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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Dalla vita alla letteratura

 di Antonio Stanca

 

Dal 2002 al 2007 il giovane scrittore bosniaco Miljenko Jergović è stato impegnato nella “trilogia della macchina”, tre romanzi che narrano del rapporto tra l’uomo e la sua automobile. Il primo s’intitola Buick Riviera, il secondo Volga, Volga, il terzo Freelander. Questo, uscito nella versione originale nel 2007, è ora comparso in Italia per conto della casa editrice Zandonai. La traduzione è di Ljiljana Avirović. 

Jergović ha quarantaquattro anni, è nato a Sarajevo nel 1966, qui è vissuto fino al 1992, si è laureato in Filosofia e Sociologia, dal 1993 vive e lavora a Zagabria. Ha esordito come poeta nel 1988, come scrittore nel 1994 col famoso Le Marlboro di Sarajevo, una raccolta di racconti che gli ha procurato molti riconoscimenti e lo ha reso famoso oltre i confini della sua terra. Ha continuato come giornalista, redattore, drammaturgo, traduttore, conduttore televisivo e soprattutto come scrittore. Le sue narrazioni sono state spesso premiate e tradotte in molte lingue: è considerato il maggiore dei nuovi scrittori della ex Jugoslavia. Suo genere preferito è il racconto breve, il suo stile è vario, dal periodo molto ampio a quello brevissimo, dai toni alti a quelli bassi. Anche nel contenuto si alternano temi ricercati ad altri comuni, quotidiani. Vero, autentico vuole riuscire in tal modo questo scrittore, della vita egli vuol dire, di come è fatta, di quanto comprende, di ciò che avviene, di chi la vive. Ad essa vuol far aderire la sua scrittura,  alla vita della vecchia Jugoslavia, ai suoi gravi avvenimenti, alle guerre esterne ed interne, alle distruzioni, crudeltà di ogni genere  successe quando inconcepibile era ormai divenuta tanta violenza nei rapporti umani e sociali.

Della sua vecchia terra scrive Jergović nelle numerose opere perché di essa intende recuperare lingua, religione, costumi, quanto, cioè, la distingueva e ne faceva una nazione. Un’aspirazione difficile la sua se si tiene conto che molte sono le etnie che in Jugoslavia si sono succedute, incontrate, scontrate, che controverso è stato il loro rapporto, impossibile una loro combinazione, che tante sono state e sono rimaste le lingue, le religioni e le usanze. Questo non ha fatto desistere Jergović perché convinto è rimasto che tanta varietà e vastità non è un problema bensì un segno distintivo che va cercato in ogni luogo della passata Jugoslavia. Così ha proceduto nelle sue narrazioni e così ha concepito l’idea del viaggio che fa compiere al protagonista di Freelander. Un viaggio, infatti, permette di venire a contatto con tanti luoghi, tante persone, di vivere tante situazioni. Il viaggiatore è il professore Karlo Adum che, con la vecchia e inseparabile Volvo, dopo circa cinquant’anni va da Zagabria, dove è vissuto, a Sarajevo, dove è nato. Ora è solo, è vedovo, è pensionato ed una circostanza particolare lo convince ad andare a Sarajevo e percorrere tanti chilometri. Porta con sé una pistola per difendersi da eventuali pericoli e passa attraverso città, villaggi, campagne dove visibili sono i segni di una recente guerra. Sono immagini di rovina, di miseria, di pena, di dolore, di morte quelle che gli si offrono, sono pericolosi gli incontri che fa per strada o nei locali dove si ferma e sono soprattutto ricordi quelli che affiorano ad ogni passo. Anche questo è un libro di memorie e stavolta le memorie sono proprie dell’autore essendo il viaggio compiuto dal professore quello che Jergović compie nel ricordo della sua vita passata. I luoghi attraversati da Karlo Adum con la sua Volvo sono stati dello scrittore ed essi egli vuole mostrare nelle gravi condizioni attuali, vuole rappresentare i danni che hanno subito da una delle tante guerre della Jugoslavia, le gravi conseguenze che ancora durano. Vuole esprimere il suo sdegno per tanto male, denunciare i responsabili, entrare nella storia, giudicarla. Dalle piccole cose di ogni giorno Jergović muove, in questa e nelle altre opere, verso temi, tempi, spazi più ampi, dal caso procede verso la storia e di storia sono i suoi romanzi e racconti, di una storia che è stata crudele. Di essa egli fa letteratura, il documento traduce in un racconto che ne estende il significato, lo fa giungere a tutti. E’ il compito che Jergović ritiene debba essere di ogni autore, quello di non evadere la vita, la storia ma d’impegnarsi per diventare la loro voce.


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