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Giurisprudenza relativa al profilo di attribuzioni/competenze del dirigente scolastico a)
"""Parere dell'Avvocatura di Stato …(…)… in
merito alla riservatezza
ed accesso agli atti amministrativi con riguardo alla riservatezza
di terzi e alle relazioni sindacali - Bologna,
8 febbraio 2001, prot.2524, CS 32/01 Avv. Paolucci""" a cura di Gianfranco Purpi
PREMESSA: 0: Riportiamo in appendice alla presente (poiché risultano di rilevante interesse e di chiara proficuità istituzionale), le materie e le giurisprudenze in oggetto; e correlatamente i quesiti di una istituzione scolastica che hanno sollecitato tali stessi pronunciamenti in questione.
1:
Qui si premette soltanto che si pongono
fondamentali,comunque,i seguenti
principi giuridici ivi riportati
e (oltrechè legittimati dalle vigenti
normative al riguardo) condivisi anche
dall’Avvocatura dello Stato
e dal Consiglio di
Stato suddetti: -§:
"""…(…)…il dirigente scolastico assicura
la gestione unitaria dell'istituzione,
ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione
delle risorse finanziarie e dei risultati del servizio; ad esso spettano
autonomi poteri di direzione, coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane; nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni
scolastiche spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di
gestione delle risorse del personale …(…)…"""
(parere suddetto dell’Avvocatura
dello Stato;come sanciscono i D.L.gs n.29/93/art. 25 bis
e n.59/98). -§:
"""…(…)…Il dirigente scolastico partecipa
comunque della generale funzione
dirigenziale pubblica, come attesta la collocazione sistematica degli
art. 25 bis e ter, che il D. lgs. 59/98 ha inserito nel D. Lgs. 29/93,
interpolando il capo della "dirigenza" (capo secondo).
L'art. 25 bis costituisce dunque settoriale applicazione
delle prerogative
attribuite alla dirigenza dal D. Lgs. N. 29 (art. 13 e ss.). A
tali prerogative si correla ineluttabilmente il principio di separazione
tra funzione di indirizzo politico-amministrativo e funzione di
attuazione e gestione applicabile a tutti gli enti pubblici: a tale principio
sono vincolate infatti tutte le amministrazioni pubbliche, anche
quelle i cui organi di vertici non siano direttamente o indirettamente
espressione di rappresentanza politica (art. 3, ultimo comma
u.c. e 27 bis D. Lgs. N. 29) e dunque anche le istituzioni scolastiche
allorché siano divenute enti pubblici autonomi…(…)…""" (parere
suddetto dell’Avvocatura dello Stato). -§:
"""…(…)…A tal fine, in attesa di un
intervento legislativo che individui
in via espressa, diretta e dettagliata le attribuzioni riservate
alla sfera di indirizzo e quelle riservate alla sfera gestoria "dirigenziale",
il Consiglio di Stato (Cons.Stato, II sezione, 27.10.1999
n.1603/99), intervenendo proprio sul punto del coordinamento fra
l'art. 10 T.U. e l'art. 25 bis/D.Lgs n. 29 …(vale a dire,il D.L.vo n.59/98:n.d.r.)…,
ha ritenuto risolta la questione considerando prevalente
la disciplina di cui all'art. 25
bis D.Lgs. n. 29/93, in base al
principio dell'abrogazione implicita per incompatibilità della
legge precedente
ad opera di legge successiva (art. 15 delle preleggi)…(…)…"""
(parere suddetto dell’Avvocatura dello Stato). -§:
"""…(…)…l'art. 45 comma 1 del D.Lgs. n.
80/98 ha espressamente disposto
che "le disposizioni previdenti che conferiscono agli organi di governo
l'adozione degli atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi
di cui all'art. 3 comma 2 del D.Lgs 29/93, si intendono nel
senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti". In
altri termini, la clausola "interpretativa" generale - che
in realtà ha
portata ed efficacia innovativa delle previdenti disposizioni sia legislative
che statutarie e regolamentari – assicura l'obbligatoria devoluzione
alla sfera della competenza dirigenziale di tutti gli atti e i
provvedimenti che non attengono all'ambito dell'indirizzo politico-amministrativo,
e, a fortiori, di quelli già direttamente riconducibili
all'ambito gestorio come individuato dall'art. 25
bis D.Lgs.
n.29...(...)..."""
