacere di partecipare al dibattito, di farci vedere cose belle ed anche qualcuna non troppo bella. Il nostro grande rincrescimento è di non avere avuto un più lungo periodo di tempo a nostra disposizione.

 

Aspetti dell'istruzione in Italia

Il sistema scolastico italiano è molto centralizzato, burocratizzato, e l'accento viene posto marcatamente sull'istruzione degli studenti più bravi. Se ciò costituisce un approccio comprensibile in un contesto storico, lo sviluppo di un ambiente economico globale assai più competitivo richiede una forza lavoro con il più alto livello di competenze che tutti i suoi membri possono conseguire. Una delle ragioni centrali alla base delle riforme era l'innalzamento del livello delle competenze soprattutto dei giovani che entrano a far parte della forza lavoro, sicché possano far fronte ai problemi posti dai sempre crescenti livelli di competenza tecnologica richiesti in quasi tutte le professioni. Ma deve diventare parte essenziale della riforma anche l'innalzamento del livello di istruzione di tutti i cittadini, affinché possano giocare più efficacemente il loro ruolo in una società democratica.

L’Italia ha elevato a 15 anni l'età di conclusione dell'obbligo scolastico, per essere più in armonia con gli altri paesi europei, ed ha sancito un "diritto" allo studio fino all'età di 18 anni per tutti quelli che possono trarne beneficio. Questi due provvedimenti, unitamente alla decisione di iniziare l'obbligo scolastico un anno prima, nella scuola dell'infanzia, di avere sei anni di istruzione primaria seguiti da due cicli, di tre anni ciascuno, di istruzione secondaria, stanno a indicare che il governo italiano sta prendendo sul serio il bisogno di offrire a tutti i giovani una valida possibilità di istruzione.

Un problema che, in particolare, ci sembra richiedere molta attenzione è il livello della disoccupazione giovanile e la difficoltà che tanti giovani incontrano nel passaggio dalla scuola al lavoro. Si tratta di un problema internazionale. Ma l'Italia presenta, rispetto a tutti gli altri paesi dell'OCSE tranne la Spagna, un più alto livello di disoccupazione giovanile.

Poiché molti giovani tendono a prolungare la permanenza nella scuola al fine di star fuori del mercato del lavoro, per i responsabili politici è di cruciale importanza disporre di informazioni particolareggiate e continue sulle scelte dei giovani e sui flussi di studenti e, soprattutto, su quel che accade a quanti abbandonano l'istruzione iniziale nei diversi momenti. In Italia dovrebbe essere migliorata questa base informativa per le decisioni politiche e il sistema di monitoraggio.

 

Riforma del sistema scolastico

Un altro tema alla base delle riforme è l'istruzione lungo tutto l’arco della vita. Ciò significa, a nostro avviso, un riorientamento del curricolo al fine di preparare i giovani al fatto di dover continuare ad apprendere lungo tutto l'arco della vita se vogliono tenere il passo con le richieste di abilità e del mondo del lavoro che mutano di giorno in giorno. Noi riteniamo, inoltre, che l'impegno per un apprendimento lungo tutto l'arco della vita esiga che si presti maggiore attenzione ai risultati degli studenti e che quanto i giovani hanno appreso possa essere registrato in modo tale da poter essere portato all'attenzione dei potenziali datori di lavoro. In un siffatto contesto, si suggerisce di approfondire lo studio delle competenze di base perché tutti i giovani acquisiscano un determinato livello di abilità di lavoro generalizzate.

L’estensione della scuola dell'obbligo non è tanto, a nostro avviso, un requisito, da parte dello Stato, che tutti i giovani frequentino la scuola fino all'età di 15 anni, cosa che quasi tutti fanno. Secondo noi si tratta di qualcosa di più che simbolico, di un'iniziativa tesa a garantire a tutti i giovani, a prescindere dalle circostanze, un'istruzione adeguata che conduca ad un livello accettabile di conoscenza e di competenza tale da permettere loro di proseguire gli studi verso la professione auspicata o di pervenire quantomeno ad un livello minimo di competenza che potrebbe essere loro richiesto, una volta lasciata la scuola, sul posto di lavoro e per giocare un ruolo attivo in quanto cittadini in una società democratica complessa.

