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Non
solo letteratura di Antonio Stanca Della saggista, poetessa, scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann (Klagenfurt 1926- Roma 1974) l’Adelphi ha ristampato, tempo fa, l’opera narrativa maggiore “Malina”. Con essa, comparsa nel 1971, la Bachmann intendeva avviare un ciclo di narrazioni dal titolo “Cause di morte” che, però, rimase incompiuto per la sua improvvisa e tragica fine. Prima di “Malina” ella aveva svolto attività di propaganda politica, si era impegnata nel sociale, aveva scritto poesie, saggi, racconti, romanzi e drammi radiofonici, aveva fatto parte del Gruppo 47, corrente letteraria nata a Monaco nel 1947, esauritasi nel 1977 e finalizzata a rinnovare la letteratura tedesca, ad orientarla verso una concezione più democratica, più popolare sia riguardo ai temi che ai modi. Tra gli autori maggiori ci saranno A. Andersch, H.Böll (Nobel nel 1972), H. M. Enzensberger, P. Celan, G. Grass (Nobel nel 1999), P. Weiss, U. Johnson. Il Gruppo voleva liberare la letteratura da quanto di formale, nel periodo nazista e dopo, le si era sovrapposto, impegnarla a recuperare gli oppressi, restituire loro la dignità dovuta, colmare i loro bisogni, riportarli alle loro verità. Voleva “disboscare” la letteratura, mondarla dell’inutile, del superfluo, delle convenzioni vecchie e nuove che la segnavano, affidarle il compito di parlare agli uomini, essere il loro messaggio di libertà, richiamarli ai valori della comunicazione e solidarietà. In tali programmi la Bachmann aveva trovato quanto rispondeva alle sue aspirazioni di donna ed autrice, aveva, quindi, aderito al Gruppo nel 1953 dopo essersi laureata e mentre produceva opere in versi, per le quali avrebbe riportato il premio del Gruppo. Libera, nella forma, dagli schemi convenzionali la sua poesia affrontava i temi dell’amore e della morte e muoveva alla ricerca di nuovi significati e simboli. Viaggerà molto la Bachmann, prima tra Londra e Parigi poi tra Berlino, Napoli e Roma dove, a partire dal 1965, si stabilirà definitivamente. Qui concepirà il suddetto ciclo “Cause di morte”, del quale “Malina” rappresenta la prima ed unica opera finita. Tramite esso la scrittrice voleva continuare nell’impegno che l’aveva fatta partecipe del Gruppo e che aveva caratterizzato l’intera sua produzione, quello di rinnovarsi rispetto alla tradizione, rimuovere i conformismi passati e presenti, pervenire all’autenticità e libertà dello spirito. Nel romanzo ella si mostra divisa tra tradizione, impersonata da Malina, e innovazione, impersonata da Ivan, tra disciplina e libertà, rigore ed evasione, non sa per quale optare ed intanto vive tra l’uno e l’altro in attesa di scegliere, di decidere. Ma non ci riuscirà e fino alla fine rimarrà sospesa tra quanto ereditato (Malina) e quanto desiderato (Ivan). Con lei anche il romanzo mostrerà di non essere riuscito, di non essere, cioè, diventato l’opera perseguita, il messaggio rivoluzionario e salvatore dell’autore e dell’umanità. Come la poesia pure la prosa della Bachmann si presenta libera dagli schemi costituiti: è uno scorrere senza soste nè regole di forma o contenuto. Non si distingue tra discorso diretto e indiretto, tra tempi, luoghi, ambienti. Tutto viene ridotto a quanto succede nella mente di chi scrive, al suo intento di dire come si sta e come si potrebbe stare, al suo incontenibile e mai appagato bisogno di cambiare, di ottenere una nuova, diversa condizione spirituale che procuri a sé ed agli altri la libertà di pensare e fare, la verità, li faccia protagonisti e non vittime della vita, della storia. Questo il compito, la funzione che la letteratura, l’arte dovrebbero assumersi, liberare dagli errori del passato e del presente, dalle paure accumulate e creare una vita nuova, un mondo nuovo. Un impegno morale, evangelico, una missione dovrebbe essere, per la Bachmann, quella dell’artista ma come in altre opere pure in “Malina” questa rimarrà solo un’aspirazione anche se più che altrove l’autrice, nelle tante pagine del romanzo, riuscirà a chiarirsi meglio, a meglio identificare quanto ostacola e rende impossibile il proposito suo e della sua opera, quali sono le “cause della loro morte”. Infinite volte ritorna la scrittrice sulle parole, sui pensieri. Saranno questi, nelle loro ripetizioni e contraddizioni, i veri protagonisti, non ci sarà, nel romanzo, un tempo o luogo precisato ma sempre e soltanto pensieri che si moltiplicano e riducono in continuazione, si mostrano nel loro farsi e disfarsi, riflettono quasi fotografano il vario, inarrestabile, complicato travaglio sofferto da chi della propria opera non vuol fare solo letteratura. |
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