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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Volontà di bene

di Antonio Stanca

Chiaro, vero, drammatico, tragico è il romanzo “Le due vite di Laila” di Jean-Marie Gustave Le Clézio, scrittore e saggista francese, nato a Nizza nel 1940 e nel 2008 insignito del Premio Nobel per la letteratura. Quest’opera, ristampata ora da il Saggiatore (Milano 2008), è stata pubblicata la prima volta da Gallimard nel 1997 col titolo “Poisson d’or”. Essa viene dopo la prima produzione dell’autore, quella durata fino agli anni ’70, rivolta a sperimentazioni di vario genere e compresa nella corrente letteraria francese detta del “nouveau roman” poiché impegnata a rinnovare la letteratura nel contenuto e nella forma. In seguito, dopo una permanenza nell’America centrale e numerosi viaggi, Le Clézio aderisce ad una scrittura, romanzi, racconti, novelle, saggi, che tratta i temi del viaggio, dei popoli rimasti arretrati, dell’infanzia, del mito, del rapporto con gli elementi della natura, dello stato di estasi che da questo può derivare. Saranno molte le opere impegnate in tali direzioni, si aggiungeranno alle altre precedenti e procureranno a Le Clézio riconoscimenti quali il Premio Renaudot nel 1963, il Premio Paul Morand nel 1980, il merito di essere considerato “il più grande scrittore vivente in lingua francese” nel 1994 e il Nobel nel 2008.

Ne “Le due vite di Laila” si dice di una bambina africana cresciuta tra situazioni ed esperienze che cambiano in continuazione. Queste inizieranno nella sua Africa, continueranno in Francia, Germania, Stati Uniti, Canada e in ogni altro posto dove Laila giungerà nei modi più imprevisti e più pericolosi. Essa diventerà adolescente passando tra diverse nazioni, città, vicende, conoscendo sempre nuovi ambienti e persone, rimanendo sempre esposta alla minaccia della miseria, della fame, della malattia, della morte e, perciò, costretta anche ad azioni clandestine. Pur tra tanti ostacoli cercherà quanto le è mancato, la sua vera vita, la comunicazione, cioè. dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti improntati a semplicità, purezza, candore. Ma ogni volta che crederà di averla ottenuta rimarrà delusa poiché dovrà constatare d’essersi sbagliata. Non finirà, tuttavia, di pensare che nuovi posti, nuove persone possano soddisfare il suo bisogno e trasformerà la sua vita in una ricerca senza fine, in un viaggio interminabile, in un’eterna fuga.

E’ il mondo moderno quello che Laila percorre, sono le città di oggi quelle dove giunge e da dove fugge, è l’umanità delle periferie, la vita degli immigrati come lei quella con la quale ogni volta si ritrova e che vede esclusa, rifiutata dall’altra vita evoluta, dal suo movimento, dai suoi interessi. Niente, nessun legame ci può essere con questa, poiché evoluzione ha significato crisi di ogni valore morale, fine di ogni fede, fallimento di ogni idea. Modernità ha voluto dire soprattutto ricerca, affermazione, trionfo della materia quando non è stata concessione al vizio, alla corruzione, alla perversione.

Laila è una luce che passa attraverso tanto buio, è una voce che rimane sola tra infinite altre, il suo è un viaggio senza meta. Le Clézio, nel romanzo, la mostrerà giunta a diciotto anni senza che abbia ottenuto quanto sperato e in possesso del solo suo nome, quello datole dalla donna che, in Africa, l’aveva comprata ancora bambina. Tramite Laila lo scrittore mostrerà tanta vita, tanta morte, farà sapere di tanto mondo e rimarrà, insieme a lei, in attesa dell’evento che tutto modifichi, della riscoperta dei valori autentici dell’uomo, del suo ritorno ad un rapporto con gli ambienti naturali, con i tempi dell’infanzia poiché i soli non intaccati dal processo di modernizzazione che ha annullato le espressioni dello spirito. Con Laila, che nel romanzo diviene la voce narrante nel modo semplice e chiaro proprio di una ragazza,  Le Clézio produce un messaggio di pace, d’amore, di bene pur ritenendolo di difficile attuazione, pur riconoscendolo come sola intenzione.

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