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Le
donne di Natalia
di Antonio Stanca
«C’erano
delle ragazze che andavano a scuola, andavano al mare d’estate,
ballavano, scherzavano fra loro di sciocchezze. Perché non ero una di
loro? Perché non era così la mia vita?», sono pensieri di Delia, la
ragazza di sedici anni che narra la sua vita e quella della sua famiglia
nel romanzo breve La strada che
va in città di Natalia Ginzburg. L’opera, comparsa ora nella serie
“Racconti d’autore” promossa da Il Sole 24 ORE, fu scritta dalla
Ginzburg nel 1942 quando, insieme ai figli, aveva seguito il marito
Leone Ginzburg in Abruzzo dove era stato confinato per motivi politici.
Natalia, nata Levi a Palermo nel 1916, morirà a Roma nel 1991. Il suo
esordio letterario era avvenuto nel 1933 con il racconto
I bambini pubblicato nelle
edizioni della rivista “Solaria”.
La strada che va in città è il suo primo romanzo e lo pubblicherà
con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte per sfuggire alle leggi
razziali allora in vigore. Seguiranno altri racconti, altri romanzi,
opere teatrali, di critica letteraria che non esauriranno il suo impegno
poiché sarebbe stato anche di carattere sociale, politico, si sarebbe
espresso mediante saggi di attualità, collaborazione con giornali e
riviste, presenze e partecipazioni attive in momenti importanti della
storia italiana quali quelli verificatisi negli anni ’60 e ’70. La formazione della Ginzburg era avvenuta a
Torino dove, durante gli anni ’30, aveva fatto parte del gruppo di
intellettuali antifascisti operanti intorno alla casa editrice Einaudi.
Tra questi aveva conosciuto Leone Ginzburg, lo aveva sposato nel
1938 e ne aveva assunto il cognome. Dopo la sua morte, 1944, si era
risposata nel 1950 con lo scrittore e critico Gabriele Baldini ed aveva
intrapreso un’intensa attività letteraria. Molti riconoscimenti le
procurerà questa e maggiore tra tutti il Premio Strega vinto nel 1963
con Lessico famigliare.
L’opera si muove tra il racconto autobiografico e il saggio e
s’inserisce in quella tematica della famiglia che percorre tanta
produzione della scrittrice e che era comparsa già agli inizi. La Delia
de La strada che va in città
è la prima delle tante donne, giovani e vecchie, figlie e mogli, madri e
nonne, la sua è una delle tante loro difficili situazioni famigliari,
sociali che compariranno nelle opere della Ginzburg e attraverso le
quali la scrittrice esprimerà il suo proposito di rappresentare i
problemi di certa condizione femminile in ambienti che le riservano poco
spazio, scarsa attenzione. Delia ha sedici anni, vive in campagna, in una
famiglia numerosa, povera. Vorrebbe vivere diversamente, sposarsi,
lasciare la campagna, andare in città, non avere problemi economici o
d’altro genere. Vi riuscirà ma lungo e faticoso sarà il cammino che
dovrà percorrere e il tempo di questo sarà quello del romanzo. Un
cammino, un tempo pieni di difficoltà, dalle più vicine in casa alle più
lontane fuori. Si sentirà trascurata, ignorata, sarà maltrattata,
spaventata, offesa. Molte rinunce, molte pene dovrà soffrire senza
capire il motivo, senza capire “perché non è come le altre”. Sposatasi a
diciassette anni andrà a vivere in città, non avrà più problemi ma
rimarranno quelli della sorella maggiore che, pur sposata, è
insoddisfatta e cerca amori fuori dal matrimonio, e della madre che non
può venire in città perché non ha di che vestirsi ed è sempre stanca,
spossata dal continuo lavoro che la casa le richiede. Di tutto questo, nell’opera, sarà Delia a
parlare, sarà lei con la sua lingua semplice, ingenua di ragazza di
campagna a dire dei tanti risvolti che le vicende sue e della sua
famiglia assumeranno, delle numerose, gravi circostanze che la vita
quotidiana riserverà a lei e ad i suoi, dei problemi, dei pericoli che
tutti correranno. Facendo parlare Delia la Ginzburg crederà di essere
riuscita nella sua opera, di essere stata oltremodo vera, autentica nel
contenuto e nella forma, di aver realizzato le sue aspirazioni.
Iniziavano con La strada che va
in città quella dimensione quotidiana della vita, quella maniera
espressiva chiara, dimessa che
sarebbero state di tutte le opere della scrittrice, compariva la prima
di quelle donne che avrebbero costituito il suo universo femminile e che
si sarebbero distinte per la loro volontà di
procedere pur di fronte ai
destini più avversi. Anche le idee politiche di sinistra sempre nutrite, sempre praticate, avevano mosso la Ginzburg ad osservare le condizioni più umili, più disagiate della vita, a pensare ad un loro recupero, avevano fatto in modo che non si distinguesse tra la donna e la scrittrice. Entrambe erano state attente ad un problema ancora rimasto nella società italiana ed erano diventate un caso nel panorama della moderna letteratura. |
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