(parere
suddetto dell’Avvocatura dello Stato che
riporta il disposto del D.L.gs n.80/98). -§:
"""…(…)…Si rileva come in base all'art.6 del
ccnl comparto Scuola 1999…(il
CCNL 26/05/99)…, che disciplina le relazioni sindacali a livello
di istituzione scolastica, la conoscenza dei dati di cui si discute
(ed in particolare, del collegamento fra i nominativi dei docenti,
l'impegno orario assolto ed il compenso percepito) non rientri nelle
attività oggetto delle relazioni sindacali, come disciplinate dalla
disposizione pattizia: in particolare non rientra in quelle oggetto
di contrattazione collettiva (in base al comma 3, lett b)- (costituiscono
infatti oggetto di contrattazione le sole "modalità di utilizzazione
del personale in rapporto al piano dell'offerta formativa",
afferenti alla generale sfera programmatoria e non alle singole
decisioni applicative);
né in quelle oggetto di informazione
preventiva (in base al comma 3, lett. f) e g) vi rientrano le
attività e i progetti retribuiti con il fondo d'istituto ed i
criteri di
retribuzione e utilizzazione del personale impegnato nello svolgimento
delle attività aggiuntive
(l'uno e l'altro ambito risultando
strumentale alla contrattazione collettiva di cui alla lettera
b)- e comunque inerendo alla medesima attività di generale programmazione
dell'organizzazione del lavoro);
né in quelle oggetto di informazione
successiva (in base al comma 4, lettera a).
Sono oggetto di informazione successiva i soli
"nominativi" del personale
utilizzato nelle attività e nei progetti retribuiti con il fondo
di istituto, non consentendo la precisione della disposizione interpretazioni
ampliative…(…)…""" .
(parere suddetto dell’Avvocatura dello
Stato).
2:
Ricordiamo che il
più volte sopra richiamato testo dell’art.25/bis
del D.L.n.29/93 (e che
è stato legiferato dal D.L.vo n.59/98),
recita TESTUALMENTE nelle
sue linee essenziali quanto segue:
"""""""""""""…(…)…2.
Il dirigente scolastico assicura la
gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza,
è responsabile
della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei
risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali
scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di
direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In
particolare il dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo
criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle
relazioni sindacali. 3.
Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2 il dirigente scolastico
promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi
formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali,
sociali ed economiche del territorio, per l'esercizio della
libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione
metodologico-didattica, per l'esercizio della libertà di scelta
educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto all'apprendimento
da parte degli alunni. 4.
Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta
al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse
e del personale. 5.
Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative
il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai
quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato
dal responsabile
amministrativo…(oggi denominato
Direttore Dei servizi generali
ed amministrativi:n.d.r.)…, che sovrintende, con autonomia operativa,
nell'ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi
assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell'istituzione
scolastica, coordinando il relativo personale. 6.
Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio
di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento
dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine
di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio
delle competenze degli organi della istituzione scolastica…(…)…""".
(art.25/bis del D.L.gs.n.29/93; come legiferato dal D.L.vo
n.59/98).
================================================================== APPENDICE:
a)
"""Parere dell'Avvocatura di Stato …(…)… in
merito alla riservatezza ed
accesso agli atti amministrativi con riguardo alla riservatezza di terzi
e alle relazioni sindacali - Bologna,
8 febbraio 2001, prot.2524, CS 32/01 Avv. Paolucci""" b)
""" Parere del CONSIGLIO DI STATO …(richiesto dal
Ministero della Pubblica
Istruzione:n.d.r.)…- Adunanza della sezione seconda 27 ottobre 1999
- N° sezione 1603/99
""" riportante il seguente oggetto: """Ministero
della Pubblica istruzione - Quesito sull'art. 21, commi 1 e 14
della legge 15 marzo 1997, n. 59""" . =============================================================
PREMESSA:
Dal sito internet dell’ANP,acquisiamo i quesiti di premessa
che qui in
appresso riportiamo testualmente e che sono risultati di presupposto ai
pareri giurisprudenziali suddetti:
"""Una collega dirigente ha posto all'Avvocatura
dello Stato di Bologna alcuni quesiti relativi al diritto di
accesso agli atti amministrativi ed al connesso diritto alla riservatezza
di terzi e, dall'altro lato, alle relazioni sindacali. Crediamo
sia utile pubblicare il parere fornito dalla stessa Avvocatura ai
seguenti quesiti: -§:il
Consiglio di Istituto può o deve conoscere il dettaglio dei singoli
compensi accessori attribuiti a ciascun dipendente? -§:il
singolo componente del Consiglio di Istituto ha diritto a conoscere
il dettaglio dei compensi liquidati a ciascun dipendente per attività
aggiuntive? -§:in
caso affermativo è legittimo che il membro del Consiglio motivi il diritto
all'accesso con la volontà di operare controlli sulla correttezza
dell'operato dell'Amministrazione? -§:il
delegato sindacale ha diritto a prendere visione, in via riservata,
dei prospetti nominativi relativi alla distribuzione del compenso? -§:il
delegato sindacale ha diritto a richiedere l'affissione all'Albo della
Scuola dei predetti prospetti? …(…)… È
opportuno segnalare che il parere dell'Avvocatura dello Stato di Bologna
fa propri, per esplicita dichiarazione, i pareri del Consiglio di
Stato, resi a seguito del riconoscimento della dirigenza ai capi di istituto,
in merito alle funzioni degli organi collegiali in materia di gestione
amministrativo-finanziaria e alle competenze del Collegio dei docenti
sulla nomina dei collaboratori dei dirigenti delle scuole.
Siamo ormai in presenza di una linea interpretativa
condivisa""".