Noi vorremmo raccomandare che non si prendano decisioni irrevocabili sul futuro dei giovani prima della fine del ciclo di scuola secondaria inferiore (conclusione della scuola dell'obbligo). In questo ciclo il currricolo dovrebbe offrire opzioni sulla cui base gli studenti possano identificare i propri interessi e i propri orientamenti per gli studi successivi. In questa prospettiva, un ciclo di orientamento non dovrebbe essere strutturato secondo percorsi gerarchici, né dovrebbe essere mirato alla selezione degli studenti. Al contrario, prima della conclusione della scuola dell’obbligo i giovani dovrebbero essere messi in grado di provare qualche opzione, di scegliere moduli da diversi orientamenti o di passare da un orientamento ad un altro. Le scuole devono essere nella condizione di assistere gli studenti nel fare di questa ricerca di esplorazione e di orientamento un’esperienza educativa che li arricchisca.

Raccomandiamo fermamente un approccio flessibile alla differenziazione, un approccio basato sulle opzioni, che non prefigurino necessariamente le scelte ulteriori. Si dovrebbe evitare a tutti i costi una specializzazione o una differenziazione precoce.

Sarà quindi importante evitare l'uso, nel disegno di legge quadro di termini per designare percorsi corrispondenti a quelli dei diversi indirizzi del ciclo secondario superiore e l'implicazione che l'esame a conclusione del ciclo secondario inferiore possa portare a una differenziazione precoce (all'età di 13 o addirittura di 12 anni).

Siamo anche lieti di vedere, come parte delle riforme, un sistema globale di valutazione degli studenti e un altro sistema, distinto dal primo per valutare la qualità delle scuole. Ci sono parecchi modi diversi per organizzare una scuola e, nello spirito dell'autonomia, riteniamo che la cosa migliore sia di lasciare che siano le scuole stesse a stabilirlo.

La valutazione degli alunni può presentarsi come un esame di Stato che certifichi l'acquisizione, da parte degli alunni, delle competenze minime fissate come obiettivo del ciclo d'insegnamento per tutti gli allievi. Non si dovrebbe parlare di specializzazioni né delle opzioni scelte durante il ciclo scolastico.

Un'altra nostra preoccupazione è data dal fatto che i giovani terminano la scuola all'età di 15 anni difficilmente hanno la possibilità di entrare nel mondo del lavoro, a meno che non abbiano avuto una qualche esperienza lavorativa. Noi proponiamo altresì una maggiore flessibilità nell'offerta curricolare, adottando moduli professionalizzanti adeguati ad una più ampia gamma di percorsi disponibili per il passaggio dalla scuola al lavoro.

Raccomandiamo di introdurre una certa flessibilità negli itinerari degli allievi per far sì che l'istruzione che essi ricevono possa adattarsi agli interessi ed ai ritmi d'apprendimento di ognuno. Tuttavia, vorremmo sottolineare che un'accumulazione di moduli o di crediti non costituisce una istruzione né qualifica professionale.

Raccomandiamo, inoltre, un approfondimento della riflessione sulla questione, affinché l'attuazione di questa flessibilità non sia di pregiudizio per la qualità dell'istruzione. Occorre dare agli istituti scolastici e ai docenti delle linee orientative generali.

La qualità di un sistema scolastico dipende dalla qualità del suo personale docente e non docente e dalla qualità dei dirigenti. Per attuare le riforme, gli insegnanti dovranno fare cose diverse, dovranno valutare quel che fanno in rapporto a determinati parametri, assumersi le loro responsabilità in modi nuovi. Noi annettiamo molta importanza alla qualità della formazione in servizio mirata ad assistere insegnanti e capi di istituto nel promuovere il processo di riforma.

Raccomandiamo che il Governo intraprenda un esame delle politiche di formazione in servizio per adeguare il sistema agli obiettivi delle riforme. Ciò dovrebbe includere la possibilità di condizionare i benefici economici previsti al termine della formazione in servizio al conseguimento di risultati sensibilmente migliori nella scuola dell’insegnante. Raccomandiamo, inoltre, la creazione di centri responsabili dei miglioramenti che assistano gli istituti scolastici di una data zona a prepararsi efficacemente all'attuazione delle riforme, e che, per favorire questo processo, venga ridefinito ed ampliato il ruolo degli IRRSAE.

