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A teatro d’eternità di Antonio Stanca
Dall’inizio alla fine della rappresentazione si assiste ad una scena quasi unica animata dai protagonisti che, pur in ambienti diversi della casa, saranno sempre presenti con i loro dialoghi rapidi, concisi, sentenziosi, le loro ossessioni, allusioni, la loro ricerca d’evasione, i loro rimorsi, la loro ansia di riscatto. Il dramma risulta sofferto soprattutto dai due uomini, uno per essere stato tradito, l’altro per aver ucciso, mentre Maria ne sarà afflitta di meno perché, "bellissima", crederà di trovare continue risorse per ogni problema nel piacere della bellezza, nella vista, nel godimento di essa. Tra posizioni che si scontrano per poi avvicinarsi e di nuovo differenziarsi si svolge il percorso dell’opera così articolato e incerto da non far prevedere alcuna soluzione e lasciare esterrefatti quando, alla fine, si saprà che la figura del padre-marito, tanto presente sulla scena, non era vera. Egli è morto da tempo, ucciso s’è detto, e la sua è stata soltanto l’immagine personificata del ricordo che perseguita i due amanti, la proiezione della loro coscienza. Era presente perché così era nei loro pensieri e così Cavosi ha pensato di esprimerli procurando all’opera un’atmosfera da thriller, una situazione ancor più sospesa di quella creatasi prima della scoperta. Passato e presente, bene e male, amore e odio, vita e morte sono gli elementi tra i quali la storia di Maria si svolge senza approdare ad alcun esito o riferimento sicuro, unico e rimanendo costantemente esposta alle più diverse soluzioni. Ci sono, tuttavia, pur tra tanta indefinizione dei motivi che ritornano, risaltano e fanno del dramma un caso diverso dalla diffusa produzione teatrale, italiana e straniera, contemporanea generalmente incline al catastrofismo. Traspaiono in questa, come nelle altre due opere contenute nel volume, una volontà di recupero, di redenzione dal male, un’aspirazione al bene, alla salvezza, che distinguono l’autore da molti altri dei nostri giorni poiché lo mostrano propenso a risolvere lo stato di smarrimento rappresentato, a riportarlo entro i termini del razionale, del logico. Inoltre i richiami al mito, anche se sottesi, evidenziano come egli cerchi, nel passato più lontano, le tracce, i segni di quanto succede ora, come tenda a provare, stabilire una continuità tra l’uomo antico e il moderno, a dimostrare i loro caratteri come eterni, ad estendere la loro figura e identificarla col messaggio e significato dell’opera. Se nella spregiudicata cucitrice di abiti da sposa, Maria, è riconoscibile la crudele figlia di Minosse e Pasifae, Fedra, se i rimorsi di Patrizio possono essere accostati alle resistenze opposte da Ippolito alla matrigna, significa che la vita, la storia si sono continuate, ripetute fino a noi, che in esse il bene è rimasto distinto dal male ed in lotta con esso. E se c’è ancora impegno, come quello del Cavosi, a rappresentare questa lotta significa che essa, pur avendo percorso i secoli, ancora vale, che è divenuta costitutiva dell’umanità, della sua eternità. |
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