=============================================================
"""""""""""""""Parere
dell'Avvocatura di Stato In
merito alla riservatezza ed accesso agli atti amministrativi con riguardo
alla riservatezza di terzi e alle relazioni sindacali Bologna,
8 febbraio 2001, prot.2524, CS 32/01 Avv. Paolucci:
Con
la nota a margine indicata, codesta istituzione scolastica …(l’istituzione
scolastica gestita dal dirigente scolastico che introduce
i quesiti in questione:n.d.r.)…pone una serie di quesiti attinenti,
da un lato, ai limiti del diritto di accesso agli atti amministrativi
ed al connesso diritto alla riservatezza di terzi e, d'altro
canto, alle relazioni sindacali. Si
osserva preliminarmente che i quesiti posti attengono gli uni e gli altri
al rapporto interno all'istituzione scolastica: da un lato al rapporto
fra organi di questa (es. rapporti tra consiglio d'istituto e il
dirigente scolastico), dall'altro alle relazioni fra le componenti dell'istituzione
stessa (es. poteri del delegato sindacale nei confronti della
parte datoriale). In
particolare, le questioni dedotte attengono alla organizzazione e gestione
dei rapporti di lavoro. Al
fine di meglio comprendere la risposta agli specifici quesiti posti, si
reputa necessaria una premessa circa l'allocazione delle competenze fra
gli organi delle istituzioni scolastiche ed il conseguente ruolo reciproco
degli stessi organi in materia di organizzazione e gestione dei
rapporti di lavoro dopo l'attuazione dell'art. 21 L. n. 59/1997, attraverso
in particolare l'art. 25 bis del D.Lgs. n. 29/1993 …(vale a dire,il
D.L.vo n.59/98:n.d.r.)…ed il D.P.R. n. 275/1999. E'
evidente, infatti, che l'esercizio delle competenze istituzionali da parte
degli organi pubblici (e per essi, dei propri componenti) comporta la
necessità di conoscenza dei dati (anche) personali attinenti alle questioni
trattate. In
tali casi e per tali finalità e limiti, pertanto, non si fa
questione di
accesso agli atti amministrativi (art. 22 e ss. L. n. 241/90), riguardando
il diritto di accesso non il rapporto "interno" di
esercizio delle
competenze istituzionali, bensì quello "esterno"
intercorrente fra l'amministrazione
e i soggetti (eventualmente anche dipendenti o componenti
di organi dell'amministrazione) che abbiano un interesse giuridicamente
rilevante all'accesso, estraneo ed al di fuori delle funzioni
istituzionali. Tale
logico presupposto è confermato espressamente dall'art. 27, primo comma,
della L. n. 675/1996 che, in materia di trattamento dei dati personali
da parte di soggetti pubblici dispone che "il trattamento di dati
personali da parte di soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici,
è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali,
nei limiti stabiliti dalla legge e dai regolamenti". Poiché,
inoltre, i dati personali devono essere trattati rispettando il principio
di pertinenza e non eccedenza rispetto alla finalità per i quali
gli stessi sono raccolti e trattati (art. 9 L. cit.), la competenza
istituzionale di ciascun organo pubblico costituirà ad un tempo
legittimazione e limite della conoscenza dei dati personali da trattare.
Venendo
allora alle competenze del Consiglio d'Istituto, su cui vertono i
primi tre quesiti posti, si osserva quanto segue. Come
noto, l'unica disposizione legislativa che si occupa ex professo delle
competenze del Consiglio d'Istituto è tuttora l'art. 10 T.U. n. 297\1994. In
base a tale disposizione, il Consiglio d'Istituto: elabora
e adotta gli indirizzi generali e determina le forme di autofinanziamento; delibera
il bilancio preventivo e il conto consuntivo e dispone in ordine
all'impiego dei mezzi finanziari per quanto concerne il funzionamento
amministrativo e didattico dell'Istituto; ha
potere deliberante fatte salve le competenze dei docenti, sull'organizzazione
e la programmazione della vita e dell'attività della scuola
in ordine all'adozione del regolamento interno dell'Istituto; all'acquisto,
rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico-scientifiche
e dei sussidi didattici, compresi quelli audio-televisivi
e dotazioni librarie nonché l'acquisti di materiali di consumo
occorrenti per le esercitazioni; all'adattamento del calendario scolastico
e alle esigenze ambientali; ai criteri generali per la programmazione
educativa; ai criteri per la programmazione delle attività
parascolastiche; interscolastiche; extra scolastiche; alla promozione
di contatti di altre scuole o istituti al fine di realizzare scambi
di informazioni ed esperienze ed intraprendere eventuali iniziative
di collaborazione; alla partecipazione dell'istituto ad attività
culturali, sportive e ricreative di particolare interesse educativo;
forme e modalità di svolgimento di iniziative assistenziali che
possono essere assunte dall'istituto; indica
i criteri generali relativi alla formazione delle classi, all'assegnazione
ad esse dei singoli docenti, all'adattamento delle lezioni
e delle altre attività scolastiche ed alle condizioni ambientali e
