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Proust salvato di Antonio Stanca Quando lo scrittore Marcel Proust muore a Parigi nel 1922, a cinquantuno anni, la sua è già una leggenda. “À la recherche du temps perdu” non è ancora pubblicata per intero, non è largamente conosciuta e, tuttavia, le stanze dove Proust ha lavorato negli ultimi anni, generalmente di notte e a letto, quella al boulevard Haussmann, rivestita di sughero per evitare i rumori esterni, e quella in rue Hamelin, lasciata senza riscaldamento per prevenire la crisi d’asma, sono diventate luoghi da favola. Nessuno può pensare che in casa Proust il fratello Robert, il famoso chirurgo ospedaliero, si comporterà con eccessiva diffidenza e quasi ostilità nei riguardi degli editori dei restanti volumi della “Recherche”, che ne ritarderà e disturberà la pubblicazione, o che sua moglie, Marthe Dubois-Amiot, vedrà come un problema quanto, manoscritti, edizioni originali, appunti, quaderni, disegni, foto, è rimasto del cognato, vorrà liberarsi in qualunque modo anche bruciandolo. La stessa incomprensione ed intolleranza mostrerà riguardo al mobilio ed altri oggetti delle famose ultime stanze di Proust e si sbarazzerà dell’“ingombro” affidandolo al rigattiere Werner che lo trasferirà nei propri depositi insieme ad altro materiale di altra provenienza. Alla scoperta ed al recupero del “materiale proustiano” divenuto prezioso una volta rivelata l’eccezionalità di un’opera come la “Recherche” e sorta la necessità di sapere di più circa i tempi, i luoghi, i modi della sua composizione, si è mosso Jacques Guérin, nato a Parigi nel 1902 e qui morto nel 2000 dopo essere stato un industriale di profumeria ed un importante collezionista e bibliofilo. Guérin è un appassionato proustiano anche se la sua esperienza in casa Proust sarà difficile, faticosa, si troverà quasi tra nemici, di questo ha parlato all’amico scrittore Carlo Jansiti e questi ha riferito a Lorenza Foschini che ha raccolto tutto ne “Il cappotto di Proust”, recentemente pubblicato da Portaparole nella serie Piccoli Saggi. Foschini è giornalista, autrice, conduttrice televisiva. Ha tradotto dal francese inediti proustiani e stavolta ha voluto ripercorrere, con l’aiuto di Jansiti, il viaggio compiuto da Guérin sulle tracce di Proust. Nel libro dice che per caso Guérin, nel 1929, sette anni dopo la morte dello scrittore, s’imbatte nel fratello Robert e da sue dichiarazioni sente sollecitato il proprio spirito di ricercatore sempre vigile, sempre pronto a cogliere indizi, particolari circa figure o avvenimenti importanti. Inizia, così, quella lunga e complicata ricerca che lo condurrà alla signora Marthe, al rigattiere Werner e che gli farà scoprire e salvare tanta scrittura originale di Proust, tanti suoi oggetti fino al cappotto consunto, sdrucito col quale ultimamente si era fatto vedere e che nelle notti della fredda stanza in rue Hamelin aveva usato come coperta mentre scriveva. Per Guérin che si muove tra incomprensioni di ogni genere questa esperienza diventerà una missione, si sentirà egli come investito di un compito diverso, superiore a quello svolto in altri casi, come animato dallo stesso spirito che ha sorretto lo scrittore e gli ha fatto completare l’opera nonostante i problemi sofferti nel corpo e la morte prematura. Guérin donerà, poi, quanto è riuscito a salvare al Museo Carnavalet di Parigi dove è in esposizione permanente e dove la Foschini è stata come documentano alcune delle foto che arricchiscono la sua opera. In questa ella nota pure che sono molti gli autori dei quali Guérin, nei lunghi anni della sua attività, si è interessato, che ha scoperto e recuperato manoscritti ed edizioni originali di tanti grandi (Baudelaire, Apollinaire, Picasso, Hugo, Cocteau, Genet, Rimbaud) ma ritiene quella relativa a Proust una delle sue azioni più importanti per le difficoltà che gli ha comportato e perché si tratta di un autore unico del quale ancora oggi sfuggono alcuni aspetti. Proust non si spiega con facilità perché non si colloca con facilità, la sua scrittura non vive tanto dei tempi, delle tendenze quanto di lui, del suo animo, del suo spirito, la sua arte è la sua vita e sapere dell’una significa sapere anche dell’altra. |
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