|
|
L’anima dei fuorilegge
di Antonio Stanca
Di
Massimo Carlotto, nato a Padova nel 1956 ed ora residente a Cagliari, la
casa editrice romana E/O ha recentemente ristampato, nella serie
Tascabili, La terra della mia
anima. È un romanzo scritto nel 2006 e premiato nel 2007 col
Grinzane Noir. In esso l’autore ripropone un personaggio già comparso
nella sua ampia produzione, Beniamino Rossini. Di lui aveva scritto in
cinque romanzi della serie dell’Alligatore, lo aveva mostrato insieme a
Max la Memoria e a Marco Buratti che ne era stato il protagonista. Ora,
invecchiato e gravemente ammalato, lo fa vedere disposto a raccontare la
sua vita da fuorilegge all’amico Massimo perché ne tragga un romanzo.
S’intitolerà La terra della mia
anima e sarà caratterizzato dai personaggi misteriosi, dagli
ambienti oscuri, dalle atmosfere tenebrose, dalle vicende torbide che
sono ricorrenti nella narrativa del Carlotto, gli hanno procurato molti
riconoscimenti anche in ambito straniero, ne hanno fatto uno dei
maggiori autori europei di noir. Oltre che scrittore di romanzi e racconti
Carlotto è anche saggista, drammaturgo, sceneggiatore, fumettista. Ha
lavorato per la radio, la televisione, il cinema, collabora con giornali
e riviste, prende parte ad attività musicali. Continuo e vario è il suo
impegno. Di alcuni suoi romanzi sono state fatte riduzioni
cinematografiche. Ha esordito nel 1995 col romanzo
Il fuggiasco nel quale
lasciava intravedere la propria triste esperienza durata molti anni e
trascorsa tra le carceri e la latitanza in Francia e in Sud America. Era
fuggito dall’Italia prima della sentenza del processo che gli era stato
intentato dalle forze di polizia quando nel 1976, appena ventenne,
studente universitario e attivista di Lotta Continua, aveva rivelato di
aver casualmente scoperto in un appartamento di Padova il corpo di una
giovane donna uccisa. Era stato accusato dell’omicidio ed erano iniziati
quei processi che continueranno anche dopo il rientro dalla latitanza e
dureranno diciassette anni tra alterne vicende. Libero potrà dirsi solo
nel 1993 quando verrà graziato dal Presidente della Repubblica Scalfaro
dopo che alcuni movimenti di opinione avevano richiamato l’attenzione
sul suo caso. Durante quegli anni Carlotto aveva cominciato a scrivere,
aveva cominciato a cercare nella scrittura la verità, la giustizia che
non vedeva giungere dai tribunali. In seguito quella scrittura si
sarebbe trasformata nelle prime opere, sarebbe divenuta il romanzo
Il fuggiasco del 1995 e la
serie dei romanzi dell’Alligatore iniziata pure nel 1995 con
La verità dell’Alligatore. In
questa serie il protagonista, Marco Buratti, è un ex detenuto che
diventa un investigatore, si muove tra situazioni poco chiare e intende
denunciare il sistema, la società per i danni che possono procurare al
singolo, per quanto di falso, d’ingiusto lo possono far diventare
vittima. Noir è il genere di questa scrittura e lo sarebbe stato della
maggior parte della produzione del Carlotto. Egli trarrà saggi e romanzi
pure da ciò che stava avvenendo in quegli anni in alcuni stati del Sud
America dove era stato da latitante, tratterà delle loro lotte per
l’indipendenza dagli Stati Uniti, della formazione di una coscienza
nazionale, del ritorno dei vecchi regimi, delle vicende dei
desaparecidos argentini e si può dire che dalle esperienze della sua
vita è derivata quasi tutta la sua scrittura. Al genere del noir
sarebbe, però, rimasto più vicino o vi avrebbe fatto ritorno quando si
fosse allontanato. Le ingiustizie subite a vent’anni, le sue convinzioni
politiche di sinistra lo avrebbero messo alla ricerca della giustizia,
della parità, dell’uguaglianza a livello individuale e sociale. Anche
quando il protagonista dell’opera non fosse stato l’investigatore
Buratti ma un fuorilegge non l’avrebbe mostrato lontano dai richiami
della coscienza, dai valori dell’idea. Semplice, chiaro, giusto è sempre
il suo eroe perché questo cerca il suo autore, per questo scrive. Così
in La terra della mia anima
dove il protagonista, Beniamino, diventa fin da ragazzo un
contrabbandiere. Lo fa in montagna, nelle zone di confine dove allora,
negli anni ’50, era considerato un lavoro tra i tanti. Lo svolge insieme
ad altri ragazzi o alle dipendenze di contrabbandieri organizzati in
squadre. Non è stata solo la povertà a muoverlo in tale direzione,
l’aveva scelta dal momento che era convinto «che la frontiera era la
terra della sua anima. L’unico luogo dove provava una sensazione potente
che lo faceva sentire vero e felice». Dalla frontiera di montagna si passerà in seguito
a quella di mare e Beniamino sarà cresciuto, sarà diventato maturo, si
sarà sposato ma non avrà rinunciato al suo lavoro di contrabbandiere e a
svolgerlo nei modi particolari che gli provenivano dalla mai smessa voce
dell’anima, nel rispetto, cioè, dei principi, delle regole che
fondamentali egli riteneva pure nei rapporti tra banditi o tra rivali.
Attraverso la sua vicenda l’autore ripercorre tutta la storia
dell’Italia del secondo dopoguerra, dalla politica all’economia, alla
cultura, al costume, dai centri urbani alle periferie, dagli uomini alle
donne, dalle persone ai luoghi, ai tempi, agli eventi e completo, totale
si può dire che riesca il suo sguardo. Anche il caso, l’imprevisto
rientrano in esso insieme a quanto di pericoloso possono comportare
rispetto alle intenzioni, alle previsioni, ai programmi. L’uomo di
Carlotto è giusto sempre anche quando è un contrabbandiere ma la vita
può riservargli sorprese, può farlo apparire diverso, può danneggiarlo.
Ovunque, nella sua opera, sarà possibile intravedere il Carlotto
ingiustamente accusato dell’omicidio della giovane donna padovana e per
anni perseguitato dalla giustizia. Per questo aveva cominciato a
scrivere, per questo aveva continuato anche se non vanno taciute, come
dimostrano i riconoscimenti ottenuti, le sue qualità specifiche, le sue
doti di scrittore. Attenta è la sua scrittura alla vita interiore dei
personaggi, al loro rapporto con l’esterno, persone o luoghi, convinta
di dover distinguere il bene dal male pur in ambienti o situazioni ai
margini del vivere civile, di dover rappresentare un impegno di
carattere concreto, reale, un mezzo, un modo per una denuncia della
società, per una rivalutazione dell’individuo. Capace, inoltre, si
mostra di riuscire facile, chiara, di scorrere senza alcuna esitazione.
Non solo la triste circostanza vissuta ha fatto di Carlotto uno
scrittore ma soprattutto quanto di lui
faceva parte. |
La pagina
- Educazione&Scuola©