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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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La scrittura del giudizio

di Antonio Stanca

 

La Russia del primo Novecento, quanto allora è avvenuto in un territorio così vasto e vario, ogni suo elemento e aspetto, dall’individuo alla famiglia, alla società, allo stato, dalla storia all’economia, alla religione, alla politica, alla cultura, alla letteratura, alla scienza, all’arte, ogni situazione verificatasi diviene per lo scrittore e giornalista americano Ken Kalfus motivo dei racconti compresi nella raccolta Plutonio 239 e altre fantasie russe. Questa risale al 1999 ed è stata ora ristampata dalla casa editrice Fandango di Roma nella serie Tascabili (pagg. 348, € 10,00). La traduzione è di Paola Frezza.

Kalfus è nato a Brooklyn nel 1954. È vissuto per molto tempo in Europa ed in particolare in Russia lavorando come giornalista. Ora con la famiglia, la moglie ed una figlia, vive a Filadelfia. Prima di questa, nel 1998, aveva pubblicato un’altra raccolta di racconti intitolata Sete e in seguito due romanzi, Il compagno Astapov nel 2003 ed Uno stato particolare di disordine nel 2006. Ha avuto importanti riconoscimenti e le sue opere sono tradotte in molte lingue. In esse numerosi sono i contenuti che provengono dalla lunga permanenza dell’autore in Russia, dalla sua conoscenza del passato e del presente, degli ambienti e dei costumi della nazione. Di questo si alimenta molta della particolare scrittura di Kalfus, a questo è collegata la sua tendenza ad essere vero, reale ed anche immaginario, inventato, comico ed anche tragico, casto ed anche osceno, a muoversi tra gli estremi della vita, dei suoi tempi e luoghi, a creare situazioni, personaggi che interpretino le sue convinzioni, i suoi pensieri. È un procedimento che insieme ad un linguaggio chiaro, semplice, hanno fatto di Kalfus un autore noto in ambito internazionale.

Pure in Plutonio 239 e altre fantasie russe si rimane sospesi tra opposti quali realtà e fantasia, verità e mistero, vita e morte, pure qui la lingua di Kalfus aderisce tanto ai contenuti da esprimerli con immediatezza e farli giungere facilmente al lettore. Nell’opera, che contiene sette racconti, lo scrittore vuol dire di quanto è avvenuto nella Russia dei primi decenni del Novecento, di cosa egli pensa al riguardo. Non si tratta, però, di una registrazione, di una cronaca bensì di una trasposizione dell’accaduto, di un suo trasferimento in una dimensione che oltre a reale è anche immaginaria, ironica, sensuale, patetica, drammatica. È il modo seguito da Kalfus per esprimere la propria interpretazione di eventi ai quali ha assistito da lontano, libero da interessi specifici, da legami particolari, dei quali ha colto le verità nascoste, i segreti taciuti.

Un ingegnere russo che per risolvere le gravi condizioni economiche della famiglia cerca di vendere clandestinamente del plutonio; una ragazza che vive i suoi sogni d’amore davanti alla famosa e diffusa immagine di Stalin; un gruppo di ebrei sovietici che intraprende un lungo viaggio per crearsi una propria patria ai confini della Russia; i retroscena dei voli spaziali sovietici, primi nella storia; i difficili rapporti tra cittadini e potere; le favole russe e le loro complicazioni; gli intellettuali nella Russia degli anni ’60, prima e dopo la contestazione. Sono gli argomenti dei racconti, sono gli avvenimenti che muovono l’autore ad immaginare altre realtà, altre situazioni, altri personaggi mediante i quali dire quanto di quegli avvenimenti è mancato o banalizzarli, aggravarli, giudicarli. Lo farà mostrando di disporre di molti mezzi espressivi e di saper utilizzare i più idonei al tema trattato. In questa ricchezza, in questa capacità consiste la qualità maggiore della scrittura di Kalfus. Sempre sicura si mostra, sempre riesce a procedere, a svolgersi. Non sembra un’invenzione quella che contiene ma la verità che intende sostituire.


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