Siamo anche consapevoli della tremenda sfida che l'attuazione delle riforme rappresenta. Riteniamo che il processo di cambiamento debba essere programmato e realizzato per fasi successive, e siamo lieti di prendere atto dello stanziamento, per la realizzazione del processo, di 845 miliardi di lire per un periodo di tre anni. Siamo altresì convinti della necessità di una mobilitazione generale a sostegno delle riforme.

 

La transizione alla vita attiva

Quasi tutti i paesi dell'OCSE si trovano ad affrontare i problemi dell'offerta di un'adeguata preparazione che aiuti i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. Il Governo italiano considera fondamentale, per produrre miglioramenti in questo settore, la riforma del sistema di istruzione e di formazione professionale. Noi siamo dello stesso parere, e abbiamo riflettuto a lungo sulle questioni relative all’istruzione professionale. Guardiamo con attenzione alla convergenza tra i vari tipi di istruzione tecnica e professionale al fine di incrementare la flessibilità e la gamma delle possibilità offerte ai giovani.

Abbiamo riscontrato che l'Italia ha un sistema dì apprendistato solo rudimentale a confronto con quelli esistenti o in fase di sviluppo in molti altri paesi. Per un buon sistema di apprendistato si richiede una "cultura imprenditoriale" e la più stretta collaborazione possibile tra le istituzioni formali dì istruzione e dì formazione e le imprese. A nostro giudizio, nel contesto italiano questa collaborazione non è ancora sufficiente, e siamo convinti che un moderno sistema dì apprendistato sia tanto importante per agevolare il passaggio dei giovani dalla scuola al lavoro, che incoraggiamo le autorità italiane a metterlo in essere.

Raccomandiamo che le Autorità italiane predispongano una varietà di forme flessibili dì formazione nell'ambìto della scuola, in cui si alternino istruzione e lavoro.

Raccomandiamo, inoltre, la creazione dì un sistema formale di apprendistato in aggiunta all'attuale "apprendistato sul posto dì lavoro ". Tale sistema dovrebbe offrire una combinazione adeguata dì apprendimento di abilità lavorative sia sul posto di lavoro che nell'ambito istituzionale, e offrire anche una componente significativa di istruzione più generale, portando a tre livelli di qualificazione: la qualifica, la maturità professionale, e il diploma tecnico post-secondario. Inoltre, nell’istituire un tale sistema di apprendistato, raccomandiamo la creazione di strutture adeguate per rafforzare í legami tra le scuole, gli imprenditori e le loro associazioni.

A differenza di tanti altri paesi dell'OCSE, l'Italia ha annesso molta importanza a un sistema di istruzione superiore post-secondaria universitaria, con un settore assai limitato dì istruzione e formazione professionale a livello terziario. Un cambiamento nel settore universitario perché diventi più professionalizzante, lo sviluppo di istituti di istruzione terziaria non universitaria che conferiscano diplomi, e l’istituzione di corsi post-secondari di qualifica e di diploma: sono tutti strumenti per incrementare il livello delle competenze di quanti si preparano ad entrare nel mondo del lavoro. Noi crediamo che l'Italia debba allargare il settore terziario non universitario per soddisfare l'esigenza di qualificazioni da parte dei paraprofessionisti, e che debba offrire la possibilità di una formazione di breve durata più direttamente intonata con le esigenze del posto di lavoro.

Raccomandiamo l'istituzione di un sistema d'istruzione terziaria non universitaria quale priorità per dare adito a una gamma più ampia di opzioni terziarie al fine di favorire la transizione alla vita attiva. All'inizio ci si potrebbe basare sull'esperienza del diploma universitario in aree quali l'ingegneria e la gestione, e si potrebbe sfruttare la capacità degli istituti tecnici di sviluppare corsi di livello terziario, anche nel settore industriale. Queste due componenti dovrebbero essere integrate in un sistema di istituti tecnici superiori indipendenti.

