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La
seconda Cibrario
Come
il primo romanzo Rossovermiglio,
col quale vinse nel 2008 il Premio Campiello, anche il secondo,
Sotto cieli noncuranti, è
stato pubblicato da Feltrinelli nella serie “I Narratori”. Il primo è
comparso nel 2007, il secondo nel 2010, li ha scritti Benedetta Cibrario
che, nata a Firenze nel 1962, vive a Milano. Da bambina la Cibrario è
vissuta a Torino, poi è stata a lungo in Inghilterra ma di Torino dice
nei due romanzi. Nel secondo questa città costituisce l’ambiente
principale e fa pensare che la scrittrice sia rimasta legata ai luoghi
della sua infanzia. Inoltre come in
Rossovermiglio anche in
Sotto cieli noncuranti
ritorna l’interesse della Cibrario per quanto di vario, d’imprevisto, di
assurdo può avvenire nella vita, per quanto di diverso, di contrario
rispetto alle intenzioni, alle volontà può verificarsi, per come tutto
succeda lontano da ogni previsione, per come anche i cieli siano
«noncuranti». Nella Torino dei nostri tempi, pochi giorni prima
di Natale, un bambino di tre anni, di buona famiglia, Francesco, muore
cadendo da un balcone del terzo piano nonostante stia in casa con la
madre. Negli stessi giorni, Chiara, la moglie del magistrato incaricato
d’indagare sulla vicenda, viene travolta e uccisa da un’automobile in
una strada di un’altra zona di Torino. Non c’è alcuna relazione tra i
due casi se non quella della loro contemporaneità e imprevedibilità e
mentre il secondo risulterà chiaro il primo rimarrà un mistero fino alla
fine del romanzo poiché fino ad allora quella madre sarà muta come era
stata trovata accanto alla porta del balcone dopo la disgrazia. Un
mistero dal momento che il bambino era così piccolo da non poter aprire
quella porta e la madre era così attenta a quell’unico figlio da non
poterla lasciare aperta. Un mistero fin quando non si saprà che era
stata lei poco prima sul balcone, era uscita per fumare, era rientrata
in casa richiamata dagli squilli del telefono, aveva lasciato aperta la
porta per i pochi istanti della telefonata ed erano bastati quelli ad un
bambino irrequieto come Francesco per uscire, arrampicarsi e cadere. Era
stata tanta gravità causata da una disattenzione minima a sconvolgere la
donna fino al punto da immobilizzarla, non farle prestare soccorso e
ammutolirla. Un istante, una svista, una distrazione può
cambiare tutto: così è la vita, non la si può prevedere, non la si può
proteggere. Questo vuol dire la Cibrario del romanzo. La sua Chiara, il
suo Francesco sono alcuni dei tanti casi che compongono la vita e che
insieme ad essi avvengono rendendola varia, immensa, infinita. Mostrerà,
infatti, la scrittrice molti personaggi, li farà parlare ognuno delle
proprie cose: parleranno i familiari delle vittime, quelli degli
inquirenti. Si saprà di quanto avviene indipendentemente da quegli
avvenimenti, si vedrà che per tutto c’è posto nella vita, che
interminabili sono i suoi aspetti, i suoi risvolti. Ampio è lo sguardo
della Cibrario, comprende grandi e piccoli, uomini e donne, città e
montagne, case e strade, passato e presente, pensieri ed azioni, persone
e cose, successi e fallimenti. Vuole essere come la vita, vuole
contenere tutto e mostrare che così è sempre stato e non può essere
diversamente. Un messaggio il suo, un invito ad accettare quel che è
nostro da sempre e del quale non ci si era accorti. Più estesa è la visione rispetto a Rossovermiglio dove si era trattato della sconfitta ad opera dei tempi moderni della spiritualità, della sentimentalità della protagonista. Non ridotta ad una circostanza è la Cibrario di Sotto cieli noncuranti ma aperta ad ogni contesto: è avvenuto uno sviluppo sostenuto anche da un linguaggio che aderisce perfettamente alle tante situazioni presentate, le fa riuscire vere poiché straordinariamente ricco ed articolato. |
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