Scrittura
come rivelazione
di Antonio Stanca
Nel
1993 “Le vergini suicide”, primo romanzo dello scrittore americano
Jeffrey Eugenides, ebbe un notevole successo. Esso veniva dopo alcuni
racconti pubblicati su riviste letterarie e precedeva “Middlesex”, il
secondo romanzo di seicento pagine comparso di recente, dopo più di
dieci anni di silenzio ed edito in Italia da Mondadori. Eugenides ha
quarantasette anni, è nato a Detroit da famiglia greca, ha studiato
presso la Stanford University, dal 1986 è vissuto a New York, qui ha
cominciato a scrivere e dopo i primi racconti e il primo romanzo si è
trasferito in Germania, a Berlino. “Middlesex” è un’opera più ampia
della precedente ma ugualmente impegnata a penetrare nei misteri della
vita, a cercare di svelarli, di far luce dove si era rimasti nel buio.
Inoltre stavolta Eugenides, insieme al caso particolare da chiarire, si
sofferma pure sul contesto nel quale è inserito. La narrazione si
estende dagli inizi del Novecento ai giorni nostri e contiene quanto, in
tale periodo, è avvenuto nella vita, nel costume, nell’ambiente,
nell’economia, nella scienza, nella cultura, nella politica, nella
storia non solo d’America ma anche d’Europa dal momento che i suoi
protagonisti sono, come l’autore e la sua famiglia, d’origine greca
trasferitisi in America e qui vissuti tra infinite, alterne vicende,
individuali e famigliari, prima di stabilirsi definitivamente in
Germania. Dagli scontri tra Grecia e Turchia, avvenuti nei primi del
Novecento, alle guerre mondiali, alla bomba atomica, alla guerra fredda,
alle imprese spaziali, al Vietnam, al ’68, ai conflitti razziali, al
Watergate, a tutto ciò che è successo ed ancora succede nei due
continenti Eugenides riesce a trovare collocazione nelle sue pagine. La
storia costituisce lo sfondo sul quale si muovono i suoi personaggi, con
essa interferiscono, di essa partecipano. Un’opera immensa ed anche
vera, autentica è questa dello scrittore americano, sembra una continua,
interminabile registrazione dell’accaduto così naturale è il suo
svolgimento, così vicina riesce a chi legge. Tra tante verità, tra tante
evidenze ci sono, però, anche quelle che contrastano con la norma,
rimangono fuori dalla regola ed Eugenides non si arresta di fronte ad
esse anzi ne fa il suo interesse principale, le accoglie, le inserisce
nel contesto generale, nella storia di tutti, uomini e popoli. S’impegna
a trovare una spiegazione per quanto d’irregolare può avvenire ed anche
se non vi riesce non lo rifiuta poiché muove dal bisogno di far posto
all’esistente in ogni sua forma, di mostrare possibile la convivenza
dell’eccezione con la regola. Soltanto così uno scrittore che vuol dire
della vita è convinto di riuscire, soltanto mostrandola completa crede
di fare scrittura, solo se vi fa rientrare quegli aspetti che
generalmente sono rifiutati, se insieme ai molti fa stare anche i pochi,
pensa di ottenere la verità che persegue. Quella di Eugenides si
trasforma, pertanto, in un’operazione che vuol riscattare dal silenzio,
dal segreto, dal mistero, ai quali sembravano condannate, situazioni,
circostanze, vicende dovute agli istinti più remoti dell’uomo, ai
richiami più profondi del suo spirito, ai bisogni più oscuri del suo
corpo e per questo lontane dalla ragione, dalla logica, contrarie alle
convenzioni, alla morale. Il tormento d’amore che porterà al suicidio le
cinque sorelle de “Le vergini suicide” è uno dei segreti svelati dall’Eugenides
che è sceso negli abissi delle loro anime. Ad esso seguirà, in “Middlesex”,
il mistero dell’ermafrodito Calliope, del suo corpo diviso tra uomo e
donna, che percorre l’immenso romanzo comparendo e scomparendo nella sua
triste realtà, offrendosi a molte interpretazioni prima di essere fatto
risalire agli amori incestuosi della bellissima nonna Desdemona. Anche
questa è vita vuol dire Eugenides con la sua opera perché anche questo
succede nella vita e non solo ora ma pure nelle antichità più remote,
alle quali spesso l’autore fa riferimento nel corso della narrazione.
Estesa nel tempo e nello spazio risulta la sua concezione dell’essere,
ampiamente comprensiva visto che non rifiuta ciò che di “diverso” è
avvenuto e avviene anche se non ne fa una regola e sospeso rimane il suo
pensiero tra quanto della vita attribuire ad un oscuro destino e quanto
a se stessi. L’azione di culture antiche e moderne quali la greca,
l’americana e l’europea, può aver fatto maturare all’Eugenides una
simile posizione mentre lo stile rimane una sua qualità specifica.
Ricco, sicuro, appropriato nell’uso della lingua esso si mostra, fluido
nell’esposizione, abile negli innumerevoli passaggi che un’opera tanto
ampia necessariamente richiede. |