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Francesco Bruno
Una scorsa
all’indice di questo volume, che è stato compilato da autori vari, ha
attirato la nostra attenzione il capitolo riguardante “Le basi neuro
scientifiche dei processi educativi e socio-culturali”.
Secondo autorevoli studiosi, le neuroscienze stanno
“rivoluzionando” non solo la medicina e la cura delle malattie, ma la
stessa visione della vita e del mondo (Kandel). La loro influenza si sta
rivelando essenziale anche nella conoscenza dei processi di
apprendimento e di sviluppo del bambino, per migliorarne le prestazioni.
Alcune ricerche mostrano
che il bambino maturi non secondo ritmi lineari e costanti, ma in base a
fasi evolutive. Sottesi alla progressione di ognuno di questi stadi ci
sono cambiamenti neurali. Esiste al riguardo una grande quantità di
conferme sul fatto che il cervello passi per “ogni genere di cambiamento
nel corso dello sviluppo: le sinapsi aumentano e diminuiscono, mentre i
neuroni nascono e muoiono” (LeDoux).
Un orientamento
basato sul funzionamento del cervello tenta di utilizzare le conoscenze
sullo sviluppo e sul funzionamento cerebrale per indirizzare la prassi
pedagogica ed educativa. I pedagogisti, gli psicologi e gli educatori
dovrebbero utilizzare al massimo le conclusioni neuro scientifiche nei
loro sforzi di potenziare il processo educativo e formativo.
L’istruzione e l’educazione basate sul funzionamento del cervello e
della mente sono una realtà che promette molto anche se finora questa
rimane un dato puramente teorico e astratto e privo di concreta
attuazione. La stessa analisi dei concetti pedagogici esprime una
condizione caratterizzata da una frammentata, disorganica e astratta
varietà di visioni delle pedagogie. Le quali presentano pertanto una
crescente “fragilità scientifica”.
Allo stato della
ricerca, non esiste alcun concetto ampiamente riconosciuto di
educazione, così come non esiste nemmeno un concetto di pedagogia. In
questa visione si colloca il presente libro, il quale difetta di
qualsiasi impostazione teorica assunta come spazio concettuale di
riferimento, ovvero di una solida teoria generale e unitaria, che possa
includere l’intera concezione delle scienze dell’educazione e del
comportamento umano. Non abbiamo rilevato poi non solo alcun riferimento
alle indicazioni teoretiche che hanno “guidato”
la riflessione pedagogica nel
corso della sua evoluzione. Ma non c’è traccia neppure di un quadro
generale, fatto che è principio irrinunciabile per accostarsi a un
sapere, quello educativo e pedagogico, che permane ancora una faccenda
evanescente e imprecisa, priva di un fecondo intreccio tra dimensione
teorica e dimensione esperienziale.
Alla luce della
complessità dei processi educativi e socio-culturali, ci si attendeva la
descrizione di un preciso paradigma teorico di natura interdisciplinare,
cioè dei diversi saperi delle scienze educative in relazione alla
pedagogia generale e alla pedagogia sociale. Ci riferiamo in particolare
alle differenze esistenti tra una concezione improntata al “personalismo
pedagogico”, e una concezione che attribuisce valore alla ricerca
scientifica e alle sue procedure euristiche, nonché ai percorsi di
natura fenomenologica, ermeneutica, critico-metateorica, di pedagogia
clinica e di biopedagogia.
Non abbiamo inoltre
ravvisato nel testo l’illustrazione di un corredo di analisi sul
percorso sia della pedagogia generale che della pedagogia sociale alla
ricerca della propria autonomia scientifica e alla direzione dello
studio teorico (empirico, sperimentale, metateorico, critico,ecc.). Una
ricerca attenta all’analisi dei “fini” e dei “mezzi”
educazione-istruzione-formazione, e all’orientamento della prassi
pedagogica, cioè alla programmazione-realizzazione-verifica dei processi
formativi.
Non sono presenti
inoltre in queste pagine i fondamenti teorici della pedagogia sociale e
i molteplici contesti e le peculiarità dei diversi ambienti educativi,
rispetto alla primaria e ineludibile esigenza di una fondazione
speculativa della disciplina e di una ricognizione dei campi operativi.
Così come non si rinvengono schemi delle basi dottrinali centrate
intorno allo sviluppo del bambino visto come progettualità relazionale e
culturale; né vengono individuate le categorie chiave, i contenuti, i
metodi e gli obiettivi formativi. Anche in relazione sia
all’inquadramento delle posizioni di quegli autori che ne hanno
connotato il campo d’indagine con essenziali contributi sia ai più
importanti orientamenti di ricerca presenti all’interno del sapere
pedagogico.
Concludendo, un
libro che non aggiunge nulla a quel che si sapeva e che presenta, come
abbiamo mostrato, molti limiti. Anche di scrittura. Appare infine
incomprensibile come l’autore, che risulta esercitare la professione di
criminologo, insegni pedagogia. |
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