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Il Faulkner di “Privacy”
(Eccessivo ma comprensibile)

 di Antonio Stanca

Nel  1955 lo scrittore americano William Faulkner (1897- 1962), Nobel nel 1949, completò il breve scritto polemico iniziato nel 1953 per protestare  contro il servizio giornalistico che Robert  Coughlan  aveva pubblicato, nell’autunno di quell’anno, in due numeri successivi del settimanale “ Life Magazine” e che, corredato di fotografie, si riferiva alla vita privata dell’autore, ai suoi rapporti sentimentali.

Ora  Adelphi  ripropone quello scritto nella serie  Piccola Biblioteca col titolo originario “Privacy” (Il sogno americano: che ne è stato?) insieme ad un saggio di Mario Materassi ed uno di Piero Boitani. In  entrambi questi lavori ci si muove alla ricerca di motivi che valgano a sostenere la posizione d’accusa assunta dal Faulkner nei riguardi del giornalista, del giornale e del direttore di questo nonché la vasta argomentazione prodotta dallo scrittore  insieme alla sua risposta. A nessuno dei due saggisti è sembrato eccessivo, come generalmente rilevato in ambito critico, il comportamento del Faulkner,  nessuno è stato sfiorato dal dubbio che se  da parte dello scrittore  non fosse stato dato rilievo all’episodio questo sarebbe svanito prima o avrebbe inciso di meno. Essi, invece, hanno condiviso quanto fatto dal Faulkner ed assunto una posizione netta contro gli abusi  dei mezzi di comunicazione ed a favore dell’idea di “ fine del sogno americano”, che sono i due temi di “Privacy”.

Per  lo scrittore se in America si è giunti, presso la stampa, a ritenere molto importante la vita privata di un personaggio così noto da essere stato degno del Nobel, se le sue vicende famigliari rappresentano un motivo d’interesse tanto diffuso, se le si preferisce alla sua figura di autore, significa che quei valori di giustizia, libertà, verità, uguaglianza sui quali è fondata la democrazia americana, che hanno rappresentato un richiamo per migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo, sono finiti, hanno smesso di agire, valere poiché sommersi da altri più immediati, più concreti sopravvenuti con  la civiltà industriale, la cultura di  massa, il consumismo, le leggi del mercato. Se un giornale vende di più quando riporta pettegolezzi, riferisce  dei particolari privati e non della posizione pubblica di un grosso personaggio, si deve dedurre che la materia ha sconfitto lo spirito, la realtà ha oscurato l’idea, “il sogno americano” di una terra nuova, aperta, pronta ad accogliere ogni affermazione, a favorire ogni positività,  è  svanito, ha ceduto il posto ad una condizione completamente diversa. L’America non è  più l’Eden, il Paradiso Terrestre, il luogo dove, a distanza di secoli, si era rinnovato il miracolo di una vita sana, liberata da quanto, in privato o in pubblico, come costume o come istituzione, poteva ridurre o annullare la sua piena realizzazione.   Ora in America non c’era più posto per ciò che aveva costituito il patrimonio umano, morale, la cultura della sua popolazione, per quel che era servito ad attirare tanti stranieri: non era più quella nazione giovane che da tutto questo era venuta ed a tutto questo tendeva. Altri elementi erano subentrati nella vita dell’individuo e nella società, altri aspetti queste avevano assunto.

Effettivamente rispetto all’ ampiezza mostrata dall’argomentazione del Faulkner di “ Privacy” la circostanza da cui s’è partiti, le indiscrezioni sul giornale, risulta ben minima o almeno non tale da richiederla. Ed un’altra esagerazione potrebbe essere segnalata nel mancato riconoscimento, da parte dello scrittore, del processo di trasformazione necessariamente attraversato dall’uomo, dalla società degli Stati Uniti dai primordi ai tempi moderni. Due sviste che si possono spiegare soltanto se si tiene conto che Faulkner, nei lavori maggiori quali “Sartoris” e “L’urlo e il furore” ( entrambi del 1929), “Mentre agonizzo” ( 1930), “ Santuario” ( 1931), “ Luce d’agosto” ( 1932), “ Assalonne, Assalonne!” ( 1936), “ Palme selvagge” ( 1939), “ Scendi  Mosè” ( 1942), si è costantemente impegnato a rappresentare i propri ambienti d’origine, il Sud degli  Stati Uniti dal tempo degli Indiani alla modernità, a celebrare l’ antica civiltà del Mississippi, le sue tradizioni e rilevare, mediante la rappresentazione della crisi di vecchie famiglie del posto e l’ascesa di nuovi ceti sociali, il loro declino. Qui vanno fatte risalire l’intolleranza di fronte ad un episodio pur  secondario e la mancata comprensione dei necessari cambiamenti avvenuti nella storia americana. Il Faulkner, che nel 1955 si scaglia contro la stampa  perché  ha invaso la sua vita privata o che rievoca “paradisi perduti”,  è lo scrittore  della crisi di una civiltà, alla quale non si è ancora rassegnato. Si sbaglia ma non può accorgersi dell’errore giacchè  vi è condotto dalle sue convinzioni, dai suoi propositi letterari ed artistici, dalla sua opera con la quale si è identificato. Né  sarebbe diversa, ai nostri giorni, la reazione di un autore impegnato nell’opera al punto  d’ averne  fatto la ragione della sua vita. Rispetto ai tempi  di Faulkner oggi il numero di questi autori è notevolmente diminuito ma non al punto da essere scomparso sicchè  non solo  vero, autentico si può dire del Faulkner di “Privacy” ma anche attuale.


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