Raccomandiamo altresì che, nello sviluppare i dispositivi organizzativi e istituzionali, sia dedicata particolare attenzione alla flessibilità dell'offerta, al partenariato con le imprese locali e ai bisogni locali.

Inoltre, questi istituti dovrebbero essere promossi in modo che i genitori, gli studenti potenziali, e i datori di lavoro diventino consapevoli della loro importanza e della probabilità di maggiori successi sul mercato del lavoro. Il Governo dovrebbe anche controllarne molto accuratamente lo sviluppo per assicurare che mantengano il loro fondamentale ruolo professionalizzante ed evitino una deriva, assumendo le caratteristiche del sistema universitario tradizionale.

Non abbiamo non potuto notare l'assenza di processi efficaci per assicurare l'equivalenza dei corsi di istruzione e di formazione nelle diverse aree geografiche. Riteniamo che ciò sia essenziale, se il Governo, gli imprenditori e le famiglie vogliono contare sulla qualità dei programmi d formazione in tutto il territorio nazionale. E’ indispensabile disporre di parametri per la comparazione sia in Italia che tra i vari paesi europei.

Raccomandiamo l'istituzione di un sistema nazionale per valutare la qualità della formazione tecnica e professionale, definire standard nazionali appropriati e controllare i miglioramenti istituzionali sul base di questi standard. In tale sistema devono essere rappresentate parti sociali a livello locale, regionale e nazionale.

La funzione primaria di questo sistema sarà di assicurare la qualità dei programmi di formazione all'interno del sistema scolastico e nel sistema di formazione regionale, in particolare con lo scopo di facilitare gli scambi e i trasferimenti fra i due sistemi, mantenendo la loro integrazione e la flessibilità dei percorsi individuali.

Un'altra funzione sarebbe quella di accreditare e di approvare i programmi di formazione creati dalle iniziative locali, dalle associazioni, dalle imprese e dall'industria, in collegamento, per esempio, con lo sviluppo di sistemi di apprendistato.

Siamo anche convinti della necessità di un sistema nazionale di certificazione, sì che una qualifica conseguita in una data località abbia lo stesso valore e significato di quella ottenuta in qualsiasi altro luogo. Il sistema delle qualifiche dovrebbe essere trasparente e coerente con i sistemi analoghi esistenti negli altri paesi europei.

Nel contesto del decentramento alle regioni e della maggiore integrazione delle varie forme di istruzione professionale e tecnica, raccomandiamo che sia istituito un sistema nazionale di qualifiche, che questo sistema sia controllato dall'organo istituito per valutare l'istruzione professionale e tecnica e che sia associato a livelli significativi di studio conseguiti nella scuola post-obbligatoria.

Raccomandiamo, inoltre, che il sistema sia impostato in modo da permettere agli studenti di accedere a ogni livello di qualificazioni attraverso una varietà di percorsi: la scuola, la formazione regionale, l'apprendistato, corsi privati riconosciuti o qualunque combinazione di questi che risulti appropriato.

Noi avalliamo l'iniziativa presa dal Governo italiano per garantire a tutti i giovani il "diritto" all'istruzione e alla formazione fino all'età di 18 anni. Questo "diritto" dovrebbe essere interpretato in maniera flessibile, nel senso che ogni singola persona dovrebbe poter scegliere il percorso più adatto per accedere con successo al lavoro. Contestualmente a questo processo, crediamo, il Governo italiano dovrebbe seguire tutti i giovani fino ai 18 anni ed oltre, finché non abbiano trovato un lavoro adeguato.

Raccomandiamo che le autorità italiane esaminino in modo più approfondito il loro impegno di offrire una "garanzia " per lo studio e la formazione fino all'età di 18 anni per tutti quelli che lo desiderano e che potrebbero usufruirne. Pensiamo che la realizzazione di tale "garanzia" richiederà misure speciali nella scuola e sul posto di lavoro perché tutti i giovani possano ottenere una qualifica professionale riconosciuta.