al coordinamento organizzativo dei consigli di intersezione, di interclasse
e di classe; stabilisce
i criteri per l'espletamento dei servizi amministrativi; consente
l'uso delle attrezzature della scuola da parte di altre scuole per
lo svolgimento di attività didattiche durante l'orario scolastico. Emerge
dalla declinazione delle richiamate competenze che il Consiglio d'Istituto
è l'organo dotato nell'istituzione scolastica di generale competenza
deliberante, cui spettano, in particolare, sia la funzione di indirizzo
(approvazione dei criteri generali per la programmazione educativa
e per le attività para-inter-extra scolastiche) sia funzioni di
gestione, queste ultime sia in termini di macro-organizzazione (adozione
del regolamento interno, promozione di contatti con altre scuole,
elaborazione dei criteri generali per la formazione delle classi o
per l'assegnazione delle classi e dei docenti), sia in termini di micro-organizzazione
(adozione dei criteri per l'espletamento dei servizi
amministrativi, gestione dell'uso delle attrezzature delle scuole,
approvazione degli acquisti, ecc.). Le
disposizioni contenute nel DPR n. 275/99 …(vale a dire,nel Regolamento
dell’autonomia:n.d.r.)…non sono innovative su tale punto né avrebbero
potuto esserlo non avendo ricevuto alcuna delega al riguardo dalla
fonte legislativa di cui costituiscono attuazione (art. 21 L. n. 59/97):
esse danno per presupposta la scansione e ripartizione di competenze
fra gli organi come prevista da altra fonte legislativa a ciò destinata
(così avviene in riferimento all'art. 3 relativamente all'adozione
del Piano dell'offerta formativa). A
tale ambito di competenza, cui fa sfondo un'articolazione dell'amministrazione
della Pubblica Istruzione fortemente accentrata, si accompagna
l'individuazione delle competenze del Capo d'Istituto operata dall'art.
396 del Testo Unico delle leggi della scuola …(D.L.vo n.297/94:n.d.r.)…come
docente fra i docenti, chiamato a coordinare o proporre
o eseguire decisioni adottate da altri organi, più che ad organizzare
o ad assumere decisioni autonome. Tale
ultima disposizione è da ritenersi tacitamente abrogata dall'art. 25
bis del D. Lgs. N. 29 del 1993, che disciplina la competenza del dirigente
scolastico nel nuovo sistema organizzativo delineato dall'art. 21
della L. 59/97. In
base a tale norma, il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria
dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile
della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati del
servizio; ad esso spettano autonomi poteri di direzione, coordinamento
e di valorizzazione delle risorse umane; nell'ambito delle funzioni
attribuite alle istituzioni scolastiche spetta al dirigente l'adozione
dei provvedimenti di gestione delle risorse del personale. Da
tale disposizione emerge che, seppure con carattere di specificità
il dirigente
scolastico partecipa comunque della generale funzione dirigenziale
pubblica, come attesta la collocazione sistematica degli art.
25 bis e ter, che il D. lgs. 59/98 ha inserito nel D. Lgs. 29/93, interpolando
il capo della "dirigenza" (capo secondo). L'art.
25 bis costituisce dunque settoriale applicazione delle prerogative
attribuite alla dirigenza dal D. Lgs. N. 29 (art. 13 e ss.). A
tali prerogative si correla ineluttabilmente il principio di separazione
tra funzione di indirizzo politico-amministrativo e funzione di
attuazione e gestione applicabile a tutti gli enti pubblici: a tale principio
sono vincolate infatti tutte le amministrazioni pubbliche, anche
quelle i cui organi di vertici non siano direttamente o indirettamente
espressione di rappresentanza politica (art. 3, ultimo comma
u.c. e 27 bis D. Lgs. N. 29) e dunque anche le istituzioni scolastiche
allorché siano divenute enti pubblici autonomi. La
potenziale antinomia risultante dal contesto legislativo così descritto
fra le disposizioni che disegnano le competenze del Consiglio d'Istituto,
organo con funzioni di indirizzo amministrativo, nella parte in
cui le stesse assegnano ad esso anche funzioni di gestione, e l'art. 25
bis del D. Lgs. 29 del 1993 …(inserito in tale decreto dal D.L.vo n.29
del 1993:n.d.r.)…nella parte in cui attribuisce le competenze di gestione
al dirigente scolastico, va sanata in via interpretativa.
A
tal fine, in attesa di un intervento legislativo che individui in
via espressa,
diretta e dettagliata le attribuzioni riservate alla sfera di indirizzo
e quelle riservate alla sfera gestoria "dirigenziale", il Consiglio
di Stato (Cons.Stato, II sezione, 27.10.1999 n.1603/99), intervenendo
proprio sul punto del coordinamento fra l'art. 10 T.U. e l'art.
25 bis D.Lgs n. 29 …(vale a dire,il D.L.vo n.59/98:n.d.r.)…, ha ritenuto
risolta la questione considerando prevalente la disciplina di cui
all'art. 25 bis D.Lgs. n. 29/93, in base al principio dell'abrogazione
implicita per incompatibilità della legge precedente ad opera
di legge successiva (art. 15 delle preleggi).
