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L’altra faccia della Terra
(A Roma con i fotografi)

di Antonio Stanca

 

Dal 22 maggio al 20 giugno prossimo a Roma avrà luogo il primo Festival Internazionale della fotografia promosso dal Comune cittadino e diretto dal fotografo Marco De Logu e suoi collaboratori quali Diego Mormorio, Stefania Miscetti e Cristiana Perrella. Sarà una manifestazione piuttosto articolata perché avverrà in molte sedi, ospiterà, oltre alle numerosissime sezioni fotografiche, mostre pittoriche, proiezioni filmiche, conferenze ed altre produzioni tutte impegnate nella rappresentazione di realtà umane, ambientali, sociali di ogni paese del mondo moderno e contemporaneo e lontane, diverse da quelle generalmente conosciute o diffuse dai mezzi di comunicazione ufficiale. Tra i tanti autori, italiani e stranieri, ci saranno quelli noti ed altri esordienti e tutti parteciperanno dell’avvenimento animati dall’idea di mostrare, tramite i propri lavori, la grave contraddizione che caratterizza la storia dei nostri anni e la distingue da ogni precedente periodo. In essa, accanto agli elementi ed aspetti innegabilmente positivi che la scienza e la tecnica hanno apportato, esistono, limitate a particolari situazioni o ambienti o estese ad intere popolazioni, modi di vita e di pensiero così arretrati e precari da rendere quasi inaccettabile l’idea che la nostra sia l’età, l’epoca del progresso, della civiltà.

Una serie infinita d’immagini, soprattutto fotografiche, relative a tali modi intende proporre il Festival romano. Nelle previsioni molto materiale riguarderà l’area sudamericana ma nessun luogo del pianeta che soffra problemi di povertà, miseria o che per qualunque motivo sia stato o sia escluso dai beni di tanti altri, è sfuggito all’obiettivo dei moltissimi fotografi accorsi a Roma. Dalla manifestazione, pertanto, dovrebbe derivare un’idea di Terzo Mondo più estesa rispetto alla tradizionale perché comprensiva di tutte le aree e genti che sulla Terra sono state superate nella corsa al progresso, verificatasi in particolare nei tempi più recenti, oppure non hanno potuto prendervi parte. Dalla Finlandia all’Inghilterra all’Italia alla Bosnia alla Russia all’Africa all’America Latina alle zone depresse degli Stati Uniti all’Asia ed a tanti altri posti correranno le sezioni fotografiche preparate per il Festival. Loro unica finalità sarà quella di attirare il più ampio pubblico possibile e di comunicargli come pur in un mondo progredito ci siano indigenza, fame, sofferenza, dolore, paura, violenza, guerra, stragi, migrazioni di massa, pur in una società illuminata abbia posto l’irrazionale, il sacrilego, l’occulto, pur in una vita civile esistano e valgano la tensione, la rivalità tra individui o gruppi o stati. Quanto finora era rimasto poco conosciuto o ignorato oppure era stato soltanto oggetto di letteratura e, perciò, trasferito nella dimensione voluta dai singoli autori e riservato al pubblico dei lettori, acquista ora, grazie alle operazioni compiute dai fotografi ed alla visione diretta che l’immagine fotografica può consentire, il valore, la forza di ogni realtà, di ogni verità. A Roma si tratterà d’immagini concrete, inalterabili, indiscutibili, alle quali ogni tipo di pubblico e non solo quello dei lettori potrà accedere. Una società moderna avrà trovato, così, una maniera moderna per dire di sé a tutti, per mostrarsi nella sua autenticità, per far sapere quanto in essa avviene e muovere alla riflessione, avviare alla formazione di una coscienza individuale e collettiva allargata a contenere tutta la vita del proprio tempo. Un invito, una sollecitazione a conoscere, a pensare si potrebbe dire del Festival, un atto di denuncia senza precedenti che potrebbe servire sia a promuovere movimenti di solidarietà rimasti quasi sempre a livello d’intenzione sia a ridurre il numero dei responsabili di alcuni degli attuali disastri richiamandoli al rispetto dei più elementari diritti umani e sociali.

Per la prima volta nella storia dei nostri tempi si cercherà di far vedere, da parte di testimoni molto attendibili quali gli autori dei vari documentari fotografici, quanto avviene intorno a noi anche a nostra insaputa. Chi opera non si propone di ottenere delle modifiche immediate per le situazioni presentate ma di sensibilizzare l’opinione pubblica non solo nazionale intorno al problema, di essere seguito ed avviare il processo necessario per risolverlo.


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