Raccomandiamo, inoltre, che vengano individuate strutture per il monitoraggio individualizzato, grazie al quale rendere effettivo il diritto al studio a livello locale. E raccomandiamo anche l'avvio di un'indagine sulle implicazioni di questa "garanzia" dell'istruzione fino ai 18 anni per quanto concerne l'organizzazione e i costi della formazione, il sistema di monitoraggio e i servizi di orientamento, e che venga istituito un sistema di monitoraggio dei giovani che abbandonano la scuola e del loro inserimento nella vita attiva, in modo che la "garanzia" possa essere realizzata efficacemente.

 

Il miglioramento delle scuole: autonomia, decentramento, valutazione

Abbiamo dedicato un po' di tempo all'esame delle implicazioni che i principi dell'autonomia e del decentramento e il processo di valutazione potrebbero avere per le scuole, e ciò al fine di rendere comprensibile gli effetti delle riforme.

Il punto critico è, a nostro avviso, il miglioramento delle scuole e siamo persuasi che i principi dell'autonomia possano essere utili a questo scopo. In effetti, alle istituzioni scolastiche è stata conferita l'autonomia affinché esse possano migliorare, e non perché possano "fare le proprie cose" in maniera disinvolta. Abbiamo anche visto che il decentramento della presa delle decisioni, poniamo, in campo finanziario o della responsabilità gestionale potrebbe anche, se non fosse strettamente legato al miglioramento pedagogico, non avere successo e non recare alcun beneficio alle scuole.

L'autonomia è stata conferita alle istituzioni scolastiche italiane nel quadro di una legge sul decentramento. Essa resta tuttavia un concetto distinto e deve essere concepita come un mezzo per migliorare l’insegnamento, implicando quindi la necessità di rendere conto, di sottoporsi alla valutazione e di beneficiare di un sostegno.

Abbiamo constatato, inoltre, che nelle. scuole italiane la sperimentazione ha una lunga tradizione, praticata non tanto per migliorare le scuole quanto piuttosto come meccanismo per sfuggire alla rigidità della legge. Noi auspichiamo che il processo di riforma dia adito a un robusto programma di sperimentazione e di ricerca scientifica, al fine di divulgare i risultati su più vasta scala e di favorire il miglioramento delle scuole.

Noi raccomandiamo che per qualsiasi sperimentazione scolastica, in particolare in materia di programmi e di gestione degli istituti, gli obiettivi dell'esperimento siano chiaramente definiti, che i risultati ottenuti siano scientificamente valutati, che le nuove idee sperimentate con successo vengano largamente diffuse a vantaggio di tutto il sistema. Raccomandiamo, qualora un esperimento debba essere disseminato, di predisporre una strategia specifica, di stanziare fondi adeguati e di preparare gli insegnanti all'introduzione del nuovo sistema.

Sosteniamo l'opportunità di creare un sistema nazionale di valutazione indipendente con il compito di esaminare l'efficacia delle riforme una volta che queste siano attuate. Riteniamo, inoltre, che sia molto valida l'idea di istituire un centro indipendente di ricerca che intraprenda un programma a lungo termine di indagini in campo educativo, come ad esempio il monitoraggio di una particolare classe di età nel passaggio dalla scuola al lavoro, o progetti di ricerca per conto di alti enti interessati ai problemi della scuola, come le associazioni imprenditoriali.

Noi raccomandiamo che sia istituito un sistema di valutazione indipendente, che incentri la sua attività sulla definizione di parametri di valutazione, per mettere le scuole nella condizione di autovalutarsi con riferimento a tali parametri, sviluppi test, svolga verifiche ai vari livelli scolastici e fornisca consulenza su come devono essere allocate le risorse perché si ottengano risultati più equi e migliori.

Raccomandiamo altresì che il Governo consideri l'opportunità di istituire un ente indipendente incaricato di svolgere ricerche indipendenti in materia di istruzione utilizzando sia fondi pubblici che fondi provenienti da altre fonti, se c'è interesse ad avere un parere indipendente sul funzionamento del sistema formativo.