L'impostazione
seguita dal Consiglio di Stato, così come quella della ulteriore
giurisprudenza amministrativa che si è espressa in materia (TAR
Emilia Romagna, Bologna,I, 12.12.98 n.425, sulla ripartizione di competenza
fra gli organi delle università degli studi; TAR Puglia, Bari,
II, 23.3.2000, n.1248, sulla ripartizione di competenze fra gli organi
dei Comuni; significativa sul punto è anche la circolare del Ministero
dell'Interno n. 4 del 10.10.1998) e della dottrina (Gardini, Brevi
note sulla distinzione tra funzioni di indirizzo e gestione nelle Università,
in Giust.Amm., rivista internet di Diritto Pubblico – http://www.giustiit.it),
decisamente orientate nello stesso senso, si fondano
sull'art. 3 comma 3 del D.Lgs. n. 29/93 nel testo modificato dall'art.
1 del D.lgs. n. 80/98 che ha sancito con disposizione generale che
le attribuzioni dei dirigenti indicati nel comma 2 (adozione di tutti
i provvedimenti amministrativi ivi compresi quelli che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, gestione finanziaria con autonomi poteri
di spesa, organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo)
"possono essere derogati soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative".
In
tale chiave esegetica va ricordato che l'art. 45 comma 1 del D.Lgs. n.
80/98 ha espressamente disposto che "le disposizioni previdenti
che conferiscono
agli organi di governo l'adozione degli atti di gestione e di
atti o provvedimenti amministrativi di cui all'art. 3 comma 2 del D.Lgs
29/93, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti". In
altri termini, la clausola "interpretativa" generale - che
in realtà ha
portata ed efficacia innovativa delle previdenti disposizioni sia legislative
che statutarie e regolamentari – assicura l'obbligatoria devoluzione
alla sfera della competenza dirigenziale di tutti gli atti e i
provvedimenti che non attengono all'ambito dell'indirizzo politico-amministrativo,
e, a fortiori, di quelli già direttamente riconducibili
all'ambito gestorio come individuato dall'art. 25
bis D.Lgs.
n.29.
D'altro
canto non può dubitarsi della attuale applicabilità delle disposizioni
di D. Lgs. N. 29/93 e di D.Lgs. 80/98 alla dirigenza delle istituzioni
scolastiche, rientrando esse nella sfera delle amministrazioni
di cui all'art. 1 del D.Lgs n. 29/93.
Dal
contesto legislativo sopra richiamato deriva dunque la necessità di una
"rilettura" delle disposizioni del T.U. n. 297/94 di
individuazione delle
attribuzioni degli organi della scuola alla luce del D.Lgs. n. 29/93.
Tale
"rilettura" deve essere compiuta, come peraltro statuito
dal Consiglio
di Stato nel citato parere, attraverso una operazione di sottrazione
dal complesso di funzioni originariamente assegnate dall'art.
10 del T.U. n. 297/94 al Consiglio di Istituto, di quelle competenze
che l'art.25 bis del D.Lgs. n. 29/93 …(come si ripete,articolo
introdotto ed inserito nel testo originario del D.L.gs n.29/93,dal
D.L.vo n.59 del 1998:n.d.r.)…attribuisce con effetto dal 1° settembre
2000 al dirigente scolastico.
Se
ne deve dedurre l'attrazione della competenza del dirigente scolastico
delle funzioni di gestione. La
correlativa sottrazione di poteri di gestione del Consiglio d'Istituto,
pur se ineluttabile, non va intesa come un depauperamento del
ruolo di tale organo. Il Consiglio di Istituto, infatti, nella funzione
di indirizzo, e proprio perché sgravato delle funzioni di gestione
– che parallelamente aumenteranno – verrà a costituire la sede elettiva
(l'unica sede) nella quale operare le scelte di fondo della sede
amministrativa dando "gli indirizzi generali per l'attività
della scuola"
e compiendo le "scelte generali di gestione e di amministrazione"
(art. 3 cit.).
Si
è ben consapevoli che la descritta operazione di sottrazione è semplice
solo concettualmente ed astrattamente, mentre la concreta realtà
organizzativo-funzionale presenta profili meno facilmente decifrabili.
