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Tra due vite
di Antonio Stanca
I
moderni problemi dell’anima sono quelli preferiti dalla quarantatreenne
scrittrice romana Giovanna Bandini. Anime che ai nostri giorni soffrono,
stanno in pena, non si sentono realizzate, sono i suoi personaggi. Sono
disorientati, confusi, non sanno chiarirsi a sé stessi, non riescono a
scegliere, a decidere. La Bandini è nata a Roma nel 1968, è giunta alla
scrittura influenzata dal padre che quando era bambina le faceva
ascoltare le poesie dei poeti crepuscolari italiani ed i racconti di
Jorge Luis Borges. Ha cominciato scrivendo versi e a trentadue anni, nel
2000, ha esordito come scrittrice col romanzo
Nudo di ragazza. Seguiranno i
romanzi Giorni dispari nel
2002, Il bacio della tarantola
nel 2006 e Lezioni d’amore
nel 2008. Del 2003 è il romanzo-saggio
Lettere dall’Egeo dove la
Bandini si sofferma sul lavoro condotto da alcune archeologhe italiane
in Grecia durante la prima metà del ventesimo secolo. L’archeologia è
tra gli interessi della scrittrice che fa parte della Missione
Archeologica Italiana «Tempo Flavio» a Leptis Magna. È, inoltre, docente
di Italiano e Latino presso il liceo «Maria Montessori» di Roma. Di lei si è tornato a parlare di recente poiché
dalla casa editrice Newton Compton di Roma, nella collana Grandi
Tascabili Contemporanei, è stato ristampato quest’anno
Il bacio della tarantola
(pagg. 231, € 6,90). Anche in questa narrazione la Bandini presenta
un’anima in crisi, quella del giovane giornalista milanese Carlo. Egli
vive nella Milano dei tempi moderni con Daria ma insoddisfatto si sente
della vita monotona che conduce, svanita è ogni attrazione compresa
quella per la compagna, vorrebbe altro. «Anche se sono così adattabile
che riesco a farmi casa in ogni luogo, ne resto estraneo allo stesso
tempo; mi sento sempre mancante di qualcosa – la mente tesa a un
altrove, noto o sconosciuto
non importa, che mi chiama …», dice di sé e perciò accetta volentieri,
da parte del giornale dove lavora, l’incarico di svolgere un’indagine in
un piccolo paese del Sud d’Italia dove da tempo è scomparso un uomo. Il
paese si trova nell’estrema periferia orientale della penisola, a Leuca,
l’indagine dovrà avere l’aspetto di un reportage e non molto tempo vi
dovrà dedicare Carlo. Egli, invece, una volta solo, libero da Daria,
vorrebbe che questa situazione continuasse, che non avesse scadenza
perché spera molto in essa, la sente carica di promesse. Gli procura
pensieri, emozioni che aveva smarrito, lo fa pensare ad una diversa
sistemazione della sua vita. Giunto in Puglia rimane affascinato dalla
particolarità dei luoghi, degli ambienti. Qui ha l’impressione che
antico e nuovo stiano insieme, che sempre e ovunque sia possibile
scoprirli, sentirli. È attratto, inoltre, dalle luci, dai colori, dal
clima, dalla campagna, dal cielo, dal mare, dalle spiagge, dalle
scogliere, dalle strade, dalle case, dalle usanze, dalle credenze, dalle
leggende, dai miti, dai riti, dalla lingua, dalla vita di questa terra.
Con essa crede di aver trovato quanto serviva a colmare i vuoti tra i
quali si stava perdendo. Pensa, infatti, non tanto all’indagine quanto a
gustare le emozioni, le sensazioni che il posto nuovo gli fa avvertire,
ad immedesimarsi con esso, con le sue cose. Rinnovato, liberato è ora
Carlo anche nel tempo poiché un eterno presente gli sembra di vivere tra
tante sorprese e novità. Era questa l’evasione, la liberazione che
sognava il suo spirito e intanto il suo corpo si lascerà travolgere dal
piacere, quello sensuale, che la bella e giovane Teresa gli farà
provare. «Ci buttiamo in acqua nudi e ci sdraiamo così ad asciugarci
sulle rocce, e di nuovo mi credo che siamo il primo uomo e la prima
donna, Adamo ed Eva nell’Eden iniziale». Il sesso sarà un’altra
importante scoperta per Carlo, sarà quella che più lo assorbirà, lo farà
innamorare di Teresa, gli farà credere di non poter vivere senza di lei.
Per questo non potrà accettare che una donna così bella e così ben
disposta sia stata un’assassina, che l’uomo scomparso e da lui cercato
sia il marito di Teresa, che sia stata lei ad ucciderlo anche se per
difendersi dalla sua malvagità, che la sua attrazione per la donna ed i
luoghi dove l’ha conosciuta debba finire ed egli debba rientrare nella
Milano di sempre con la Daria ed i problemi di sempre. Anche per Carlo,
come per gli altri protagonisti dei romanzi della Bandini, la felicità
era finita, la vita era tornata a riprenderli, a soffocare con le sue
regole rigide ogni loro aspirazione. Anche per lui l’amore, la passione,
la sensualità avevano rappresentato un modo per realizzarsi, per essere
sé stesso ma non erano state definitive ed avevano ceduto il posto alla
solita condizione di disagio, d’incertezza, di confusione tra la vita
voluta e quella vissuta. Abile si mostra la Bandini a rappresentare,
soprattutto in questo romanzo, un problema così difficile e così
attuale. Lo fa tramite un linguaggio immediato, composto da frasi brevi
che si susseguono con straordinaria rapidità, che a volte sono
dialettali. È il protagonista che parla e fa parlare gli altri e si ha
un procedimento per immagini sempre nuove che non accennano a comporsi
in un quadro definitivo, in una sequenza ordinata, prevedibile.
Spontanea, istintiva rimane l’opera fino alla fine ché d’istinto
agiscono, pensano, parlano Carlo e gli altri. Seguono le loro realtà ed
in esse li ha resi la scrittrice, come esse
è stata la sua scrittura. |
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