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Tra storia e leggenda di Antonio Stanca Del settantatreenne autore albanese Ismail Kadaré è comparso di recente, presso Longanesi, il romanzo “Aprile spezzato”, tradotto da Flavia Celotto. L’opera, la cui versione originale risale al 1982, era stata pubblicata la prima volta in Italia nel 1993 per conto di Ugo Guanda Editore. Essa, insieme ad altre narrazioni, fa parte della maturità letteraria di Kadaré poiché questi aveva esordito come poeta negli anni ’50 e si era fatto notare per una poesia impegnata a ritrarre i moderni ambienti di vita, la conseguente materializzazione dei costumi ed i problemi derivati per i valori dell’anima, dello spirito. Nei romanzi, che vanno dagli anni ’60 in poi, Kadaré si mostra, invece, attento ad un’altra vita, ad un’altra storia, quelle della vecchia Albania, le ritrae negli aspetti passati, remoti quando confinavano con la leggenda, e in quelli più prossimi quando duravano ancora tristi condizioni politiche, economiche, sociali, gravi situazioni individuali e collettive. Kadaré è anche autore di racconti e novelle, saggista, critico letterario, pubblicista, studioso di folklore. Si è laureato a Tirana, ha soggiornato in Cina, negli Stati uniti e dal 1990 è vissuto in Francia dove ha ottenuto asilo politico. Nel 1992, caduto il regime, è rientrato in Albania senza perdere i contatti con la Francia. Nel 1998 ha vinto il Premio Grinzane Cavour, nel 2005 è stato il primo vincitore del Man Booker International Prize e più volte è stato candidato al Nobel. Autore versatile e sempre direttamente impegnato qualunque sia stato il genere, Kadaré è un esponente del realismo socialista ma si distingue da tale corrente perchè accoglie la dimensione fantastica, leggendaria del particolare momento, aspetto, fenomeno trattato, con le vicende della sua gente va oltre i limiti della realtà, ne trae esempi più estesi. In particolare la vecchia Albania interessa il Kadaré scrittore che narra di avvenimenti, personaggi di una storia fatta di dominazioni, imposizioni, rivoluzioni, accesi nazionalismi e durata fino ai tempi moderni, fino a poco prima che quella terra diventasse libera, autonoma, godesse di una legislazione, un’economia, una cultura proprie. Anche in letteratura l’Albania ha tardato a raggiungere una sua voce, lo ha fatto solo di recente e il Kadaré, che ha sofferto personalmente la situazione, che scrive di un passato così triste, è mosso pure da spirito patriottico, intende mostrare come l’arretratezza dell’Albania sia da attribuire ai tanti invasori e dominatori stranieri, ai loro cattivi regimi e governi. In “Aprile spezzato” lo scrittore si sofferma ad illustrare, in uno stile molto semplice e chiaro, le regole che per secoli sono valse nella parte settentrionale dell’Albania, nel suo esteso altopiano, le regole del Kanun, del codice, cioè, composto da norme di diritto consuetudinario. Non secondo una precisa amministrazione o legislazione, una costituzione o Stato, si è vissuti sull’altopiano albanese ma secondo il Kanun, una serie di leggi provenienti dall’antichità, dal mito, proprie del posto e libere da ogni vincolo. Leggi private che hanno continuato ad esistere, a valere per proprio conto e che Kadaré rappresenta nella loro azione e funzione. Dal caso di un omicidio, che in obbedienza al Kanun deve essere vendicato in maniera personale, lo scrittore risale, in “Aprile spezzato”, agli infiniti aspetti di quella regola, all’intera storia dell’altopiano, lo mostra nelle sue immense distese desertiche, nei villaggi, negli abitanti, fa il quadro di una terra, di un’umanità, di una vita rimaste primitive. Incuriosisce, attira la narrazione perché è anche leggenda e instaura un confronto tra questa e chi vi arriva da lontano, dalla città, come i due giovani sposi che ne sono delusi. Sospeso, invece, tra i due piani, la leggenda e la storia, la fantasia e la ragione, rimane sempre l’autore nelle sue opere, sempre diviso tra realtà e immaginazione. |
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