Siamo convinti che un sistema scolastico ben saldo, soprattutto se alle scuole è riconosciuto un notevole grado di autonomia, abbia bisogno dì un solido corpo ispettivo in grado di prestare la sua opera per il miglioramento della qualità delle scuole e per la valutazione dell'efficacia del lavoro degli insegnanti.

Raccomandiamo che il Governo riesamini il ruolo dell'ispettorato alla luce delle mutate condizioni delle scuole in relazione alle riforme. Gli ispettori dovrebbero, in particolare, essere coinvolti nel programma di miglioramento delle scuole e valutarne i risultati.

Raccomandiamo la creazione di un sistema di testing per valutare gli alunni in determinati momenti del corso di studi o in determinate classi, specialmente al termine della scuola dell'obbligo. Spetta al governo decidere quale tipo di estensione debba avere la valutazione: se a campione o per l’intera coorte, in modo che ogni allievo e la sua famiglia possano conoscere il livello medio di rendimento della scuola frequentata.

Raccomandiamo, inoltre, che i risultati di questa valutazione vengano messi a disposizione dei genitori e della comunità, in genere sotto forma di media delle scuole, in modo che si possa decidere come le singole scuole possano migliorare e come le pratiche che hanno successo possano essere disseminate a favore di un maggior numero di insegnanti.

Il miglioramento della scuola e la trasparenza sono, a nostro avviso, fondamentali per le riforme, dove l'autonomia è il principio guida miglioramento, mentre il decentramento rende possibile la trasparenza vari livelli del sistema scolastico. Per assicurare il successo delle riforme in questi termini sono necessari quattro elementi basilari:

Abbiamo preso atto dello stanziamento, da parte dei governo italiano, di 845 miliardi di lire per un periodo di tre anni come risorse aggiuntive mirate a favorire le riforme e agevolarne l'attuazione. Riteniamo che questi fondi siano in grado di assicurare che i suddetti quattro elementi vengano posti in essere e che l'intero processo di cambiamento sia programmato, attuato e valutato in modo efficace.

In questo rapporto abbiamo anche richiamato più volte l'attenzione sulla necessità di mobilitare e sostenere l'impegno di tutte le parti in causa - insegnanti, genitori, studenti, imprenditori, sindacati, l'opinione pubblica in generale, le autorità locali e regionali ecc. - per il processo di riforma. Ciò richiederà, da parte del Ministero, la messa in opera di una strategia appropriata per comunicare e divulgare gli scopi e gli obiettivi della riforma. Se si vuole che questa abbia successo, è indispensabile assicurare un flusso regolare di informazioni. Ciò richiederà probabilmente una certa ristrutturazione del Ministero della Pubblica Istruzione, con la creazione, per esempio, di un ufficio informazioni di elevata competenza, tra i cui compiti dovrebbe esserci quello di assicurare un flusso regolare di informazioni e di spiegazioni a tutti gli interessati. Riteniamo importante, inoltre, che in vista di una ristrutturazione del Ministero si prenda in considerazione anche la creazione di un centro professionale in grado di fornire i dati necessari per il monitoraggio del processo di riforma.

Raccomandiamo una revisione della struttura del Ministero, al fine di assicurare che esso sia perfettamente attrezzato per gestire queste riforme radicali, soprattutto per quanto concerne un'efficace strategia di comunicazione e divulgazione sulle riforme e sulla capacità di controllo interno.

Le proposte di riforma sono estremamente audaci; esse contribuiranno notevolmente a ridurre il ritardo dell'Italia in campo educativo e a fare, fin dall'inizio del secolo venturo, del sistema scolastico italiano un sistema innovativo, creativo e di successo, come il sistema che vediamo rappresentato in tante imprese italiane. Quando il sistema di istruzione e di formazione avanza mano nella mano insieme con le industrie che costituiscono la base economica del paese, si sviluppano quelle sinergie che permettono ad entrambe le parti di trarre vigore l'una dall'altra, così assicurando il miglioramento di tutte e due. I benefici sociali e le opportunità individuali offerte da un sistema basato sulla cooperazione farà sì che l'Italia possa occupare il suo posto come uno dei paesi di maggior successo nell'Unione Europea.


(*) da Esami delle politiche nazionali dell’Istruzione/Italia, Armando Editore©