|
|
Donne
sole
Al
2006 risale il romanzo La figlia
oscura di Elena Ferrante che ora è stato ristampato dalla Casa
Editrice E/O di Roma nella serie Tascabili (pagg. 141, € 9,50). Ferrante
è la scrittrice italiana della quale ancora poco si sa riguardo alla
vita privata poiché lontana è rimasta dai rapporti sociali, dalle
manifestazioni letterarie, dalla mondanità. Invisibile, misteriosa vuole
essere convinta che l’opera conta e non l’autore come ha dichiarato
nell’unica intervista che finora ha rilasciato al quotidiano «L’Unità»
nel 2002. Si pensa che sia di Napoli dal momento che qui sono ambientate
le sue opere. Qualche altro particolare biografico è stato possibile
ricavare dai pochi contatti avvenuti tra la Ferrante ed i registi che
hanno tratto film da suoi romanzi. Il primo,
L’amore molesto del 1992, fu
un successo e divenne un film di Mario Martone, il secondo,
I giorni dell’abbandono del
2002, ebbe pure successo e fu tradotto in una pellicola da Roberto
Faenza. Poi, nel 2003, è venuta l’opera autobiografica
La frantumaglia, dove la
Ferrante dice delle sue vicende quale scrittrice ed infine ci sono stati
gli altri due romanzi, La figlia
oscura del 2006 e La spiaggia
di notte del 2007. Come nelle opere d’inizio anche in queste
protagoniste sono donne, donne dei tempi, degli ambienti moderni, donne
che lottano per riuscire, per affermarsi nella vita, nel lavoro. Sono
figlie, mogli, madri che si vedono ostacolate nelle loro capacità, nelle
loro aspirazioni dai genitori, dai mariti, dai figli, che vivono
situazioni di grave disagio materiale e morale, che risultano
incomprese, che si ritrovano sole con i propri pensieri e problemi. Ne La
figlia oscura è Leda a vivere tale condizione. Da ragazza, a Napoli,
era stata la madre ad impedirle quanto di diverso, di fuori dal comune,
lei voleva fare, da sposata, a Firenze, erano stati il marito e le
figlie ad obbligarla a dei ruoli che non sentiva poiché altro, i libri,
gli studi, la scrittura, la carriera universitaria, la attirava. «Da
ragazza ero dotata di un robusto senso di me, ero ambiziosa, mi ero
staccata dalla mia famiglia d’origine con la stessa forza sfrontata con
cui ci si libera di qualcuno che ci strattona. Avevo lasciato mio marito
e le mie figlie in un momento in cui ero sicura di averne il diritto, di
essere nel giusto…». Era fuggita prima dalla madre, poi dal marito e
dalle figlie ma non aveva risolto la situazione. Molti pensieri di
diversa origine e formazione l’avevano assalita, confusa, persa tra essi
si era trovata. Dal marito si era separata, presso le figlie era tornata
e aveva ripreso a tormentarsi, a dividersi tra esse e i suoi impegni di
studiosa, tra la regola e l’eccezione. Quando le figlie, ormai cresciute, raggiungeranno
il padre in Canada per una vacanza, Leda si sentirà libera e crederà di
potersi dedicare completamente a sé stessa, ai suoi studi, alle sue
esigenze. Scoprirà di essere ancora una bella donna, di avere soltanto
quarantotto anni e carica di libri partirà per una vacanza al mare. Ma
qui l’incontro con una madre più giovane, più bella di lei, Nina, e la
conoscenza dei problemi di questa nel rapporto col marito e con la
piccola Elena di quasi tre anni, “la figlia oscura”, la riporteranno ai
suoi problemi. Come Leda anche Nina cercava libertà, evasione, anche lei
era una donna prigioniera della famiglia ed ogni circostanza di questo
nuovo rapporto porterà Leda a pensare alla sua vita passata ed alla
presente. In un libro di ricordi si trasformerà il romanzo, ricordi che
emergono in continuazione, che si combinano, s’intrecciano con quanto
accade a Leda durante la vacanza. Neanche al mare le era stato possibile
distrarsi dalle sue pene. Nina le aveva confermato che ovunque queste
esistono, ovunque una donna che pensa, che vuole altro di quanto le
viene assegnato è destinata a soffrire, a tormentarsi, a ribellarsi, a
fuggire, a rimanere sola. Entrambe erano in fuga, entrambe erano sole ma
nessuna riuscirà nei suoi propositi ed anzi nemiche diventeranno alla
fine poiché senza spiegazioni risulterà il gesto di Leda di tenere
nascosta la bambola che Elena aveva perso e per la quale si era tanto
disperata. Non solo tra gli altri ma neanche tra loro si sarebbero
ritrovate le due donne e sarebbero ricadute in quell’abisso di
incomprensioni dal quale avevano cercato di risalire. La vita le aveva
riassorbite e aveva mostrato che ogni donna diversa dalla norma è
condannata ad una lotta interminabile contro tutto e tutti. La farà
sorretta dalle sue capacità, dalle sue ambizioni ma neppure se
raggiungerà i suoi scopi potrà essere sicura di essi poiché sempre
riemergeranno i compiti o i pensieri dei compiti legati al suo stato,
alla sua natura, sempre difficile le sarà conciliare la sua diversità
con la sua funzione di donna sia essa figlia, moglie, madre. Questo il
significato del romanzo della Ferrante e in quest’opera più che nelle
altre sembra possibile intravedere particolari di carattere
autobiografico. La convinzione, la sicurezza con le quali l’autrice si
esprime, la chiara conoscenza che dimostra circa l’intrico dei pensieri,
dei sentimenti che può verificarsi nell’animo femminile, fanno pensare
che essa abbia vissuto quanto sta narrando, che nei problemi di Leda e
di Nina abbia trasferito i suoi e che lo abbia fatto per dire che pure
donne di diverse condizioni possono essere insoddisfatte, aspirare ad
altro, lottare contro gli ostacoli, superarli ma non possono considerare
le loro conquiste come definitive, come possibili di essere conservate o
trasmesse poiché ogni volta sarà necessario perseguirle, ogni volta si
dovrà ricominciare. |
La pagina
- Educazione&Scuola©