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Pensieri di pace di Antonio Stanca David Grossman è un intellettuale e scrittore ebreo di cinquantatré anni, è nato nel 1954 a Gerusalemme dove vive, è stato presente al Festival della Letteratura di Mantova, è autore di libri per ragazzi, romanzi, saggi ed ora, con la Mondadori, ha pubblicato “Con gli occhi del nemico” tradotto da Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni. Si tratta di quattro conferenze tenute dal Grossman in questi anni in posti diversi e tutte mosse dalla stessa aspirazione, quella d’invitare alla pace il popolo ebreo da tempo in guerra, ora con i palestinesi, negli anni passati con altri popoli vicini. Prima Israele non esisteva come stato, gli ebrei erano sparsi ovunque nel mondo, hanno sofferto gravissime persecuzioni, il loro nome era divenuto sinonimo di maleficio, misfatto, colpa. Ma dal 1948, quando è stato ufficialmente riconosciuto lo Stato d’Israele, si è assistito al comportamento di un popolo fattivo, operoso, entusiasta per aver avuto finalmente una “casa” propria, un proprio governo, esercito, una propria politica, economia, per essere divenuto uno stato tra i tanti nel mondo. Non è passato, tuttavia, molto tempo da quella fase e, soprattutto per questioni di confine, sono cominciate le ostilità con i paesi vicini. Queste sono sfociate in guerre durate fino ad oggi, le quali hanno continuato quella situazione d’incertezza, precarietà, disagio materiale e morale che ha segnato il popolo ebraico fin dalla sua storia più remota, gli ha fatto accettare ogni luogo e condizione, lo ha fatto vivere senza mai essere sicuro della propria e della vita dei propri figli, senza futuro, e sempre esposto al pericolo della fine, della morte, lo ha indotto a considerarle una presenza tra le altre, a stare con esse. Anche Grossman ha conosciuto la morte da vicino, quella del figlio Uri avvenuta l’anno scorso nella guerra che sta devastando Israele. L’evento ha sconvolto lo scrittore e lo ha convinto della necessità, dell’urgenza di cercare la pace ad ogni costo, ad ogni prezzo. Di questo dice nelle conferenze raccolte in “Con gli occhi del nemico”. Richiama alla pace una terra sempre rovinata da guerre e il modo migliore per farlo, essendo falliti tanti altri, gli sembra quello di appellarsi ai valori dell’anima, ai sentimenti umani che, sostiene, sono presenti in ogni uomo, di qualunque età, religione, sesso, nazionalità, e, quindi, anche nei suoi nemici. Non ci possono essere, pensa Grossman, persone prive d’interiorità, che non sappiano distinguere tra bene e male, gioia e dolore, vita e morte, che non preferiscano un’esistenza diversa da quella che una guerra e le sue tragiche conseguenze possono procurare. A queste persone egli si rivolge, nei suoi discorsi, alla loro anima e per parlare alle anime può riuscire meglio la voce dell’anima, può servire di più chi dell’anima tratta, la sua opera, cioè l’artista, l’arte. Da qui verranno messaggi di bene, di amore, di pace, nei quali sarà possibile ritrovarsi da parte di quell’interiorità presente in tutti gli uomini del mondo e si potrà procedere, così, verso il miglioramento delle loro sorti. L’uomo sarà salvato solo dai suoi valori, dalle sue fedi che gli permetteranno d’incontrarsi con gli altri e scoprirli vicini, uguali. L’arte lo può aiutare in tale scoperta e può condurlo alla salvezza. Una nuova opera di evangelizzazione viene proposta dallo scrittore, un’opera compiuta dall’uomo in nome dell’uomo e di quanto lo fa simile a tutti gli altri, un nuovo umanesimo capace di superare ogni frontiera è da lui enunciato in una forma chiara, limpida, propria delle dichiarazioni, e suggestiva, affascinante risulta la sua indicazione anche se corre il rischio di rimanere soltanto un’idea date l’importanza e l’incombenza assunte nel mondo attuale da interessi più concreti, un’idea simile ad altre che hanno animato alcune narrazioni del Grossmann e lo hanno rivelato un autore ora impegnato nella realtà ora libero di evadere nella fantasia. |
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