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James,
le speranze tradite
di Antonio Stanca
Nella
serie “I grandi della narrativa”, che attualmente il quotidiano la
Repubblica sta promuovendo, è comparso il romanzo breve di Henry James
Il carteggio Aspern.
L’introduzione è di Alberto Arbasino, la traduzione di Nadia Fusini. James, scrittore, drammaturgo e saggista
americano, è nato a New York nel 1843 ed è morto a Londra nel 1916. La
sua era una famiglia colta, il padre Henry, il fratello William, la
sorella Alice avevano interessi che andavano dalla teologia alla
filosofia, alla psicologia, alla letteratura. Al seguito della famiglia
Henry fece molti viaggi in Europa, soggiornò in centri quali Ginevra,
Londra, Parigi e Bonn. Tra le scuole di questi e quelle americane
avvenne la sua prima formazione; interruppe gli studi universitari di
legge iniziati ad Harvard per dedicarsi completamente alle attività
preferite, la lettura e la scrittura. Lesse, da giovane, i maggiori
autori delle moderne letterature europee e dal 1864, con il racconto
Una tragedia di errore,
cominciò quella che sarebbe stata la sua vasta produzione e che avrebbe
visto oltre ai tanti racconti anche romanzi, opere teatrali,
biografiche, autobiografiche, di viaggio, di critica letteraria. Lasciata l’Università era tornato in Europa, si
era fermato a lungo a Parigi dove aveva conosciuto Flaubert, Maupassant,
Zola e Turgenev. Poi dal 1876 si era stabilito a Londra e in seguito
aveva preso la cittadinanza inglese. A Londra sarebbe rimasto fino alla
morte e solo per qualche
breve periodo sarebbe andato in America. Le sue opere risentono dell’influenza di autori
quali Hawthorne, Turgenev e Balzac. Questi, soprattutto Hawthorne e
Turgenev, nel primo Ottocento avevano vissuto e rappresentato i problemi
del passaggio che stava avvenendo dal vecchio al nuovo mondo, avevano
scritto della difficile posizione dell’artista in un periodo che stava
riducendo la sua importanza e funzione poiché nuovi costumi
sopraggiungevano, nuovi mezzi di comunicazione si diffondevano. Ai tempi
di James, nel secondo Ottocento, il fenomeno tendeva ad aggravarsi e lo
si potrà intravedere in tutta la sua produzione. Esso, però, non
impedirà all’autore di vivere un proprio processo, di compiere dei
passaggi propri, di avere fasi diverse. Durante la prima, che giunge
fino agli ultimi anni ’80 ed alla quale appartiene
Il carteggio Aspern del 1888,
James persegue il “tema internazionale”, il proposito, cioè, di
combinare la giovane cultura americana con la vecchia cultura europea
sicuro che la prima avesse bisogno della seconda per completarsi. Ma
gravemente deluso rimarrà una volta scoperta l’impossibilità di simile
progetto a causa delle gravi complicazioni, degli artifici presenti
nella cultura europea. In seguito nella seconda fase, che arriverà alla
fine degli anni ’90, James sembrerà rifarsi poiché si convincerà che la
verità cercata risiede nell’interiorità e che l’arte, la sua
trascendenza, la sua assolutezza ne sono la migliore espressione. Ancora
deluso, tuttavia, sarà dovendo constatare che da quell’interiorità
possono emergere molte e diverse verità e che queste rendono difficile,
impossibile qualunque certezza. Deriveranno da qui le opere dell’ultima
fase, quella del primo decennio del ‘900, che sarà improntata ad una
concezione relativistica della realtà e segnata dalla tecnica dei
diversi punti di vista. Questi aspetti della narrativa di James, insieme
agli altri precedenti del monologo interiore, dello studio psicologico
dei personaggi, dei loro drammi, dei loro conflitti morali, del loro
difficile rapporto con l’ambiente, dell’inevitabilità delle condizioni
della vita, influenzeranno molta letteratura successiva ed autori quali
James Joyce e Virginia Woolf. Dalle certezze della seconda produzione James era
giunto alle incertezze della terza ed anche durante la prima era
successo che le fiduciose speranze in un incontro, in una combinazione
tra cultura americana ed europea fossero state deluse.
Il carteggio Aspern, che al
primo periodo risale, è un esempio quanto mai chiaro di tale situazione
vissuta dall’autore. Il protagonista dell’opera, nel quale si può
intravedere la figura di James, è uno studioso americano che
dall’Inghilterra è venuto a Venezia perché ha saputo che qui, custodita,
nascosta per un numero incalcolabile di anni da due vecchie signore, che
vivono sole in una grande casa, si trova la corrispondenza, “il
carteggio”, tra il famoso
poeta inglese Jeffrey Aspern ed una delle donne che con lui ha avuto
forse una relazione amorosa. Lo studioso è stato conquistato da questa
rivelazione fattagli da un amico inglese e affronterà molti problemi,
enormi spese, situazioni strane, luoghi misteriosi, pericolosi pur di
giungere alle lettere, pur di sapere dei pensieri, dei sentimenti in
esse espressi da un artista
così grande, pur di completare la sua conoscenza, di completarsi lui
americano con l’aiuto della cultura inglese. Le ombre, le luci, i colori, i suoni sempre tenui
della laguna, dei suoi canali, delle sue gondole, delle sue case, la
particolare atmosfera creata a Venezia dalle notti lunari, le infinite,
immense stanze della casa delle signore, gli infiniti segreti che
possono celare, il segreto principale che muove la trama, il carattere
sentenzioso di tanti dialoghi, la riduzione dell’ intera vicenda ad un
ritrovamento, dei molti personaggi ai pochi del buono e cattivo, la
fatale conclusione, fanno sembrare l’opera una favola se non recuperasse
sempre una dimensione concreta, se non perseguisse sempre una precisa
realtà, quella di un’impresa da compiere che, tuttavia, non riuscirà
poiché gli sforzi del protagonista non supereranno le ambiguità, le
complicazioni ordite contro di lui. Esse spegneranno il suo entusiasmo
iniziale e lo porteranno alla dolorosa constatazione che il vecchio
mondo, quello europeo, si è guastato, non può incontrarsi col nuovo e
neanche l’arte, il suo eterno valore, possono ormai sfuggire alle
macchinazioni sopravvenute con i tempi.
Questo è il primo James, tradito nelle sue
speranze. Nemmeno l’ultimo, però, si sarebbe sentito riuscito giacché a
questi avrebbe visto aggiungersi problemi più gravi, quelli dell’anima.
Nemmeno di essa si poteva essere sicuri. Lo stile che da semplice, diretto nelle prime opere, diviene difficile, elaborato nelle ultime, è un’altra prova di tale complicazione. |
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