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Il realismo
di Carver
“E hai ottenuto quello che
Con
queste parole di una poesia dell’americano Raymond Carver la sua seconda
moglie, Tess Callagher, concludeva un discorso tenuto a Novembre del
1988 per commemorare l’autore che era morto il 2 Agosto di quell’anno. Carver era stato poeta, scrittore e saggista ma
soprattutto alle sue opere di narrativa è rimasta legata la sua fama, ai
suoi tanti racconti iniziati da quando era studente e continuati durante
la sua attività di docente e fino alla morte che era giunta
prematuramente. Nato nel 1938 a Clatskanie, Oregon, sarebbe morto nel
1988 a Port Angeles, Washington, distrutto dal cancro. Solo
cinquant’anni è vissuto ma instancabile è stata la sua attività. L’uomo
e l’autore si sono mossi senza soste e sempre alla ricerca di quanto in
una certa vita mancava, della comunicazione, cioè, dello scambio,
dell’aiuto, dell’unione che avrebbero potuto risolvere i problemi dei
nuovi poveri americani degli anni ’60 e ’70, di quell’umanità che in
America era rimasta esclusa dal gigantesco processo
d’industrializzazione, di quella vita di periferia che, pur se
sconosciuta, avveniva. Di origini povere, Carver da ragazzo aveva condiviso i
bisogni della famiglia, l’aveva seguita nei suoi trasferimenti, aveva
lavorato insieme al padre e poi da solo in diversi posti e per svolgere
diversi mestieri. Sposatosi con la giovanissima Maryann Burk avrà due
figli da lei ma poi si separerà. Sarebbe avvenuto nel 1978 e in seguito
Carver si sarebbe messo con Tess Callagher che avrebbe sposato poco
prima di morire dopo un lungo periodo di vita e di lavoro in comune.
Intanto aveva finito i suoi studi, era divenuto docente universitario
come la Callagher dopo una vita trascorsa in luoghi diversi, in città
diverse perché sempre assillato da bisogni economici. Molto tempo era
durata questa situazione e in quel tempo Carver aveva prodotto tante
opere. Continuava ora a scrivere alternandosi come sempre tra la
produzione in versi e quella in prosa e mentre giungevano numerosi i
riconoscimenti per il suo lavoro. Tre sarebbero state le principali
raccolte di poesie e tre quelle di racconti ma tanto altro egli avrebbe
scritto in maniera isolata e ad un certo punto avrebbe sottoposto ad
un’operazione di revisione i racconti precedenti. Lo farà a partire dal
1983 quando il suo stile cambierà e ad esso vorrà riportare quanto
scritto prima. Fu l’anno in cui comparve la terza raccolta di racconti
intitolata “Cattedrale” che recentemente è stata ristampata dalla casa
editrice Minimum Fax, Roma 2010, pp. 219, € 9,00. Contiene dodici
racconti scritti in maniera più articolata rispetto ai primi, costruiti
con maggiore ricchezza di particolari. Il loro realismo è più ampio, più
comprensivo di quella vita che intendono accogliere e rappresentare. Uno
scrittore realista è, appunto, Carver, di un realismo che gli era
derivato dagli autori che avevano fatto parte della sua formazione quali
Fitzgerald, Hemingway, Gardner, Lish ma che egli aveva interpretato a
suo modo, ridotto ai suoi termini sì da riuscire decisamente nuovo, da
essere considerato “un maestro della narrativa breve”, “il capostipite
del minimalismo letterario americano”. Rispetto al romanzo il racconto
rimase il suo genere preferito ed anche se Carver modificherà la sua
scrittura, anche se non vorrà definirsi uno scrittore minimalista
invariata rimarrà la sua tendenza a ridurre la narrazione, a procedere
per fatti essenziali, per frasi brevi, ad omettere alcune parti, a
lasciare sospesa la vicenda. Nuovo sarà per questa forma e nuovo per i
contenuti che attingerà dalla vita di ogni giorno, quella vissuta da
persone che hanno problemi di sussistenza, di lavoro, di rapporti
coniugali, di figli, che si muovono tra le case, le strade, i locali
pubblici dei sobborghi americani, che spesso si abbandonano all’alcool,
alla violenza, che non riescono a sollevarsi dalla loro condizione
poiché i bisogni sono tanti da rendere difficile, irrealizzabile ogni
aspirazione. Non c’è, in Carver, coppia che non sia in crisi, casa che
non sia malridotta, situazione che non sia incerta: è la regola di
quella vita che egli rappresenta e che è l’unica per quelle persone. La
sua non è l’America dei ricchi, dei potenti, del progresso ma l’altra
dei poveri, dei diseredati, degli ammalati, degli incompresi, di quanti
sono rimasti indietro, esclusi dall’avanzata, dallo sviluppo che stava
vivendo una nazione tra le più ricche del mondo. Di
questa gente, di questi problemi, di questa vita dicono i dodici
racconti compresi in “Cattedrale”. Le storie da essi contenute sono
sempre difficili e sempre senza soluzione rimangono. Carver le narra con
un linguaggio che aderisce tanto ad esse da renderle concrete,
tangibili, da trasformarle in documenti, in atti di denuncia. Non uno
scrittore ma un portatore della voce di chi rappresenta sembra il Carver
di questi racconti, un banditore che richiama all’aiuto del quale
avrebbe bisogno quella gente e che è convinto che solo dalla
comprensione, dall’amore possa provenire. |
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