Il vero problema interpretativo è quello di individuare nell'ampio
novero dei provvedimenti non meramente gestionali quegli atti che
attengono alle scelte di massima dell'azione amministrativa discrezionale
e che, pertanto, possono costituire espressione più della funzione
di indirizzo che di quella di gestione. Ciò
premesso e venendo al caso concreto, si rileva alla luce delle osservazioni
che precedono come il Consiglio di Istituto non abbia attualmente
competenza deliberativa, trattandosi di atti meramente di gestione,
in ordine ai singoli e concreti provvedimenti, tanto di natura amministrativa
che contabile, culminanti nella corresponsione dei compensi
aggiuntivi da erogarsi al personale scolastico (esempio: determinazione
del tipo e della quantità di attività aggiuntive, accertamento
dell'effettivo svolgimento dell'attività, quantificazione del
compenso e liquidazione dello stesso). In
ordine a tali aspetti, il Consiglio d'Istituto, interviene, a titolo preventivo,
nell'esercizio della funzione di indirizzo, nell'adozione da un
lato del piano dell'offerta formativa e nell'approvazione dall'altro lato
del bilancio preventivo e, a titolo successivo, nell'approvazione del
conto consuntivo. Nell'una
e nell'altra azione l'intervento del Consiglio d'Istituto non deve
invadere le competenze attuativo-gestionali attribuite al dirigente scolastico,
nell'esercizio delle quali questo – e questo soltanto – è chiamato
a rispondere a titolo di responsabilità dirigenziale (art. 25 bis
D.Lgs. 29/93). …(…)…
Ne deriva comunque la non necessarietà della conoscenza dei dati personali
richiesti, essendo necessaria e sufficiente la conoscenza dell'ammontare
complessivo delle somme spese e del titolo di imputazione giuridica,
conoscenza che risulta necessaria e sufficiente anche relativamente
all'esercizio della funzione di approvazione del bilancio consuntivo.
Escluso l'onere istituzionale di conoscenza, occorre ora
verificare se
residui in capo ai componenti del Consiglio di Istituto un diritto
ad ottenere
le informazioni richieste sub specie diritto di accesso ai documenti
amministrativi ex art. 22 L.n. 241/1990. E' noto che presupposto
di tale diritto sia la sussistenza di un interesse giuridicamente
rilevante, personale e concreto, diverso e differenziato da
quello di qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento, non costituendo il
diritto di accesso una sorta di azione popolare diretta a consentire una
forma di controllo generalizzato sull'amministrazione. E'
stato costantemente affermato che: "La norma contenuta
nell'art. 22, 1°
comma, L. 7 agosto 1990 n. 241, pur riconoscendo il diritto di accesso
ai documenti amministrativi a "chiunque vi abbia
interesse", non ha
introdotto alcun tipo di azione popolare, dal momento che ha, successivamente,
ricollegato siffatto interesse all'esigenza di tutela di
situazioni soggettive "giuridicamente rilevanti";
pertanto, il diritto
in questione costituisce un tipo di pretesa strumentale per l'eventuale
tutela di posizioni qualificate , sicchè l'accesso de quo, pur
conseguendo al proclamato intento di "assicurare la trasparenza dell'attività
amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale, è consentito
solo a coloro ai quali i documenti, direttamente o indirettamente,
pervengano e che se ne possano, eventualmente, avvalere per
la tutela di una posizione di interesse legittimo"(Consiglio di Stato,
sez.VI, 01.10.1996, n.1228).
Ancora:
"Il diritto di accesso ai documenti riconosciuto dall'art. 22 L.
7 agosto 1990 n.241 non si atteggia come una sorta di azione
popolare diretta
a consentire una forma di controllo generalizzato sull'amministrazione,
giacchè da una lato l'interesse che legittima ciascun
soggetto all'istanza, da accertare caso per caso, deve essere personale
e concreto e ricollegabile al soggetto stesso da uno specifico nesso,
e dall'altro la documentazione richiesta deve essere direttamente riferibile
a tale interesse, oltre che individuata o ben individuabile" (C.
Stato, sez.VI, 22.05.1998, n. 820; C.Stato, sez.V, 14.04.1997, n.362).
E
ancora: "L'accesso agli atti amministrativi non può risolversi
in uno strumento
di controllo generalizzato sull'intero operato dell'amministrazione
come se fosse un'azione popolare; ciò che è rilevante
per il ricorrente è il contenuto del documento richiesto, non le
modalità relative alla sua adozione o acquisizione da parte della pubblica
amministrazione; una siffatta aspirazione a conoscere ogni dato possibile
della vicenda non sembra poter condurre ad una più proficua azione
difensiva dell'interessato; nel caso in esame la richiesta di accesso
ha ad oggetto una "pratica di segreteria" avente valenza
di atto meramente
interno suscettibile ex se di utilità per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti (Consiglio di Stato, sez. IV, 09.12.1997,
n.1359). Alla
luce di tali principi, ritiene la Scrivente …(Avvocatura)…che
non sussista
nel caso l'interesse giuridicamente rilevante ex art. 22 L. n. 241/90
da parte dei componenti del Consiglio d'Istituto alla conoscenza dei
documenti individuanti i nominativi dei docenti interessati agli emolumenti
economici.
Ciò,a prescindere dalla circostanza che tali atti non siano ricompresi
nell'elencazione del D.M. 10 gennaio 1996, n.60 di individuazione
delle categorie di documenti inaccessibili per motivi di riservatezza,
l'applicazione del quale presuppone l'accertata sussistenza
in capo al richiedente dell'interesse giuridicamente rilevante
all'accesso e dunque l'esistenza del diritto di accesso.
Peraltro,
va ricordato che il Garante per la protezione dei dati personali
si è più volte occupato dell'accesso dei cittadini ai documenti
della pubblica amministrazione e della trasparenza nella circolazione
delle informazioni a contenuto economico, statuendo che in base
alla L. n. 675/1996 (art. 27 comma 3) le pubbliche amministrazioni possono
divulgare questo genere di informazioni qualora la comunicazione o
la diffusione sia prevista da una norma di legge o di regolamento (decisione
riferita alla CCIAA di Treviso 8 giugno 1998; decisione riferita
alla CCIAA di Pordenone 14 maggio 1999; parere del 13 ottobre 2000).
