Donne arabe
di
Antonio Stanca
Dai
paesi del Mediterraneo Sud-orientale e del Medio Oriente (Egitto,
Marocco, Libia, Palestina, Tunisia, Iran, Iraq, Kuwait, Yemen ed altri)
giunge ora una raccolta di racconti, alcuni inediti, tradotti da
Valentina Colombo, docente di Lingua e letteratura araba presso
l’Università di Tuscia. La Colombo ha tradotto altre volte autori arabi,
ha prodotto studi sulla storia della loro letteratura e adesso, per la
Mondadori, ha curato questa breve antologia. A scrivere i racconti sono
state donne arabe, che vivono nei suddetti paesi e già da tempo sono
impegnate, come in questi lavori, a dire della condizione femminile nel
mondo arabo. Intenzione di chi ha curato la raccolta è quella di far
risaltare dalle diverse vicende contenute nelle narrazioni dei tratti
comuni dai quali si possano dedurre i problemi ancora oggi sofferti
dalla donna araba. Nonostante i tempi moderni ella è vittima di
privazioni e impedimenti che provengono dal passato. Rispetto ad allora
ha ottenuto delle affermazioni, si è liberata da tanti pregiudizi e tabù
che la vedevano ridotta ad oggetto, ad un’esistenza invisibile al
confronto di quella maschile, completamente sopraffatta, annullata da
questa. Molto, tuttavia, rimane da fare dal momento che, come mostra il
libro, alla donna araba non è stata completamente riconosciuta una
propria dignità, un proprio ruolo, una propria vita. E’ secondaria
rispetto all’uomo e questi non la concepisce diversamente, non pensa che
sia possibile altro modo tra loro. In un atto di denuncia si trasforma
l’antologia della Colombo e molto originale risulta il modo col quale ha
ottenuto tale risultato: ha presentato materiali, i racconti, che
appartengono a persone diverse, viventi in luoghi diversi ed ha lasciato
che il lettore scoprisse il motivo di tale operazione. Oltre che per il
singolare procedimento l’opera è da apprezzare anche perché permette di
conoscere l’attuale modo di scrivere delle donne arabe. Le autrici dei
racconti sono contemporanee, vivono i nostri giorni, hanno prodotto
altre opere, sono impegnate culturalmente ed a volte socialmente, hanno
diversa nazionalità araba, alcune stanno lontane dalla terra d’origine
e, tuttavia, scrivono tutte allo stesso modo, intendono la scrittura un
impegno volto quasi unicamente a dire di quanto avviene nella vita
quotidiana, nella realtà più comune, ad esserne una testimonianza
diretta. Non mirano, tranne qualche caso peraltro non riuscito, a
proiettare la vicenda su uno sfondo più ampio, a crearle una prospettiva
che ne estenda il significato, non mostrano di voler costruire altro
intorno alla contingenza rappresentata, non nutrono aspirazioni a
trascenderla ma rimangono in essa fino a farne l’unica ragione della
propria opera. Si potrebbe pensare che, volendo la Colombo comporre
un’antologia utile a denunciare una particolare condizione di vita,
abbia scelto elaborati che fossero documenti di questa, soltanto, cioè,
di carattere realistico. Il problema, tuttavia, rimane poiché non
riguarda chi ha raccolto i racconti ma chi li ha prodotti, le loro
autrici, ed esse non potevano rinunciare ad ogni aspirazione, ad ogni
elemento di scrittura per offrire solo un attestato di vita. Se lo hanno
fatto nonostante non sia questa la loro prima prova significa che non ne
sono capaci o non possono e che, come quella delle donne delle quali
scrivono, anche la loro è una condizione arretrata, limitata rispetto
agli scrittori uomini del mondo arabo che godono, per le opere, di
riconoscimenti estesi fino al Nobel. Invece per le donne arabe che
scrivono si è ancora agli inizi: “…stiamo ancora cercando uno stile, un
modo di esprimerci, una lingua, soprattutto stiamo cercando di scovare
le diverse voci della scrittura. Non ci mancano gli argomenti. Trattiamo
questioni sociali e politiche, talvolta lo facciamo in modo così diretto
da far sembrare il nostro prodotto più una relazione che un romanzo o un
racconto …”. Così la scrittrice irachena Haifa Mangana come registrato
dalla Colombo nell’ampia e preziosa postfazione al libro, e così si
spiega come quello della scrittura femminile sia un altro dei problemi
del mondo arabo. |