Biagi, la coscienza di un’epoca
di Antonio Stanca
Nella
rubrica “Annali” del settimanale “L’Espresso” del 22 luglio 2004 il
noto scrittore e giornalista ottantaquattrenne Enzo Biagi, che la cura e
generalmente la dedica al recupero e commento, breve e sentenzioso, del
passato più prossimo o più remoto nonché all’esame del presente più
vicino o più lontano, si mostra particolarmente confidenziale. Dice di
quanto vale ancora essere “una persona seria”, dell’impegno e delle
responsabilità che deve assumersi verso gli altri chi ha una carica
pubblica, di cosa intendere per felicità, di cani e gatti abbandonati
durante l’estate nonostante la loro capacità di rimanere fedeli ai
propri padroni. Come le altre volte, dati i modi colloquiali che usa,
più che scrivere sembra che Biagi parli, che faccia delle confessioni.
La sua vita, avvenuta nei momenti e luoghi cruciali della nostra storia
nazionale, e la sua attività di giornalista, svolta per così lungo
tempo, gli hanno permesso di conoscere direttamente personaggi ed
ambienti, italiani e stranieri, di ogni genere, dal politico al sociale,
al religioso, all’artistico e ad ogni altro. Di tutto questo dice in
“Annali” e leggendolo si ha l’impressione di partecipare della sua
familiarità con situazioni e figure determinanti per la nostra epoca.
Con esse Biagi ha avuto occasione d’incontrarsi, intrattenersi e nei
brevi e misurati interventi dei quali la rubrica si compone egli muove
sempre da una circostanza occorsagli per risalire ad un significato più
ampio, per ristabilire le regole di quella morale laica e religiosa che
lo hanno guidato in ogni lavoro, lo hanno fatto giudice sereno ma
inappellabile, irremovibile. Anche come scrittore di libri-inchiesta,
come autore di documentari pure televisivi, Biagi è stato il giornalista
di costume per anni comparso su quotidiani e periodici, si è mostrato,
cioè, proteso alla ricerca e difesa di quelle leggi umane, civili,
sociali alle quali si è formato e che ha considerato le più autentiche.
Ad esse si è sempre richiamato ed ha richiamato: se lo fa ancora, in
tempi, cioè, che le trasgrediscono in continuazione, vuol dire che il
suo è un umanesimo rimasto inalterato, che di esso può essere
considerato uno dei maggiori rappresentanti nonché uno dei pochi
superstiti. Egli è cosciente che l’atmosfera oggi è tanto cambiata da
non potersi attendere molto ma, nonostante questo, non rinuncia, non può
rinunciare a manifestare i bisogni della sua anima, le necessità del suo
spirito. Sono queste a muoverlo nella rubrica del suddetto numero de
“L’espresso”, a fargli ricordare con tristezza le qualità umane, morali
e civili di compagni od amici scomparsi quali Sandro Contini Bonacossi,
Luciano Amaduzzi, Ferruccio Parri, Alcide De Gasperi, con alcuni dei
quali ha condiviso le esperienze della Resistenza. Di Parri e De Gasperi,
divenuti politici di primo piano, evidenzia la completa dedizione al
proprio incarico, la sottomissione ad esso fino alla negazione di ogni
esigenza personale: “Parri viaggiava di notte perché non poteva pagarsi
l’albergo”, “a De Gasperi la casa gliela avevano regalata alcuni
democristiani”. Eppure furono offesi dai tempi che cambiavano ed alla
loro morte pochi li ricordarono.
Più che nelle altre in
questa rubrica Biagi ha cercato l’intimità, la confidenza, s’è detto. Ha
ripercorso l’epoca moderna, si è riconfermato come la coscienza di essa,
come l’interprete, cioè, di quel patrimonio di verità e giustizia
individuale e sociale che ancora oggi dovrebbe essere di tutti perché
formatosi nei secoli e dimostratosi l’unico. Egli non può fare né
pensare diversamente, non può omettere quanto ereditato dalla storia
degli uomini.
Ci sono, ai nostri
giorni, altri spiriti capaci di una forza tale ma generalmente la
devolvono in altre direzioni ed in particolare in quella artistica.
Evitano, cioè, il confronto diretto, quotidiano col problema e lo
trasferiscono in una dimensione superiore che a volte diviene
inaccessibile per il grosso pubblico. Biagi ha accettato, invece, di
misurarsi ad ogni momento col problema, non ha evaso la vita, non ha
evitato gli uomini, li ha cercati, ha riportato gli esiti di tali
confronti onde offrirli al lettore nei modi che più gli potevano
riuscire vicini, con le parole che si sarebbe atteso da una persona come
tante altre.
L’ho visto per strada a
Milano molti anni fa… era sul marciapiede con tre bambini e due signore…
probabilmente moglie, figlia e nipoti… bisticciava con loro come un
marito, un padre, un nonno tra i tanti ! |