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La
scrittura del giudizio
di Antonio Stanca
La
Russia del primo Novecento, quanto allora è avvenuto in un territorio
così vasto e vario, ogni suo elemento e aspetto, dall’individuo alla
famiglia, alla società, allo stato, dalla storia all’economia, alla
religione, alla politica, alla cultura, alla letteratura, alla scienza,
all’arte, ogni situazione verificatasi diviene per lo scrittore e
giornalista americano Ken Kalfus motivo dei racconti compresi nella
raccolta Plutonio 239 e altre
fantasie russe. Questa risale al 1999 ed è stata ora ristampata
dalla casa editrice Fandango di Roma nella serie Tascabili (pagg. 348, €
10,00). La traduzione è di Paola Frezza. Kalfus è nato a Brooklyn nel 1954. È vissuto per
molto tempo in Europa ed in particolare in Russia lavorando come
giornalista. Ora con la famiglia, la moglie ed una figlia, vive a
Filadelfia. Prima di questa, nel 1998, aveva pubblicato un’altra
raccolta di racconti intitolata
Sete e in seguito due romanzi,
Il compagno Astapov nel 2003
ed Uno stato particolare di
disordine nel 2006. Ha avuto importanti riconoscimenti e le sue
opere sono tradotte in molte lingue. In esse numerosi sono i contenuti
che provengono dalla lunga permanenza dell’autore in Russia, dalla sua
conoscenza del passato e del presente, degli ambienti e dei costumi
della nazione. Di questo si alimenta molta della particolare scrittura
di Kalfus, a questo è collegata la sua tendenza ad essere vero, reale ed
anche immaginario, inventato, comico ed anche tragico, casto ed anche
osceno, a muoversi tra gli estremi della vita, dei suoi tempi e luoghi,
a creare situazioni, personaggi che interpretino le sue convinzioni, i
suoi pensieri. È un procedimento che insieme ad un linguaggio chiaro,
semplice, hanno fatto di Kalfus un autore noto in ambito internazionale. Pure in
Plutonio 239 e altre fantasie russe si rimane sospesi tra opposti
quali realtà e fantasia, verità e mistero, vita e morte, pure qui la
lingua di Kalfus aderisce tanto ai contenuti da esprimerli con
immediatezza e farli giungere facilmente al lettore. Nell’opera, che
contiene sette racconti, lo scrittore vuol dire di quanto è avvenuto
nella Russia dei primi decenni del Novecento, di cosa egli pensa al
riguardo. Non si tratta, però, di una registrazione, di una cronaca
bensì di una trasposizione dell’accaduto, di un suo trasferimento in una
dimensione che oltre a reale è anche immaginaria, ironica, sensuale,
patetica, drammatica. È il modo seguito da Kalfus per esprimere la
propria interpretazione di eventi ai quali ha assistito da lontano,
libero da interessi specifici, da legami particolari, dei quali ha colto
le verità nascoste, i segreti taciuti. Un ingegnere russo che per risolvere le gravi
condizioni economiche della famiglia cerca di vendere clandestinamente
del plutonio; una ragazza che vive i suoi sogni d’amore davanti alla
famosa e diffusa immagine di Stalin; un gruppo di ebrei sovietici che
intraprende un lungo viaggio per crearsi una propria patria ai confini
della Russia; i retroscena dei voli spaziali sovietici, primi nella
storia; i difficili rapporti tra cittadini e potere; le favole russe e
le loro complicazioni; gli intellettuali nella Russia degli anni ’60,
prima e dopo la contestazione. Sono gli argomenti dei racconti, sono gli
avvenimenti che muovono l’autore ad immaginare altre realtà, altre
situazioni, altri personaggi mediante i quali dire quanto di quegli
avvenimenti è mancato o banalizzarli, aggravarli, giudicarli. Lo farà
mostrando di disporre di molti mezzi espressivi e di saper utilizzare i
più idonei al tema trattato. In questa ricchezza, in questa capacità
consiste la qualità maggiore della scrittura di Kalfus. Sempre sicura si
mostra, sempre riesce a procedere, a svolgersi. Non sembra un’invenzione
quella che contiene ma la verità che intende sostituire. |
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