Va a tale proposito osservato come l'esercizio del diritto di accesso
rientri nel concetto di "comunicazione" definito
nell'art.1, comma
2, lett. g)- come "il dare conoscenza dei dati personali a uno
o più
soggetti determinati diversi dall'interessato, in qualunque forma, anche
mediante la loro messa a disposizione o consultazione".
In particolare, il Garante ha ricordato alcune disposizioni
che, anche
ai fini dell'art.27, comma 3, della L.n. 675/96 consentono la comunicazione
e diffusione di dati a contenuto economico; ciò avviene in relazione
alla L. 5 luglio 1992 n, 441, relativamente alla situazione patrimoniale
dei titolari di alcune cariche elettive o direttive espressamente
individuate nell'art. 12 della medesima legge (presidenti, vicepresidenti,
amministratori delegati e direttori generali di istituti o
enti pubblici di nomina ministeriale o governativa; presidenti, vicepresidenti,
amministratori delegati e direttori generali di società a
capitale pubblico; direttori generali delle aziende autonome dello stato),
ovvero in relazione all'art.17, comma 22, della L. 15 maggio 1997,
n.127 che ha esteso l'applicabilità del regime di pubblicità di cui
al citato art.12 al personale di livello dirigenziale o equiparato (cioè,
i magistrati, gli avvocati dello stato ed i professori universitari)
di cui all'art.2, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 29/1993, nonché
al personale dirigenziale delle amministrazioni pubbliche, osservando
che il diritto alla conoscenza dei dati patrimoniali delle predette
persone non comporta tuttavia l'obbligo di pubblicare i dati patrimoniali
relativi a tali soggetti né il diritto di conoscere il contenuto
dei loro cedolini dello stipendio (parere 8 giugno 1999 reso al
Comune di Viterbo; decisione riferita al Ministero delle Finanze 13 ottobre
2000).
Analoga disposizione legittimante (di legge o di regolamento)
non è dato invece rinvenire con riferimento ai pubblici dipendenti
in generale o al personale docente di cui si tratta.
Venendo
al quarto quesito posto, relativo alla legittimazione del delegato
sindacale ad ottenere le informazioni in questione, si rileva come
in base all'art.6 del ccnl comparto Scuola 1999…(il CCNL 26/05/99)…,
che disciplina le relazioni sindacali a livello di istituzione
scolastica, la conoscenza dei dati di cui si discute (ed in particolare,
del collegamento fra i nominativi dei docenti, l'impegno orario
assolto ed il compenso percepito) non rientri nelle attività oggetto
delle relazioni sindacali, come disciplinate dalla disposizione pattizia:
in particolare non rientra in quelle oggetto di contrattazione collettiva
(in base al comma 3, lett b)-
(costituiscono infatti oggetto
di contrattazione le sole "modalità di utilizzazione del personale
in rapporto al piano dell'offerta formativa", afferenti alla generale
sfera programmatoria e non alle singole decisioni applicative);
né in quelle oggetto di informazione preventiva (in base al
comma 3, lett.
f) e g) vi rientrano le attività e i progetti retribuiti con il fondo
d'istituto ed i criteri di retribuzione e utilizzazione del personale
impegnato nello svolgimento delle attività aggiuntive
(l'uno e
l'altro ambito risultando strumentale alla contrattazione collettiva di
cui alla lettera b)- e comunque inerendo alla medesima attività di generale
programmazione dell'organizzazione del lavoro);
né in quelle oggetto
di informazione successiva (in base al comma 4, lettera a).
Sono oggetto di informazione successiva i soli
"nominativi" del personale
utilizzato nelle attività e nei progetti retribuiti con il fondo
di istituto, non consentendo la precisione della disposizione interpretazioni
ampliative dell'oggetto dell'informativa.
Le
osservazioni di cui sopra si riferiscono tanto all'ipotesi in cui
con la
locuzione "delegato sindacale" codesta Amministrazione
abbia inteso riferirsi
ad un componente della RSU quanto al rappresentante delle organizzazioni
sindacali di categoria firmatarie del ccnl di comparto (ex
artt. 9 ccnl Scuola 1999 e 5 contratto collettivo quadro per la costituzione
delle RSU per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni
7 agosto 1998).
Esclusa la conoscibilità istituzionale, non pare profilabile ulteriormente
in base alle medesime motivazioni esposte in precedenza, un
interesse giuridicamente rilevante all'accesso alle informazioni di cui
si discute in base alla L. n. 241/90 del delegato sindacale.
