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Negli ultimi due decenni si sono succeduti tanti ministri dell’Istruzione, determinati a cambiare la scuola italiana. Ognuno di loro aveva un’idea alla quale pareva particolarmente affezionato: abolire gli esami a settembre (D’Onofrio), rimettere gli esami a settembre (Fioroni), riformare gli esami di maturità (Berlinguer), riformare la riforma degli esami (Moratti), introdurre il modulo dei tre maestri per due classi nelle scuole elementari (Mattarella), tornare al maestro unico (Gelmini). E poi c’era chi si preoccupava dei grembiuli degli alunni e chi dell’educazione stradale. Chi rivalutava Dante e chi riscopriva le tabelline. Chi si occupava di educazione sessuale. Chi amava i giudizi. Chi ripristinava i voti, lo statuto degli studenti, il 7 in condotta... È palpabile la sensazione che si tratti di un parlar d’altro, un cimentarsi con piccole questioni marginali, un gattopardesco cambiare i nomi delle cose, lasciando tutto immutato. I problemi veri non si affrontano: non si riesce, non si vuole, non si può. Non si può perché la scuola è da anni un tema di scontro politico. E la riforma della secondaria intanto è all’ordine del giorno dagli anni Sessanta, ossia da circa mezzo secolo. Ormai però siamo all’allarme rosso. I rapporti OCSE segnalano che i livelli di formazione dei nostri alunni sono agli ultimi posti in Europa. E in certi casi le competenze dei docenti sono anche più basse. La dispersione e l’insuccesso hanno costi insostenibili. Insomma, siamo messi davvero male. Ma – insegnanti, genitori o studenti – la scuola tocca tutti. E cambiare sul serio non è più procrastinabile. Dalla profonda conoscenza del settore di un “uomo di scuola”, un libro finalmente capace di coniugare la denuncia con la proposta. |
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