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Dallo
smarrimento all’impegno di Antonio Stanca Fin dall’adolescenza Fernando Fiorentino, nato a Matino (Lecce) nel 1941 ed ivi residente, docente di Filosofia Teoretica presso l’Ateneo salentino, ha mostrato propensione per l’attività in versi e in prosa. Durante gli anni scolastici ha partecipato a concorsi di poesia distinguendosi. Questi interessi hanno accompagnato gli impegni richiesti dalla sua carriera, la produzione di testi filosofici, e negli ultimi tempi sono emersi con maggiore intensità. Autore di poesie, racconti, epigrammi, commedie(delle quali tre pubblicate nel 1998 da Congedo editore nella serie “Vernacolo salentino” e rappresentate con successo in molte scuole), farse, satire, Fiorentino è ora anche lo scrittore del romanzo ”Gli anni della vecchia infanzia”, di prossima pubblicazione. In ogni aspetto di tale laboriosa applicazione sono rinvenibili i segni di una ricerca volta a recuperare principi, valori autenticamente umani, fedi, idealità ormai scomparse in una società di consumi quale la nostra. Un esempio di neoumanesimo si potrebbe dire del suo ed accostarlo a quelli di altri autori contemporanei impegnati a riscoprire, proporre i valori dello spirito davanti al dilagare della materia. E’ una corrente da tempo comparsa in ambito culturale, letterario, artistico e ritenuta meritevole di alti riconoscimenti se da anni il Nobel per la letteratura viene assegnato ad autori quali il cinese Xingjian, l’indiano Naipaul e quest’anno l’ungherese Imre Kertész. Le loro opere rivalutano una condizione umana esclusa dal processo di modernizzazione, depositaria di quella moralità e sentimentalità che la storia ha annullato. In tale corrente può, a buon diritto, essere compresa la produzione letteraria del professor Fiorentino che, s’è detto, pur articolandosi in vario modo persegue finalità riconducibili agli stessi moventi. Nell’attività poetica, componimenti in versi liberi di varia misura, ricorrente è il motivo dell’uomo che aspira a partecipare di una vita più ampia della propria, di una condizione privata dei limiti di spazio e tempo ed inserita nel movimento infinito ed eterno dell’universo. Soltanto l’amore e le intense emozioni e sensazioni che esso procura al corpo ed alla mente possono far vivere una dimensione superiore. Ma come le altre anche quella amorosa è un’esperienza che finisce riconfermando l’inalterabilità, l’inevitabilità del destino di morte riservato all’uomo. Un senso di fine pervade molta poesia del Fiorentino simile ad un richiamo che, pur se lontano, è continuo e assillante. Niente sembra poter consolare il poeta che ha constatato la precarietà della condizione umana, nessun riscatto da essa gli appare possibile. La produzione poetica si colloca nell’intero corso della vita dell’autore, lascia trasparire particolari eventi di questa sicchè si potrebbe dire come di un diario in versi che da ogni circostanza risale al tema diffuso del confronto tra finito ed infinito, contingente ed eterno. Vale tanto la vita per il poeta che non si rassegna a vederla finire, non cessa di sperare in una soluzione del problema e rimane perennemente sospeso tra aspirazione e constatazione, speranza e delusione, idea e realtà, vita e morte. Negli epigrammi questa tensione risulta ridotta a favore di un costante atteggiamento polemico contro gli ambienti del moderno vivere che hanno disperso ogni residuo di moralità rimasto nell’uomo. Continua, irrefrenabile è la posizione di accusa assunta dall’autore riguardo ad una vita degradata fino al punto da ammettere ogni irregolarità o arbitrio. Gli effetti comici, ironici giungono a mitigare la gravità dei casi esposti ma non riducono l’amarezza suscitata dall’osservazione di un fenomeno così esteso. Dal soggettivismo dei versi si è passati alla rappresentazione oggettiva di quanto accade nel mondo d’oggi: l’amore per la vita, la dolorosa constatazione del suo scorrere inesorabile verso la morte, sono divenuti, negli epigrammi, continuo atto di denuncia di quanto la guasta fino a rovinarla e diverranno, nel suddetto romanzo, necessità di riprendere, recuperare un passato lontano, i valori, i significati che il tempo ha cancellato. E’ una narrazione che, come il suo protagonista, ritorna a tempi e luoghi remoti vedendovi l’unica possibilità di salvezza per chi è rimasto a credere nell’uomo, nella vita come in fatti eccezionali, unici, distinti dagli altri sulla terra perché più di essi esempi, simboli del divino. Un’indicazione, un messaggio proviene dagli epigrammi e dal romanzo, un invito a riflettere su quanto non c’è più e su come recuperarlo e farlo valere in un ambiente divenutogli ostile. E’ avvenuto uno sviluppo, un progresso che ha modificato quella che nella poesia sembrava una situazione irreversibile: ora l’autore denuncia, ricorda, propone, non è più sospeso, confuso. Ha ritrovato la fiducia, s’è mosso a cercare fino a scoprire che non rassegnazione ma impegno richiede la vita e che questo, tra i valori, è fondamentale. |
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