Ha statuito al riguardo la giurisprudenza che: "Le
organizzazioni sindacali,
quali soggetti rappresentativi di interessi collettivi, non possono
considerarsi titolari di un potere generale di controllo sulla attività
amministrativa inteso come connotato implicito dell'attività sindacale,
idoneo a consentire comunque l'accesso a tutti i documenti amministrativi,
previsto dall'art. 22 L. 7 agosto 1990 n. 241, fino a configurarlo
come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma
di controllo generalizzato sull'amministrazione; tuttavia, allorquando
il diritto di accesso venga azionato per garantire la trasparenza
della condotta dell'amministrazione e al fine di salvaguardare
un interesse giuridicamente rilevante, nonché concreto ed effettivo,
di cui sia portatore anche il sindacato e non i singoli iscritti,
il sindacato stesso è legittimato all'accesso in relazione ad interessi
superindividuali" (C.Stato, sez. IV, 05.05.1998, n.752).
Il
complesso delle osservazioni che precedono consentono di dare risposta
negativa al quinto quesito posto: deve cioè escludersi l'esistenza
di un obbligo di affissione all'albo dell'istituto degli atti
contenenti le informazioni di cui si discute. Se cioè in base alle disposizioni
citate si esclude che le stesse siano oggetto di comunicazione
(a richiedenti determinati), così a fortiori esse non saranno
oggetto di diffusione (intesa questa come comunicazione dei dati a
soggetti indeterminati o in incertam personam). …(…)…""""""""""""""""""""""""""""""""
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CONSIGLIO DI STATO
Adunanza
della sezione seconda 27 ottobre 1999
N°
sezione 1603/99 Oggetto:
Ministero della Pubblica istruzione - Quesito sull'art. 21, commi
1 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Vista
la relazione ministeriale n.6943 UIL L.P. 1680 del 2 agosto 1999, esaminati
gli atti ed udito il relatore; Premesso: il
Ministero della Pubblica istruzione con la relazione indicata in premessa,
pone un quesito sull'interpretazione della normativa vigente sui
poteri degli organi collegiali della scuola e dei dirigenti scolastici
in materia amministrativo contabile. In
tema, il Ministero osserva che: a)
l'art. 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, disciplinando
l'autonomia delle istituzioni scolastiche, prevede che con decreto
del ministero della pubblica istruzione, sono emanate le istruzioni
generali per l'allocazione delle risorse, per la formazione dei
bilanci e l'affidamento dei servizi di tesoreria e di cassa; b)
con gli artt. 25 bis, 25 ter e 28 bis del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29…(introdotti ed inseriti
nel D.L.gs n.29/93,a posteriori
dalla originaria emanazione del 1993,dal D.L.vo n.59/98:n.d.r.)…,
è stata attribuita ai capi di istituto la qualifica dirigenziale; c)
l'art. 21, comma 4, della legge 59 del 1997, ha attribuito alle istituzioni
scolastiche personalità giuridica e autonomia; d)
il decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, ripartisce fra il consiglio
di circolo o di istituto e la Giunta esecutiva la competenza in
materia di spesa e di bilancio.
Il Ministero, premesso l'escursus della disciplina vigente,
prospetta le
problematiche del coordinamento con l'art. 25 bis del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80 in ordine alla competenza esclusiva del dirigente
scolastico in materia di gestione delle risorse finanziarie e strumentali.
Il Ministero riferente aggiunge che la competenza
dirigenziale esclusiva
è confermata dall'art. 25 bis, comma 5 del decreto legislativo n.
29 del 1993.
Considerato che: la
quaestio iuris in esame attiene al coordinamento tra l'art. 10 del decreto
legislativo n. 297 del 1994 e l'art. 5 del decreto legislativo n.
80 del 1998. Il
thema riguarda la competenza in ordine all'adozione dei
provvedimenti contabili
e di gestione degli istituti scolastici. Sul
piano normativo, la Sezione ritiene che il ius supervenies ex art. 45
del decreto legislativo n. 80 del 1998, attribuisca le funzioni amministrative
in esame ai dirigenti scolastici. L'art.
45, commi 1 e 5 del decreto legislativo n. 80 del 1998, devolve expressis
verbis le competenze sulla gestione finanziaria-contabile ai dirigenti
scolastici. Il
problema di coordinamento con l'art. 10 del decreto legislativo n. 297
del 1994 è risolto sul piano interpretativo considerando prevalente la
nuova normativa ex art. 15 delle Disp. prel. c.c. La
competenza dirigenziale è in linea con i principi generali sulle attribuzioni
dirigenziali ex artt. 3 e 25 bis del decreto legislativo 29 del
1993. Ne
deriva che risultano superate ex lege le competenze dei consigli di istituto
e delle giunte esecutive. Per
converso, resta ferma la competenza dei consigli di istituto per la nomina
di giunte esecutive per la preparazione dei lavori del Consiglio e
per la cura e l'esecuzione delle relative delibere ex art. 10 del
T.U. n.
297 del 1994. Inoltre,
la Sezione considera legittima la predisposizione di istruzioni contabili
ministeriali attinenti all'intera competenza di gestione dei dirigenti
scolastici. …(…)… P.Q.M. Esprime
parere nei termini indicati in motivazione Per
estratto dal verbale F.to
Il segretario della sezione Visto F.to
Il presidente della sezione """"""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""" |
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